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Jamaica Inn, un fantasy di Daphne Du Maurier

Durante il viaggio letterario Sulle tracce delle grandi scrittrici, mi sono fermata alla Taverna della Giamaica, la locanda che ha ispirato a Daphne Du Maurier l’omonimo romanzo, Jamaica Inn. Atmosfera cupa, vento impetuoso e una giovane che bussa alla porta cigolante di un edificio sinistro…

La trama

Mary Yellan è una ragazza che vive in una fattoria del Devon. In punto di morte, ha promesso alla madre che non sarebbe rimasta sola, ma che avrebbe cercato la zia Prudence per andare a vivere con lei e il marito Joss Merlyn al Jamaica Inn, una locanda sperduta tra le brughiere della Cornovaglia. Qui spera di ritrovare la zia Patience che ricorda, affettuosa e gentile. Arrivata al Jamaica Inn scopre una realtà ben diversa. Joss Merlyn è un  uomo imponente, rozzo e violento e Patience è triste e impaurita, completamente soggiogata dal marito. Sconvolta, decide di rimanere per proteggere la zia e convincerla ad andare via insieme. Vivendo nella taverna, Mary scopre ben presto i loschi traffici dello zio, che usa la locanda come copertura ma in realtà  pratica il contrabbando dalla costa all’interno della Cornovaglia. Jem, il fratello dello zio, le offre il suo aiuto per andarsene, ma la ragazza non si fida di lui. Così cerca l’aiuto di Francis Davey, parroco di Altarnum, che la ospita a casa sua. Nel frattempo, anche il giudice Bassat cerca le prove per arrestare Merlyn e la sua banda…

L’ispirazione

Daphne Du Maurier stessa ha raccontato di avere avuto l’ispirazione dopo che lei e un amico nel 1930 si persero nella nebbia mentre cavalcavano e si fermarono nella notte nella locanda perché troppo pericoloso proseguire. Durante il tempo trascorso nella taverna, si dice che il parroco locale l’abbia divertita con storie di fantasmi e racconti di contrabbando. Più tardi, Daphne du Maurier continuò a trascorrere lunghi periodi presso l’Inn, parlando apertamente a più riprese del suo amore per la località.

Dopo aver visto la locanda, non fatico a credere che si sia persa nella nebbia, né che si fosse innamorata del posto. Perché ancora oggi è esattamente come lo descrive nel libro. E’ incredibile quanto mi sembrasse di essere là con Mary e Jem, in mezzo alla brughiera, al vento selvaggio e alle scogliere maestose della Cornovaglia. La locanda in cui è ambientato il libro ha subito modifiche all’interno, ma non all’esterno, quindi anche l’architettura è esattamente come la descrive lei. Che è bravissima sia a costruire un’ambientazione noir che cattura immediatamente, sia a creare la giusta suspense sulla sorte di Mary. Cosa succederà  a questa ragazza finita in mano a parenti poco raccomandabili? Può davvero fidarsi delle persone con cui si confida? Jem è come il fratello o potrebbe nascere una storia?

Il diavolo e l’acqua santa

Jamaica Inn è in definitiva un bel fantasy che si segue con piacere, anche se certamente non all’altezza dei suoi romanzi più famosi, come Rebecca la prima moglie, per esempio. Questo perché se proprio devo trovargli un difetto, direi che il finale è un po’ tirato via, troppo frettoloso. Mi ha dato quasi l’impressione che l’autrice volesse chiudere il prima possibile, facendo virare un mistery svelato fino a quel momento tassello dopo tassello in un finale quasi consolatorio che poco ha a che vedere con il resto della trama. Rimane comunque una lettura godibile, soprattutto per il bel personaggio femminile che la Du Maurier ha creato. Considerando che scriveva negli anni ’30, una ragazza che anela all’indipendenza e che si muove da sola in un mondo di uomini spesso violenti è indice della visione progressista del mondo di un’autrice e di una donna che rivendica un ruolo femminile che vada oltre il tradizionale angelo del focolare.  Fa da contraltare il personaggio altrettanto riuscito dell’albino vicario di Altarnun. Ovvero quando diavolo e acqua santa s’incontrano, trovandosi reciprocamente attraenti.

Nel 1939 la storia è stata portata sullo schermo da Alfred Hitchcock, con l’omonimo film Jamaica Inn. Su youtube il film integrale gratis.

Leggi anche: 

Carol, di Patricia Highsmith

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Quante ne sai? 15 curiosità su Jane Austen che forse non conosci

La biografia di Jane Austen più o meno la conosciamo tutti. Ma sai proprio tutto, tutto, su zia Jane? Leggi 15 curiosità∗ sulla vita e le opere della celebre scrittrice inglese e spunta quelle che già conoscevi. Mettiti alla prova con il quiz e poi scrivi nei commenti quante ne sapevi. Solo chi totalizza 15/15 potrà fregiarsi del titolo di Jane Austen addicted! Pronti? Via!

1) Pseudonimo

I suoi romanzi furono pubblicati anonimamente, semplicemente con indicazioni quali “by a Lady” o “by the autor of Sense and Sensibility”. Solo nella pubblicazione postuma della prima edizione de L’Abbazia di Northanger e Persuasione il fratello Henry rivelò il nome dell’autrice al pubblico, scrivendo di suo pugno una nota biografica. Jane, quindi, non vide mai il suo nome pubblicato.

2) Gli anni della scuola

Nel 1783, mentre erano a scuola a Southampton, Jane e sua sorella Cassandra presero una febbre virale, probabilmente tifo, e furono sul punto di morire.

3) Emma

Jane una volta dichiarò di voler creare un’eroina che non piacesse a nessuno tranne che alla scrittrice. E così nacque Emma.

4) I titoli dei suoi romanzi

I titoli definitivi di Persuasione e L’Abbazia di Northanger furono scelti dai fratelli Henry e Cassandra dopo la morte di Jane. La scrittrice aveva intitolato il primo Susan (e poi Catherine) e il secondo Gli Elliott.

5) Talenti

Jane non era solo un’eccellente scrittrice. Faceva da sé anche la birra e il vino orange.

6) L’amore

Nel dicembre del 1795 Austen conobbe il suo primo amore, Thomas Langlois Lefroy, ma la famiglia del ragazzo riteneva la figlia del reverendo inadeguata socialmente per il figlio, rendendo impossibile il matrimonio tra i due. Si fidanzò ufficialmente una sola volta, con l’amico di famiglia Harry Bigg-Wither, ma dodici ore dopo ritirò la sua parola, perché durante la notte si era accorta di non essere innamorata di lui.

7) Baci

Nei romanzi di Jane Austen i personaggi si scambiano 14 baci. Nessuno di questi tra eroina e protagonista maschile.

8) Discendenti

I fratelli Francis ed Edward ebbero ben undici figli per uno, per un totale di 78 nipoti. Tutti i figli maschi dei genitori di Jane si sposarono due volte, tranne George. Charles si sposò con due sorelle ed ebbe quattro figli da ognuna.

9) Jane e basta

Jane è l’unica tra tutti i fratelli a non avere un secondo nome.

10) Sport

Jane amava fare lunghe passeggiate. La sua preferita era da Bath al villaggio di Weston, lunga 8 km tra andata e ritorno.

11) Balia

La signora Austen allattava i suoi figli per i primi mesi, prima che fossero portati in una famiglia vicina (i Littleworths). Ogni bambino veniva assistito da questa famiglia per i primi due anni, finché acquisiva autonomia nel parlare e camminare. Durante questo periodo, i genitori facevano loro visita regolarmente e alla fine li riportavano in famiglia. Questa non era una pratica rara al tempo, né veniva considerata come insensibilità. Questa abitudine della famiglia Austen potrebbe spiegare per quale motivo Jane era più affezionata a sua sorella che alla madre.

12) Una passione invincibile

Verso la fine dei suoi giorni Jane, ormai troppo debole e affaticata, volle continuare a scrivere, usando la matita invece di penna e calamaio.

13) Dediche

Su richiesta di questi, Emma fu dedicato al Principe Reggente. Tuttavia, Jane non amava il principe, a suo dire troppo stravagante nei comportamenti e nel trattamento riservato alla moglie.

14) Hugh Grant è troppo bello

Quando nel 1995 girarono il film Ragione e Sentimento, l’Associazione Jane Austen del Nord America (JASNA) contattò il produttore per protestare contro la scelta di inserire Hugh Grant nel cast. Secondo loro, l’attore britannico era troppo attraente per recitare la parte di Edward Ferrars.

15) Haters

Sembra che lo scrittore Mark Twain abbia dichiarato: “Tutte le volte che leggo Orgoglio e Pregiudizio mi viene voglia di disseppellirla e colpirla sul cranio con la sua stessa tibia”.  La domanda sorge spontanea: caro Mark, ma quante volte hai letto il libro? E se l’hai preso in mano più volte, non è che sotto sotto zia Jane ti piacesse assai?

Allora? Segnate le curiosità che già conoscevi? Quale punteggio hai realizzato? Scrivilo nei commenti!

∗ fonte: The Jane Austen Centre di Bath

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Orgoglio e pregiudizio? Prova l’audiolibro

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L’abbazia di Northanger 

Persuasione

Sulle tracce delle grandi scrittrici: Bath e il gossip degli antichi romani alle terme

Sai tutto su Jane Austen? Partiamo dalla biografia

IMG_5975E’ una delle autrici più famose, celebrata in tutto il mondo per la sua capacità di narrare scene di vita quotidiana rendendole universali. Sto parlando di Jane Austen, la scrittrice più amata dagli appassionati del periodo Regency. E’ talmente conosciuta che siamo tutti convinti di conoscerla alla perfezione. Ma è proprio vero? Dopo il mio viaggio letterario Sulle tracce delle grandi scrittrici ho perso le mie certezze. Ora vorrei mettervi alla prova: partiamo dalla biografia per arrivare alle curiosità e vediamo se anche voi perderete le vostre. Se non sarà così: complimenti! Siete dei veri Jane Austen’s  addicted!

La famiglia

Jane Austen nacque il 16 dicembre del 1775 a Steventon, Hampshire, un piccolo villaggio nel sud-est dell’Inghilterra. Figlia del pastore anglicano George Austen e di Cassandra Leigh, era la penultima di otto figli, sei maschi e due femmine (James, George, Edward, Henry Thomas, Francis William Frank, Charles John, Jane e Cassandra Elizabeth).

Gli studi

Jane crebbe in un ambiente vivace e culturalmente stimolante e all’inizio il padre si occupò personalmente della sua educazione. Nel 1783, Jane e la sorella Cassandra si trasferirono prima a Oxford e poi a Southampton per studiare Dal 1785 al 1786 le due sorelle frequentarono la Abbey School di Reading.

I primi lavori

Tra il 1787 e il 1793 Jane Austen scrisse i suoi Juvenilia, tre raccolte, dai toni umoristici o gotici, di racconti, poesie, bozze di romanzi e parodie che emulavano la letteratura dell’epoca e che erano scritti per divertire la ristretta cerchia di conoscenti.

L’amore

Nel dicembre del 1795 Austen conobbe il suo primo amore, Thomas Langlois Lefroy, ma la famiglia del ragazzo riteneva la figlia del reverendo inadeguata socialmente per il figlio, rendendo impossibile il matrimonio tra i due. Si fidanzò ufficialmente una sola volta, con l’amico di famiglia Harry Bigg-Wither, ma dodici ore dopo ritirò la sua parola, perché durante la notte si era accorta di non essere innamorata di lui.

I romanzi più famosi

IMG_5974Tra il 1795 e il 1799 iniziò a scrivere i suoi lavori più famosi: Prime impressioni, prima bozza di Orgoglio e pregiudizio, ed Elinor e Marianne, che divenne Ragione e sentimento. Nel 1795 lavorò anche a un racconto epistolare, Lady Susan. Successivamente, iniziò la stesura di un nuovo romanzo, inizialmente intitolato Susan per poi diventare L’abbazia di Northanger, satira del romanzo gotico di moda a quei tempi. Venduto nel 1803 per 10 sterline da Henry Austen a un editore, Benjamin Crosby, non fu pubblicato finché gli Austen non ne riacquistarono i diritti nel 1816.

Bath e Southampton

IMG_5976Nel dicembre del 1800 il padre di Jane andò in pensione e decise di trasferirsi a Bath. Durante la permanenza in città, lei scrisse I Watson, rimasto incompleto, e lavorò ad alcune modifiche di Susan. Quando il padre morì improvvisamente nel 1805, lasciò moglie e figlie in precarie condizioni economiche, anche se i fratelli non fecero mai mancare il loro aiuto. Nel 1806 le tre donne si trasferirono a Southampton, dal fratello Frank, e successivamente, nel 1809, a Chawton, un piccolo villaggio dell’Hampshire a pochi chilometri dal loro luogo di origine, dove il fratello Edward mise a loro disposizione un cottage di sua proprietà.

Orgoglio e pregiudizio, Mansfield Park, Emma

L’editore Egerton pubblicò, nel gennaio del 1813, Orgoglio e pregiudizio, ultima revisione di Prime impressioni. Il romanzo fu accolto immediatamente molto bene e già nell’ottobre dello stesso anno ne fu stampata una seconda edizione. Nel 1812 iniziò la stesura di Mansfield Park, terminato e pubblicato nel 1814, ne furono vendute tutte le copie in sei mesi. Sempre nel 1814 iniziò la stesura di Emma, concluso nel 1815 e pubblicato nel dicembre dello stesso anno da John Murray, noto editore di Londra. Emma fu l’ultimo romanzo di Jane Austen pubblicato in vita. Infatti il suo ultimo e più maturo romanzo, Persuasione (che scrisse nel 1815), fu pubblicato postumo nel dicembre del 1817 insieme a L’abbazia di Northanger.

La malattia

20170822_110615Nel 1816 Jane si ammalò gravemente. Nel tentativo estremo di salvarla, Cassandra la portò a Winchester, dove operava un luminare dell’epoca, ma la malattia era troppo avanzata e Jane morì il 18 luglio 1817. Fu sepolta nella cattedrale che amava tanto, al termine di un funerale a cui presenziarono pochissime persone. Negli ultimi mesi di vita aveva iniziato a scrivere Sanditon, una satira sul progresso e sulle sue conseguenze, rimasto incompiuto a causa dell’aggravarsi della sua malattia.

QUIZ libroso

Questa biografia contiene fatti che tutti più o meno conoscono. Ma sai proprio tutto tutto tutto su Jane? Nel prossimo post ti metterò alla prova con 15 curiosità che forse non conoscevi su Jane Austen. Pronto a metterti alla prova?

Leggi anche:

Il  mio viaggio letterario Sulle tracce delle grandi scrittrici 

Persuasione

L’Abbazia di Northanger

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London’s calling. Il viaggio letterario sta finendo. Ma prima, i Pink Floyd!

Il viaggio letterario sta finendo. L’ultima mattina, al John Bartleycorn di Goring, ci aspetta una colazione pantagruelica e una conversazione vivace con i nostri vicini di tavolo, che incuriositi dalla presenza di stranieri sono meno reticenti dei padroni di casa 20170823_091650a chiederci cosa ci facciamo da queste parti. Noi ci limitiamo a rispondere che siamo di passaggio prima di tornare a casa. Loro vengono dal nord dell’Inghilterra e fanno trekking, infatti all’inizio ci avevano scambiato per camminatori. Noi ridiamo e ribattiamo che no, in teoria non facciamo trekking, ma che le scogliere della Cornovaglia ci hanno obbligato a macinare chilometri. Alla parola Cornovaglia la signora si fa sognante, mi dice che c’è stata una volta sola ma che vorrebbe tanto tornarci. Io sono appena andata via e la penso esattamente come lei. Subito dopo, però, la sorridente signora inglese raffredda i miei entusiasmi per la tavola rotonda e Camelot, liquidando Winchester in una battuta: “ah, sì, in tutta l’Inghilterra ci sono posti dove dicono di possedere quella vera, ma non è mai così”. Addio, Camelot, è stato bello illudersi per un giorno.
Prima di andare via, ci fermiamo a ringraziare il proprietario. Di buon mattino è loquace e ha voglia di fermarsi a fare due chiacchiere. Approfitto per chiedergli notizie da insider su George Michael. Sembriamo vecchi amici, io con gli avambracci poggiati sul bancone del bar mentre lui mi racconta che lo conosceva e che era una persona amabile, educata e gentile. Salutava tutti, soprattutto quando usciva a passeggiare lungo il fiume, ma in realtà nessuno nel villaggio può dire di averlo conosciuto davvero. Mi sembra sinceramente triste per quanto gli è accaduto e le sue parole rafforzano in me la convinzione che avesse scelto questo luogo remoto per essere lasciato in pace. E che quanto accaduto il giorno di Natale possa anche non essere casuale. Purtroppo, è tristemente vero che ai vivi rimangono solo le domande…

via Londra

Ora però è davvero tempo di andare via. Direzione, Londra. Complice una bella giornata e traffico scorrevole, arriviamo in aeroporto prestissimo. Dall’autostrada, i segnali che indicano Heathrow ci guidano senza sforzo e addirittura a un certo punto appare la corsia riservata a chi deve lasciare la macchina a noleggio. Perfetto. La macchina è un po’ infangata, ma non c’è neanche un graffio. Un pulmino ci porta al terminal giusto per il nostro volo, fanno tutto loro. Fantastico, staccare il cervello qui si può. Entrati nel terminal, ci guardiamo ed è un attimo. Il volo è tra qualche ora, la fermata della metropolitana è nel terminal, la macchinetta automatica per i biglietti pure…Pink Floyd, arriviamo!

Pink Floyd Exhibition

Al Victoria & Albert Museum è in corso la mostra Pink Floyd: Their Mortal Remains, la loro anima rimane. Arrivare è semplicissimo, la fermata della 05metropolitana e l’entrata del museo sono separate da un tunnel. La fila c’è ma e quasi ora di pranzo di un giorno feriale, quindi fattibile. Esauriti i convenevoli, ci fanno entrare dotando ognuno di una cuffia. Il percorso, infatti, è sensoriale, visivo, acustico e tattile. Ci tuffiamo in un mondo ovattato, dove centinaia d persone si aggirano per le sale in silenzio, mentre si attivano al passaggio video e canzoni, che insieme a testi originali, fotografie e strumenti musicali ripercorrono le tappe principali del percorso artistico e musicale della band, dagli esordi negli anni ’60 fino allo scioglimento. Anche se li seguo da una vita, è stato interessante cogliere alcuni dettagli che non conoscevo o conoscevo poco, soprattutto per quanto riguarda il loro incontro nella facoltà di architettura, l’influenza dei loro studi sulle scenografie dei concerti, che curavano personalmente, o la sperimentazione tecnica sui suoni, oppure quanto fossero diversi dagli altri artisti emergenti perché provenivano da una classe sociale elevata e puntavano sulla raffinatezza dei testi e dei suoni fin dall’esordio. Mi sono anche divertita a giocare con il mixer sulle note di “Money“, ma ho capito solo ripassando lì davanti che l’impianto è collegato alle cuffie e quindi chi si diverte con il mixer fa sentire la sua versione a chi passa lì vicino! Spero tanto di non aver massacrato orecchie sensibili! La fine della mostra, poi, è grandiosa. In una sala circolare, puoi sdraiarti, metterti seduto o rimanere semplicemente in piedi a gustarti loro, che dai video a tutta parete suonano dal vivo, immerso chiaramente in luci psichedeliche.

This is the end

20170817_105428Riuscite a immaginare finale diverso e migliore per questo straordinario viaggio letterario? Se potessi, lo rifarei mille e mille volte e chissà che non sia possibile tornare davvero sulle scogliere ventose, in compagnia di un orizzonte sterminato e delle profondità dell’anima. Perché mentre andavo Sulle tracce delle grandi scrittrici, l’ho afferrata e le ho raccontato qualcosa di me. Lei già sapeva, ma mi ha ascoltato paziente, pronta a mettere in valigia percezioni e turbamenti prima di riprendere il viaggio.
p.s.
Spero che questa lunga narrazione vi sia piaciuta e vi abbia tenuto compagnia. Se vi ho incuriosito e state pensando di organizzare un viaggio in queste terre meravigliose, scrivetemi nei commenti e sarò felice di rispondere a tutte le curiosità.
Intanto, finisco in dolcezza anticipando il titolo del prossimo Diario di bordo:
A presto!

Listen without prejudice. Da George Michael a Goring-on-Thames

Winchester è molto piccola, la visita non richiede più di mezza giornata e noi abbiamo un appuntamento importante prima di tornare a casa. Domani ci aspetta il volo da Heathrow e il villaggio in cui sento di dover andare si trova a circa un’ora da Londra, quindi perfetto come tappa di avvicinamento. Anche se non è il motivo per cui ho deciso di andarci.

Goring-on-Thames

Goring-on-Thames, Goring sul Tamigi, è un piccolo villaggio che sembra sospeso nel tempo. Se non fosse per le macchine che raramente attraversano le strade, potremmo tranquillamente trovarci nel 1600. Non è una cittadina di passaggio, chi si ferma qui ci viene intenzionalmente, IMG_20160101_014413oppure ci abita. In gran parte, è abitato da persone facoltose che cercano pace, tranquillità e anonimato. Proprio quello che desiderava la persona che cerco. Lascio i bagagli nel pub del paese, che mi ospiterà per la notte, ed esco a cercarlo. Non voglio chiedere indicazioni: se sarà destino, lo troverò. Per fortuna, non c’è alcun circo dell’orrore, nessuno sfruttamento di eventi infausti, nessun cartello che metta il viandante sulla strada giusta. Parto dal fiume: so che aveva scelto Goring perché voleva vivere vicino al fiume, quindi immagino di essere in grado di riconoscere la casa giusta dall’esterno. Sulla banchina, sono ormeggiate diverse barche, ma le persone a bordo si contano su una mano. L’atmosfera è ferma, siamo in estate ma potrebbe essere autunno, se non fosse per il colore verde brillante della vegetazione.

Piove

Piove, e penso che sia giusto. Credo che il cielo stia piangendo e mandi acqua incessantemente dal 25 dicembre 2016. Passeggio per il molo senza una meta. Non so, forse spero di non trovare il cottage giusto. Forse, spero di vederlo uscire da una porticina di legno e dire: “hello”!, ma ovviamente non è possibile. Piove più intensamente, ora. Forse, è il caso di allontanarsi dal fiume. Si sta facendo buio. Forse, è il caso di riprovare con le prime luci del mattino. M’incammino sulla via principale del paese e scorgo delle lettere. Una sola parola, di legno verniciato, appoggiata su un muretto: LOVE. So che sono arrivata. So che potrò salutarlo.

George Michael

Quando vedo ondate di ragazzine isteriche urlare il nome del cantante del momento, anche a me viene da ridere come credo a tutti. Penso che quando saranno grandi ricorderanno quei momenti con affetto e anche un pizzico di nostalgia. Voi quali follie avete fatto per amore del vostro idolo? Io IMG_20160101_011018poche, non sono scappata a Sanremo per sposare Simon Le Bon, non ho fatto i calchi in gesso ai genitali (sì, è successo anche questo), non mi vesto di viola come chiedeva Prince, non ho tirato reggiseni come le fans di Vasco Rossi. Niente di pazzo, se non qualche striscione ai concerti. In compenso, ho offerto fedeltà. Le mie passioni musicali mi accompagnano dall’infanzia, hanno resistito agli ormoni impazziti dell’adolescenza, mi hanno consolato quando sono entrata nell’età adulta, mi aiutano a vivere oggi, che gli anni passano e i problemi aumentano.
George Michael era ed è per me tutto questo: è la mia giovinezza spazzata via in un momento, una mattina di Natale quando mi sono alzata felice, pensando ai regali che avrei scartato quel giorno e invece mi sono trovata davanti alla brutalità di una notizia lunga un minuto.
“Careless whispers of a good friend. To the heart and mind, ignorance is kind. There’s no comfort in the truth, pain is all you find” 
Sussurri avventati di un buon amico. Per il cuore e la mente, l’ignoranza è gentile. Non c’è conforto nella verità, il dolore è tutto quel che trovi.

Careless whisper

IMG_20160101_011536Queste sue strofe sono profetiche. Le domande e i perché sono l’unica cosa che rimane.
George Michael non c’è più. Nessuno di noi potrà più sentire la sua voce unica, straordinaria, immensa. Come immensa è la sua generosità, nei confronti della sua famiglia, del pubblico, delle persone bisognose di aiuto.
Aiuto, come quello di cui forse avrebbe avuto bisogno lui e che nessuno gli ha saputo dare. Oppure, più semplicemente, una stella troppo incandescente per non andare incontro al sole e all’auto distruzione. Di questo sono fermamente convinta: ci sono persone che nascono con un talento straordinario e una sensibilità fuori dal comune. Persone che non sono di questo mondo e che, per quanto si sforzino di essere accettate e di convivere con il grigiore della quotidianità, sono destinate a un disegno superiore. A illuminare le nostre vite per un breve tratto e a spegnersi improvvisamente quando il percorso terreno è compiuto.

Mill Cottage

IMG_20160101_010659La dimora e il villaggio che George Michael aveva scelto parlano di lui. Isolate, recondite, discrete all’esterno quanto lussuose all’interno. Un posto che sceglierebbe chi vuole essere lasciato in pace, questa è la mia prima sensazione. Un sentimento che i suoi fan rispettano, perché anche nell’artista che seguiamo ci possiamo riconoscere. Gli omaggi a George Michael sono ordinati, sistemati in maniera decorosa, senza slogan urlati. Siamo arrivati da tutto il mondo per salutarlo: c’è una bandiera della Cornovaglia, da cui sono appena andata via, una greca, una dell’Italia, lasciata qui da un gruppo friulano. C’è la Corea, l’Australia, la Svezia, il Giappone. Ci sono gli Stati Uniti e la Russia. La musica unisce, la musica non divide.
E poi ci siamo noi, io e un uomo che furtivamente si asciuga gli occhi. Si gira e mi saluta sottovoce, prima di andare via. Prendo il suo posto davanti al portoncino di entrata, quello su cui tutti gli anni IMG_20160101_013808a dicembre George Michael metteva una corona natalizia. Al posto della corona, ora c’è un messaggio della famiglia per i suoi fans: pregano di rispettare George, che amava tantissimo questa casa, non scrivendo sul muro. Chiedono anche di fare attenzione e di non lasciare gli omaggi a George fuori dalla pensilina se deteriorabili, perché la pioggia li rovinerà irrimediabilmente. Invitano chi ha messaggi o materiale per la famiglia a utilizzare la cassetta della posta che si trova in basso sul portone, perché qualcuno li raccoglierà.

Un tuffo al cuore 

E’ raro trovare questo rispetto nei confronti dei fans. E sono orgogliosa del IMG_20160101_013043fatto che nessuno abbia disatteso i voleri della famiglia, che il muro sia libero da scritte. Anch’io voglio lasciargli un messaggio. Voglio fargli sapere che lui è con me da tutta la vita, che le sue canzoni mi accompagnano da sempre e continueranno a farlo. E che quando ho finalmente deciso di pubblicare il mio primo libro, Un tuffo al cuore, lui c’era. Gli ho indicato anche la pagina in cui la protagonista balla sulle note di una delle sue canzoni che preferisco, casomai avesse voglia di leggerlo, da lassù. Mentre parlo con lui altre persone si avvicinano al memoriale. Credo siano persone del posto che vengono a salutarlo velocemente prima di proseguire la loro passeggiata.
Nel frattempo, la pioggia continua a venire giù e tira vento.
Ho compiuto la mia missione, posso tornare a casa finalmente.

The John Barleycorn

In queste due settimane abbiamo alloggiato in case private e fattorie, come nella migliore tradizione britannica. Mancava ancora il pub, ma per fortuna abbiamo scritto al John Bartleycorn la sera 20170823_091650precedente e ci hanno risposto sì abbiamo posto vi aspettiamo, sempre per email. Informali, veloci, amichevoli. Senza chiedere anticipi, numeri di carta o di telefono. Di persona sono come per lettera: informali, veloci, amichevoli. E sorpresi di vederci qui, lo capisco dall’atteggiamento, ma anche troppo discreti per fare domande. Non devono vedere spesso stranieri da queste parti. Anche stasera infatti siamo gli unici, mentre gli altri avventori ridono e scherzano davanti a un boccale di birra. Vivono bene qui, penso. Pochi e semplici divertimenti, serate in compagnia e una bionda o scura per amica. Mangiamo un fish&chips veloce e andiamo a dormire. Domani, la giornata sarà lunga. E la musica inglese d’eccellenza di nuovo protagonista imprevista
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http://www.pennaecalamaro.com/tag/george-michael/