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Sussurri nella notte – Judith McNaught

Altro romance vintage e altra lettura così così. Sussurri nella notte di Judith McNaught è il terzo volume della serie Paradise, pubblicato per la prima volta nel 1998. La scrittrice è conosciuta per i romanzi storici, con qualche incursione nel contemporaneo. In questo romanzo, per arrivare al cuore della vicenda bisogna attendere molto. Forse troppo…

Trama 

Sloan Reynolds, agente tutta d’un pezzo, viene incaricata dall’FBI di inchiodare il padre, che lei non ha mai conosciuto, per riciclaggio di denaro sporco. Lavorando con l’agente Paul Richardson, Sloan riallaccia i rapporti con il ramo dimenticato della sua famiglia, quello votato alla vita dorata del jet-set. In breve tempo, Sloan riesce a farsi voler bene da Paris, una sorella anche lei mai conosciuta, e dalla bisbetica bisnonna Edith. Quest’ultima, inaspettatamente decide di includerla nel testamento e, proprio all’indomani di questa decisione, viene opportunamente uccisa al termine di quella che apparentemente dovrebbe sembrare un tentativo di rapina. Ovviamente, i sospetti cadono immediatamente su Sloan, che oltre al rispetto della sua nuova famiglia, rischia anche di perdere Noah, l’uomo di cui si è follemente innamorata.

Presupposti surreali

Penso che questo romanzo di Judith McNaught oggi sarebbe stato notevolmente rimaneggiato nella fase di editing. Una lunga, lunghissima premessa dove veniamo a conoscenza di qualsiasi particolare della vita di Sloan, anche i più insignificanti. Improvvisamente, nelle ultime pagine la storia prende corpo e vita. Ormai, però, come lettrice mi sentivo talmente fiaccata dalla parte precedente, che ho finito per non vedere l’ora di giungere a conclusione. Perché la parte interessante inizia con la morte di Edith e si risolve con una fretta e una mancanza di pathos che mi hanno lasciato perplessa. A lasciarmi titubante, è soprattutto il fatto che una donna riesca a introdursi all’interno di una famiglia super ricca e dedita ad affari illeciti senza che nessuno si accorga del suo mestiere. Il padre, pur assente per tutta la vita, non sa che la figlia fa la poliziotta? E quindi fa entrare dentro casa lei e un agente dell’FBI senza effettuare un minimo controllo sui due? La stessa cosa decide di fare il brillantissimo Noah? Va bene, nel suo caso forse possiamo passarci sopra perché accecato dall’amore. Che persone circondate da guardie private e avvocati penalisti a cinque stelle dormano in questo modo, invece, è francamente surreale

Sloan e Noah

Per il resto, il romanzo scorre. La storia d’amore tra Sloan e Noah e quella tra Paris e nonvidicochi sono gli elementi migliori, insieme a un cambiamento di direzione nell’indagine che rende meno scontata la conclusione. Tra l’altro, a un certo punto Paul Richardson nomina una precedente indagine che ha seguito, che è la storia di un altro volume della serie Paradise, intitolato in italiano “Un Incontro Perfetto”. Forse non un romance d’eccellenza, ma alla fine si fa leggere.

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Prigioniera di un sogno – Pat Morris

Sì, sì e ancora sì. Questi sono i romance che mi piacciono. In Prigioniera di un sogno, un romanzo vintage anni ’80, Pat Morris infila tutti gli elementi che servono per chiudere una novella d’amore con un sospiro e una lacrimuccia furtiva.

Trama

Debora viene gettata sulla riva di un’isola sconosciuta, dopo un violento naufragio. Ormai tutti la credono morta e la ragazza non ha possibilità di dare sue notizie a nessuno. Strappata brutalmente dal suo mondo in Inghilterra, dal suo fidanzato, dalla sua vita, si ritrova in terra straniera, tra persone che svolgono un oscuro lavoro. Hussein pascià, il dispotico e arrogante padrone dell’isola, è il suo carceriere, ma è anche l’uomo che risveglia la sua femminilità. Ma è un amore assurdo, al quale Debora si oppone con tutte le sue forze. La favolosa opulenza orientale non riesce ad abbagliarla e Debora lotterà fino all’ultimo per resistere al meraviglioso egiziano dagli occhi di ghiaccio. Riuscirà a liberarsi dal suo fascino? Potrà tornare al suo Paese? E come sarebbe accolta da tutti quelli che la credono morta?

Ricamatrice di storie 

In poche pagine, Pat Morris ricama una storia in cui i fili s’intrecciano perfettamente. C’è una donna giovane, forte e indipendente, che incontra un uomo affascinante. Hussein, padrone di un’isola sperduta di cui possiede tutto, persone comprese. C’è un’umanità varia, che obbedisce a Hussein senza porsi domande, forse perché succube del suo carisma. O chissà per quale oscuro motivo. Debora è diversa e lo mette in chiaro fin da subito: non intende cedere, abbandonando le sue abitudini e convinzioni di donna occidentale. Il leader carismatico ha trovato una degna avversaria! Uno degli strappi più forti con la cultura dell’isola in cui si trova suo malgrado costretta a vivere avviene quando si rifiuta di coprire il capo con il velo. Proprio il velo diventa il simbolo delle rivendicazioni di Debora come donna e come cittadina inglese.

La veggente aveva ragione

In mezzo, Pat Morris piazza descrizioni così vivide che quasi di sentire i gorgheggi striduli degli ibis e il profumo delle piante che vivono in questa terra selvaggia e incantata. La narrazione scorre via in un crescendo che mantiene sempre alto l’interesse per l’attrazione che nasce tra Debora e Hussein. Fino al finale perfetto, dove le predizioni della lettrice dei fondi di caffè si avverano. Lo confesso, è scesa pure una lacrima.

Alla ricerca della scrittrice 

Se lo trovate in un mercatino, vi consiglio di prenderlo perché merita. Brava Pat! Se, invece, conoscete già quest’autrice, mi suggerite altri suoi titoli? Online ho trovato molto poco, tranne che il romanzo è del 1983 e pubblicato dalla casa editrice Omnia, nella collana Polvere di stelle. Nel testo Hussein viene chiamato “pascià”, titolo che in Egitto è stato usato fino alla fine degli anni ’50. Lei, Debora, è un’istitutrice inglese. Forse il racconto è di un’epoca precedente a quella della pubblicazione in italiano? Cosa che il garbo dello stile e l’accuratezza nell’uso dei vocaboli farebbero supporre. Come ormai sapete, ho un debole per gli scrittori anni ’40 e ‘5o. Oppure la traduttrice italiana, Nora de Siebert, scrittrice di fantascienza, è in realtà proprio Pat Morris? Chi sa qualcosa di più me lo racconti, per favore.

La copertina 

Pur trattandosi di edizioni economiche, una volta le copertine erano molto curate. Prendiamo quella di Prigioniera di un sogno. L’illustrazione di copertina è curata da Ermanno Piero Iaia, un illustratore nato negli anni ’30, grande esperto di manifesti per il cinema, la televisione e l’editoria.

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Le piace Brahms? – Françoise Sagan

Ho finito oggi di leggere Françoise Sagan. Non credo che San Valentino sia il giorno più indicato per finire un romanzo come questo. O forse sì. Forse è proprio la festa degli innamorati il momento giusto per riflettere sull’amore. O meglio, per comprendere la differenza tra l’amore e la più stupida pazienza, come direbbe Anna Oxa. Paule è l’emblema della ragnatela in cui tante, troppe, donne ancora oggi restano intrappolate. Senza sapere come uscirne. Anzi, il che è peggio, senza volerne uscire.

Trama

Paule è una donna di 39 anni, arredatrice divorziata, legata a un coetaneo e profondamente insoddisfatta della propria vita sentimentale. Un giorno conosce Simon, il figlio di una cliente. E’ giovane, viziato e s’innamora di lei.  Pur opponendo resistenza, Paule decide di mettersi ancora in gioco. La scelta tra i due è molto sofferta: il giovane Simon la riempie di attenzioni, si dimostra una persona più matura della sua età, la invita a concerti e le scrive biglietti; ma la sicurezza – e la noia – garantita dal legame con il compagno resta sempre un richiamo molto forte…

In questo triangolo  grande assente è l’amore

Il romanzo è del 1959. Allora Françoise Sagan era considerata dai francesi una donna anticonformista, che manifestava nella sua condotta di vita e nei suoi scritti un nuovo modo di interpretare la femminilità. Paule, infatti, è una donna che anche oggi definiremmo moderna: vive sola, è una professionista con un lavoro autonomo, ha alle spalle un matrimonio a cui ha detto basta, intrattiene una relazione basata sulla libertà di vedere altre persone. Peccato che questa libertà sia vissuta dal suo uomo a senso unico: “gli uomini sono incoscienti”, pensava Paule senza amarezza. “Ho tanta fiducia in te, tanta fiducia che posso tradirti, lasciarti sola, ed è impossibile che succeda il contrario. E’ sublime”. Paule è una donna amareggiata, che si sente sola e che percepisce perfettamente la differenza tra amare e restare insieme per noia, abitudine, pavidità, o semplice rassegnazione. Eppure, nonostante la sua fredda e lucida analisi, Roger è il suo punto debole, il tallone d’Achille. Perché fare a meno di lui sembra impossibile. Paule è convinta che la sua non sia semplice rassegnazione, no, il suo è sadismo verso se stessa, verso ciò che erano stati insieme. “Come se uno dei due, lui o lei, avessero dovuto alzarsi bruscamente e dire ‘basta così.’ E aspettava questo riflesso da se stessa, quasi altrettanto ansiosamente che da Roger. Ma invano. Qualcosa, forse, era morto. A morire sono stati amore e speranza.

Ed ecco che improvvisamente arriva Simon.

Un ragazzo, così giovane da non sapere ancora cosa fare della sua vita. Affogato nonostante la sua giovane età nella noia, Simon trova in Paule un’ancora di salvezza. Simon è bello, molto bello, e per la prima volta Roger comincia a perdere la sua sicurezza nei confronti di Paule, perché nonostante la differenza di età il ragazzo è deciso a conquistare la donna. Paule, dal canto suo, trova in Simon quel senso di accudimento che le mancava, quella necessità di tornare a casa, infilarsi a letto e trovare qualcuno che ha bisogno del suo calore, un bambino o un uomo. Tutte cose che Roger lo sa, “lui non poteva darle, che non aveva mai potuto dare a nessuno”. Purtroppo, però, in questo triangolo grande assente è l’amore, il sentimento che muove il mondo e che spinge ad affrontare ostacoli impensati. Per questo, i nostri personaggi non fanno che ricadere afflosciati su se stessi, vittime del loro stesso male di vivere.

Paule rinnega se stessa 

“Paule si studiava il viso nello specchio e passava in rassegna, uno per uno, i difetti che si erano accumulati in trentanove anni, non con quell’apprensione e quell’acrimonia che una donna ha di solito in questi casi, ma in maniera tranquilla, sì e no interessata. Come se la pelle tiepida, che a volte tirava con due dita per sottolineare una ruga, per dar risalto a un’ombra, fosse quella di un’altra persona, di un’altra Paule intensamente preoccupata della propria bellezza, e che stesse passando con difficoltà dallo stato di donna giovane a quello di donna ancora giovane: una Paule che lei faceva fatica a riconoscere. Si era messa davanti allo specchio per ammazzare il tempo e — l’idea la fece sorridere — scopriva che era il tempo ad ammazzare lei, pian piano, devastando un viso che pure era stato amato.”

Già dall’incipit, Françoise Sagan mette in mostra tutta la raffinatezza e l’abilità della sua penna, che pennella una “Parigi lucida di pioggia autunnale”. L’atmosfera malinconica e grigia di cui è ammantato il romanzo, mi ha ricordato Gente di Dublino di James Joyce e Paule somiglia straordinariamente a Eveline. Un’altra età e un’altra condizione sociale, certo, però con lo stesso immobilismo, la stessa incapacità di tirarsi fuori dal pantano. Paule è una donna insoddisfatta, sola, inquieta. Eppure, è già rassegnata, come se invece di avere 39 anni fosse nel tramonto della vita. E quel riferimento iniziale a un viso devastato, che sicuramente non lo è se piace a un venticinquenne, ci fa capire subito quanto Paule svaluti se stessa. Pur apparendo come una donna brillante. Ecco, è forse questa la cifra con cui leggere il romanzo: la differenza tra apparire ed essere, tra volere e ottenere. Paule rinnega se stessa e le sue passioni, annulla la sua volontà in nome di chi? Di cosa? Di un amore che non è amore, di un uomo che non è un uomo, di una vita che è una non vita.

Le piace Brahms?

La chiave per comprendere fino in fondo la nebbia che avvolge Paule è in questa semplice domanda che Simon le scrive su un biglietto. Lei ama la musica, eppure ci deve pensare: Brahms le piace oppure no? E’ talmente disabituata a coltivare le sue passioni e ad ascoltare le sue esigenze che non si ricorda neanche più cosa le piace e cosa no. Quante donne simili a Paule conoscete? Io diverse e tutte accampano scuse, la famiglia, il tempo, il lavoro, gli anni che passano, per non ammettere che hanno solo bisogno di fermarsi e di riappropriarsi della propria vita. Il romanzo di Françoise Sagan diretto come un pugno e inesorabile come il tempo che abbiamo a disposizione. Da leggere.

p.s. Da questo libro di Françoise Sagan è stato tratto nel 1961 l’omonimo film diretto da Anatole Litvak con Ingrid Bergman, Ives Montand e Anthony Perkins.

Leggi anche: 

Una vita – Guy de Maupassant

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Tim – Colleen McCullough

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Venere invidiosa – Shannon Hollis

Venere invidiosa di Shannon Hollis, altra lettura vintage pescata dallo scatolone che mi hanno regalato. Invidia. Il sesto peccato. Il più nascosto dei vizi. Nessuno confessa mai di essere invidioso, tutti lo sono. Magari del loro lato più disinibito e sexy. La presentazione del tema di fondo mi ha subito intrigato, così come il titolo di questa uscita nella collana Harmony Temptation.

Trama

Linn Nichols ha un nuovo incarico. Per far cadere nella trappola un tizio non proprio perbene a cui sta dando la caccia deve imparare a parlare “sporco”. Il suo nuovo mezzo di lavoro sarà il telefono e il suo ruolo quello di dea del sesso, sfrenata e senza censure. Linn è preoccupata, cosa penseranno i colleghi? E il suo capo, Kellan Black? E poi lei non è mai stata aggressiva nell’intimità, non sa da che parte cominciare. Fino a quando alza la cornetta e inizia a parlare… Per Linn è una rivelazione. Il suo alter ego, Caroline, è proprio come lei vorrebbe essere nella realtà: sicura di sé, sfrontata, perversa. Nessuno riesce a resisterle. Neanche Kellan. E Linn diventa invidiosa.

Caroline/Linn: di chi è invaghito Kellan?

La trama era intrigante, però forse 188 pagine sono un po’ poche per svilupparla come mi sarebbe piaciuto. Alla fine non sappiamo quasi niente del passato di Kellan e Linn e anche Caroline, l’alter ego di Linn, avrebbe potuto essere più presente. Invece, l’ambivalenza di Linn-Caroline si risolve quasi subito, così come il rapporto delle due con il capo di Linn. Invece, sarebbe stato interessante rimanere più in dubbio sui comportamenti dell’uomo. Black è attratto da Caroline o da Linn? E Caroline è quello che Linn avrebbe sempre voluto essere, oppure solo un mezzo per ottenere quello che vuole nella missione di polizia che le hanno assegnato? Anche l’operazione di polizia ci avrebbe potuto tenere un po’ di più col fiato sospeso, invece ci sono dei dettagli che non mi hanno convinto fino in fondo e che non depongono molto a favore di presunti efferati criminali! Comunque vi dirò: è una lettura piacevole e ben costruita. Se nella traduzione non avessi trovato un vero e proprio orrore, e se l’attrazione a prima vista tra i due fosse stata meno caricata, sarei stata più che soddisfatta.

orrore

Il pavone viaggiatore – Elaine Harper

Mi hanno regalato uno scatolone di libri vintage “tu saprai cosa farne” (?) e, prima di decidere cosa farne, ho deciso di leggerli per curiosità. Il primo è di Elaine Harper, I pavoni viaggiatori, che nel 1988 era stato allegato alla rivista per adolescenti Cioè. Pensate, in copertina c’è la foto di Luca Barbarossa e l’anticipazione di lettera aperta al cantante alla fine del libro! Che chicche meravigliose si trovano a volte…

Trama

Tre splendidi esemplari di pavone in giardino non sono la sola grande sopresa di Todd. Ciò che maggiormente lo turba, infatti, è Heidy, soffice chioma biondo miele e dolcissimi occhi color cielo. I pavoni naturalmente sono suoi e il loro recupero è per entrambi i ragazzi una piacevole occasione d’incontro. Todd pensa subito di chiederle di diventare la sua ragazza, ma, ahinoi, tutto congiura contro i suoi programmi!

Liceali alle prime cotte

Una novella senza grandi pretese, che racconta la storia di un amore adolescenziale con la leggerezza che contraddistingue quell’età, se tutto va bene ovviamente. Elaine Harper descrive il microcosmo di una provincia americana e di ragazzi che affrontano l’ultimo anno di scuola prima di andare al college. Oltre che test di ammissione all’università, i liceali sono alle prese con le prime cotte, le discussioni con i genitori per farsi prestare la macchina, i lavoretti per guadagnare qualcosa e gli allenamenti sportivi. Tutto fila liscio, insomma: anche quando i due protagonisti Todd e Heidi devono cavarsela in una situazione difficile, ne escono più forti di prima. E anche più innamorati?

Post scriptum

Ho cercato informazioni sulla scrittrice, Elaine Harper, senza trovare un granché, se non che è stata attiva negli anni ’80 con diversi romanzi di questo tipo. Ho scoperto anche che Il pavone viaggiatore è il seguito ideale di un’altra novella, Love at first sight (non so se mai tradotta in italiano), dove il protagonista dei pavoni era il rivale in amore di Craig, che qui compare solo sporadicamente.

be my valentine  first