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Parigi val bene una messa. E una mousse al cioccolato

Parigi val bene una messa. E anche un dattero. E anche una mega mousse al cioccolato per pranzo. E anche tante altre cose non proprio classiche da fare se non è la prima volta che la visitate, se rimanete più di un weekend o, più, semplicemente, se siete in cerca di qualche metà non proprio usuale per il vostro viaggio nella capitale di Francia. Parigi è sempre una buona idea? Dipende. Ora vi do qualche spunto per fare amicizia con l’Europa più decante, chic e pop allo stesso tempo. Come è stato anche per New York, non vi parlerò (solo) delle mete classiche, quelle le scoprirete da soli. Vi racconto alcune chicche che ho testato girando. Se New York è una città che si ama o si odia, senza mezze misure, Parigi ha un fascino innegabile. Dietro la facciata, però, cosa si nasconde? A ogni suggerimento, ho associato un film francese famoso e un numero. Il film indica la tipologia di tappa (monumenti, musei, cibo…), mentre il numero segue il criterio della prossimità, così potrete facilmente costruirvi il vostro giro come più vi piace. Pronti? Venite con me a spasso per la Ville Lumière!

Il fantasma della libertà (1974)

Quattordici episodi si susseguono senza alcun legame, concatenati in una sorta di staffetta solo dal fluire dei personaggi. Tra gli altri: dei monaci impegnati in una partita a poker, due genitori che cercano la figlia mentre questa è sotto il loro occhi, un prefetto profanatore di tombe. Terzo e ultimo atto di una ideale trilogia sulla libertà scritta insieme allo sceneggiatore Jean-Claude Carrière, dopo La via lattea (1969) e Il fascino discreto della borghesia (1972).

Il tour dell’Opéra

Credo che ora non lo facciano più, ma il mio è stato un tour un po’ particolare, “Inside Opéra”, che consisteva in un gioco, un escape game. Con l’acquisto del biglietto, mi hanno mandato un invito, come se fosse un evento del passato. All’entrata, ci hanno dato la mascherina del fantasma dell’Opera e una mappa. In sostanza, il gioco era questo: cose strane stanno accadendo dietro le quinte in questo luogo leggendario. Potrebbe essere il Fantasma dell’Opera tornato a causare il caos? Guidati da attori in costume e da una serie di indizi, dovevamo risolvere il mistero e fuggire dal teatro dell’Opera. Ovviamente, per me che ho visto Il fantasma dell’Opera tre volte tra Londra e New York, è stata un’occasione imperdibile. Non solo è stato divertente, ma il gioco era fatto in modo da farti notare dei particolari dell’interno che mai avrei visto da sola. Quindi, vi consiglio un tour del Palazzo, è molto interessante. Fate solo attenzione a non scegliere una giornata di prove, perché altrimenti non vi faranno vedere la sala concerti. Io l’ho vista e ho scattato foto dal palco del Fantasma. Un’emozione unica! 

Fuoco fatuo (1963)

Il film narra gli ultimi giorni di vita di Alain, un uomo intossicato dall’alcool e stanco della propria esistenza. Gli incontri che ha con alcuni amici gli danno l’esatta sensazione dell’assoluta estraneità esistente tra lui e il prossimo. Dopo essere fuggito dall’amico Doubourg, che gli consiglia di trovare una qualsiasi sistemazione, Alain incontra Jeanne: un incontro doloroso che gli conferma la sua impotenza di vivere e la percezione precisa della fine imminente. Neanche l’incontro con Solange, una donna bella e generosa, riesce a placare l’angoscia di Alain. Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia. Il soggetto è tratto dal romanzo Fuoco fatuo (Le feu follet) di Pierre Drieu La Rochelle.

Notre-Dame de Paris

Dell’incendio di Notre-Dame de Paris vi ho già parlato in questo post. La cattedrale dovrebbe riaprire al pubblico, se tutto va bene, nel 2024, anno dei Giochi Olimpici di Parigi. Sembra che il piano sia far entrare turisti e fedeli dalla porta centrale invece che dalle porte laterali, per far loro seguire un percorso centrale dalla navata al coro. Quindi, posso dire di essere stata una delle ultime persone a entrare dalla porta laterale, dato che l’incendio si è sviluppato il pomeriggio e io l’avevo visitata la mattina. Certo, fossi uno che deve entrare dalla porta principale, non mi sentirei tanto tranquillo. Una leggenda, infatti, vuole che le serrature e le cerniere decorate del portale principale della Cattedrale di Notre-Dame siano opera del Maligno in persona. Sempre secondo la leggenda, il giovane fabbro Biscornet,  scoraggiato dalle difficoltà, donò la propria anima a Satana in cambio di aiuto. Sembrava strano, infatti, che un lavoro così perfetto fosse stato realizzato da un uomo solo. Il giorno dell’inaugurazione, per aprire le porte furono necessari esorcismi e acqua santa, mentre Biscornet morì di lì a poco. Oggi soltanto la porta laterale di sinistra che affaccia sulla piazza conserva le serrature originali. Bistrattata e più volte sul punto di essere distrutta, è da vedere perlomeno per le vicende storiche di cui è stata testimone: sul suo altare è stato incoronato Napoleone, beatificata Giovanna d’Arco e dato l’addio alle più importanti figure politiche francesi. Anche se dobbiamo ringraziare solo lo scrittore Victor Hugo e il suo celebre romanzo Notre-Dames de Paris se ancora oggi possiamo ammirarla. 

Chiesa di Saint-Étienne-du-Mont 

Questa piccola chiesa potrebbe sfuggirvi perché fagocitata dalla presenza di diversi monumenti e, soprattutto, dal Pantheon. Se però volete darle un’occasione ed entrare, non ve ne pentirete. All’interno, erano deposte le reliquie di Santa Genoveffa, patrona di Parigi, e vi sono ancora le spoglie del filosofo francese Blaise Pascal e dellos scrittore Jane Racine. La chiesa è il risultato del mescolamento di diversi stili, classico, gotico e rinascimentale. Un mix dovuto ai tempi di costruzione, tra il 1492 e il 1626. Sculture e statue, invece, furono aggiunte nell’Ottocento. L’interno è, quindi, molto interessante: in particolare, vi segnalo il più antico organo di Parigi, le vetrate dietro il coro, la tribuna pensile di marmo bianco e il pulpito. Considerate che questa è l’unica chiesa di Parigi che ha conservato il tramezzo. Woody Allen l’ha utilizzata in Midnight Paris: è proprio sulla sua scalinata, sul lato di Place de l’Abbé-Basset, che ogni sera il protagonista Gil Pender – Owen Wilson attende che i suoi “amici” degli anni ’20 lo passino a prendere. 

Pantheon

Il Pantheon è il monumento più visibile del quartiere latino e con una piazza antistante molto animata. Ha cambiato più volte destinazione: prima sarebbe dovuto essere una chiesa dedicata a Santa Genoveffa. poi divenne mausoleo con la rivoluzione francese, poi un tempio dedicato alla libertà, di nuovo chiesa sotto Napoleone, in seguito tempio e alla fine mausoleo. Oggi, la sua cripta ospita molti personaggi illustri:  Voltaire, Louis Braille, Jacques-Germain Soufflot, Victor Hugo, Marie Curie e Alexandre Dumas padre. Diciamolo sottovoce per non offendere nessuno, è considerato la bella copia dell’originale, il Pantheon di Roma.

Saint Chapelle

Adesso che Notre Dame è fuori combattimento, a maggior ragione se vi piace l’architettura gotica dovete assolutamente visitare questo edificio. Soprattutto per le vetrate, che sono a dir poco eccezionali. Le vetrate raffigurano1.113 narrazioni bibliche distribuite su 15 finestre e oggi è una delle più antiche e meglio conservate opere vetrarie di stanpo religioso al mondo. Quindi, preparate la macchina fotografica perché vi servirà. 

Grazie per la cioccolata (2000)

Grazie per la cioccolata (Merci pour le chocolat) è un film diretto da Claude Chabrol e tratto dal romanzo The Chocolate Cobweb della scrittrice americana Charlotte Armstrong. Fu presentato fuori concorso alla 57ª Mostra del cinema di VeneziaA Losanna André Polonski, pianista di talento, e Mika Muller, direttrice dell’azienda del cioccolato Muller, convolano a nozze per la seconda volta dopo un breve matrimonio di molti anni precedente. André si era in seguito risposato con Lisbeth, che gli ha dato un figlio, Guillaume. Ma il giorno dell’anniversario dei suoi dieci anni di matrimonio, Lisbeth e’ morta in un incidente di macchina. La giovane Jeanne Pollet, che si sta preparando per il concorso di pianoforte di Budapest, viene casualmente a sapere di essere stata scambiata il giorno della nascita con Guillaume Polonski. Alla ricerca delle sue origini e di un mentore, Jeanne si introduce in una famiglia che non e’ la sua.

Mousse al cioccolato

Incastrando bene gli orari, vi consiglio di fermarvi in questo bistrot francese di cucina provenzale, che si trova nel quartiere Marais (vedi sotto). Se cercate un posto dove ritrovare l’atmosfera di Parigi, Chez Janou fa per voi. Ho detto incastrando bene gli orari perché è piccolo e affollato. Io ho anticipato un pochino il pranzo per godermi il pasto in santa pace e penso di aver fatto bene. Intorno a me, molti parigini in pausa pranzo a chiacchierare piacevolmente senza fretta. Ancora una volta, osservandoli, ho capito perché le francesi non ingrassano. Io, invece, mi sono sicuramente alzata con un paio di chili in più. Colpa della meravigliosa e gigantesca mousse al cioccolato che servono. Funziona così: una specie di all you can eat alla francese. Ti lasciano sul piatto una gigantesca zuppiera, dalla quale puoi pescare fino a (letteralmente) scoppiare. Purtroppo, sapevo di questa mousse al cioccolato ottima, per questo l’ho scelto, ma non che funzionasse così il consumo. Ho ordinato troppo, avrei dovuto fare come i francesi, piattino, chiacchierata e, dulcis in fundo, il paradiso! Indirizzo: 2 Rue Roger Verlomme.

Utopie

Ho avuto la fortuna di incontrare questa boulangerie perché non molto distante dall’appartamento che ho affittato e pur trattandosi di un piccolo forno di quartiere, vorrei segnalarvelo perché merita veramente. E a prezzi contenuti avrete prodotti migliori di quelli che vendono in pieno centro. Dove pescate pescate bene, i prodotti sono tutti freschi e sfornati al momento giusto, la scelta potrebbe essere un po’ complicata! Potreste abbinare una visita qui a una passeggiata nel Parco des Boutte – Chaumont, oppure a Città della Scienza (vedi sotto), o ancora, al giro di Belleville per il tour dei Malaussène (vedi sempre sotto). Oppure niente di tutto questo, andate solo a mangiare. Segnatevi l’indirizzoBoulangerie Utopie, 20 Rue Jean-Pierre Timbaud

Il mercato arabo

Devo ritrovare l’indirizzo esatto della piazza in cui si svolge questo mercato che ho scoperto per caso. Comunque, si trova nei dintorni di Città della Scienza. Qui ho comprato e mangiato i datteri più buoni che abbia mai assaggiato in vita mia. Infatti, i clienti del banco erano quasi tutti arabi e li compravano a pacchi.

Rush bar

Questo è un posticino che vi consiglio per una birretta e un pomeriggio o serata in compagnia, soprattutto se volete guardare una partita. I proprietari del pub sono gentilissimi, vi daranno il telecomando per cercare la partita che vi interessa (o lo faranno loro se glielo chiedete). Volendo, ci sono anche alcuni tavolini all’esterno.  Indirizzo: Rush bar32 Rue Saint-Sébastien

Appuntamento a Belleville (2003)

In realtà questo film di animazione ha il quartiere omonimo di Parigi solo nel titolo, ma è ambientato in una città immaginaria, Belleville, appunto. La trama: Quando Champion, il nipotino appassionato di gare ciclistiche scompare, la nonna si mette sulle sue tracce con l’aiuto di altre due anziane signore.

Il tour dei Malaussène

Dei Malaussène di Daniel Pennac vi ho già parlato a più riprese, è una di quelle serie che, seppur lentamente, uscita dopo uscita finirò perché mi diverte moltissimo. Vi basti qui sapere che ho girato in lungo e in largo per il quartiere di Belleville, alla ricerca dei luoghi dei fratelli Malaussène. Un altro dei miei viaggi letterari, insomma.

Venere in pelliccia (2013)

Tratto dall’omonimo romanzo erotico ottocentesco di Leopold von Sacher-Masoch. Thomas è un regista teatrale che sta cercando l’attrice giusta per il ruolo di Vanda nel suo adattamento per le scene del romanzo «Venere in pelliccia» di Leopold Von Sacher-Masoch. Arriva in teatro fuori tempo massimo Vanda, un’attricetta apparentemente del tutto inadatta al ruolo se non per l’omonimia. La donna riesce a convincerlo all’audizione e, improvvisamente, Thomas viene attratto dalla trasformazione a cui assiste. Ha così inizio un sottile e ambiguo gioco a due. La regia è di Roman Polanski e il film è un adattamento per lo schermo di uno spettacolo teatrale di David Ives.

Sex & The City tour

Il Sex and the City tour si chiude proprio qui, a Parigi! Anche se le tappe sono solo dodici, le location parigine non hanno nulla da invidiare a quelle americane. E anche se a Carrie manca troppo Big per vivere la favola come avrebbe potuto!
Ma andiamo con ordine. Sex and the City il telefilm si chiude proprio a Parigi, con le puntate 19 e 20 della sesta stagione: “An American Girl In Paris: Part Une” e “An American Girl In Paris: Part Deux”. Carrie accetta l’invito del suo uomo, Alexandr Petrovsky, a trasferirsi e molla tutto, lavoro, amiche e Mr. Big. Ero un po’ incerta su come presentarvelo: meglio seguire l’ordine delle puntate o quello dei quartieri? Alla fine ho privilegiato il secondo: il tempo in viaggio è sempre poco e rischiereste di girare in tondo per i quartieri. Una cosa coerente con il telefilm però l’ho lasciata: la fine, perché è talmente romantica che anche il nostro Sex and the City tour di Parigi deve chiudersi lì. Di conseguenza, il numero degli arrondissement sarà dal più alto al più basso, così anche la tappa iniziale coinciderà con quella vista in tv. Se, invece, avreste preferito l’ordine del telefilm, alla fine di ogni tappa troverete il numero corrispondente secondo il criterio della serie, così potrete facilmente decidere quale tappa visitare per prima. Pronti? Dior in spalla e si parte!

Microcosmos. Il popolo dell’erba (1996)

Documentario scritto e diretto da Claude Nuridsany e Marie Pérennou. Ha come protagonisti gli animali che popolano i prati, in particolare gli insetti e altri invertebrati come ragni e chiocciole. Presentato fuori concorso al 49º Festival di Cannes, è stato premiato con il Grand Prix tecnico.

Parco des Butte – Chaumont

Parco vicinissimo al bed & breakfast in cui ho soggiornato. Forse, senza questa fortunosa coincidenza, l’avrei saltato. Invece voglio segnalarvelo, perché secondo me merita almeno una passeggiata. Per lo stesso motivo, ho incontrato la boulangerie Utopie, che è lì a due passi (vedi sopra). Il Parco des Butte -Chaumont è  terzo giardino più grande della capitale francese dopo Parc de la Villette e Jardin des Tuileries. Fu realizzato nella seconda metà dell’ottocento su commissione di Napoleone III, sotto il controllo del barone Haussmann e progetto di Jean-Charles Alphand, lo stesso progettista del Bois de Boulogne. All’interno, si trova anche il Tempio della Sibilla, centro di un pentagono mistico da cui è possibile guardare Parigi. Purtroppo io non sono riuscita a salire, per questioni di tempo, però mi è piaciuto molto. Anche qui le panchine diventano punti di bookcrossing, le persone fanno ginnastica o tai-chi e ci sono diversi angoli in cui scattare belle foto. 

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Città della Scienza

Città della Scienza era proprio nel mio quartiere e vicino al parco più esteso di Parigi, Parc de la Villette. Anche questa una meta consigliata, soprattutto se viaggiate con bambini. Il percorso all’interno è molto grande, potreste trascorrervi la giornata. Io mi sono limitata a passeggiare all’esterno, prendevo qui la metropolitana per i miei giri. 

8 Rue de l’Humanité (2021)

Pur vivendo nello stesso condominio, molte persone non si sono mai presentate e hanno vissuto come completi estranei fino a quando non sono costrette a rimanere chiuse in casa per le restrizioni conseguenti alla diffusione della pandemia nel 2020.Lentamente, i condomini cominciano ad avvicinarsi, scontrandosi però con le sostanziali differenze caratteriali di ognuno di loro, differenze che li portano a litigi e dissidi costanti.

Marais

Un’ex zona paludosa (da qui il nome, marais =palude), che diventa uno dei quartieri più chic di Parigi. Di cose da fare e da vedere ce ne sono quante ne volete, il mio consiglio è di girare senza meta e fermarvi dove la vostra curiosità vi porta. Caratterizzato da una forte presenza della comunità LGBT parigina e di quella ebraica. Ex palude, dicevamo, zona di orti e monasteri, diviene nel XVII secolo residenza della nobiltà. Passato che ancora vive negli splendidi palazzi e chiese, anche se non mancano musei e gallerie d’arte. Purtroppo, quando ci sono stata io la casa di Victor Hugo era chiusa, altrimenti sarebbe stata mia meta.  Per gli appassionati di arte moderna, qui troverete il Centre Pompidou. Gli appassionati di storia, il Musée Carnavalet, che ripercorre la storia di Parigi dalle origini. Confesso che ho saltato i Musei e mi sono smarrita dentro il quartiere ebraico e il Village Saint-Paul.

Quartiere ebraico

Il regno dei falafel, ma anche di musei e librerie. La fila per mangiare è sempre notevole, quindi armatevi di pazienza se passate all’ora di pranzo. Quartiere vivace e sempre affollato, tappa da non perdere anche solo per una passeggiata.

Villaggio Saint Paul

Uno dei miei posti preferiti, l’ideale per ricavarsi un momento di tranquillità nella frenesia del giro turistico. E’ un quartiere, ma sembra un vero villaggio fuori dal tempo. Mi ha ricordato, per conformazione,  gli Hackeschen Höfe di Berlino, con i cortili comunicanti e le botteghe di  antiquariato semi nascoste, dove non è raro trovare gli artigiani al lavoro. Segnatevelo, assolutamente da visitare.

Quartiere latino

Altro punto sempre super affollato, di studenti soprattutto, perché c’è il quartiere generale della Sorbona. Da qui l’aggettivo “latino”, la lingua ufficiale in ambito accademico. E’ un quartiere molto piacevole, di aspetto medievale, il più antico nell’espansione di Parigi sulla terraferma. Se il quartiere ebraico si frequenta a pranzo, qui si vive di aperitivi e cene informali, in uno degli ennemila localetti che vi accoglieranno a braccia aperte.

Il favoloso mondo di Amélie (2001)

Parigi, 1997. La giovane Amélie Poulain lavora come cameriera in un bar di Montmartre, il “Café des 2 Moulins”, e la sua vita trascorre serena tra alcune visite all’anziano padre vedovo e alcuni piacevoli passatempi (spezzare la crosta della crème brûlée col cucchiaino, far rimbalzare i sassi sul Canal Saint-Martin, immergere le dita nei legumi) che riempiono la sua quotidianità. La sera in cui muore la principessa Diana, Amélie trova per caso una scatoletta dietro un muro del suo appartamento. Aprendola, con grande stupore, vi trova al suo interno dei piccoli ricordi e giocattoli e capisce che molto probabilmente la scatoletta è stata nascosta lì decenni prima da un bambino che abitava nello stesso appartamento. Amélie cerca di ottenere informazioni…

Tour Montparnasse

Vi consiglio di salirci. Come sempre, all’inizio o alla fine del viaggio, per vedere dall’altro la struttura della città che visiterete o avete visitato. La torre, costruita agli inizi degli anni ’70 è alta 196 metri per 56 piani e abbiamo raggiunto la sommità con un ascensore molto veloce. Da qui, vi si aprirà una vista panoramica di Parigi ineguagliabile, soprattutto se ci andate al tramonto. La visita è poi completata dal solito percorso interattivo con foto, filmati e giochi che dovrebbero migliorare la consocenza della città. Molto deludente il bar interno, in cui pensavo di prendere un bell’aperitivo e gustarmi il tramonto. Niente da fare, due patatine in croce e poco più. Meglio andare fuori, è pieno anche qui di locali in cui fermarsi.

parigi dall'alto ok

Monmartre

Il quartiere sulla collina, residenza di molti artisti nel bel tempo che fu. Ancora oggi, conserva il suo fascino, anche se innegabilmente annacquato da una presenza importante di turisti. Ci sono diverse vie di accesso con la metropolitana: io sono scesa a Pigalle e mi sono incamminata a piedi. Volendo, c’è la funivia, o anche gli autobus, ma se non avete problemi vi consiglio di girare i tornanti a piedi e ammirare panorama e case. Mentre salivo, ho fatto una sosta nel bar di Amélie, Il Café des 2 Moulins, pellegrinaggio doveroso da fare, per poi arrivare in cima, dominata dalla basilica del Sacré Coeur,da cui il panorama è spettacolare. Peccato che proprio in quel momento stesse andando a fuoco Notre Dame! Più spettacolare di così! Leggetevi la storia, è divertente. Pensavo di essere nel mezzo di un attacco terroristico!

Pigalle

Scendendo da Montmartre, lungo il boulevard de Clichy, incontrerete il quartiere a luci rosse di Parigi, Pigalle. Il quartiere rende il nome dallo scultore omonimo del ‘700, Jean-Baptiste Pigalle, che qui aveva il suo studio. Oggi, Pigalle è conosciuto per i sexy-shop e i locali per spettacoli erotici, nonché per il museo dell’erotismo. Il punto centrale del quartiere, intorno al quale ruota la movida, è il grande Moulin Rouge, circondato da localini in cui passare una serata divertente.

Nella casa (2012)

Film del 2012 scritto e diretto da François Ozon, liberamente adattato dalla pièce teatrale El chico de la ultima fila di Juan MayorgaL’insegnante di letteratura francese Germain è insoddisfatto del lavoro e deluso dalle scarse competenze dei propri studenti. Tutto questo fino a che non legge il saggio di Claude, un giovane di umili origini, su un fine settimana passato nella casa del compagno di classe Rapha Artole. Lo scritto descrive in maniera pungente la famiglia borghese apparentemente perfetta del compagno. Germain, che avrebbe voluto diventare uno scrittore, rivede in Claude lo stesso talento che aveva quando era giovane e spinge il giovane a continuare a scrivere del suo week-end. Ogni nuovo scritto di Claude descrive ulteriori dettagli della vita della famiglia di Rapha fino alla conclusione con un “continua…” . La conclusione intriga moltissimo il professore che oltre a correggere la prosa del giovane inizia a dargli dritte affinché possa diventare un habitué della casa di Rapha.

La casa-museo di Auguste Rodin

Non vi dirò di saltare il Louvre perché almeno una volta nella vita andrebbe visto. Vi segnalo, però, questo gioiellino imperdibile: la casa-museo dello scultore Auguste Rodin. Il museo si trova nell’hôtel Biron in rue de Varenne 77, nel quartiere Faubourg St-Germain, 7 ° arrondissement. In questa casa, di proprietà del Comune di Parigi, Rodin stesso trascorse gli ultimi anni della sua vita, grazie a un accordo con la città. Lui sarebbe stato libero di creare, a patto di lasciare in eredità le sue opere allo Stato francese. Trovo che questo do ut des valorizzi ancora di più le opere meravigliose che ci ha lasciato questo grande artista. Ho avuto la fortuna di vedere le sue mostre sia qui sia a Treviso e me ne sono innamorata. Intanto, vale la pena entrare solo per l’edificio in sé. L’hôtel Biron, infatti, m è un edificio in stile rococò con un giardino stupendo, costruito dall’architetto Jean Aubert tra il 1728 e il1730, all’inizio come casa privata di un banchiere. Leggerete online che si può visitare solo il giardino a 1 euro. Se andate di corsa è un buon compromesso, ma io consiglio di spendere un po’ di più e di girare all’interno della casa. Quello che vedrete, e cosa ammirerete di più, dipende dalla sensibilità individuale. Tra le principali opere dello scultore , vi posso citare il Pensatoreil Bacio, L’uomo che cammina, La porta dell’Inferno nel giardino, ma dentro c’è molto materiale. Io mi sono portata a casa la statuina in miniatura de Il pensatore, realizzando pensando a Dante e a La Divina Commedia. In origine avrebbe dovuto raffigurare Dante seduto su una roccia, al centro del timpano, in solitaria meditazione, che guarda in basso verso il tragico, terribile mondo dei dannati. In breve tempo, però, questa splendida creazione inizia a vivere di vita propria e si trasforma in un Pensatore moderno, il simbolo dell’essere umano nudo, che medita sul suo destino e prende matura consapevolezza dei dolori che lo attendono. Potrei rimanere ore a guardarlo senza stancarmi e anche Rodin la pensava così. Era, infatti, la sua opera preferita. Non mi dilungo oltre, ci sarebbe moltissimo da dire. Andate, fidatevi. E poi tornate a racccontarmi. 

Il Louvre

Non amo particolarmente il Louvre, ma è una di quelle tappe irrinunciabili, va omaggiato almeno di una visita. Per quanto mi riguarda, ho optato per una visita light. Ho scelto prima quello che volevo vedere e poi mi sono concentrata sulla mia selezione, più qualcos’altro che ha attirato la mia attenzione. Soprattutto se rimanete poco tempo in città, vi consiglio di fare lo stesso. Nel caso specifico, a me interessavano Amore e Psiche del Canova e La Gioconda, semplicemente meravigliosi entrambi, ma sono sicura che ognuno di noi potrà trovare un pezzo del suo cuore all’interno.

Gocce d’acqua su pietre roventi (2000)

Gocce d’acqua su pietre roventi (Gouttes d’eau sur pierres brûlantes) è un film scritto e diretto da François Ozon, tratto dalla pièce teatrale Tropfen auf heisse Steine di Rainer Werner Fassbinder, fino ad allora mai messa in scena. Leopold, un 50enne arrogante e ancora prestante, seduce il 19enne Franz, che poco dopo si trasferisce da lui. L’arrivo dell’ex fidanzata dell’uomo contribuirà a intensificare il fluttuante rapporto di potere tra i due.

Crociera sulla Senna

Chi non conosce i Bateaux Mouches? Una crociera sulla Senna è quasi d’obbligo. D’accordo, turistica, ma il lungoSenna è così animato e vivace, che non fermarsi a osservare la città cullati dalle sue acque sarebbe un vero peccato. Ovviamente ci sono formule per tutti i gusti, romantiche, abbinate al pullman a due piani, al tramonto. Quello che volete. L’aspetto che la rende irrinunciabile, è che Parigi si è formata proprio con il fiume come centro nevralgico, quindi i monumenti e l’architettura parigina si mostreranno ai vostri occhi in tutto il loro splendore. Anche perché la riva è molto curata e utilizzata dagli abitanti per le loro passeggiate. Sì, vi saluteranno come hanno fatto con Carrie, quando sola soletta mangiava un panino seduta su una panchina. Lei non c’era, ma altre donne in cerca del grande amore sì. E dove cercarlo, se non a Parigi? 

Il vizietto (1978)

Il mio vizietto sono i libri, il vostro? Il film ha per protagonisti una coppia di omosessuali – un italiano e un francese – che vivono come marito e moglie e gestiscono a Saint-Tropez un night per travestiti. L’italiano ha però nel suo passato una “macchia”: una relazione con una donna, dalla quale è nato un figlio. Il quale figlio a un certo punto si fidanza con la figlia di un uomo politico che sta per intraprendere una crociata contro l’immoralità. I due sono nei pasticci. 

Shakespeare and Company

Credo che questa libreria di Parigi più o meno la conoscano tutti, quindi non mi dilungherò più di tanto. Dico solo che merita una capatina, sempre che non ci sia troppa folla, se non altro per la storia che racconta. Shakespeare and Company è, infatti, un negozio storico che si trova nel V arrondissement di Parigi, sulla Rive gauche. Fondata nel 1919 da Sylvia Beach, negli anni venti divenne luogo di incontro per scrittori come Ezra PoundErnest HemingwayJames Joyce e Ford Madox Ford. La libreria effettua vendita di libri, ovviamente, ma è anche sala lettura. Non si potrebbero scattare foto all’interno, perché è una vera e propria libreria e non un luogo turistico. Anche se ormai è un po’ antistorico, le librerie si fotografano praticamente ovunque. 

Le Bouquinistes

Sapevate che esistono librerie Patrimonio dell’Unesco? Ebbene sì, le Bouquinistes, quelle bancarelle verde scuro lungo il fiume Senna, sono protette. Durante la Rivoluzione Francese i loro proprietari hanno recuperato e messo in salvo libri provenienti dalle biblioteche aristocratiche e durante l’occupazione nazista hanno nascosto testi e materiali della Resistenza perché non cadessero in mani nemiche. Vanno dal Pont Marie al Quai du Louvre sulla riva destra del fiume e da Quai de la Tournelle a Quai Voltaire sulla riva sinistra e qui, con un po’ di fortuna e di tempo, potrete trovare libri antichi o fuori commercio, cartoline, disegni o souvenir.

Bookcrossing

A Parigi il bookcrossing acquista un’anima. Libri abbandonati ovunque, sulle panchine, i muretti, nei locali. Ai parigini piace leggere, e si vede. Prima di partire, portatevi un libro da abbandonare e prendetene uno come souvenir di viaggio.

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Romancè segreta: Farnesina e Monte Mario

Pensate che l’unico buco della serratura da cui spiare Roma sia sull’Aventino? Inauguro oggi la nuova rubrica Romancè segreta per romancèrs curiosi. Questo è il primo contributo: due sentieri in piena città, per farvi scoprire o riscoprire la capitale da una prospettiva diversa. Soprattutto perché tra illusioni ottiche e uditive vedrete Roma come non l’avete mai vista! Quindi, allacciamo le scarpe e partiamo. Oggi andiamo alla scoperta di Farnesina e Monte Mario, due trafficatissimi colli della parte nord di Roma, conosciuti più per la presenza del Ministero degli Esteri, stadio e osservatorio astronomico che per l’aspetto naturalistico e storico. In realtà, in passato erano un crocevia molto frequentato e anche ora, inerpicandosi all’interno, è possibile quasi sentire i passi degli antenati. Che non sarebbero contentissimi di come li gestiamo, ma questo ve lo racconto all’interno.

Sentiero Colli della Farnesina 

Gli ingressi sono due: si può entrare da via dei Colli della Farnesina, come ho fatto io,  o da via dei Casali di Santo Spirito, accanto al cimitero militare francese. Il percorso è ad anello, quindi sostanzialmente non cambia nulla, dipende solo da quale giro preferite fare. Entrando da via dei Colli della Farnesina, il primo pezzo è in salita e vi consiglio di fare attenzione. Il parco, infatti, è ciclabile con mountain bike e la strada è stretta, quindi è facile incontrare dei pazzi lanciati a tutta birra che non prendono in considerazione gente che sale a piedi. C’è da dire che il parco non è frequentatissimo, almeno in determinati orari, quindi è probabile che la maggior parte delle volte i ciclisti riescano a fare i loro allenamenti senza incontrare anima viva. E anche che le guide dicono di fare il giro in senso orario, ma io non le ho lette e ovviamente l’ho fatto in senso antiorario 😉 

Cimitero militare dei Francesi

Orario o antiorario che sia, mi sono ritrovata dentro un bosco, che finisce in via dei Casali di Santo Spirito, davanti al Cimitero militare dei Francesi. Il cimitero era chiuso, ma anche da fuori è possibile avere una prospettiva del luogo in cui riposano 1888 militari deceduti tra il 1943 e il 1944 in guerra. Un altro monumento dedicato ai soldati francesi caduti in battaglia, stavolta contro la Repubblica Romana del 1849, si trova al Gianicolo.

Lo Stadio Olimpico

Accanto al cimitero, parte il secondo pezzo di sentiero, quello che porta a una specie di terrazzo panoramico, allestito con panchine spartane, presumo dai frequentatori, essenzialmente padroni dei cani che qui circolano liberamente. Da qui, il panorama comprende lo Stadio Olimpico, il Foro italico e il Tevere dal centro alla sinistra e Monte Mario con Villa Madama a destra. Qui è fantastica l’illusione ottica, perché Stadio e Foro Italico sembrano vicinissimi e molto grandi, quando in realtà sono abbastanza distanti! Prima che costruissero la copertura dell’Olimpico, infatti, i tifosi senza biglietto si radunavano qui per seguire la squadra del cuore anche da lontano. 

Il rientro

Il giro sostanzialmente finisce qui, a meno che non vogliate allungare verso la Valle di Farneto, dove io però non sono arrivata. Non resta che tornare indietro e ripercorrere l’anello in direzione contraria. Verso la fine, un’altra sorpresa “illusionistica”, stavolta uditiva. Alla fine dell’anello, proprio nei pressi del cancello di via dei Colli della Farnesina, il frastuono delle macchine che percorrono la trafficata Tangenziale est sottostante, mi dicono che sono arrivata. Ma girando per l’ultima discesa prima dell’uscita, miracolosamente i rumori cessano e torna il silenzio del bosco! 

Riserva di Monte Mario: la collina dell’osservatorio

Questo percorso è di circa 1 chilometro e dura 40 minuti. È possibile entrare da Viale del Parco Mellini o da piazzale Maresciallo Giardino, come ho fatto io. Il sentiero della riserva di Monte Mario è percorribile tutto l’anno, perché rispetto all’altro è meno “selvaggio” e quasi tutto asfaltato, ma salite e discese sono ripide, perché raggiunge i 139 metri di altezza. Anche se viene chiamato Monte, è in realtà un colle, che al tempo degli antichi romani ospitava le ville residenziali di poeti e nobili, che qui trovavano refrigerio dall’umidità del fiume sottostante. Era anche attraversato dagli eserciti di ritorno dalle campagne militari. La stessa strada che più tardi percorsero i pellegrini che si recavano a Roma, perché questo è di fatto l’ultimo tratto della via Francigena, con l’arrivo a San Pietro. 

Tornanti e scalette

Entrando ci sono due possibilità: o affrontare i tornanti, o abbreviare salendo le scalette che portano in cima. Dipende dal tempo che avete: io ho fatto i tornanti all’andata e mi sono affrettata per le scalette al rientro, perché i cartelli di avviso del pericolo cinghiali e il buio incombente mi hanno spinto ad accelerare il passo! Comunque di cinghiali, o altri animali, neanche l’ombra. Anche se il sito viene segnalato per le caratteristiche uniche del territorio e per la sua particolare flora e fauna. Sembra, infatti, che Monte Mario custodisca tracce di epoca preistorica e quindi segni di insediamenti umani fino all’epoca romana, dove svolse ruolo di avamposto commerciale. Diventato terra di coltivazione nel medioevo, durante il Rinascimento è oggetto di diversi interventi edilizi, fino al quasi abbandono dei giorni nostri. 

Villa Mazzanti 

Fu costruita alla fine del XIX secolo dall’ingegnere Luigi Mazzanti su un preesistente edificio appartenuto alla famiglia Barberini. Espropriata nel 1967, è diventata parco pubblico di quartiere. Originariamente, il parco della villa si estendeva fino a viale Angelico, dove c’era un vivaio, Piazzale Maresciallo Giardino e via Gomenizza, dove c’era una zona coltivata a orto. Lo stile è quello di un parco all’inglese con roccaglie, ripidi vialetti e fontane rustiche a scogliera di tufo. Quando fu costruita, c’era la moda di imitare le ville storiche nobiliari e questo è chiaramente visibile fin dagli esterni. Da un punto di vista architettonico, infatti, la villa non è grandissima ma fonde elementi dell’architettura rinascimentale e classica con temi fantasiosi, simbolici o dal sapore esotico. Una bella copia, insomma.

Villa Mellini

Si trova quasi alla sommità del parco ed è una delle poche ville quattrocentesche superstiti. Fu fatta costruire dal cancelliere perpetuo del Comune Mario Mellini durante il pontificato di Sisto IV (1471-1484). Sembra che Wolfgang Goethe amasse passeggiare nel parco Mellini e descriverne le bellezze naturali. Come Wordsworth, che gli dedicò il sonetto “The Pine of Monte Mario at Rome”: 

I saw far off the dark top of a Pine 
Look like a cloud—a slender stem the tie 
That bound it to its native earth—poised high 
‘Mid evening hues, along the horizon line, 
Striving in peace each other to outshine. 
But when I learned the Tree was living there, 
Saved from the sordid axe by Beaumont’s care, 
Oh, what a gush of tenderness was mine! 
The rescued Pine-tree, with its sky so bright 
And cloud-like beauty, rich in thoughts of home, 
Death-parted friends, and days too swift in flight, 
Supplanted the whole majesty of Rome 
(Then first apparent from the Pincian Height) 
Crowned with St Peter’s everlasting Dome.

I pini domestici e la vista su Roma dovevano piacere moltissimo agli artisti, se anche William Turner fece un disegno intitolato “Stone Pines on Monte Mario, with a View of Rome from near the Villa Mellini”.

Stone Pines on Monte Mario 1819 Joseph Mallord William Turner 1775-1851 Accepted by the nation as part of the Turner Bequest 1856 http://www.tate.org.uk/art/work/D16337
Stone Pines on Monte Mario 1819 Joseph Mallord William Turner 1775-1851 Accepted by the nation as part of the Turner Bequest 1856 http://www.tate.org.uk/art/work/D16337

Nel 1935 la villa divenne sede dell’Osservatorio Astronomico di Monte Mario e del Museo Astronomico e Copernicano: il primo comprende due cupole principali dove si trovano gli equatoriali per l’osservazione degli astri e una Torre Solare entrata in funzione nel 1958. L’Osservatorio è rimasto in funzione fino al 2000, poi l’attività di osservazione si è trasferita a Monte Porzio Catone. Oggi, è sede della dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

La Terrazza dello Zodiaco e il Vialetto degli innamorati

Questo è il mio grande dispiacere. Avrebbe dovuto essere il punto d’arrivo della camminata, quello più romantico, al tramonto, mentre le luci si abbassavano su una vista spettacolare. E invece, la vista spettacolare più o meno c’è, ma che peccato vedere incuria e abbandono dove un tempo c’erano vita e coccole! Il ristorante Lo Zodiaco, famosissimo, e il bar adiacente sono infatti chiusi da due anni per fallimento e, da allora, tra crollo alberi e mancata manutenzione, direi che di romantico è rimasto ben poco. Vale comunque la pena di arrivare fin quassù per il panorama che si apre sul Tevere, quando le luci della città si abbassano e restano quelle di lampioni, macchine e case. Il momento è sicuramente suggestivo e so che vi piacerà. Attenzione però! Sbrigatevi a scendere prima che faccia buio per tornare indietro, perché quando calano le luci il parco diventa la casa dei cinghiali!

Che mi dite? Vi è piaciuta questa prima puntata di Romancè segreta? Se vi va, iscrivetevi alla newsletter per seguire le prossime puntate!

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Un giorno a Roma per innamorarsi – Mark Lamprell

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Il giardino d’inverno di Bomarzo

Il giardino di Bomarzo è sacro o mostruoso? Questo è il dilemma che affligge da anni i visitatori di questo museo così particolare. E’ proprio il caso di ribadire che tutto dipende da come guardi il mondo. Il perché ve lo spiego subito, venite con me a scoprire Bomarzo e i suoi misteri, ideali per una breve scappatella invernale.

Voi che per il mondo andate errando…

Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua dove son faccie horrende, elefanti, leoni, orsi, orche et draghi” è la frase che accoglie chi visita il Parco dei Mostri di Bomarzo. A leggerla oggi, la frase suona ironica. Caro Vicino Orsini, è proprio perché non posso errare per il mondo che sono giunta fino a te! La strada per arrivare al parco era immersa nella nebbia e un tantino lugubre. All’ingresso, hanno anche controllato il greenpass, pur essendo un luogo completamente all’aperto e che favorisce il distanziamento naturale. “E’ perché siamo considerati museo”, mi spiegano alla cassa. E anche un tantino esoso come museo: 13 euro che dovrebbero, e sottolineo dovrebbero, servire a manutenere il giardino in ottimo stato. 

Sacro o dei mostri?

Finite le critiche, ora vi racconto la passeggiata, che è stata molto piacevole. Vi dicevo all’inizio che la “critica” si spacca in due. Chi lo considera mostruoso, chi lo considera sacro. Da che dipende? Dipende dalla prospettiva con cui osserviamo la costruzione. Se il visitatore è religioso, troverà ispirazione religiosa, se si fa prendere dall’atmosfera esoterica, lo troverà “mostruoso”. In realtà, la tesi più accreditata oggi è che gli elementi del parco siano null’altro che dipendenti dalla volontà del suo possessore e che rappresentino, visti nel complesso, una sorta di “autobiografia” per immagini. Il che, se ci pensate, è un’idea affascinante: secoli dopo, noi giriamo per il bosco, cercando di farci un’idea del suo ideatore.

Chi era Vicino Orsini?

Pier Francesco Orsini, detto Vicino come vezzeggiativo familiare, era il figlio di Giancorrado e della seconda moglie, Clarice Orsini, che però si allontanò da casa quando i figli erano ancora piccoli. Vicino sposa Giulia Farnese e subito dopo il matrimonio si dedica alla carriera militare fino al 1557, quando si ritira a vita privata nel suo palazzo di Bomarzo, dopo aver girato in lungo e largo per l’Europa. E’ in questo momento della sua vita che decide di progettare il Sacro bosco, progetto che riceve nuova spinta dalla morte della moglie e dalla delusione per le vicende politiche in cui si era ritrovato come militare. E’ un po’ come se il bosco fosse per Vicino un suo buen retiro dalla società e dalla vita pubblica. Complice anche la contemporanea costruzione del cugino ricco, Alessandro Farnese con la sua sfarzosa dimora di Caprarola, Vicino probabilmente volle un luogo seminascosto da cui osservare dal basso gli opulenti possedimenti di quel ramo della famiglia. 

Arte o inganno? 

Tratteggiare, anche velocemente, la personalità di Vicino è fondamentale per cercare di capire quello cui ci troviamo di fronte. Forse ci sta prendendo in giro? All’ingresso, una sfinge reca questa scritta: “Tu ch’entri qua pon mente / parte a parte /e dimmi se tante /maraviglie / sien fatte per inganno / o pur per arte”. Dove finisce l’inganno e inizia l’arte? Pensateci, di solito è un tema che emerge quando si discute di arte moderna. In questo caso, il tempo ha dato risposta? Me lo direte voi. Per quanto mi riguarda, direi di aver trovato la mia risposta. Il bosco è un’allegoria della vita e delle esperienze di Vicino, niente di più e niente di meno. La compagnia e il nascondiglio che il nobile ha riservato ai suoi ultimi anni di vita. Un po’ come fa uno scrittore quando scrive un libro, trasfigura le sue esperienze e dà loro forma. Vicino l’ha fatto con la natura e creazioni dell’uomo, dando vita a un unicum nel suo genere. Se osservate statue, animali e costruzioni in quest’ottica, potrete idealmente vedere Vicino passeggiare accanto a voi. E forse ridere di qualche espressione sconcertata.

L’itinerario

Il percorso all’interno del Bosco sacro di Bomarzo non è obbligato, ma abbastanza indirizzato dalla mappa che consegnano alla cassa. Ci sono 40 elementi e ora vi darò una rapida panoramica di quelli che mi hanno colpito di più. Poi sarete voi nei commenti a dirmi quali vi sono rimasti impressi e perché.

Il fier gigante

Un gigante anche nelle dimensioni, ritratto mentre sbatacchia a terra un avversario. Vicino in una sua lettera lo chiama Orlando, facendo presupporre con ragionevole certezza che abbia tratto ispirazione proprio dai versi dell’Ariosto: “Ma quel (Orlando) nei piedi, ché non vuol che viva, / lo piglia… / e quanto più sbarrar puote le braccia, /le sbarra sì, ch’in duo pezzi lo straccia”.

La casa pendente 

Potrebbe sembrare il frutto di una stravaganza architettonica di Orsini. Invece, un po’ come è successo alla Torre di Pisa, la pendenza è semplicemente frutto di un cedimento del terreno, nessuna ipotesi fantasiosa è concessa. Quale avrebbe dovuto essere la funzione di una casetta così ridotta, è invece ancora oggi un mistero. Forse, un luogo di riposo o di svago per gli ospiti del giardino, o per il padrone stesso. Comunque, è possibile entrarci, ma attenzione perché se soffrite di vertigini si faranno sentire.

L’orco

L’orco è abbastanza impressionante, tanto più che con quella bocca spalancata e gli occhi vuoti, ti invita a salire le scalette per entrare all’interno. E tu lo farai, certo che lo farai. Gli studiosi hanno pensato per anni che fosse un riferimento all’Inferno di Dante. Invece no, oggi sembra più rifarsi alle maschere tragiche della classicità, o a quelle etrusche della zona di Cerveteri, poco distante dal viterbese (anch’io ho una collana da qualche parte). Una volta dentro, vi troverete in una stanza con una tavola al centro e i sedili scolpiti nella pietra. “Ogni pensier vola“, la scritta incisa sul labbro superiore, mi ha fatto pensare a un posto dove perdersi, senza pensare a niente. Magari con una bottiglia di vino, da qui la necessità di un tavolo. Ma sono solo mie fantasticherie, nulla più.

Cerere, Nettuno e la ninfa dormiente 

Su questo trittico, altro che il pensiero vola. Ho proprio creato un romance. Allora, in una piazza quadrata si trovano Nettuno a capotavola, Cerere all’altro capo, spostata su un angolo, e la ninfa dormiente fuori dalla piazza, nei pressi di Nettuno ma seminascosta, con un cane a farle compagnia e da guardia. Ovviamente, con la fantasia galoppante che mi ritrovo, per quanto mi riguarda rappresentano Vicino, la moglie Giulia e la giovane amante di Vicino, che esisteva veramente e gli fu accanto dopo la morte della moglie. Oppure, potrebbe essere Adriana dalla Roza, una giovane romana conosciuta a Venezia in gioventù e di cui si era innamorato. Chissà. Che ne pensate di questa libera interpretazione delle tre statue?

Vi piace l’idea di visitare il Bosco di Bomarzo? Conoscete altri giardini o boschi interessanti da visitare? Datemi suggerimenti nei commenti!

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Buda e il bar dove si rifugiava Sissi

State guardando Sissi, la miniserie su Canale 5? In sintesi, la serie racconta gli anni dell’adolescenza della futura imperatrice. La giovane e spensierata duchessa Elisabetta, “Sissi“, in Baviera si innamora di Franz Joseph I D’Austria e lo sposa. È elogiata come la donna più bella d’Europa, ma si sente sempre più sola e rinchiusa alla corte imperiale di Vienna. E cosa faceva Sissi quando si sentiva persa e sola? Vi stupirà sapere che faceva quello che fanno milioni di donne in tutto il mondo! Continuate a leggere e vi racconterò questa storia semisconosciuta su una delle nobili più iconizzate della storia cinematografica.

Il castello reale di Gödöllœ

Nel mio ultimo viaggio a Budapest, Viaggio nei caffè letterari di Budapest, sono tornata a Buda, che è indubbiamente il mio posto preferito nella capitale magiara, perché guardare il tramonto dall’alto, con i colori arancio-rosa del cielo che si riflettono e si fondono con il castello, i ponti e il Danubio, per me è qualcosa di unico e andrebbe visto almeno una volta nella vita.

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Ma non divaghiamo e torniamo a Sissi. Proprio a Buda si trova il castello reale di Gödöllœ, il più grande e sfarzoso edificio barocco d’Ungheria, dono d’incoronazione del popolo ungherese ai sovrani d’Asburgo. Anche conosciuto come la “Versailles ungherese”, anche se personalmente odio non poco questi paragoni, era la residenza estiva dei sovrani e la preferita di Sissi. Gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, è stata restaurata e aperta al pubblico alla fine degli anni novanta. Sissi e la famiglia vi trascorrevano diversi mesi all’anno e, col tempo, Gödöllœ diviene il rifugio di Sissi. Se state seguendo la fiction, saprete che Sissi soffriva terribilmente le imposizioni di corte. Qui, invece, era lasciata più libera. 

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Ruszwurm cukrászda

Ma dove andava l’imperatrice quando non ne poteva più? Si rifugiava nel Ruszwurm cukrászda, o Confetteria Ruszwurm, per mangiarsi in santa pace un pezzo di torta, accompagnato da una cioccolata calda.

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Proprio così donne, Sissi una di noi. Si dice che a volte sparisse e qualcuno della corte andasse a cercarla lì, per riportarla indietro, costringendola a lunghe sedute di ginnastica per rimettersi in forma. Altre storie, meno edificanti, dicono che Sissi soffrisse di problemi alimentari e che fosse lei stessa a punirsi, o che avesse un amante e comprasse dolci per lui.

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Perché sceglieva proprio questa caffetteria? L’ambiente è più spartano rispetto agli altri caffè di moda di cui vi ho parlato nel post precedente, come potete vedere nelle foto. Forse, Elisabetta sceglieva questa confetteria perché più riservata, ma famosa per le sue leggendarie paste alla crema. Che secondo me comprava per se stessa, solo per riprendere fiato da una vita stressante. Chi di noi ogni tanto non prova questa sensazione di soffocamento? Un angoletto per se stessi spesso è la soluzione agognata.

budapest sissi caffè

Voi che ne pensate? Vi convince come teoria? Sia come sia, vi consiglio di passarci e giudicare voi stessi se le paste meritano o no 😉

SiSi Day 4

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Viaggio nei caffè letterari di Budapest

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Un caffè letterario a Budapest: le terme di Széchenyi

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Viaggio nei caffè letterari di Budapest

Ero già stata a Budapest anni fa, mentre studiavo, e mai avrei pensato, per N motivi, di farvi ritorno. E’ proprio vero che non bisognerebbe MAI dire MAI nella vita. Eccomi di nuovo qui a Budapest, a girare per una città profondamente cambiata. In meglio, da quello che posso vedere con gli occhi superficiali di un turista da weekend. Non vi racconterò il giro classico, un po’ perché non ho avuto il tempo materiale di farlo, un po’ perché vorrei lasciarvi qualche chicca da segnare se il vostro è un viaggio di più giorni, oppure se più semplicemente siete alla ricerca di qualcosa di diverso da chiese e monumenti (che comunque vi consiglio di visitare!). Questo è il mio secondo viaggio letterario, dopo quello in Inghilterra Sulle tracce delle grandi scrittrici. L’ho chiamato “Un caffè letterario a Budapest”. Come diceva Sándor Márai Non c’è letteratura senza un Caffè. Ed è lì che vorrei condurvi, alla scoperta dei caffè della capitale magiara in qualche modo collegati alla letteratura e agli scrittori. Con qualche incursione nel mondo delle principesse, dello street food e delle terme. Insomma, un melting pot, come sempre. Pronti? Partiamo, che il tempo fugge!

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Városliget

La Ruota del Tempo

La più grande clessidra d’Europa si trova in un parco di Budapest, Városliget, che si trova vicino a Piazza degli Eroi ed è considerato uno dei luoghi principali della città in cui rilassarsi. Il Timewheel è di otto metri di diametro, pesa 60 tonnellate, è costruito in vetro, acciaio e granito per durare nei secoli. E’ di fatto una gigantesca clessidra, che ha sostituito una statua di Lenin: la ruota contiene infatti 7 tonnellate di sabbia, che scende dall’alto verso il basso. Il 31 dicembre di ogni anno viene girata a mano per far ricominciare il deflusso. Anche se ha la forma di una clessidra e si chiama Ruota del Tempo, non ha la funzione di misurare il tempo che passa, ma di testimoniare la sua monumentalità e l’eterno movimento. Davanti, c’è un’iscrizione con una frase di Sant’Agostino: “cos’è il tempo. Se nessuno me lo chiede, lo so. Se devo spiegarlo, non lo so“. L’installazione è stata realizzata nel 2004, per supportare l’entrata dell’Ungheria nell’Unione Europea.

Castello Vajdahunyad

Oltre alla ruota, al centro del parco c’è il Castello Vajdahunyad, che come set fotografico non è male, soprattutto al tramonto. E’ in realtà un complesso di 21 edifici e diversi stili architettonici, costruito per ripercorrere la storia dell’architettura ungherese. Sembra un po’ il castello delle fiabe, con tanto di laghetto artificiale annesso. Considerando la centralità del parco, sicuramente vale una sosta, magari dopo aver visto i monumenti di Piazza degli Eroi o mentre andate/tornate dalle terme di Széchenyi, che sono sempre dentro il parco.

Terme di Széchenyi

Di queste terme vi ho già parlato in un altro post. Qui mi limiterò a sottolineare che non si può andar via da Budapest senza aver visitato almeno una volta le terme. Sono famosissime e c’è un motivo. Assolutamente non potete perderle.

Massolit bookstore & cafe

Un’insegna minuscola e una vetrina poco appariscente per un locale tutto da scoprire. Si trova nel quartiere ebraico e ha una clientela variegata: studenti con il pc o libri, giovani alternativi, mamme con bebè a passeggio e perfino professori che correggono tesi. Insomma, un’allegra confusione da godersi con calma. L’atmosfera è assolutamente informale, ci sono tavolini in legno, qualche poltrona e scaffali dove pescare libri usati, per leggerli o comprarli, con un giardinetto sul retro. A libri nuovi e usati si affianca una caffetteria semplice, con caffè macinato al momento, tè verde o nero, infusi, fette di torta, quiche o biscotti per accompagnare. Tu scegli il posto, ordini e i ragazzi al bancone chiamano quando è pronto per il ritiro. Io ho ordinato cappuccino e Zserbó, un dolce delle feste ungherese ripieno di marmellata, noci e zucchero e ricoperto di glassa al cioccolato. Tutto ottimo, nessuno ti mette fretta ed è un posto alternativo, con avventori curiosi che valgono da soli la sosta. Il locale ha anche una tessera per il coworking, se abitassi a Budapest non mi dispiacerebbe affatto scrivere al Massolit. Non potevo, ovviamente, uscire senza un libro in mano: ho scelto My Sergei, un ricordo del marito scomparso scritto dalla famosa pattinatrice russa Ekaterina Gordeeva.

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New York Cafè

Purtroppo quando sono arrivata davanti alla vetrina, ho trovato una fila infinita. Nonché prezzi altissimi per Budapest. I due fattori combinati mi hanno fatto desistere, però c’è da dire che il New York Café fa parte da sempre dell’anima di Budapest. All’inizio del XX secolo si chiamava New York Kávéház ed era frequentatissimo da artisti, scrittori ed editori, anche perché ai piani soprastanti c’erano le redazioni dei giornali più influenti dell’epoca. Si dice che Ferenc Molnár, I Ragazzi della Via Paal vi dice qualcosa?, abbia gettato le sue chiavi nel Danubio, per essere sicuro che non chiudesse mai. E avrebbe scritto proprio su uno dei tavoli del NY Cafè il suo leggendario romanzo. Favola o verità? Chissà. Fatto sta che a un certo punto è stato costretto a chiudere. Dopo la seconda guerra mondiale, cadde in rovina e diventò un negozio di articoli sportivi. Riaprì poi nel 1954, con il nome di Hungária, ma solo nel 2006 è stato riportato al suo splendore originale. Oggi fa parte di un albergo, il New York Palace, e serve dolci e piatti tradizionali. Se avete voglia di una pausa elegantissima, è il posto giusto per voi. 

new york cafè logo new york cafè 2 logo

Café Párisi (ex Book Cafe Lotz Terem) 

Questo è un locale spettacoloso, che purtroppo io ho trovato chiuso per restauro, ma in cui vi consiglio di avventurarvi perché dopo la ristrutturazione, e varie vicende societarie, ha riaperto ed è molto affascinante, con uno stile legato alla Belle-Époque, affreschi delpittore ungherese Károly Lotz, specchi enormi e oro ovunque. Tra l’altro, si trova nella via principale dei negozi, Andrassy Ut, quindi non faticherete a trovarlo. Ora ha riaperto con il nome di Café Párisi, come l’ex grande magazzino che portava lo stesso nome. Nel XIX secolo il caffè nasce come casinò, che nel 1911 viene trasformato nel grande magazzino “Art Nouveau di Parigi”, il primo centro commerciale della città. Ancora oggi, sull’insegna sulla facciata sotto la quale si entra nell’edificio si legge Párisi Nagy Áruház (“Grandi Magazzini di Parigi”). Nella parentesi book cafè, l’edificio al piano superiore ospitava la libreria Alexandra. 

Buda e il bar di Sissi

A Sissi e al caffè in cui andava a rifugiarsi, il Ruszwurm, ho dedicato un post a parte.

Ospedale nella roccia

Questa è una tappa che ovviamente non c’entra nulla con caffè e letteratura, però se cercate un indirizzo che esula dal classico giro turistico di Budapest, questo posto fa per voi. L’ospedale nella roccia si trova nelle grotte sottostanti il Castello di Buda, quindi dopo aver preso un caffè nel bar di Sissi, potete proseguire fin qui. L’ospedale ha avuto un ruolo importante per Budapest: inizialmente come struttura di pronto intervento sia nella seconda guerra mondiale sia in occasione della rivoluzione del 1956. Nel periodo della guerra fredda, è diventato un rifugio antiatomico e la struttura è stata mantenuta segreta fino al 2002. Entrando nel museo, ho potuto visitare i veri alloggi di fortuna in cui medici, infermieri e volontari, senza sosta cercavano di aiutare i feriti, con una ricostruzione realistica, e anche in qualche modo impressionante, delle difficoltà con cui dovevano arrangiarsi sia loro sia i pazienti. La fondazione che lo gestisce dal 2015 è indipendente e ha aperto il museo con lo scopo di dimostrare che “anche in guerra e in dittatura si può scegliere di comportarsi da persone, scegliendo il bene. I veri eroi sono quelli che restituiscono la vita, non quelli che la tolgono”. Emozionante, da vedere. 

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Caffè Gerbeaud

Se Ruszwurm rappresentava il rifugio solitario di Sissi, il Gerbeaud era il caffè ufficiale delle visite con il marito. L’ambiente rococò, elegantissimo, e la posizione super centrale ne facevano un punto di ritrovo dell’élite cittadina e straniera. E anche oggi, con prezzi non proprio abbordabili, è un indirizzo da considerare se volete concedervi uno stravizio, in tutti i sensi. Io ho ordinato, infatti, una selezione delle torte classiche più famose servite dalla pasticceria: la Dobos torte, inventata dal pasticcere ungherese J. Dobos, con ricetta rimasta segreta fino al suo ritiro dall’attività. La torta è composta da 6 strati di pan di spagna e 5 strati di crema di cioccolato e burro, con un topping al caramello. La Eszterházy torte, che prende il nome da una casata nobiliare, composta da crema al burro aromatizzata con cognac e spalmata su quattro strati di pasta di meringa e mandorle grattugiate. La torta è ricoperta da una glassa fondente e decorata con un caratteristico motivo a strisce di cioccolato. E come farmi mancare la Gerbeaud torte? Una cosetta leggera: sei strati di pan di Spagna, su cui viene spalmata una crema di cioccolato e burro, con la cima ricoperta da uno strato sottile di caramello. Il bordo è ricoperto di nocciole macinate, castagne, noci o mandorle. Talmente mediocri che la foto è stata scattata appena in tempo, prima di spazzolare anche il piatto! 😀 Dopo questo tris, una sosta alle terme direi che è d’obbligo

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Il Szimpla Kert e i Ruin pub

Anche qui siamo lontani dalla letteratura, però un po’ di svago ci vuole. I ruin pub, o ruin bars come vengono anche chiamati, sono un must prima di lasciare Budapest. La cosa migliore, sempre se avete tempo, sarebbe girarne diversi, magari nella stessa notte. Io sono stata in uno dei più conosciuti dagli stranieri, ma forse non il più “sincero”,  il Szimpla Kert. Purtroppo non ho avuto tempo di vederne altri, ma qui trovate l’elenco completo, così potete farvi un’idea e una mappa ideale del giro a seconda di cosa vi ispira di più. Poi fatemi sapere nei commenti quali avete scelto e se vale la pena, così la prossima volta a Budapest ci andrò! 

Street Food Karaván

In Ungheria lo chiamano “la mecca dello street food” e la definizione mi sembra azzeccata. Attaccato a Szimpla, è uno spazio all’aperto dove sono posteggiati numerosi camion servono street food take away o  da consumare sul posto in uno dei tanti tavolacci di legno. C’è veramente di tutto, piatti tradizionali, internazionali e vegetariani, la scelta non manca. Io ho preso un dolce super, super buono, il kürtoskalács. Un dolce tipico ungherese conosciuto anche come “chimney cake”, “torta camino”, per la sua forma. Intanto, te lo preparano sul momento, quindi è divertente seguire il procedimento. Stendono la pasta fino a farla diventare una sfoglia sottile, poi l’allungano fino a farla diventare un cordone lunghissimo, che avvolgono su un apposito mattarello. L’appiattiscono per unire i filamenti e passano questa spirale cilindrica nello zucchero, che rimane attaccato. Poi, lo cuociono sulla brace e, caldissimo, lo passano velocemente su cannella, o cacao, cocco, vaniglia, a scelta del fortunato che lo mangerà. Lo lasciano riposare un minuto, il tempo di riuscire a staccarlo dalla forma, et voilà, una robina deliziosa e caldissima scivola nelle tue mani. Mi raccomando, non perdetevelo, sarebbe un peccato. 

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Caffè central

Il Caffè Central era un altro dei ritrovi culturali della capitale, frequentato da scrittori, poeti e intellettuali per tutto il diciannovesimo e ventesimo secolo. Ed è stata l’ultima tappa prima di tornare a casa. Dopo varie vicissitudini, alla fine posso dire che le sorti dei Caffè fanno toccare con mano quale disastro sia stata la guerra per l’Ungheria, è stato ristrutturato nel 2000 assumendo l’aspetto che ha ancora oggi. Devo dire che mi è piaciuto molto bere qui il mio tè con pasticcini finale e partecipare al giochino del sottopiatto di carta. Scrivi la tua poesia usando queste parole e, accanto, uno cornice dentro cui sbizzarrirsi. La mia poesia è questa, che ve ne pare?  

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Dove mangiare a Budapest?

Se siete arrivati a leggere fin qui, avete diritto a un premio. Dove mangiare a Budapest? Vi lascio quest’indirizzo, fidatevi e prenotate per tempo, che è sempre pieno: Hungaricum Bisztró. Il locale è delizioso, il personale è gentile e il cibo molto buono. Il grande valore aggiunto, secondo me, è il suonatore di cimbalom, uno strumento musicale suonato in Ungheria, che ha reso l’atmosfera ancora più gradevole. A fine serata, per ringraziare il suonatore ho comprato il cd. La cena è iniziata con pane e panna acida con paprika e finita con palinka, liquore tipico, entrambi offerti dalla casa. Il menù è tradotto anche in italiano, quindi non avrete problemi.

Che ne dite? Vi ho convinto a partire per un weekend di relax totale a Budapest? 

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Dove il vento dell’est soffia ancora: il mio weekend a Sofia, in Bulgaria

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