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Il principe leopardo della Princes trilogy viene stanato da Georgie

Vi ho già parlato della Princes trilogy di Elizabeth Hoyt il mese scorso, iniziando dal primo libro della serie, Il principe corvo. Il principe e la preda nella traduzione italiana. In questo secondo romanzo c’è un principe leopardo. Che in italiano diventa Il principe e il desiderio. Anche in questo caso, nessun principe. E neanche nobile, al contrario del primo. Un amministratore della tenuta e la sua datrice di lavoro. Faranno scintille. E non solo quelle. Ora vi racconto, seguitemi. 

Trama

Lady Georgina Maitland non ha bisogno di un marito. Vuole solo un uomo che la aiuti a condurre la tenuta nello Yorkshire che ha appena ereditato. E incontrando Harry Pye, amministratore della proprietà, Georgie sente di aver trovato l’uomo giusto: pratico e competente. E fin troppo avvenente… Harry Pye ha conosciuto molti nobili, ma nessuno assomiglia a questa bellissima lady, così indipendente e sensuale. 

La cittadina e il contadino

Siamo sempre in Inghilterra, sempre nello stesso anno, il 1760. Abbiamo una giovane donna che ha ereditato dalla zia una tenuta in campagna. Lei, donna di città, si ritrova catapultata in una realtà non sua. Lui ha 30 anni ed è l’amministratore che ha assunto per aiutarla a gestire il patrimonio. In questo territorio di campagna ci sono fatti del passato che qualcuno vorrebbe vendicare e un ragazzino cresciuto troppo presto, che ha assistito a barbarie impossibili da dimenticare. Entrambi nascondono dei segreti che verranno rivelati a poco a poco.

Una coppia affiatata

Come coppia mi sono piaciuti molto, come Anna ed Edward del principe corvo, o forse un po’ di più. Harry un uomo tutto d’un pezzo, “impassibile” ma che dentro arde per lei e non solo. E’ un leopardo, animale con una personalità così solitaria e schiva, da rendere quasi impossibile individuarlo. Georgie che non si comporta sempre con la serietà che il suo ruolo richiederebbe, ma che non vuole essere considerata “più ingenua di quello che sono“. E infatti, già dalle prime battute capiamo che non si fa portare fuori strada dalle apparenze. Supportata da tre fratelli e una sorella che non la fanno di certo annoiare! 

Nel principe leopardo viriamo sul mistery

Nel principe leopardo viriamo sul mistery, elemento che nel principe corvo era appena accennato, ma di tenore completamente diverso. Ha reso la lettura interessante e mi ha fatto partecipare alla risoluzione dei misteri. Che alla fine vengono quasi tutti svelati. A volte, però, sembra che l’autrice salti interi pezzi, come mai? Ho indagato un po’ online e sembra che la versione italiana sia ridotta rispetto all’originale. In effetti, per un romanzo storico 200 pagine mi sembravano un po’ pochine! Pazienza, ormai ho iniziato la Princes trilogy in italiano e la finirò così. Qualcuno di voi ha letto l’originale e può confermarmi che le pagine sono effettivamente di più?

Consigliato

In ogni caso, a me quest’autrice piace, la consiglio. Come avevo già detto dopo il mio incontro con lei, per chi cerca una lettura d’amore non impegnativa e con scene di eros che aggiungono un tocco di piccantezza, senza scivolare nel porno, è perfetto. Adesso attacco l’ultimo romanzo della Princes trilogy, Il principe serpente, che già da come si presenta in copertina, promette bene…

Dannazione. Harry cercò di controllarsi, una certa parte del suo corpo non sentiva mai ragioni. Assaggiò il tè e fece una smorfia. Gli altri uomini avevano delle erezioni bevendo una tazza di tè?

— Troppo zucchero? — Lei guardava la sua tazza preoccupata.

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Il principe corvo di Elizabeth Hoyt strega Anna

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Julia Quinn torna su Netflix con i Bridgerton!

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Julia Quinn torna su Netflix con i Bridgerton!

I Bridgerton di Julia Quinn tornano su Netflix da domani. Siete pronti per una nuova stagione della famiglia più unita d’Inghilterra? Intanto, io ho finito proprio in calcio d’angolo il secondo libro della serie, Il visconte che mi amava, su cui si basa proprio questa stagione. Non sto seguendo l’ordine di uscita, in precedenza avevo letto La proposta di un gentiluomo, il terzo della serie, e come vi avevo raccontato, non mi era piaciuto tanto. Questo, invece? Ora vi racconto. E se leggerete fino alla fine, vi darò una chicca. Julia Quinn si prende, diciamo così, una libertà storica su Jane Austen. Quale? Venite a vedere.

Trama (Il visconte che mi amava) 

La Stagione del 1814 sembra essere promettente e ricca di nuovi fidanzamenti. Certo, non per Anthony Bridgerton, erede di un antico viscontado, probabilmente lo scapolo più ambito di Londra, che non ha mai dimostrato alcun interesse per le faccende matrimoniali. E in realtà, perché mai dovrebbe? È il prototipo del libertino, un mascalzone allergico alle etichette dell’alta società e decisamente pericoloso per donne e fanciulle. Questo, quanto meno, è ciò che tutti pensano. In realtà Anthony non solo ha in animo di sposarsi, ma ha anche già scelto la futura moglie, Edwina Sheffield, una debuttante subito soprannominata “lo Splendore”. Peccato che la dolce Edwina si rifiuti di accettare proposte senza l’approvazione della sorellastra Kate. La quale non ha la minima intenzione di affidare l’angelica sorellina a un uomo del genere. Se vuole Edwina, Anthony deve prima riuscire a conquistare la fiducia di Kate. L’impresa porterà risvolti inaspettati. E indubbiamente piacevoli.

Poco originale…

Confermo quello che sostanzialmente ho pensato dopo aver finito La proposta di un gentiluomo. Non ci troviamo di fronte a una trama particolarmente originale. Il romanzo scorre piacevolmente e senza grandi sconvolgimenti. Una lettura poco impegnativa, che ogni tanto ci vuole. Rispetto all’altro romanzo della serie, qui abbiamo due protagonisti più tormentati. Anthony sente la responsabilità di gestire un grande patrimonio e una grande famiglia. Come primo figlio è obbligato, dato che il padre è morto precocemente. Proprio la morte del padre è per lui un grande trauma, che nega anche a se stesso ma che c’è ed è ampiamente visibile. Anche Kate è orfana, ma per fortuna ha un bellissimo rapporto con matrigna e sorellastra. Eccoli anche qui i rimandi a una Cenerentola rovesciata, personaggio che a Julia Quinn deve piacere proprio tanto.

…ma ironico

Il pregio maggiore rimane l’ironia con cui Julia Quinn osserva le vicende dei suoi personaggi e la misteriosa  Lady Whistledown, che dà un po’ di brio alle mattine annoiate degli aristocratici. E anche a noi lettori: peccato che gli stralci della sua gazzetta siano sempre troppo brevi. Avrei preferito che avesse più spazio all’interno delle pagine. Mi piace, invece, che Julia Quinn abbia deciso di non rivelarne l’identità, che nella prima stagione della serie Netflix è stata scoperta immediatamente. Secondo me troppo presto, avrei preferito non saperlo così presto. Anche perché in Il visconte che mi amava Julia Quinn ci dà degli indizi. Voi che ne pensate?

La serie 

Sulla serie vi dirò tra qualche giorno. Mi preparo alle stucchevoli polemiche che sento arrivare nell’aria, perché ho visto il trailer e la scelta che è stata fatta per Kate e famiglia. Come vi ho già detto, sono aspetti di un grande circo che Shonda Rhimes mette in piedi da anni per mostrarci che, in fondo, siamo tutti uguali e sotto lo stesso cielo. 

Edit dopo la prima puntata:
Ho finito la prima puntata un po’ a fatica, la storia per ora si allontana parecchio dal romanzo. E non poteva essere altrimenti, avendo scelto di far diventare indiane le protagoniste. Non so se lui mi piace, aspetterò ancora un po’ per pronunciarmi.
Edit dopo la seconda puntata:
Finalmente la storia è partita. Sempre più diversa da quella del romanzo, forse più accattivante. Torna l’elemento circo, il cerchio. Nella prima serie era una trapezista. 
Edit dopo la fine

Mah, non so. Stavolta direi che mi ha convinto più il romanzo della serie. Non vedevo l’ora di finire. Fossi la produzione, migliorerei soprattutto la scelta dei costumi, in un period è fondamentale. Stoffa di poco prezzo e si vede tutta. La storia in sé si lascia guardare, senza grandi sconvolgimenti.

E veniamo a Jane Austen

Arriviamo a zia Jane e alla “libertà storica” che si prende Julia Quinn. Un lunedì, Mary, la matrigna, trascina controvoglia Kate dai Bridgerton. Kate tenta di resistere: “Edwina si sentirà sola senza di noi”.  Mary risponde: “Edwina ha un romanzo da leggere. L’ultimo di quella donna, la Austen. Non si accorgerà neanche che ce ne siamo andate”.

Julia cara, forse non hai letto le 15 curiosità su Jane Austen che forse non conosci 😉 Proprio nel punto 1), c’è scritto che i suoi romanzi furono pubblicati anonimamente, semplicemente con indicazioni quali “by a Lady” o “by the autor of Sense and Sensibility”. Solo nella pubblicazione postuma della prima edizione de L’Abbazia di Northanger e Persuasione il fratello Henry rivelò il nome dell’autrice al pubblico, scrivendo di suo pugno una nota biografica. Jane, quindi, non vide mai il suo nome pubblicato.

Jane Austen morì nel 1817 e Il visconte che mi amava si apre con la stagione mondana del 1814. Mary, quindi, non poteva sapere che Edwina stesse leggendo un romanzo di Jane Austen! 

Voi che mi dite? State guardando la serie? E avete letto i romanzi? Scrivetemi nei commenti! 🙂

L’elenco dei romanzi, in ordine cronologico: 

Il duca e io (Daphne)
Il visconte che mi amava (Anthony)
La proposta di un gentiluomo (Benedict)
Un uomo da conquistare (Colin)
A sir Philip, con amore (Eloise)
Amare un libertino (Francesca)
Tutto in un bacio (Hyacinth)
Il vero amore esiste (Gregory)
9 Felici per sempre (8 “secondi epiloghi”)

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Perdersi a New York tra libri, tramonti e gospel

New York. Dicono che per ritrovarsi bisogna perdersi. E dove farlo se non in una Grande Mela? Vedo e sento troppe persone preoccupate di “cosa fare” a New York. Io vi dico: il problema non si pone! Perdetevi e lasciatevi trasportare da questa megalopoli così viva ed entusiasmante. Qui vi do solo qualche cenno di quello che potreste fare. Prendete spunto, però ricordatevi: in posti come questo, programmare il meno possibile e perdersi tra le vie, è l’unico modo per assaggiare, perché il tempo è troppo, troppo poco. Non vi parlerò delle mete classiche, quelle le scoprirete da soli. Vi racconto alcune chicche che ho scoperto mentre cercavo di perdermi. Alcune, vi assicuro, sono imperdibili. Altre, come il Tour di Sex and the City, indimenticabili. New York è una città senza mezze misure: o si ama o si odia. Inutile dirvi io da quale parte sto. Buon viaggio!

A piedi nudi nel parco

Central Park
John Lennon

Impossibile andare a New  York e non passare per questo parco. Vi consiglio una bella e lunga passeggiata all’interno. Io sono entrata dalla parte dello Strawberry Fields Memorial, dedicato alla memoria di John Lennon. Il nome si ispira naturalmente alla canzone Strawberry Fields Forever dei Beatles. Indirizzo: W 72nd St. In realtà si tratta di un mosaico posato a terra che si trova nei pressi del Dakota Building, il palazzo in cui il cantante viveva a New York con la moglie Yoko Ono e all’entrata del quale venne ucciso nel 1980. Il mosaico si trova vicino all’entrata e lo riconoscerete perché c’è un menestrello che canta le canzoni dei Beatles, quasi sempre seguito in coro dai fan che lasciano un fiore o fanno foto ricordo. Curiosità: sempre da quell’entrata, se guardate le panchine ne vedrete una dedicata a Bruce Paltrow, regista e padre di Gwineth.  

Loeb Boathouse 

Da lì, potete spostarvi in diverse direzioni, le possibilità sono infinite. Per esempio, potreste finire nei presi della Loeb Boathouse, soprattutto se siete a caccia di un posto unico per pranzare. Si affaccia su un laghetto all’interno di Central Park ed è il ristorante in cui Carrie e Mr. Big di Sex & the City si incontrano a pranzo dopo la fine del matrimonio di lui  e della relazione di lei con Aidan,  ma cadono entrambi nell’acqua per l’imbarazzo di salutarsi. E’ molto scenografico e si presta per belle foto ricordo, anche perché sicuramente l’avrete visto in mille film.

Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir

Oppure, per un colpo d’occhio senza pari, potreste avvicinarvi al Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir, in origine un bacino idrico per la distribuzione dell’acqua ormai in disuso. Se vi piace correre, è il posto che fa per voi, perché qui c’è un anello di circa 2,5 km intorno a cui allenarsi. E’ stato dedicato a Jacqueline Kennedy perché era una sua abitudine correre intorno al laghetto e perché poteva vederlo da casa sua, sulla Fifth Avenue. Lasciamo da parte l’invidia per un momento e andiamoci anche noi a gustare, nel nostro piccolo, questo gioellino di ingegneria. 

The Mall & Literary Walk

Non c’è neanche da dirlo, ma ve lo dico lo stesso. Qui ci dovete assolutamente passare, direi che è obbligatorio. Intanto, per la scenografia degli immensi olmi americani che costeggiano la passeggiata, la Promenade, come la chiamano i newyorchesi. Ma soprattutto, per l’atmosfera che si respira, di chiacchiericcio, passeggiate senza fretta, sport, vita all’aria aperta, flora e fauna spettacolare, sopratuttto con i colori autunnali. Il tutto, condito dai richiami letterari delle statue che osservano tutto questo viavai senza battere ciglio. Viavai che dura da secoli, perché in origine questo era l’unico tratto rettilineo del parco ed era stato pensato per conserire all’élite cittadina di scendere dalle carrozze e passeggiare a piedi fino a raggiungere la Bethesda Terrace, dove i cocchieri andavano a riprenderli. Se affittate una carrozza, potreste rivivere un po’ di questa magia.

Bethesda Terrace

Anche questa tappa è imprescindibile. Bethesda Terrace è il cuore pulsante del parco, perché qui si incrociano le strade e i sentieri. La terrazza è strutturata su due livelli, una piazza circolare con una fontana al centro,  Bethesda Fountain, collegata a una terrazza tramite due scalinate. Dalla terrazza si gode di un bel panorama sul lago e le barche a remi, che chiunque può affittare e che solcano pigramente le acque.

Bryant Park

E’ il parco pubblico più centrale di New York. Se passate da New York prima di Natale (da autunno inoltrato) troverete un villaggio molto carino, pista di pattinaggio inclusa. Anche se piccolino rispetto agli altri, è il mio preferito, anche perché si trova a due passi dalla New York Public Library, LA biblioteca di cui vi ho già parlato e di cui vi riparlo sotto. Infatti ci sono sempre molti studenti che sfacchinano sui libri. Ovviamente, proprio perché così vicino al tempio della lettura pubblica, non potevano non esserci richiami letterari. Il parco, infatti, si chiama così perché è intitolato al poeta e giornalista William Cullen Bryant (1794-1878). All’interno,oltre a una statua eretta in suo onore, ci sono anche i busti di Goethe e Gertrude Stein. Passateci, anche solo per un caffè.

Washington Square Park

Il motivo per cui adoro New York? La gente. Come il signore che mi ha fermato in questo parco per scambiare due chiacchiere e raccontarmi cose interessanti. Per esempio, che negli anni ’50 Jimi Hendrix veniva a suonare qui. Che negli anni ’90 Washington Square Park è diventato il centro del rap e che, vicino alla fontana, in certe sere possono esserci anche venti gruppi che suonano nello stesso momento. E che qui sarebbe nato il frisbee. Prendo tutto con le molle, sarebbero informazioni da verificare, ma capite che fortuna poter bere notizie da guide improvvisate incontrate per caso? Se sapete di più su questi fatti, scrivetemi nei commenti, mi raccomando! 

Messa gospel

Harlem

La messa gospel è un’esperienza da fare, se rimanete in città abbastanza per vivere una domenica diversa dal solito. Ci sono diversi tour che la propongono. Io ho scelto quello del mio albergo, che mi ha portato prima a vedere la Columbia University e poi a fare una passeggiata per Harlem, partendo dall’Apollo teather, un monumento per chi ama la musica. Da qui, siamo arrivati alla Memorial Baptist Church. Devo dire che mi aspettavo un’esperienza completamente diversa, più “turistica” diciamo. Invece, mi sono ritrovata all’interno di una messa vera, guidata da un pastore donna (giuro che non lo sapevo!) che i fedeli sentono completamente, fino quasi a cadere in tranche. Le scene sono ancora vivide, come lo sguardo della parrocchiana che mi ha guardato malissimo perché ho solo azzardato il gesto di tirare su la macchina fotografica. Vi diranno, infatti, che fotografare è proibito, come è proibito mescolarsi alla folla che assiste alla messa, i turisti rimangono infatti in un’area riservata, e che è possibile assistere solo alla prima parte della funzione. I fedeli rimarranno lì tutto il giorno e mangeranno insieme. Peccato, mi sarebbe piaciuto rimanere fino alla fine. Quando siamo risaliti sul pullman, una delle bambine che ha partecipato al tour era visibilmente turbata. Tenetelo presente se viaggiate con minori, chiedete informazioni precise agli organizzatori del tour.

Fare due tiri

Madison Square Garden

A me il basket non piace, mi direte. Male 😉 A parte gli scherzi, non è importante che siate appassionati di sport. Vi consiglio comunque di comprare un biglietto e andare a vedere una partita. Perché lo spettacolo non è in campo, ma fuori, tra gli spettatori e le attività che vengono organizzate per intrattenerli. Passare la domenica a vedere una partita, infatti, è un’attività pensata per tutta la famiglia, non come in Europa, dove spesso è un piacere solitario. Negli Stati Uniti diventa, né più né meno, come una gita fuori porta. Quindi, l’evento è pensato in funzione di questo, con diversi momenti di pausa, una durata più lunga di quella cui siamo abituati, e tanti spettacolini per divertire il pubblico. Non potete farvi mancare un’esperienza del genere, comprate il biglietto, acquistate il primo (di tanti) hotdog e mettetevi seduti. Divertimento assicurato.

Barclays Center di Brooklyn

Se al Madison Square Garden non c’è posto, o se nel vostro giro fate tappa a Brooklyn, per la serata sport potreste optare per il Barclays Center di Brooklyn, che io ho visto solo da fuori, anche se sono sicura che dentro ci sia il mondo. Un pomeridiano con i Brooklyn Nets e poi via, a guardare il tramonto. 

Guardare il tramonto

Brooklyn Heights Promenade

Se andate a New York con l’intenzione di dichiararvi, questo è il posto che fa per voi. Romantico? E’ dire poco. Se mi avete dato ascolto e avete camminato sul ponte di Brooklyn e poi vi siete fatti una passeggiata per il quartiere, magari arrivando a Dumbo (vedi sotto), cercate di calcolare bene i tempi per trovarvi qui subito prima del tramonto. Potrete gustarvi coppie, modelli o studenti che fanno fotografie, potrete sorseggiare un bell’aperitivo e perdere oziosamente tempo osservando i fotografi che sistemano i cavalletti e fanno prove di scatto. Cos’ha di speciale questo posto? Da qui potrete godere di una vista magnifica della parte sud di Manhattan e dello skyline. Il sole tramonterà dietro la Statua della Libertà e, da quel momento in poi, cominceranno ad accendersi le luci dei grattacieli, una dopo l’altra, fino a formare un reticolato di luci sfavillanti. Se amate la fotografia, potrete scattare una serie di foto via via che l’illuminazione artificiale e il buio naturale salgono. E’ molto suggestivo, fidatevi. E pieno di baretti dove ordinare una birra, o quello che volete, prima di rimettervi in marcia. Andateci e poi scrivetemi nei commenti se ne è valsa la pena, ci conto!

Andare per mercatini

Chelsea

Per il mio ultimo viaggio a New York, ho scelto come quartiere-base Chelsea, che secondo me unisce uno spirito vivace e fresco a un buon rapporto qualità-prezzo per gli alloggi, con una prevalenza di case basse a mattoni rossi che io adoro e che fanno molto vecchia New York. Chelsea Market si trovava a due passi dal b&b in cui ho dormito e riposato e sono riuscita ad andarci un paio di volte. Il Mercato sorge sull’antica fabbrica della Nabisco (National biscuits company), che ha tra i marchi Oreo, Oro Saiwa e Ritz, per citare i più conosciuti, che aveva stabilito qui il suo stabilimento nell’Ottocento per approfittare dello strutto di maiale. All’epoca, infatti, i treni della High Line servivano i macellai all’ingrosso che fiancheggiavano le strade sotto i binari e raffreddavano le loro provviste con blocchi di ghiaccio del fiume Hudson. L’architettura odierna richiama il passato e si armonizza perfettamente con gli edifici circostanti. Vale la pena di farci un salto, magari per pranzo, c’è una scelta varia, non solo di cibo, e i negozi sono tutti piacevolmente allestiti. L’atmosfera glamour è garantita anche dai visitatori, che magari si mettono a disegnare nella hall o a leggere il giornale seduti davanti a un caffè. 

Soho

Il SOHO Market si trova al 435 di Broadway ed è come i mercati che sono di moda anche in Europa. Vestiti, cosmetici,  attrezzature per la rasatura e di tutto un po’. Potrete trovare qualche souvenir originale da portare a casa, o semplicemente divertirvi a girare tra i banchi e i rivenditori.

Cadman Plaza e Columbus Park

Tra Cadman Plaza e Columbus Park c’è un mercato di frutta e verdura a prezzi più che ragionevoli. Se dopo qualche giorno vi sentite stanchi di mangiare schifezze super lussuriose, affacciatevi. Scoprirete che mangiare sano a New York non è poi così difficile. Potrete poi proseguire la passeggiata dentro il Columbus Park, uno dei preferiti dalle coppie per le foto di fidanzamento. Oltre alla riva del fiume, naturalmente. 

A caccia di libri

Strand

E’ la mia libreria preferita, senza alcun dubbio. Quegli scaffali esterni dove potenzialmente trovare di tutto, sono una droga. E’ molto fornita anche all’interno, ma spulciare i libri all’esterno, con la gente che ti passa accanto frettolosa, non ha prezzo, anche perché le gemme a poco prezzo è qui che si trovano. Sul marciapiede, ho trovato una copia di Anna di Tetti verdi e di Fragments di Marilyn Monroe a un prezzo ridicolo. Consigliatissima.

Public Library

La New York Public Librarnon è una biblioteca. E’ LA biblioteca. Non solo per l’immensità dell’edificio, che comunque colpisce, ma anche per la vastità dei titoli che si possono trovare. E’ un servizio che veramente mi fa invidiare i cittadini newyorchesi. Avete presente i film in cui il protagonista si mette a fare ricerche per conto suo? Ecco, se mi capitasse un fatto del genere è proprio lì che vorrei andare. Se ci passate, e ve lo consiglio caldamente, fermatevi davanti a un computer e digitate un titolo a caso, non serve iscrizione. Lo troverete.

biblioteca ny entrata logo

Books are magic

Se passate dalle parti di Brooklyn, e lo farete se seguirete il consiglio che vi ho dato sopra sul tramonto, date un’occhiata alla libreria di Emma Straub Books are magic, che sembra molto carina e attiva! Chi è Emma Straub? E’ la figlia del più famoso Peter Straub, che tutti gli amanti di letture horror conoscono molto bene, e anche la scrittrice di un romanzo che ho commentato qualche tempo fa, I vacanzieri

Scene da film

Katz Deli (Harry ti presento Sally)

Sono passati 33 anni dall’uscita di Harry ti presento Sally e quella scena è ancora nella mente e negli occhi di tutti gli appassionati di commedie romantiche. E’ assolutamente obbligatorio fare una capatina da Katz Deli e sperare che il tavolo di Sally e Harry sia libero. Perché chi riesce a rifare la scena dell’orgasmo messa in piedi da Meg Ryan, mentre Billy Crystal la guarda sconsolato, e “raggiunge” la stessa intensità 🙂 vince un applauso! Ma cosa aveva preso Sally? Un semplice panino col tacchino. Dice il proprietario che se avesse scelto il panino col pastrami non avrebbe finto…haha! Io ci sono stata e ho preso proprio il panino col pastrami. Non ho avuto reazioni eccessive, ma che merita è vero. Quindi, passateci. Indirizzo: Katz Deli, 205 East Houston Street (angolo Ludlow St)

Dumbo

Se state pensando all’elefantino Disney, siete fuori strada. In realtà si dovrebbe scrivere D.u.m.b.o., perché è l’acronimo di Down Under Manhattan Bridge Overpass, cioè Giù sotto il cavalcavia del ponte di Manhattan. Se siete fan di Noodles e di C’era una volta in America, siete “costretti” ad ammassarvi in mezzo alla strada,  all’incrocio tra Washington St. e Water St., come decine di altre persone, per catturare in una foto la famosissima locandina del film di Sergio Leone. Sperando che qualcuno attraversi improvvisamente la strada con falcata decisa. 

CUVIA__

A parte il film che l’ha reso celebre, Dumbo è una buona tappa per mille motivi. Innanzitutto, per la sua architettura, composta prevalentemente di ex fabbriche e magazzini che ne denunciano l’origine come quartiere industriale. E poi per le piccole gallerie d’arte e negozietti che lo caratterizzano. Tornando ai film, qui gli appassionati di boxe troveranno anche la Gleason’s Gym, la palestra fondata nel 1937 in cui si sono allenati praticamente tutti i campioni mondiali di questo sport, tra cui Mohammed Alì, Jake LaMotta, il «Toro Scatenato» sempre di Robert De Niro, Mike Tyson, Roberto  Duran, Larry Holmes, Hector Camacho, Julio Chavez, Tommy Hearns. 

Se ci andate nel pomeriggio, verrebbe bene l’accoppiata Dumbo e Brooklyn Heights Promenade (vedi sopra “Guardare il tramonto”).

Daily Bugle Building

I fan avranno già capito: Spiderman. New York è un set vivente, camminando e guardandovi intorno, penserete a ogni incrocio, ogni parco, ogni semaforo e ogni palazzo, “questo l’ho già visto”. E sicuramente l’avrete visto in qualche film o serie. Questa per me è stata una foto e una scoperta casuale, mi piaceva il panorama e ho scattato. Solo dopo ho capito cosa mi aveva attirato: è l‘edificio utilizzato per gli uffici del Daily Bugle nei film di SpiderMan. In realtà, si chiama Flatiron e si trova nel Flatiron District. E’ stato costruito all’inizio del XX secolo e completato nel 1902.

Broadway

Una cosa divertente che rifarò, come NON farebbe David Foster Wallace, è presentarmi al bottheghino last minute in Times Square per un musical, fare la fila e vedermi chiudere la serranda in faccia “sorry, stiamo chiudendo”…con la gente in fila! Poco male, un po’ più avanti mi ha avvicinato un bagarino e, dopo una serrata trattativa, ho strappato un prezzo più che accettabile per Il fantasma dell’Opera di Andrew Lloyd Webber per la sera stessa. Che dirvi, un musical a Broadway va visto almeno una volta nella vita, c’è l’imbarazzo della scelta. Se poi non avete tempo, non vi piace, non parlate inglese abbastanza bene da seguire uno spettacolo, c’è questo delizioso ristorante, sempre a Times Square, dove i camerieri sono cantanti/ballerini e intrattengono le persone sedute al tavolo in maniera scherzosa e piacevolissima. Oltre a essere molto bravi, è quasi inutile specificarlo. Si chiama Ellen’s Stardust Diner ed è arredato in stile anni ’50. Infatti, quando ci sono stata io, la coppia di camerieri ha intonato una canzone di Grease. Divertente, ve lo consiglio. Lì vicino, c’è anche Junior’s, dove fanno un’ottima New York Cheesecake. Loro dicono la migliore, ma chi non lo direbbe? Se siete girandole e non avete proprio tempo di fermarvi a mangiare qualcosa seduti, c’è sempre Gray’s Papaya, l’hotdog più buono di New York

Exit & The City

Coney Island

In autunno a Coney Island c’è il deserto. Ed è proprio per questo che ve la consiglio. Se vi capita una giornata di sole, fatevi lasciare dalla metropolitana nell’ultima fermata utile (ci vorrà circa 1 ora per arrivare) e concedetevi una bella passeggiata rilassante su una spiaggia immensa e completamente libera. I divertimenti sono lasciati in pausa e potrebbero mettere anche una sorta di malinconia, un po’ come descrive Loredana Bertè nella sua “Il mare d’inverno”, ma l’effetto relax è garantito. Quando ci sono andata io, ho potuto contare le persone sulle dita di una mano, due o tre hanno approfittato per sdraiarsi a prendere il sole, gli altri a passeggio sulla battigia. Vi consiglio questa breve fuga se rimanete abbastanza giorni per allontanarvi da Manhattan o se non è la prima volta che visitate New York.

Wave Hill

Questa è una gita fuoriporta inusuale, ma se vi piacciono i giardini e avete in programma, che so, di visitare il Bronx o lo Yankee Stadium, potreste allungarvi per un po’ e andare a visitare questa tenuta. Io ho scelto un giorno pessimo, pioggia a catinelle, ma mi è piaciuto lo stesso. Anzi, forse l’acqua ha dato quel qualcosa in più all’atmosfera. Wave Hill offre una vista magnifica sul fiume Hudson dal belvedere, un bell’edificio in pietra, in passato affittato per l’estate da gente come Roosevelt, Mark Twain, Arturo Toscanini, un giardino botanico con specie rare, un museo privato, un caffè che vende prodotti biologici, un piccolo negozio per portare a casa semi come souvenir. Una bella passeggiata nella natura, se il tempo a disposizione lo consente. Magari prima di una partita di baseball.

Staten Island

Il traghetto per Staten Island è una delle furbate di chi non vuole perdere troppo tempo per salire sopra la Statua della Libertà, ma vuole comunque fotografarla da una buona prospettiva, cioè dal traghetto gratis che fa la spola a tutte le ore del giorno e, parzialmente, della notte. Già che c’ero, ho approfittato per allungare il giro e arrivare al Museo di Meucci e Garibaldi, che nel periodo americano hanno coabitato in questa casa, si può dire sperduta? Ancora oggi, arrivarci non è proprio facilissimo, tanto che per trovarlo mi sono dovuta affidare all’autista dell’autobus, che mi ha detto “forse ho capito dov’è”. Dopo mezz’ora e più di tornanti e signore di colore curiosissime che m’invitavano a sedermi accanto a loro ridendo, per sapere dove caspita stessi andando con la mia macchina fotografica al collo e l’aria smarrita, bè, ammetto di avere avuto seri dubbi. E invece, l’autista sapeva il fatto suo e mi ha scaricato davanti al Museo…chiuso per riposo settimanale! Nooo, non potevo crederci, così mi sono attaccata al campanello. Incredibile, mi hanno aperto, tutti felici che qualcuno cercasse il museo e sì, insomma, è il giorno del riposo settimanale, ma ormai è arrivata fin qui…è per momenti come questi che amo New York. I cimeli non sono tantissimi, ma d’altra parte non sono molti neanche al Museo della Repubblica romana di Roma, quindi che pretendere? E’ comunque una visita interessante per i trascorsi dei due. L’entrata è libera, con offerta, sempre libera. Se volete mantenerlo in vita, fateci un salto.

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Il principe corvo di Elizabeth Hoyt strega Anna

Elizabeth Hoyt al suo esordio nei romance con Il principe corvo. Che poi, chissà perché, nella traduzione italiana diventa Il principe e la preda. Semmai, avrebbe dovuto essere Il principe preda. O il conte preda. Adesso vi spiego perché, continuate a leggere.

Trama

Anna Wren, giovane e sensuale vedova, per risollevare le proprie finanze decide di accettare un lavoro come segretaria di Edward de Raaf, conte di Swartingham. Uomo duro e scontroso, Edward ha già fatto scappare diversi dipendenti, ma con Anna è diverso: l’attrazione fra loro è forte fin dal primo incontro e cresce a ogni diverbio. Quando Anna scopre che Edward si reca a Londra per soddisfare i propri desideri, prende una decisione temeraria: introdursi nel bordello e passare con lui una notte di passione…

Due anime solitarie

La storia inizia a marzo del 1760 a Little Battleford, Inghilterra. Qui si incontrano casualmente due anime solitarie, per ragioni diverse. Entrambi hanno perso il coniuge ed entrambi hanno dei motivi per essersi ritirati dalla società, benché ancora giovani. Lei perché povera, lui per gli strascichi del vaiolo, che hanno lasciato sul volto e sulla pelle segni indelebili. Entrambi, hanno segni profondi nell’anima. Ma queste due anime non hanno molta intenzione di rimanere solitarie a lungo, perché comunque vogliono vivere. Ed è proprio in questo momento che si incontrano e la scrittrice decide di farli incontrare omaggiando Jane Eyre e il suo incontro con Edward Rochester (non casualmente lo stesso nome del protagonista). Qui non ci sono protagonisti perfetti, di una bellezza sfolgorante, che litigano per delle sciocchezze. Come in Jane Eyre, del resto. Anche se per Anna lui Aveva l’aspetto di un dio pagano.

Il principe corvo

Elizabeth Joy, al contrario, dipinge due protagonisti che risultano immediatamente simpatici. Ironici, intelligenti, di buon cuore. Cosa pensava che fosse? Un pene in affitto? Tutto quello che si chiede a due personaggi di un romance. Circondati, per di più, da persone a loro somiglianza. Addirittura, qui c’è una suocera che è quasi una mamma. Tuttavia il conte le parve come sempre:arruffato e scontroso, con i capelli e il cravattino fuori posto. Edward somiglia al Principe corvo, la favola che apre ogni capitolo e che finisce subito prima dell’epilogo. Un espediente che aggiunge interesse alle pagine, perché alla fine, oltre a sapere come andrà a finire tra Anna ed Edward, volevo anche sapere come sarebbe finita tra il Principe corvo e Aura! E Aura, ovviamente, non può che essere Anna. 

Passione sottaciuta 

Il romance di Elizabeth Hoyt scorre bene ed è una lettura piacevole, quindi lo consiglio per chi cerca una lettura d’amore non impegnativa e con scene di eros che aggiungono un tocco di piccantezza senza scivolare nel porno. I difetti? Essenzialmente due. Il primo è la velocità con cui Anna, fin lì donna mansueta che procaccia il sostentamento per la famiglia accettando un lavoro di solito riservato agli uomini, si trasforma improvvisamente in una donna audace che si infila in un bordello. Mi è sembrato tutto un po’ pretestuoso, avrei preferito che la passione sottaciuta tra i due salisse fino a non poter più fare a meno di presentarsi in questo bordello, non so se rendo l’idea. Quando leggerete mi saprete dire. 

Il principe corvo, perché cambiarlo?

Il secondo difetto riguarda, come al solito oserei dire, la traduzione italiana del titolo. Ma perché tradurre con Il principe e la preda il bel titolo scelto da Elizabeth Hoyt Il principe corvo? Andando anche a inficiare gli altri due titoli della serie Princes Trilogy (La trilogia dei principi)? Molto più bello. Qui non ci sono principi, perché lui è un conte, e non ci sono prede. Anzi, forse sì, ma è proprio il conte, non certamente Anna!  

p.s. rivolto a chi lo ha letto, io avrei preferito che il nome non fosse Elizabeth Rose, ma Aura Rose! Voi che ne dite? Perdoniamo all’autrice un peccatuccio veniale? Ma sì!

Adesso ditemi. Vi piace Elizabeth Hoyt? Quali altri suoi titoli consigliereste? 

***

«C’è chi dice che io abbia un carattere…» Si fermò come se stesse cercando la parola giusta.
Anna lo aiutò. «Selvaggio?»
Le lanciò un’occhiata.
«Feroce?»
Lui corrugò la fronte e aprì la bocca.
Lei fu più rapida. «Barbarico?»
Edward la interruppe prima che potesse allungare la sua lista. «Sì, insomma, diciamo
che mette in soggezione la gente.» Esitò. «Non desidero intimorirvi, signora Wren.»
«Non lo fate.»

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Marito amante – Sylvia Day

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Tutte le volte che ho scritto ti amo…è stato un disastro!

Ti amo, chi lo scrive più ormai? Per lettera, poi. Per San Valentino è un’accoppiata vincente: romanzo più serie Netflix e tanta, tanta dolcezza. Quella che Jenny Han dispensa a piene mani e che proviene da una famiglia mezza coreana e mezza americana. Evidentemente le ragazze Song/Covey hanno preso il meglio da entrambe le culture…

Trama

“Io adoro conservare le cose. Non cose importanti, come i documenti, i risparmi o la biodiversità. Sciocchezze e oggetti inutili. Nastri per capelli. Lettere d’amore. Le tengo in una cappelliera verde acqua. Non sono lettere d’amore che mi hanno scritto, perché non ne ho. Sono lettere che ho scritto io. Ce n’è una per ogni ragazzo che ho amato: cinque in tutto.” Lara Jean non ha mai apertamente dichiarato di essere cotta di qualcuno. Quello che fa è scrivere a ciascuno dei ragazzi di cui si è innamorata una lettera, che poi imbusta e custodisce gelosamente in una vecchia cappelliera. Un giorno, però scopre che tutte le lettere sono state spedite… e all’improvviso la sua vita diventa molto complicata, ma anche molto, molto più interessante.

Per tornare adolescenti

Questa serie su Netflix è arrivata al terzo film. I primi due molto carini, il terzo così così. Ve lo consiglio per una serata romanticosa, nella quale avete voglia di tornare un po’ adolescenti. Avete presente? I primi batticuori, i primi regalini, il primo bacio…quell’atmosfera di attesa che trasformava il San Valentino in una speranza che succedesse qualcosa di imprevisto. Magari che venisse recapitata una leggera inaspettata, oppure un cioccolatino lasciato sul banco, la scritta Ti amo col pennarello sotto casa. Cose così, semplici e buone come un bacio Perugina.

Leggerezza, ma non superficialità

Nel romanzo c’è la stessa leggerezza, però vengono affrontati argomenti importanti, come nella serie. La perdita prematura di un genitore, le difficoltà dell’altro nel crescere figli da soli, la necessità che la figlia più grande faccia da mamma alle altre, la cultura orientale che tutti tentano di preservare in famiglia, i turbamenti della crescita: le prime cotte, la scuola, il volontariato, il college e la libertà all’orizzonte. La difficoltà ad accettare che tutto e tutti cambino, prima o poi. Peccato che l’autrice, Jenny Han, perda troppo tempo nelle pagine iniziali a inquadrare la famiglia Song. Direi che il romanzo avrebbe potuto tranquillamente partire a pag 80 e nessuno si sarebbe offeso. Invece la serie parte a bomba con le lettere ed è giusto così.

Le lettere sullo sfondo

Altro punto di debolezza, proprio le lettere. Avrebbero dovuto essere più presenti, invece innescano tutte le vicende, ma rimangono sullo sfondo. E di alcune non sappiamo neanche che fine abbiano fatto. Invece, sarebbe stato più divertente calcare la mano sull’imbarazzo e sulle frasi più assurde. Perché. questo tipo di lettere, o di messaggi, le abbiamo scritte tutti vero? Confessate e nessuno si farà male! M’imbarazza solo pensarci, dopo tutti questi anni! A proposito, qual è la frase più imbarazzante che riuscite a ricordare? La  mia è improponibile, ma se qualcuno trova il coraggio di scrivere la sua, vi scrivo la mia nei commenti.

p.s. ti amo! 

Ah, a proposito: buon San Valentino! Anche se il romanzo finisce a Capodanno. Ma sarà davvero finita? O per Lara Jean ci sarà un’altra puntata?

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Il club delle lettere segrete – Ángeles Doñate

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