Archivi tag: Usa

Lisa See, Jeju e le madri di vento e di sale

Se volete sapere tutto, ma proprio tutto, sulle haenyeo coreane, questo romanzo di Lisa See fa per voi. Se, al contrario, volete solo leggere una storia di amicizia e sorellanza, un po’ meno. Venite che vi racconto.

Trama

Le giovani Mi-Ja e Young-Sook sono nate e cresciute sull’isola di Jeju, in Corea, e fin dal loro incontro sono state inseparabili. È il 1938 e sull’isola incombe la minaccia della guerra sino-giapponese. La madre di Young-Sook è la guida delle haenyeo, le pescatrici del villaggio, che per giornate intere si tuffano in acqua e riemergono con il frutto della loro pesca in apnea, unico sostegno delle loro famiglie. Perché a Jeju sono le donne a lavorare, mentre gli uomini si occupano della casa e dei bambini più piccoli. Mi-Ja è la figlia di un collaborazionista giapponese e sarà sempre associata all’imperdonabile scelta del padre. Quando le ragazze cominciano la loro formazione come haenyeo, sanno che stanno per iniziare una vita ricca di responsabilità, di onori, ma anche di pericoli. Quello che non sanno è che il futuro ha in serbo per loro qualcosa di diverso da ciò che sognavano e che non basteranno le centinaia di immersioni fianco a fianco a tenerle unite. L’irruzione della Storia nella tranquilla Jeju, che rimarrà intrappolata per decenni nello scontro tra le due grandi potenze, accrescerà le differenze e plasmerà le vite delle due donne, che affronteranno ogni avversità senza mai arrendersi.

L’amica geniale

Tra le due protagoniste, Mi-Ja e Young-Sook, la voce narrante, c’è un legame che si piegherà ma non si spezzerà ai colpi della vita. Sembra un po’ di rivedere la storia di Elena Greco e Lila Cerullo de L’amica geniale. Un po’ tanto, in effetti. Forse troppo. Lisa See sarà per caso una fan di Elena Ferrante? La storia delle due amiche, la loro sorellanza, viene ben presto fagocitata dai fatti reali che accompagnano tutta la narrazione. E che, per quanto mi riguarda, sono l’elemento più interessante e il motivo per leggere questo romanzo-saggio. 

Il romanzo-saggio

Questa modalità di narrazione va ora di moda. Il saggio romanzato ha lasciato posto a una storia romanzata poco approfondita, a tutto vantaggio dei particolari storici che non fanno più da contorno o ambientazione, ma prendono il sopravvento e il largo, visto che in questo caso parliamo di mare.  Lisa See descrive i fatti storici realmente accaduti a Jeju dal 1938 ai giorni nostri, come l’occupazione giapponese della seconda guerra mondiale, la guerra tra Cina e Giappone e la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, in maniera minuziosa.Così, spiega molto dell’attuale assetto di quest’isola, nonché le ricadute nefaste che hanno avuto su popoli incolpevoli, che avevano come loro unico obiettivo lavorare e sfamare la famiglia. Il clima di terrore e sospetto innescato dagli occupanti, qualunque fosse la loro nazionalità, ha portato prima miseria e poi morte.

Il 3 aprile 1948

Non dobbiamo pensare che siano fatti confinati nel passato. La fossa comune di quello conosciuto come “Incidente del 3 aprile 1948“, che poi andrebbe chiamato col suo nome, cioè massacro, è stata scoperta solo nel 2008, meno di vent’anni fa. E se penso che i corpi sono seppelliti a pochi metri dalla pista dell’aeroporto in cui anch’io sono atterrata sull’isola di Jeju, mi vengono i brividi. Questa è una parte di storia recente che per noi occidentali è sconosciuta o quasi. Lisa Lee è preparatissima, ha condotto studi minuziosi, si è fatta raccontare le storie di famiglia dagli abitanti e quelle documentate dai professionisti. Ha svolto un lavoro eccellente, a mio parere, molto approfondito, crudo, realistico.
Società matrifocale 
Come super interessante è la storia delle haenyeo e dell’organizzazione sociale matrifocale che fa di quest’isola quasi un unicum. A Jeju gli uomini sono casalinghi, cuochi e babysitter…vi dice niente? Le donne, invece, sono capofamiglia e procacciano cibo e sostentamento per tutti. Nonostante sia riuscite a vederle in azione coi miei occhi e abbia visitato il museo a loro dedicato, penso di aver appreso almeno il 90% di quello che ha raccontato Lisa See su di loro. 
Cadi otto volte, rialzati nove. Per me, questo detto non riguarda tanto i morti che preparano la strada alle generazioni future quanto le donne di Jeju. Soffriamo di continuo ma, a ogni nuova sofferenza, ci rimettiamo in piedi e continuiamo a vivere“. 
A terra, sarai una madre. In mare, le tue lacrime si aggiungeranno agli oceani di lacrime salate che spazzano il pianeta con le loro onde. Di questo sono sicura: se ti impegni a vivere, allora puoi vivere bene“. 
“Ogni donna che entra in mare porta una bara sulla schiena. In questo mondo, il mondo degli abissi, trasportiamo i fardelli di una vita dura”. 

Storia seppellita dai particolari

Sulla parte più strettamente romanzata, invece, Lisa See non è così efficace. Il finale è convincente, le figure di Mi-Ja e Young-Sook anche, due bambine prima, e due adulte poi, che si completano. Io ero come le rocce della nostra isola: frastagliata, ruvida, tutta spigoli ma desiderosa di aiutare e molto concreta. Lei (Mi-Ja) era come le nuvole: in continuo movimento, in continuo cambiamento, impossibile da afferrare o da comprendere appieno. Ma la loro storia finisce per essere seppellita dai particolari più insignificanti. Lisa See sa molto e vuole farlo vedere. Quello che, però, è un pregio per un racconto di storia, non sempre lo è per un racconto di fantasia. Allora non sarebbe stato meglio scrivere direttamente un sagggio?
“L’ho deluso…Non tengo la casa in ordine come faceva sua madre”.
“Non difenderlo e non giustificare le sue azioni come se le compiesse per colpa tua”. 
“Ma forse è davvero colpa mia”.
“Nessuna moglie chiede di essere picchiata”. 
“Secondo te che sapore ha il pane?” chiese Wan-soon un pomeriggio. 
“E il latte di capra?”, mi chiese Min-lee. “L’hai bevuto quando eri all’estero?”
“No, ma una volta ho assaggiato il gelato”. 
“Vuoi diventare una scienziata o una ciclista?” chiesi.
“Voglio fare entrambe le cose. Voglio…”
“Tu vuoi?”dissi, interrompendola. Tutti vogliamo. Ti lamenti quando per il pranzo a scuola ti do una patata dolce, ma io ho vissuto anni interi con una sola patata dolce come unico pasto della giornata”. 
“Puoi fare tutto per tua figlia. Puoi incoraggiarla a leggere e a fare i compiti di matematica. Puoi proibirle di andare in bicicletta, di sghignazzare troppo o di vedere un ragazzo. A volte, tutto quello che fai è inutile e senza senso come gridare al vento”. 
Leggi anche:

Obsidian di Jennifer L. Armentrout, serie Lux

Jennifer L. Armentrout, inizia da Obsidian e dalla serie Lux la mia conoscenza dell’autrice. In colpevole ritardo, direi. Perché pur non trovando grande originalità nella storia che racconta, Obsidian mi ha convinto. Venite che vi racconto.

Trama

Kathy è una blogger diciassettenne che si è appena trasferita in un paesino del West Virginia, rassegnandosi a una noiosa vita di provincia. Noiosa finché non incrocia gli occhi verdissimi e il fisico da urlo del suo giovane vicino di casa, Daemon Black. Poi quell’incredibile visione apre bocca: arrogante, insopportabile, testardo e antipatico. Fra i due è odio a prima vista. Ma mentre subiscono un’inspiegabile aggressione, Daemon difende Kathy bloccando il tempo con un flusso sprigionato dalle sue mani. Sì, il ragazzo della porta accanto è un alieno. Un alieno bellissimo invischiato in una faida galattica, e ora anche Kathy, senza volerlo, c’è dentro fino al collo. Salvandola, l’ha marchiata con un’aura di energia riconoscibile dai nemici che li hanno aggrediti. L’unico modo per limitare il pericolo è che Kathy stia più vicina possibile a Daemon…

Una scrittrice sicura di sé

Come vi dicevo all’inizio, niente che faccia gridare al miracolo. Ci sono gli alieni, le battaglie tra due mondi, un’ingenua studentessa americana che finisce in mezzo. Più o meno una storia già vista o letta. Scritta bene, però. Nessun calo di ritmo, due protagonisti simpatici, la parte romance ben strutturata e quella fantasy che regge. Ovviamente, essendo il primo libro di una serie di otto, Jennifer L. Armentrout lascia molti aspetti senza luce, è il caso di dire, e per sapere tutto non resta che andare avanti con le altre uscite. Non so se ho voglia di proseguire, potrei anche fermarmi qui perché la storia ha una sua conclusione. Finalmente una scrittrice sicura di sé, che non lascia portoni spalancati per costringere il lettore a comprare il seguito.

Luce tenue

Le uniche perplessità sono su alcuni aspetti di contorno. Uno mi ha fatto sorridere: come fa un alieno a fondere un pc ma a lasciare lo smartphone perfettamente funzionante? 🙂 Quello che un po’ mi è mancato, invece, è il resto della cittadina, che rimane sullo sfondo, qualche volta nominato da Kathy, ma rimane evanescente, potrebbero di fatto essere ovunque.

Leggi anche:

Winter, il teen fantasy di Asia Greenhorn

Il principe serpente di Elizabet Hoyt cerca vendetta

Lentamente, ma arrivo. Con Il principe Serpente chiudo la trilogia Princes trilogy di Elizabeth Hoyt. Che in italiano diventa Il principe e il tormento. Anche in questo caso, nessun principe, però torniamo ai nobili, un visconte. Che incontra il suo angelo mentre medita vendetta. Saranno di nuovo scintille. Vi racconto tutto, seguitemi. 

Trama

Sul sentiero deserto che conduce dalla cittadina di Maiden Hill a Craddock-Hayes House, nel Kent, la splendida e generosa Lucinda s’imbatte nel corpo riverso per terra di un giovane uomo, gravemente ferito ma bello come un dio. Uno scontro tra malfattori? Tutto il contrario. Simon, sesto visconte di Iddesleigh, è rimasto vittima di un agguato e ha avuto la peggio. Ben presto Lucy scopre in lui un fascino irresistibile, ma il loro idillio è destinato a durare ben poco perché l’acerrimo nemico di Simon intende chiudere in fretta la partita. A qualsiasi costo, e calpestando ogni sentimento.

Stessa ambientazione

Anche in chiusura siamo sempre in Inghilterra, sempre nello stesso anno, il 1760. Abbiamo una donna che rischia di non riuscire a sposarsi, anche perché continua a rifiutare pretendenti. E un uomo assetato di sangue e vendetta. Cieco, in preda ai suoi fantasmi. Ma non così cieco da non accorgersi di aver incontrato una donna eccezionale.

Elizabeth Hoyt

Considerando che questa è la trilogia di debutto di questa scrittrice, confermo che mi piace molto, anche se purtroppo in italiano leggiamo una versione tagliata e questo inevitabilmente va a discapito della qualità generale dei romanzi. Che è comunque intuibile, i personaggi non sono scontati, le battute brillanti e una morale che chiude degnamente la storia raccontata. Stavolta, la favola che intramezza la storia vera è raccontata da Simon, il protagonista. Nome che fa andare il pensiero va ai Bridgerton, che stanno tra l’altro per tornare.

Nel principe leopardo viriamo sul mistery

Nel principe serpente Elizabeth Hoyt mette da parte il mistery che aveva dominato Il principe leopardo per buttarsi nella vendetta pura. Simon fa in modo di incontrare strategicamente i suoi nemici per farli fuori, uno a uno. Quando avrà termine questa spirale di vendetta? Quando la sete di sangue sarà sopita? Potrebbe essere troppo tardi, allora.

Consigliato

In ogni caso, confermo che quest’autrice merita una chance. Come vi ho già detto dopo le precedenti letture, è adatta a chi cerca una lettura d’amore non impegnativa con scene di eros non troppo spinto.

— Tua madre era una donna, non un ideale. — Il capitano sospirò. In quel momento, in piedi con la camicia da notte e il berretto, appariva vecchio, ma anche severo e deciso. — Le persone sbagliano, gli ideali no. Credo che sia la prima lezione da imparare, in ogni matrimonio.

Leggi anche gli altri libri della serie: 

Il principe corvo di Elizabeth Hoyt strega Anna

Il principe leopardo viene stanato

Laura Dean continua a lasciarmi, di Mariko Tamaki e Rosemary Valero-O’Connell

Mariko Tamaki ci fa immergere in un mondo adolescenziale dove i personaggi sono sicuri della propria sessualità e delle loro preferenze. Peccato, ahimè, che ci sia una cosa che non cambia mai, da adolescenti come da adulti. La necessità di sentirsi amati, anche da chi purtroppo non ricambia. Insistere o lasciar perdere? E’ quello che Freddy tenta di capire in questo fumetto. Ora vi racconto cosa ne penso.

Trama 

«Come faccio a rompere con qualcuno che ha già rotto con me?». Freddy ha 17 anni, frequenta il liceo a Berkeley, lavora part-time in una caffetteria ed è perdutamente innamorata della sua ragazza, Laura Dean. Ma è la terza volta consecutiva in un anno che viene mollata da lei e ha davvero bisogno di prendere una decisione definitiva: deve troncare questa relazione. Per riuscirci, affida le sue confidenze a una rubrica sentimentale. Riuscirà nel suo intento?

Ragazzi risolti

 Vi dico subito cosa mi è piaciuto di questo nuovo lavoro di Mariko Tamaki. Il fatto che questi ragazzi siano consapevoli della propria identità e la vivano tranquillamente alla luce del sole. Tranne uno screzio appena accennato, tutti sanno tutto, i genitori in primis. Mi sembra un bel passo avanti rispetto alle solite storie di disagio, menzogne e discriminazioni. Il secondo aspetto che ha reso valevole la lettura è la capacità delle illustrazioni di seguire la storia narrata, sottolineando i momenti topici con il colore rosa e richiamando nei tratti il periodo selvaggio in cui tutti stiamo più o meno vivendo. E i sentimenti assoluti, che nel periodo dell’adolescenza dominano, a qualsiasi latitudine e in qualsiasi periodo storico.

E però

Premetto che è il primo lavoro di Mariko Tamaki che leggo e che la copertina mi aveva ingannato, pensavo che Laura Dean fosse la ragazza che ci guarda (volutamente ingannevole? Mi tengo il dubbio). Quello che proprio non mi convince, in ogni caso, è la storia in sé. Di queste due ragazze, e dei loro amici, alla fine sappiamo poco, ma proprio poco. Temo che anche questo corrisponda ai tempi veloci in cui siamo immersi. Cosa sappiamo del loro rapporto? Solo quelle due cose che Freddy ci racconta. E in tutti i commenti e note pubblicitarie che ho letto online, si parla di “amore tossico”. Ma è veramente così? Laura Dean è veramente la persona frivola,  carismatica e volubile di cui Freddy ci parla? Eppure, i genitori di Freddy l’accolgono con favore in casa. Non si sono accorti dei tormenti della figlia? Che ci sia questo tira e molla che va avanti da un po’? Non sarà proprio Freddy a volere qualcosa che non era nei patti iniziali? A volte, l'”amore tossico” dipende da entrambi gli interessati, non solo dal partner. E’ solo che non è quello giusto, se non c’è abuso.

C’è abuso?

Qui c’è abuso? A tratti sembrerebbe di sì, ma ci sono pochi elementi per capire. Penso che sia dovuto anche al target di lettura, un teenager forse potrebbe trovarlo interessante, un adulto vede un qualcosa di già visto e poco approfondito. Il faro puntato su Doodle mi lascia anche più perplessa: troppi elementi sensazionali e poca veridicità. Un padre potrebbe mai comportarsi in quel modo? Spero proprio di no.

E vorrei chiudere con una frase di George Michael, dedicata all’adolescente che è in noi. E all’adolescente che dovesse trovarsi per caso a navigare in queste pagine: sii buono con te stesso, perché nessun altro ha il potere di renderti felice. Ricordiamocelo, sempre.

Voi che mi dite? Laura Dean continua a lasciarmi vi è piaciuto?

Leggi anche:

Le malerbe di Keum Suk Gendry-Kim

Juhea Kim, Come tigri nella neve troppo soffice

Romanzo d’esordio di Juhea Kim, autrice coreana naturalizzata americana. La penso come Song Seung-Heon. Se dovessi dare un titolo a questa lettura, direi che potrebbe essere Chi l’ha visto l’editor? Ora vi racconto. 

Trama

Corea, 1917. È la disperazione a spingere il cacciatore. Da giorni segue le tracce sulla neve, nella speranza di trovare una preda con cui poter sfamare i suoi figli. Ma la ricerca viene interrotta dall’incontro con un gruppo di ufficiali giapponesi, persi tra quelle montagne. E dall’apparizione di una tigre. D’istinto il cacciatore interviene facendo fuggire la tigre, per poi guidare i giapponesi verso la salvezza. Jade ha solo dieci anni quando la madre la vende a una casa di cortigiane. Un sacrificio dettato dalla povertà, che però Jade ben presto capisce essere un’occasione  per comprare la libertà. Alla morte del padre, Jung-ho lascia il suo villaggio di cacciatori e tenta la sorte nella capitale, ingrossando le fila dei giovani randagi che sopravvivono grazie a sotterfugi e piccoli furti. Eppure, gli basta posare una volta lo sguardo su Jade, per capire di voler diventare un uomo degno di lei… 

Occidente chiama Oriente 

Mi sto convincendo di una cosa: credo che i coreani naturalizzati qualcosa abbiano una grossa pecca, non riescono a scavare nel profondo come i loro colleghi nati e vissuti nel mondo asiatico. Quindi finiscono inevitabilmente per deludere i lettori occidentali che cercano proprio questa profondità quando aprono un romanzo orientale. Anche Come tigri nella neve di Juhea Kim finisce nel calderone de La moglie coreana e Figlie del mare. Non sono romanzi pessimi, intendiamoci, però a tutti manca quel quid.

Kisaeng, non cortigiane

In questo caso, c’è un’aggravante. L’editing sembra quasi assente, o poco accurato. Oppure è la traduzione a esserlo? Comunque, il risultato è quasi fastidioso. I personaggi hanno nomi che oggettivamente non potrebbero aver avuto, all’epoca in cui è stato ambientato il romanzo. Silver? Jade? Perché non lasciare i nomi originali con una nota a margine? Ma la cosa più grave, è chiamare “cortigiane” le protagoniste per quasi tutto il libro. A parte il fatto che c’è un termine preciso per definire la loro professione, kisaeng, chiamarle cortigiane è concettualmente sbagliato, perché le cortigiane e le kisaeng avevano ruoli e caratteristiche completamente diverse. Anche qui, perché non inserire delle note? Per non parlare della traduzione mancata di termini coreani in italiano: le Nonne non sempre sono nonne come le intendiamo noi, bisogna distinguere. Siccome sono quasi sicura che l’autrice lo sappia bene, penso che nella traduzione ci sia qualcosa che non quadra.

La storia in sé, invece?

Anche la storia in sé, purtroppo è tronca. Il tentativo di Juhea Kim è ambizioso, per essere un’opera prima. Tanti personaggi, di alcuni non sappiamo più niente, se non dopo anni. Altri ancora, finiscono sullo sfondo. I personaggi principali, non hanno evoluzione, o quasi. Peccato perché le premesse c’erano, penso che in futuro Juhea Kim potrà offrirci altre belle storie. Per ora, ahimè, ci tocca aspettare. 

Voi che mi dite? Avete letto Come tigri nella neve, di Juhea Kim? Vi è piaciuto?

Leggi anche:

Corea del Sud: Jeju, il regno delle donne pescatrici