Inventa personaggi inquietanti, ambientazioni misteriose e condisce le sue storie con un mix di romanticismo e violenza unico nel suo genere, senza mai chiudere con un finale degno di questo nome, come se ogni suo lavoro non dovesse mai avere fine. Come il suo rapporto d’amore con le scogliere della Cornovaglia. Daphne du Maurier ha legato la vita reale e la finzione in modo che, forse, neanche lei sapesse più dove finiva una e iniziava l’altra. La sua biografia, infatti, non è certo da romance come quella di Rosamunde Pilcher, ma è degna di uno dei suoi romanzi. E di un alter ego, Rebecca, di cui mai è riuscita a liberarsi.
“What a pity I’m not a vagrant on the face of the earth,” du Maurier wrote in her diary at 21. “Wandering in strange cities, foreign lands, open spaces, fighting, drinking, loving physically. And here I am, only a silly sheltered girl in a dress, knowing nothing at all — but Nothing.”
“Peccato che non sia una vagabonda sulla faccia della terra”, scrisse a 21 anni nel suo diario.”Vagando in strane città, terre straniere, spazi aperti, combattendo, bevendo, amando fisicamente. Ed eccomi qui, solo una sciocca ragazza nascosta in un vestito, che non sa niente di niente”.
Dame Daphne du Maurier, Lady Browning
Dame Daphne du Maurier, Lady Browning, nacque a Londra il 13 maggio 1907, ultima di tre sorelle. I genitori, Gerald du Maurier e Moriel Beaumont, avevano entrambi un passato di attori teatrali. Gerald era stato anche impresario ed era figlio di George, scrittore e fumettista, nonché fratello di Sylvia, i cui figli ispirarono il Peter Pan di Sir James Matthew Barrie. Nel 1916 la famiglia Du Maurier si trasferì a Cannon Hall, una villa di stile georgiano ad Hampstead, Londra, quartiere considerato il sobborgo di intellettuali, artisti, musicisti e scrittori e dove ancora oggi sono ubicate alcune delle ville più costose del mondo. Daphne e le sorelle frequentarono la St. Margaret’s School, una scuola per ragazze di Oak Hill Park.
Una famiglia scomoda
Insomma, la vita di Daphne sembra iniziare nel migliore dei modi. Famiglia benestante, genitori artisti e un ambiente vivace in cui crescere. Ma la personalità complessa del padre ha un’enorme influenza sulla crescita delle figlie e sul loro futuro. Dicono di lui che fosse un uomo alla mano, divertente e un bravo imitatore. Daphne era la sua preferita, ma il suo amore eccessivo poteva diventare opprimente. Si comportava come un amico a cui poter confidare anche i più intimi segreti, ma guai se una delle figlie manifestava una qualsiasi volontà di rendersi indipendente. Diventava un padre “vittoriano”, rigido e intransigente. Daphne raccontava spesso di quanto fosse difficile vivere con lui ed essere figlia e nipote di personaggi famosi. Il suo successo come scrittrice arrivò quando Gerald, “D” come lo chiamava la figlia, era già morto; per lui, sarebbe stato probabilmente un colpo ferale essere messo in ombra dalla figlia. Non solo, negli ultimi anni alcune biografie non autorizzate suggeriscono che dietro i rapporti difficili tra padre e figlia ci fosse ben altro, come vedremo più avanti e come avevamo già visto per Virginia Woolf.
A Parigi l’incontro con il sesso
La scrittura diventa per Daphne una via di fuga dall’atmosfera familiare. Incoraggiata a scrivere da una governante, la ragazza usciva tutti i giorni per lunghe passeggiate vicino casa e camminando ideava trame e personaggi. Nel 1925 lascia Londra per frequentare una scuola di perfezionamento a Parigi e qui incontra una donna che cambierà la sua vita. Daphne s’innamora, infatti, della preside della scuola, di dodici anni più grande. Non è solo il suo primo amore, ma è anche una persona che la incoraggia a scrivere, a coltivare un’arte e a vivere una vita segreta, che sarà poi fonte continua d’ispirazione per i suoi libri.
The boy in the box
Naturalmente, a casa e non solo Daphne continua a nascondere quel rapporto proibito, così come nasconde altre storie d’amore, per esempio quella con Gertrude Lawrence nel 1948. Anche perché sembra che la Lawrence abbia avuto un flirt anche con il padre dell’autrice. Il rapporto con la sua sessualità è complesso: la scrittrice odia la parola lesbica e non si considera bisessuale. Chiama quella parte della sua personalità “The boy in the box”, il ragazzo in scatola, intendendo dire che sentiva di possedere un cuore di ragazzo dentro un corpo di donna. Questa duplicità è chiaramente percepibile nell’ambiguità di fondo che sotterraneamente pervade i suoi romanzi. D’altra parte, anche il padre, che era conosciuto per essere fortemente omofobo, in realtà secondo Daphne nascondeva una natura sessuale fortemente ambigua.
A Fowey, in Cornovaglia
Dopo aver completato gli studi, torna in Inghilterra per seguire la famiglia che nel frattempo si è spostata a Fowey, in Cornovaglia, in una casa chiamata Ferryside. Proprio a Fowey c’è una casa elisabettiana, Menabilly, da sempre di proprietà della nobile famiglia Rashleigh e che è stata l’ispirazione, insieme a Milton Hall, Cambridgeshire, per “Manderley”, la casa dei coniugi de Winter nel romanzo Rebecca (1938). Come Menabilly, l’immaginario Manderley era nascosto nei boschi e non poteva essere visto dalla riva.
Il padre Gerald
Il rapporto con il padre continua a essere complesso e burrascoso. I vicini di casa non possono fare a meno di notare che lui sia estremamente “tattile” con la sua figlia preferita, tanto da risultare spesso “imbarazzante”. Daphne incoraggia queste intimità inappropriate. “Abbiamo superato il limite“, ammette nel 1965, “e l’ho permesso, mi ha trattato come un’attrice che interpretasse un ruolo romantico in una delle sue commedie“. Durante l’adolescenza, l’atteggiamento di Daphne verso suo padre cambia bruscamente. Comincia a rendersi conto delle sue frequenti scappatelle con giovani attrici e reagisce con un misto di gelosia e profondo risentimento per l’umiliazione causata a sua madre. Una delle sue molte amanti era Gertrude Lawrence, che Daphne odia profondamente “quella maledetta cagna” ma con cui più tardi lei stessa avrà una relazione. Forse, sussurra qualcuno, come vendetta postuma per rovinarle la reputazione nell’ambiente teatrale.
Daphne e Francis Scott Fitzgerald
A 19 anni, il fotografo Cecil Beaton la ritrae in primo piano, con i capelli acconciati e le spalle scoperte, in una posa fresca e giovane e allo stesso tempo sensuale. La foto viene scelta da Penguin per la copertina del romanzo di Francis Scott Fitzgerald “Tender is the Night”, senza però citare il nome di Daphne du Maurier nei credits.
Il debutto
Nel 1931, a soli 23 anni, grazie anche all’aiuto di uno zio editore Daphne pubblica il suo primo libro The Loving Spirit, Spirito d’amore, la storia di una famiglia di piccoli armatori della Cornovaglia. “The loving spirit fu ispirato dal senso di libertà che la mia nuova esistenza a Ferryside riuscì a portare“. Ferryside era un edificio in granito costituito in origine da un’officina, un cortile e una banchina di un vecchio cantiere navale. Nei suoi 200 anni di vita, è ancora oggi funzionante e visitabile, la banchina originale è stata trasformata in un giardino domestico, il soppalco ospita camere da letto e un bagno, e l’ex negozio di barche è divenuto il salotto della famiglia. Le famiglie che negli anni ’20 davano nuova vita a vecchi ruderi, trasformandoli in case per le vacanze, diedero un impulso notevole all’economia cornica del periodo. Solo che per Daphne, quella che doveva essere una casa per le vacanze, si trasforma nel luogo del cuore e le fornisce ispirazione per la sua prima prova di autrice.
Il matrimonio
Successivamente, mentre gli altri parenti tornano a Londra, decide di rimanere a Fowey. L’anno successivo, nel 1932, Daphne sposa sir Frederick Arthur Montagne Browning, maggiore dell’esercito ed ex atleta olimpico di bob, con un’intima cerimonia in Cornovaglia. L’unione causa al padre di Daphne una crisi nervosa. Dall’unione nascono tre figli: Tessa (1933), Flavia (1937) e Christian (1940), tutti ancora viventi. Per l’attività del marito, la coppia nel 1939 si trasferisce ad Alessandria d’Egitto, dove Daphne scrive Rebecca, la prima moglie, il suo romanzo più conosciuto, lasciando le prime due figlie in Inghilterra, con le tate e i nonni, “Io non sono una di quelle madri che vivono per avere i loro marmocchi con loro tutto il tempo“.
Nel 1934 Gerald muore a 61 anni. Daphne non partecipa al funerale, ma scrive una sua biografia, rivelando quanto fosse vanitoso, amante dell’alcol e di umore instabile.
Jamaica Inn (Taverna della Giamaica, 1936)
Cinque anni dopo il suo esordio, Daphne ottiene il suo primo grande successo. Jamaica Inn è stato anche il primo suo romanzo a essere portato sul grande schermo. L’attore Charles Laughton acquistò i diritti del film e nominò Alfred Hitchcock come regista. Hitchcock conosceva bene i Du Maurier, avendo già lavorato con il padre attore-manager, ma aveva dei dubbi sul progetto, soprattutto per la tendenza di Laughton a voler comandare su tutto, lasciando poco spazio al contributo creativo della regia. Come previsto da Hitch, Laughton dominò il film, mentre Daphne Du Maurier arrivò a odiarlo e Hitchcock a ignorarne l’esistenza.
Rebecca (1938)
Rebecca viene pubblicato nel 1938, quando la scrittrice ha 31 anni, ed è subito un successo clamoroso, l’opera e il personaggio con i quali verrà poi identificata e riconosciuta per tutta la vita. Rebecca finisce per diventare la sua ossessione, un’ombra dalla quale non riuscirà mai a liberarsi. Tanto che nel 1943 la scrittrice andò a vivere in affitto proprio a Menabilly, rimanendoci fino al 1964, quasi come se volesse identificarsi con l’eroina della sua storia più famosa. E’ incredibile come a volte la vita reale e quella romanzesca si intreccino: Rebecca, infatti, nasce dopo che Daphne scopre casualmente un fascio di lettere d’amore scritte al marito dalla sua ex fidanzata, Jeannette Louisa Ricardo, detta Jan, una donna dai capelli neri di straordinaria bellezza. Parente dell’economista David Ricardo, Jan potrebbe essere definita una Kim Kardashian dell’epoca. Al centro della movimentata vita sociale londinese, Jan si riconobbe nel personaggio di Rebecca. Anche se lei e Daphne non si incontrarono mai, infatti, Daphne scrisse questo romanzo per esorcizzare l’ombra della prima promessa sposa del marito. Lei e Browning avevano annunciato per ben due volte il matrimonio, disdicendo entrambe le volte. Due anni dopo, Browning aveva sposato Daphne. Quest’ultima, tuttavia, era convinta che l’uomo fosse ancora innamorato di Jan, fino a diventarne ossessivamente gelosa. In quelle lettere, a colpirla in modo particolare fu la “R” Ricardo nella firma di Jan. Ricordate Rebecca? La seconda moglie trova una dedica di Rebecca per Max dentro un libro che appartiene all’uomo e odia la calligrafia di Rebecca, soprattutto la firma, con quella “R” che sovrasta le altre lettere, quella “R” tentacolare che la seconda signora de Winter vede ovunque a Manderley. D’altra parte, la stessa gelosia aveva caratterizzato i rapporti con il padre Gerald, con lei che soffriva quando si rendeva conto che il padre non era solo suo.
In Italia il romanzo è uscito nel 1940 col titolo La prima moglie. Anche i diritti cinematografici sono stati venduti immediatamente per diecimila sterline e poco dopo sempre Alfred Hitchcock dirige Laurence Olivier e Joan Fontaine in un film di grande successo. Daphne du Maurier è un’autrice acclamata. Ciò significa che da lei ci si aspettano altri bestseller.
Le accuse di plagio
Quando Rebecca viene pubblicato in Brasile, il critico Álvaro Lins sottolinea le molte somiglianze con A Sucessora, un libro scritto nel 1934 da Carolina Nabuco. Secondo la stessa scrittrice e il suo editore, la Du Maurier avrebbe copiato non solo la trama principale, ma anche situazioni e interi dialoghi. Quando la polemica esce sui giornali, Daphne Du Maurier scrive al New York Times di non aver mai sentito parlare né del romanzo né della scrittrice fino all’anno precedente e che le somiglianze erano dovute semplicemente a una trama piuttosto comune (?). Nel 2002 il New York Times. Ha ripreso la questione. Secondo il quotidiano, Carolina Nabuco avrebbe dichiarato di aver ricevuto pressioni dalla United Artists, che produceva il film di Hitchcock, perché firmasse un documento in cui affermava che le somiglianze erano solo una coincidenza, dietro lauto compenso, ma l’autrice si rifiutò.
Super criticata nonostante milioni di copie vendute
Plagio o no, il destino di Daphne è segnato. Celebrata dal pubblico, sforna un best seller dietro l’altro, ma mai nella sua lunga carriera riuscirà a vincere un premio letterario? Perché? Secondo una recente, e più unica che rara, intervista rilasciata da suo figlio Kits, i critici la bollano come “autrice romance di bassa lega”. Cosa la stessa scrittrice attribuisce alla sua popolarità e alle massicce vendite. Anche Stephen King, a sua volta enormemente criticato per la sua prolificità, la difende: Nel 1993, descrive Rebecca come “un libro che ogni aspirante scrittore popolare dovrebbe leggere, se non altro per il suo coraggio e il suo controllo narrativo. I critici possono sghignazzare, ma è impossibile fare questo genere di cose a meno che tu non abbia un ritmo quasi perfetto nella tua testa“.
I critici, tuttavia, sembrano ignorare quello che il pubblico e il mondo del cinema amano: romanticismo, psicodramma gotico, crimine e intrighi sessuali. Le pessime recensioni la gettano nello sconforto, nonostante la ricchezza accumulata. “You don’t know how hurtful it is to have rotten, sneering reviews, time and time again throughout my life. The fact that I sold well never really made up for them”. “”Non sai quanto sia doloroso aver ricevuto recensioni disgustose, beffarde, più e più volte nella mia vita. Il fatto di aver venduto bene non le ha mai compensate“. Per fortuna, però, l’amore per la scrittura è più forte di qualsiasi recensione negativa. E Daphne continua a scrivere.
Donna a bordo (1941)
Anche in quest’altro romanzo storico, sempre ambientato in Cornovaglia alla fine del XVII secolo, Daphne rivela una parte di se stessa. La protagonista, Lady Dona Saint Columb, fugge con i figli dalle convenzioni londinesi e dal marito per rifugiarsi nel maniero di Navron, vicino a Helford. Qui scopre che la casa è stata occupata dal “francese”, un pirata bretone con il quale lei si trova subito in sintonia. Dona vuole quella libertà che sa di non poter avere, se non a prezzo di enormi sacrifici, e arriva a vestirsi da marinaio pur di partecipare a una spedizione da pirata. Non è difficile rintracciare nella trama il “boy in the box”, il lato maschile, che nella scrittrice è così forte e lotta per uscire. Anche stavolta prende ispirazione dalla vita reale. Il marito si allontanava così spesso che Daphne, i suoi figli e la loro tata furono invitati a stare con Paddy e Henry Puxley (Christopher) che vivevano a Langley End, vicino a Hitchin nell’Hertfordshire. Daphne e Christopher hanno una relazione, che viene scoperta dal marito, rientrato improvvisamente dall’estero. Non ci sono scenate, ma Daphne è costretta a lasciare Langley End e a fare ritorno anticipatamente a Fowey, abbandonando definitivamente il suo sogno romantico. Donna a bordo, forse non a caso, è l’unico romanzo vicino al romance che Daphne abbia mai scritto.
Il ritorno nell’amata Cornovaglia e il rapporto con i figli
Nel 1943 la famiglia Browning torna definitivamente in Inghilterra e Daphne realizza il suo sogno: prendere in affitto Menabilly e andarci a vivere con i figli. Il marito continua a spostarsi per lavoro, ma lei decide di volta in volta se seguirlo o meno. In una lettera all’amica Ellen Doubleday, l’autrice individua il problema nel suo successo professionale: “Le persone come me, che hanno una carriera, mettono davvero in discussione il vecchio rapporto tra uomini e donne. Le donne dovrebbero essere morbide, gentili e dipendenti. Spiriti disincarnati come me hanno torto a prescindere. “Il rapporto con il marito è quasi inesistente, tanto che secondo lei anche lui ha un’amante, una ventitreenne militare, quello con i tre figli è complicato: Daphne viene giudicata spesso una madre distante, fredda quasi, a causa di una evidente fragilità psicologica e dei frequenti alti e bassi cui è soggetta. In realtà, ama tantissimo i suoi figli e loro la ricambiano, tanto che ancora oggi ne difendono strenuamente la memoria. Anche recentemente, hanno ricordato come la mamma volesse essere riconosciuta per quello che era: una dannatamente brava narratrice di storie. A Menabilly, Daphne aveva fatto appendere un ritratto a grandezza naturale di Gerald sulla scala principale. Daphne a volte si fermava di fronte a lui, guardandolo e mormorando gentilmente: “Oh D! Oh D!” Il rapporto complesso con il padre continua anche dopo la morte.
La collina della fame (Hungry Hill, 1943)
Quando esce questo romanzo, addirittura Daphe viene accusata di scrivere solo per soldi e per farne un adattamento cinematografico. Cosa che puntualmente avviene nel 1947, con Margaret Lockwood, una delle attrici britanniche più famose dell’epoca, con la scrittrice che lavora attivamente come co-sceneggiatrice all’adattamento.
Mia cugina Rachele (1951)
E’ leggermente meno conosciuto di Rebecca, ma altrettanto fortunato sia nel mondo letterario sia in quello cinematografico. Dal libro, infatti, sono stati tratti due film: uno nel 1952, diretto da Henry Koster, con Olivia De Havilland nella parte della seducente vedova Rachel. Uno l’anno scorso, intitolato semplicemente Rachel e interpretato da Rachel Weisz. Nel romanzo, di nuovo storico e di nuovo ambientato in Cornovaglia, Philip Ashley, orfano dei genitori, viene allevato dal cugino Ambrose Ashley. Per ragioni di salute Ambrose parte per il continente, lasciando Philip, poco più che ventenne, a casa. Dopo qualche mese arriva a Firenze dove conosce una cugina, Rachel, vedova di un conte italiano. Ben presto i due si sposano. Insospettito dal silenzio di Ambrose, Philip si reca a Firenze, dove apprende che il cugino è morto e Rachele se n’è andata. Ritornato a casa, Philip comincia a odiare Rachele, finché non la conosce. Se ne innamora e il giorno del suo venticinquesimo compleanno, in cui diviene legalmente un adulto, le regala tutta la proprietà e i gioielli di famiglia, proponendole di sposarlo. A quel punto però Rachele rifiuta…. Philip comincia ad avere dei sospetti: Ambrose è veramente deceduto per cause naturali? Daphne rimane delusa dall’adattamento del film di Koster, perché tutti i temi i temi più impegnativi del romanzo, la colpevolezza maschile, la dipendenza economica delle donne sugli uomini, la paura dell’autonomia femminile, vengono diluiti per favorire la storia di base.
Gli uccelli (1953)
“Se la storia avesse coinvolto avvoltoi o rapaci, non mi sarebbe piaciuta”, disse Hitchcock intervistato sull’omonimo film in uscita. “L’attrazione di base per me è che parliamo di uccelli normali e che vediamo tutti i giorni. Capisci cosa intendo?” L’ha capito senz’altro Tippi Hedren, che per colpa sua ha avuto un esaurimento nervoso. Il regista Alfred Hitchcock, infatti, per rendere più credibili le scene dell’attacco dei volatili, fece davvero arrivare sul set stormi di uccelli impazziti che assalirono la giovane attrice. In realtà, l’aggressione degli uccelli potrebbe rappresentare, ma non è sicuro, una metafora degli attacchi per via aerea subito da Londra durante la seconda guerra mondiale. Anche stavolta, arriva puntuale un’accusa di plagio. L’autore Frank Baker è convinto che la trama sia troppo simile a quella del suo romanzo Uccelli, pubblicato nel 1936 con l’editore Davies. Il quale era il cugino di Daphne. Coincidenze? Anche stavolta la Du Maurier nega e Baker, pur considerando di fare causa agli Universal Studios, decide di rinunciare perché sconsigliato dalla costosità dell’operazione.
Il capro espiatorio (1957)
Altro romanzo e altra trasposizione John è un mite professore inglese che tutti gli anni va in vacanza in Francia, dove si limita a osservare le vite altrui. Alla fine di una vacanza uguale a tutte le altre, in attesa di partire, seduto al bar di una stazione di provincia tra viaggiatori, uomini soli, famiglie e bambini urlanti, incontra se stesso. Il suo sosia perfetto, il conte Jean de Gué. Un legame profondo, stretto in una notte d’alcol e confessioni, li incatena. Al mattino John si sveglia stordito, nudo, derubato di tutto, al suo fianco solo gli effetti personali del sosia. Obbligato a prenderne il posto, l’anonimo insegnante si trova intrappolato nella personalità arrogante e seduttiva del nobile, ne diventa l’ombra. Il gioco di identità lo porterà molto vicino a perdere la coscienza di sé, fino a confondere la sua realtà con quella del sosia.
La morte del marito e l’addio a Menabilly
Negli ultimi anni di vita, sempre di più il marito aveva finito per assomigliare al padre: entrambi bevevano troppo. Entrambi avevano problemi e soffrivano di attacchi debilitanti di cupa depressione, nonostante la facciata brillante che mostravano all’esterno. Nel 1957 Frederick Browning inizia a soffrire di un forte esaurimento nervoso e due anni più tardi viene costretto al ritiro. Sembra che il “reale” motivo della malattia fosse la sua passione per la principessa Elisabetta, di cui nel 1948 era divenuto Tesoriere. Di sicuro, c’erano altre due amanti a Londra. Nel 1963 viene coinvolto in uno scandalo: sotto l’influenza di droghe e alcolici, causa un incidente automobilistico in cui due persone rimangono ferite. Muore a Menabilly, il 14 marzo 1965, per un attacco di cuore. In seguito alla sua morte, Daphne prende in affitto Kilmarth, la casa dei giardinieri della tenuta di Menabilly, continuando a scrivere finché la salute e la vecchiaia non glielo impediranno, come una reclusa, in completa solitudine.
Gli altri lavori e gli ultimi giorni
Nominata Dame Commander dell’Impero britannico nel 1969, Daphne pubblica senza sosta i suoi lavori fino al 1981. Nel 1977 riceve il premio Grand Master Award by the Mystery Writers of America. Il suo ultimo lavoro esce postumo nel 1989, subito dopo la sua morte. Cornovaglia magica è l’autobiografia di una scrittrice solitaria, innamorata della terra che l’ha adottata. L’autrice racconta e rilegge la sua vita attraverso i suoi viaggi e i suoi romanzi ispirati tutti dall’amore per questa terra. Magica, misteriosa, inesplorata, la Cornovaglia è vista e “rivisitata” attraverso gli occhi della scrittrice, assumendo quasi la forma di un testamento spirituale. Subito dopo averla terminata, infatti, Daphne du Maurier muore, il 19 aprile 1989. Il 16 aprile, tre giorni prima di cedere alla broncopolmonite a 81 anni, Daphne sfida il vento e la pioggia per un’ultima nostalgica visita alla suo adorato Menabilly. Dopo la sua morte, i figli assecondano le sue ultime volontà e spargono le ceneri nei campi che circondano la sua ultima abitazione.
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