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Il mio viaggio letterario: sulle tracce delle grandi scrittrici

Cerco da giorni di radunare le idee per proporre un resoconto di viaggio che abbia un minimo di senso per chi legge, ma devo confessare che mai come stavolta razionalizzare pensieri, emozioni e sensazioni mi sembra un compito fuori dalla mia portata.

D’altra parte, non voglio rinunciare all’idea di riuscire a convincere qualcuno di voi a vivere quest’esperienza magnifica e unica nel suo genere. Quindi, ho radunato le forze per riuscire a descrivere nel miglior modo possibile un viaggio letterario e due settimane intense, fantastiche, divertenti come non mai, intrise di leggende, magia, storia, letteratura e fantasia.

Parto da una premessa: la Gran Bretagna è un Paese organizzato e accogliente, che mette in grado i visitatori di decidere che genere di viaggio vogliano fare e garantire le condizioni giuste per vivere un’esperienza unica e per niente faticosa dal punto di vista pratico. Dal punto di vista fisico, invece, un viaggio letterario itinerante come quello che ho scelto io è abbastanza faticoso, ma ovviamente potrete modulare luoghi da visitare e percorsi da affrontare in base alle vostre possibilità. 

Consigli utili

Faccio un’altra premessa prima di partire con la descrizione del viaggio per darvi subito qualche informazione pratica, così se già vi ho annoiato con i preamboli potete saltare il resto:

  • non serve pianificare nel dettaglio l’intero itinerario prima di partire. Anzi, secondo me è preferibile che vi lasciate qualche porta aperta per l’istinto del momento;

  • soprattutto se non partite in altissima stagione, potreste optare per la prenotazione da casa di due o al massimo tre notti, per poi scegliere direttamente sul posto dove dormire. In Gran Bretagna, infatti, l’ospitalità presso guest house o pub è molto diffusa, quindi non avrete problemi a trovare la sistemazione che fa al caso vostro;

  • partite con scarponi per la montagna o scarpe da trekking. Quando vedrete infradito e scarpe da ginnastica lisce sulle scogliere ringrazierete il cielo di essere stati previdenti;

  • anche se non sembra, perché il sole è birichino e si fa desiderare, potrebbe esservi utile portare una crema solare. E tanta acqua;

  • per i trasporti, regolatevi secondo le vostre esigenze. Nessuna strada è a pagamento, la benzina non costa molto e il traffico non uccide. D’altra parte, il servizio di autobus e treni arriva praticamente dappertutto, i parcheggi sono quasi sempre a pagamento e alla guida a sinistra serve un po’ per abituarsi. Io ho optato per un mix di tutti quanti ed è stato parte del divertimento.

Mi sembra di aver detto tutto. Adesso inizio a raccontarvi il viaggio letterario, partendo prima da una descrizione generale e complessiva delle due settimane, per poi entrare nel dettaglio delle singole giornate.

Giuro che è l’ultimo preambolo: sentitevi liberi di chiedermi qualsiasi informazione di dettaglio, nel limite delle mie conoscenze cercherò di rispondere a tutto.

L’idea

Allora, l’idea era questa: fare un giro dell’Inghilterra del Sud andando nei luoghi di nascita o di ispirazione di alcune grandi autrici, per capire se davvero l’ambiente abbia una grande influenza sulla capacità di trasmettere emozioni attraverso le parole. Nell’ordine, ho incontrato Jane Austen, Agatha Christie, Rosamunde Pilcher, Virginia Woolf, Daphne Du Maurier. Girando ho incontrato anche altri autori, alcune autrici locali e anche un celebre cantante, ma di questo vi parlerò nel dettaglio delle singole giornate. Chiaramente, visto che l’obiettivo erano le autrici, dal punto di vista degli spostamenti il giro non è razionale al 100%, perché ci sono stati particolari e aneddoti che ho appreso solo sul momento e mi sono diretta lì dove mi portava il cuore, però mi sento di consigliarvelo lo stesso. Primo, perché è stato stupendo, secondo perché con piccoli accorgimenti potete modificarlo come volete. L’unico errore che ho commesso, se di errore si può parlare, è non aver lasciato la Cornovaglia per ultima, perché ve lo assicuro, dopo averla vista tutto il resto vi sembrerà inevitabilmente noia!

Le tappe del viaggio letterario

Il tour ha toccato le seguenti località: Bath, Torquay, Looe, Polperro, Mousehole, Penzance, St. Michael’s Mount, Marazion, Land’s End, Porthcurno, Cape Cornwall, St. Ive’s, Godrevy, Lizard Peninsula, Kynance Beach, Lizard Point, Mullion, Tintagel, Boscastle, Jamaica Inn, Salisbury, Seven sisters, Winchester, Goring on Thames, Londra.

Nei prossimi post vi racconterò ogni giornata nei minimi particolari, con un focus a parte per ogni scrittrice incontrata. Non mancheranno anche le mie sperimentazioni dei piatti che mi sono piaciuti di più. Anzi, se volete una potete già trovarla (e provarla). Insomma, se seguirete il racconto fino in fondo, con tutto il materiale che ho raccolto penso che arriveremo insieme fino a Natale! 🙂

Assassinio alla BBC – Val Gielgud & Holt Marvell

Non viaggio mai senza un libro dietro, e ora che il mio ereader è rotto, dovevo selezionare con cura un titolo adatto al mio viaggio letterario Sulle tracce delle grandi scrittrici. Mentre cercavo tra i romanzi ancora da leggere, mi è capitato sottomano questo. Perfetto, ho pensato. Se una delle autrici del viaggio è Agatha Christie, un giallo scritto da due uomini suoi contemporanei, Val Gielgud & Holt Marvell, e ambientato a Londra, città  da cui ho iniziato il giro, non può che essere una buona scelta. E così infatti è stato.

La trama

Il bandito scarlatto: così si intitola il nuovo radiodramma che sta per andare in onda sulle frequenze della BBC. L’autore è Rodney Fleming, la nuova stella del teatro inglese. E’ una sera di mezza estate, e tutto è ormai pronto per la trasmissione; sarà  in diretta e il regista, il responsabile degli effetti sonori e gli attori sono ai loro posti nei diversi studi della Broadcasting House. In uno di questi, il 7C, si trova, da solo, Sidney Parsons, un attore semisconosciuto abituato a interpretare parti di secondo piano. E anche questa volta il suo ruolo è marginale: deve dire poche battute, quindi fingere di morire strangolato. Nonostante un paio di intoppi tecnici, la trasmissione procede nel migliore dei modi. Ma quando gli attori si radunano prima di tornare a casa, Parsons non compare. Un controllo nella saletta 7C ne spiega il motivo: è morto. Strangolato. Quella che doveva essere una semplice finzione è diventata realtà : un omicidio in diretta udito dalle centinaia di migliaia di persone che stavano ascoltando il programma.

Vi do un indizio 

Romanzo del 1934, rimasto inedito in Italia fino al 2009, rispetta tutti i canoni del giallo classico. Un omicidio in diretta durante una trasmissione radio, un accusato e altri quattro sospettati, un ispettore di Scotlard Yard che indaga con arguzia e costanza. Il ritmo è incalzante e le tracce e gli indizi si dipanano piano piano. Come in ogni giallo che si rispetti, ovviamente ho tentato di capire chi fosse l’assassino prima del finale. Non faccio spoiler, ma vi do anch’io un indizio: i due autori danno la chiave e a un certo punto, facendo bene attenzione alle risposte dei personaggi, saprete chi è l’assassino. O l’assassina. Solo che non potrete fare come Topsy, non potrete suggerire niente all’ispettore! Solo aspettare che anche lui piano piano ci arrivi. Diabolici questi due scrittori di inizio novecento. D’altra parte, come già  sapete, scoprire gli autori del passato mi piace.

W gli sceneggiati radiofonici

L’unica cosa che non mi convince in pieno del romanzo è la motivazione dell’assassinio, però forse è dovuto più che altro a un senso dell’onore dell’epoca che oggi ci sfugge. Oltre alla storia in sé, ho trovato interessante anche la descrizione tecnica di come avvenivano le dirette degli sceneggiati radiofonici e divertente cercare di indovinare in quale personaggio si nascondessero gli autori. Nella vita, infatti, Val Gielgud & Holt Marvell erano entrambi dipendenti della BBC e lavorano insieme, quindi la ricostruzione dovrebbe essere fedele. Quanto vorrei che li facessero anche oggi! Penso che potrebbero ancora avere la loro fetta di pubblico. Penso anche che questa collana de I bassotti sia buona e ho già adocchiato altri titoli da leggere. Prima però mi butterò a capofitto sui libri che ho riportato a casa dal viaggio letterario, uno di Daphe Du Maurier e uno di una scrittrice locale che ho incontrato per caso in Cornovaglia. Ma di questi incontri vi racconterò come si deve nel diario di bordo…

Una vita – Guy de Maupassant

270px-La_Parure_-_Gil_Blas Una vita (titolo originale Une vie) è il primo romanzo di Guy de Maupassant, comparso originariamente come romanzo d’appendice nel 1883 sul quotidiano Gil Blas. Dopo aver finito La metà di niente, dove Rose era alle prese con il divorzio dal marito Ben, riprendere questo libro già iniziato è venuto naturale.

Trama

Jeanne è una giovane aristocratica, che dopo essere stata educata nel collegio religioso del Sacro Cuore fino all’età di 17 anni, nel 1819 va a vivere nella residenza di famiglia “I pioppi” vicino alla località normanna di Yport: qui vive giorni felici carichi di sogni e di aspettative per il futuro. Dopo solo tre mesi di fidanzamento va in sposa al visconte Julien de Lamare. Appena tornati dal viaggio di nozze in Corsica, così carico di romanticismo e di passione, la sua vita reale prende inaspettatamente una piega ben più triste. Il marito si rivela ben presto per quello che è realmente, un uomo avido ed egoista, meschino e del tutto indifferente alla vita coniugale. Giovanna scopre poco dopo cosa si cela dietro tanta freddezza…

Uno spaccato del mondo femminile ottocentesco

E’ il primo romanzo di Guy De Maupassant che leggo e il primo che lui abbia scritto. La storia è piuttosto semplice, non ci sono grandi sussulti se non nel modo cruento in cui i due amanti “nobili” vengono eliminati. All’amante domestica di casa, invece, lo scrittore riserva un trattamento più umano, forse perché del popolo, e all’epoca le donne del popolo non avevano grandi scelte se non sottostare ai voleri dei padroni, qualunque essi fossero. Guy de Maupassant, però, ci offre uno spaccato del mondo femminile dell’800. La protagonista esce a diciassette anni dal convento con idee romantiche e illusorie sulla vita. I genitori, benestanti e senza grandi pretese, si limitano a viziarla, protetti e felici nel loro piccolo mondo popolato di personaggi tipici: il prete, il sindaco, i vicini aristocratici, la servitù.

Nulla di più, nulla da chiedere, nulla da raggiungere

A Giovanna (ho letto un’edizione italiana molto datata del romanzo di Guy de Maupassant, dove i nomi stranieri sono stati tutti tradotti) viene spontaneo e naturale adeguarsi senza nulla pretendere, senza nulla dare, come una qualsiasi figlia coccolata e adorata sente di poter fare. Appena si avvicina un pretendente, tutta la famiglia è concorde nell’accoglierlo in casa come uno di loro. Peccato che l’uomo sia preda dei vizi e che cerchi solo una moglie facoltosa per sistemarsi. Quando lo capisce, Giovanna abbozza un rifiuto, vorrebbe cacciarlo via, ma in pochi giorni e con laconiche parole viene ricondotta alla ragione. D’altra parte, quale uomo non ha mai tradito la moglie? E quale donna non ha mai trovato un uomo vero che riaccendesse la passione sopita?

Tutto è sempre uguale 

La famiglia non è certo il luogo dove si sfogano gli istinti, piuttosto un porto sicuro riconosciuto dalla comunità. Anche la campagna sembra immersa nel sonno. Tutto è sempre uguale, le stagioni si susseguono senza sorprese, la primavera torna sempre puntuale. Non a caso, gli unici atti di passione colgono i coniugi nella mia amatissima e selvaggia Corsica. Giovanna non cede al ricatto di cercare la felicità fuori dal matrimonio, ma aver aperto gli occhi non basta. Rimane supina, senza volontà, senza capacità di diventare davvero una donna, una madre, una figlia. E’ un fantoccio, in balìa degli eventi e delle persone manipolatorie che la circondano.

Non è finita finché non è finita

Finché, a salvare questa disperata, non arriva un’altra donna. Anzi, torna un’altra donna. Rosalia, la sua sorella di latte, la donna del popolo che tanto l’aveva fatta soffrire e a cui eppure lei vuole ancora bene. Sua sorella, la sua amica, se amica può essere chiamata una persona alle proprie dipendenze, prende in mano le redini e riconduce Giovanna a una parvenza di felicità. Sì, quella felicità che sembrava smarrita per sempre, accanto a una persona forte Giovanna sente di poterla di nuovo riacciuffare. Perché Rosalia possiede la saggezza del popolo e lei lo sa bene, come diceva qualcuno, che non è finita finché non è finita.

p.s. la foto in copertina è mia, scattata durante un fantastico viaggio in Corsica. 

Leggi anche:

Bel Ami – Guy de Maupassant

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La metà di niente – Catherine Dunne

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Dove il vento dell’est soffia ancora: secondo giorno a Sofia

Secondo giorno a Sofia, la capitale della Bulgaria. Due giorni intensissimi, in uno degli ultimi avamposti dell’Est che fu. Dopo il primo giorno di ambientamento, oggi è tempo di trottare. Vi racconto tutto, venite con me.

Il mercato delle donne e il Mercato centrale

DopoIMG_5800 il Sofia free tour di ieri, oggi ho un programma intenso. E’ domenica e fuori c’è un sole caldo e invitante. L’ideale per le prime tappe, tra l’altro entrambe attaccate all’albergo, il Zhenski Pazar Women’s Market o “Il mercato delle donne” e Central Market Hall (Tsentralni Hali) o Mercato centrale. Un giro anche veloce al mercato delle donne non dovete farvelo scappare, perché è uno di quei posti che non sembra essere stato minimamente toccato dal passare del tempo. Secondo me nell’800 era esattamente così come lo vediamo ora, con vecchietti che offrono mercanzie sul ciglio della strada e botteghe alimentari con prodotti di uso quotidiano. Non è un mercato per turisti, anzi, a parte me non ne ho visti altri in giro, anche perché oltre a qualche banchetto di frutta e verdura dal punto di vista dello shopping non è che offra molto. Eppure, penso che mi pentirò per sempre di non aver comprato delle ciotole di ceramica che il venditore voleva vendermi per pochi euro: “masterchef, masterchef”, probabilmente l’unica parola in inglese oltre ai prezzi che conosceva. Il mercato non è molto grande e alla fine mi sono ritrovata quasi per caso davanti all’entrata del mercato centrale. Che però ho trovato un po’ deludente. Forse, di mattina presto era anIMG_5810cora addormentato anche lui e sarebbe stato meglio visitarlo in un orario più centrale. O forse, avendo appena fato colazione, non c’era niente di mangereccio ad attrarmi particolarmente.

Monte Vitosha e la chiesa di Boyana

Pazienza, non volevo perdermi la gita fuori Sofia e ho soprasseduto. Direzione: Monte Vitosha e la chiesa di Boyana. Per gli appassionati d’arte è una trasferta imperdibile, considerato anche che si trova a non più di 10 km dal centro città. Quando arrivo è ancora presto e non c’è tanto movimento. All’arrivo, il tassista che mi ha accompagnato mi dice che abbiamo davanti la macchina del presidente della Bulgaria, che abita poco più in là, e che vorrebbe aspettarmi, ma io preferisco essere libera di rimanere sul monte quanto voglio senza pensieri. Faccio il biglietto e poi mi dirigo verso la chiesetta e una piccola porta chiusa. Non sono sicura che si entri da lì, ma d’altra parte non vedo altre possibilità nei paraggi. Chissà perché mentre aspetto mi vengono in mente i fratelli Grimm e la casa nel bosco. Per fortuna, dopo qualche minuto arrivano altri sparuti turisti e ci mettiamo in fila. Un custode apre la porta subito dopo e ci fa cenno di entrare. L’ambiente è microscopico: c’è una piccola anticamera, dove l’uomo ci fa segno di lasciare zaini, buste e qualsiasi bagaglio ingombrante e possiamo passare avanti. Nella sala principale, piccolissima, ci attende una ragazza, che nel tipico atteggiamento bulgaro rimane silenziosa e distante, ma disponibile a dare indicazioni su richiesta. Qui vi do un suggerimento: non abbiate paura di chiedere. Io l’ho sommersa di domande e ho avuto sempre soddisfazione. Anche perché senza chiedere dettagli mi sarebbero sfuggite la maggior parte delle particolarità. Sembrava quasi un disco, a domanda iniziava a rispondere a macchinetta. Poi silenzio. Domanda, macchinetta. Silenzio.

Vasiliy da Tarnovo

L’autore degli affreschi non è certo. Vengono attribuiti a un pittore bulgaro di epoca medievale di nome Vasiliy proveniente da Tarnovo, la vecchia capitale dell’impero bulgaro. La loro importanza consiste nella cura dei particolari e nel realismo delle forme. La prospettiva tridimensionale in affreschi del 1259, cioè pochi anni prima della nascita di Giotto, li ha fatti definire “Rinascimento bizantino”, accostandoli al Rinascimento vero e proprio. Anzi, dai bulgari Vasily viene considerato addirittura un precursore del rinascimento, con cui non poteva esserci stato alcun contatto, anche se ovviamente questa impostazione sembra più frutto del patriottismo che di ricerca storica. Comunque, rimane una testimonianza interessante, che l’Unesco ha inserito tra i patrimoni protetti dell’umanità e che per fortuna non è stata distrutta, come gli stessi bulgari volevano fare agli inizi del ‘900! Prima dell’uscita, anche il severo custode si ammorbidisce e vuole mostrarci qualche dipinto della sala d’attesa. E’ più gentile, ora che si è assicurato non abbiamo fatto danni. E’ ora di lasciare spazio ai turisti successivi, la visita dura in tutto non più di dieci minuti ma io mi ritengo soddisfatta. Al ritorno, decido di prendere l’autobus ma sbaglio direzione. L’autista, che approfitta della fermata per scendere e andare a riempire la bottiglietta d’acqua alla fontanella, mi risponde un secco “no!” quando gli chiedo se il suo autobus va verso il centro. Cambio carreggiata e vado dall’altra parte. Dopo dieci minuti passa l’autobus 64, semivuoto, che mi lascia in un parco dopo poche fermate.

Vitosha boulevard

Una passeggiata di circa 2 km in semi periferia e mi ritrovo all’inizio di Vitosha boulevard, nel giardino IMG_5813delle fontane. Acqua benedetta, dopo la passeggiata. E’ ormai ora di pranzo e la fame si fa sentire. Scelgo un locale internazionale nei pressi dove mangio un’insospettabilmente ottima tortilla messicana con panini al formaggio, riservando per la sera la prova della cucina bulgara. Nel pomeriggio ritorno nei due posti che mi avevano più colpito durante il Free Sofia tour: la Rotonda di San Giorgio e la cattedrale di Aleksandr Nevskij. La prima non mi colpisce particolarmente. All’esterno sembra monumentale, ma l’interno è scuro meno imponente e la cosa che mi è rimasta davvero impressa, a parte le figure dei ventidue profeti sotto la cupola, è lo spiritoso cartello affisso in tutte le lingue al portone d’entrata: “egregi ospiti, la visita del tempio è gratuita. Vi preghiamo di comprare gli oggetti del tempio, con questo riceverete la benedizione di Dio (grazie) e aiuterete la conservazione del patrimonio culturale. Grazie”. Dubito che l’intenzione fosse di essere spiritosi, ma l’effetto è esattamente questo!

La cattedrale di Aleksandr Nevskij 

Da lì mi dirigo direttamente alla cattedrale di Aleksandr Nevskij passando per il parco della Chiesa russa di San
IMG_5827Nicola, però m’imbatto casualmente in un mercatino di cimeli sovietici e antiquariato e una sosta è d’obbligo anche se alla fine non trovo niente che mi attiri davvero. Anche la cattedrale di Aleksandr Nevskij è più imponente vista dall’esterno, mentre all’interno è piuttosto scura, anche se in stile italiano decorato con alabastro e materiali pregiati. Il custode mi fa cenni esagerati per impedirmi di usare un telefono che comunque non avrei utilizzato. Ci mancherebbe altro, con tutti i cartelli che vietano foto, lo rassicuro sul fatto che non ho nessuna intenzione di trasgredire. Siamo partiti male, ma decido di rifarmi poco dopo. Le pareti sono coperte da dipinti e affreschi, la maggior parte dei quali raffiguranti santi bulgari e russi, nonché da icone che i fedeli utilizzano per il rituale ortodosso, ovvero un’invocazione seguita da un bacio sull’immagine, gesto che vedo fare a più persone. Sono convinta che quella su cui la maggior parte delle persone si soffermano sia quella di San Giorgio e torno all’attacco del custode per chiederglielo. La sua reazione è stata fantastica, travalicando ogni cultura e ogni popolo: prima mi ha guardato pensieroso, poi afflitto da evidente pena per un’eretica mi ha risposto “quello è Dio”. Ah, so sorry. Poi, evidentemente impietosito dall’empia, mi ha fatto cenno di seguirlo e mi ha portato di fronte a un dipinto d’angolo, molto più grande. “Quello è San Giorgio”, mi dice gentilissimo. Non c’è niente da fare, il carattere dei bulgari di Sofia è questo: prima scontrosi, poi disposti ad aiutarti in tutti i modi. Ricordatevelo, quando andrete a trovarli.

Il Teatro Nazionale Ivan Vazov e il mercato dei libri all’aperto di Piazza Slaveykov

IMG_5778Prima di cena ho ancora spazio per una sosta ai giardini municipali di fronte al Teatro Nazionale Ivan Vazov, uno degli edifici più belli della città secondo me. E’ qui che vedo come ai sofioti piace trascorrere il tempo libero quando il meteo lo permette, all’aperto, giocando a scacchi, con i tifosi di uno o dell’altro giocatore che si accaniscono come se fosse una partita di calcio, o improvvisando balli di gruppo in mezzo al parco con l’accompagnamento dei musicisti di strada. Al centro dei giardini ho anche trovato una vetrina di prestito libri che non potevo non fotografare. Meno male che erano tutti in cirillico, altrimenti avrei fatto la tessera. Al mercato dei libri all’aperto di Piazza Slaveykov, invece, non ho trovato purtroppo nulla che valesse la pena di comprare. Un giretto lo merita comunque, la piazza è completamente invasa dalle bancarelle e abbellita da panchine che simulano lo scaffale di una libreria e da una panchina, dove sedersi a fare due chiacchiere con le statue di bronzo di due scrittori bulgari, padre e figlio. C’è anche una libreria molto carina da segnalare, per chi ama il genere vintage inglese, la Elephant bookstore in Shishman 31, poco distante dal Palazzo di Giustizia.

Il Kavarma

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La giornata sta giungendo al termine, è ora di trovare una osteria bulgara e assaggiare i piatti tipici del posto. Sono fortunata, ne trovo una senza pretese a poca distanza dalla zona centrale di Sofia. La proprietaria mi offre una postazione che sicuramente riserva ai turisti, piena di cimeli e di vestiti tradizionali appesi alle pareti. Trovo l’allestimento un po’ kitsch, però apprezzo la cortesia. Il cibo è buono, anche se le porzioni abbondanti non mi consentono di provare troppi piatti. Scelgo il kavarma, un piatto unico piatto popolare della Bulgaria, che è in pratica uno spezzatino di maiale, agnello o pollo, con aggiunta di cipolla, funghi, peperoni, IMG_5794melanzane e formaggio, che mi hanno presentato in una ciotola di terracotta identica a quelle che purtroppo non ho comprato la mattina al mercato delle donne. Che peccato! Come dolce, ho preso uno yogurt bulgaro ai frutti di bosco che mi è piaciuto molto e anche facile da replicare a casa con yogurt greco misto a panna. Ad accompagnare il tutto, naturalmente la birra locale più famosa, la kamenitza. Avrei voluto assaggiare anche il vino, che dicono non sia affatto male, ma non c’è stato il tempo. Può essere un buon motivo per tornare, oltre alla mia ciotola non acquistata? Forse.

Intanto, è ora di andare via da Sofia. Saluto i bulgari e la loro capitale con сбогом (arrivederci)!

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Dessert allo yogurt bulgaro con frutti di bosco

Il mio primo giorno a Sofia

Dove il vento dell’est soffia ancora: il mio weekend a Sofia, in Bulgaria

Lo confesso, sono stata io. Il movente? Squisitamente e strettamente economico: un’offerta allettante, così invitante che tra trovarla e prenotare è passato lo spazio di qualche click. Acquisti compulsivi, li chiamano. Nuove esperienze a portata di tasca, preferisco consolarmi io. Un attimo dopo il click finale mi sono detta: “bene, vado a Sofia, in Bulgaria. Cosa so di questa città?” Praticamente niente. Incredibile ma vero, la terza capitale più antica d’Europa, dopo Atene e Roma, è oggi sconosciuta ai più. Invece, se come me avete voglia d’immergervi nella storia e di trascorrere un weekend fuori dagli schemi, economico e inconsueto, vi consiglio caldamente di prenderla in considerazione. Sofia, infatti, è facilmente raggiungibile dall’Italia in un’ora e mezza di volo o poco più, è una destinazione poco battuta e, pur essendo entrata a far parte dell’Unione europea, gode ancora di prezzi accessibili e peculiarità dell’est che si conservano intatte. Approfittatene quanto prima, dubito che quest’autenticità rimarrà a lungo.

Nel mio diario di bordo cercherò di darvi alcuni consigli per un itinerario tipo di due giorni, secondo me sufficienti per farsi un’idea della città e girarla con tutta calma, esplorando anche i dintorni.

Informazioni pratiche

Innanzitutto partiamo dalle informazioni pratiche: la Bulgaria ha mantenuto la sua moneta, il lev. Appena sbarcati, potete cambiare gli euro o ai bancomat o dagli agenti di cambio, tenendo presente che il cambio attuale è poco meno di 1:2 (un euro vale circa 1,95 lev). L’aeroporto, poi, è ottimamente collegato al centro città da una metropolitana nuova di zecca. Dallo scalo, basta seguire la linea blu che indica la strada per arrivare al capolinea, adiacente al terminal. Ho fatto il biglietto alla macchinetta automatica, che costa 1,60 lev, al cambio attuale 0,80 centesimi di euro, e ho aspettato il treno. Anche i taxi costano poco, però quando viaggio preferisco i mezzi pubblici, perché rappresentano un primo contatto con gli abitanti del posto. Dopo mezz’ora sono scesa alla fermata centrale di Serdika, Сердика. Non sapevo che il mio albergo fosse fortunatamente lì vicino, però l’ho scelta per assicurarmi un primo impatto positivo con la città. E ho fatto bene, perché introduzione migliore non avrebbe potuto esserci. In piccolo, e con le dovute proporzioni, è come quando a Roma scendi alla fermata Colosseo e ti ritrovi davanti il Colosseo e i Fori imperiali. Serdika è un’antica città dei Traci conquistata dai Romani e distrutta dagli Unni. Durante i lavori per la costruzione della metropolitana, gli operai hanno ritrovato i suoi resti, che intelligentemente i bulgari hanno inserito nel contesto del trasporto pubblico, valorizzando sia il nuovo investimento sia gli antichi resti.

Il primo giorno

Dopo una passeggiata perlustrativa a zonzo per i dintorni dell’albergo, mi sono avviata verso il Palazzo di Giustizia, dove tutti i giorni, alle 11:00 e alle 16:00, un gruppo di ragazzi pieni di entusiasmo e di voglia di far conoscere la propria città, suddividono turisti e curiosi in gruppi per un free tour del centro di circa 3 ore. Io sono stata “adottata” da Stoyan, che ci ha fatto partire proprio da Serdika, della quale ci ha detto “noi abitanti di Sofia andiamo particolarmente fieri”. E fanno bene. Il giro mi servito per andare oltre l’aspetto architettonico e respirare la storia che ogni palazzo e ogni chiesa raccontano. La storia della Bulgaria, infatti, è travagliata, costellata da invasioni e conquiste e i monumenti ne sono l’espressione. La statua di Santa Sofia su cui subito c’imbattiamo, per esempio, potrebbe ingannare e far pensare che il nome della città sia di origine cristiana. Invece, Sofija deriva dal greco antico e significa “saggia, sapiente”. Quella statua è stata eretta solo nel 2000 per sostituire quella di Lenin, come avvenuto un po’ in tutti i Paesi dell’ex Unione Sovietica. La compresenza a poche centinaia di metri di distanza di una chiesa cattolica, una protestante, una sinagoga e una moschea, tutte ben visibili alle spalle di Serdika, offre un altro esempio lampante. Il popolo bulgaro è tollerante, al punto che lo stesso luogo religioso è stato scelto come “base” da diverse confessioni. E’ questo il caso della Chiesa di San Giorgio, il più antico edificio di Sofia. Nasce paleocristiana, poi diviene moschea, ora è tornata cristiana. Praticamente è sopravvissuta a tutte le guerre di religione. Non è stupefacente? Direi che oggi è in ottima forma, molto migliore del moderno palo della luce che vedete in foto. J

San Giorgio e lampione (1)

Sveta Nedelya e il museo di storia

Continuiamo il giro, passando per il palazzo presidenziale dove in quel momento stanno effettuando il cambio della guardia, uno ogni ora, e ci dirigiamo verso la chiesa di Sveta Nedelya, una chiesa ortodossa del 1863. Il nostro cicerone ci mostra una foto d’epoca, dove possiamo vedere come fosse originariamente prima dei bombardamenti che ne resero necessaria la ricostruzione. Proprio qui avvenne nel 1925 l’attentato allo zar Boris III ad opera dei comunisti, che provocò la morte di centinaia di fedeli. In realtà l’attentato fallì e sapete perché? Perché fu sventato, direte voi. Niente affatto. Non riuscì semplicemente perché lo zar quel giorno era…in ritardo. Sempre detto, la puntualità accorcia la vita. Proseguiamo fino al Museo di storia nazionale, costruito nel 1913 dove prima si trovavano le antiche terme romane. Non c’è città romana che si rispetti senza terme e Sofia era particolarmente amata dai romani per le sue innumerevoli sorgenti minerali calde e fredde. Ancora oggi, dalle bocche esce acqua calda e solforosa, ottima, a patto di attendere che si freddi e che perda il forte odore iniziale! Sembra che ogni fontanella sia buona per curare qualche organo: una è per i reni, un’altra per il cuore, un’altra ancora per lo stomaco. Secondo me sono tutte uguali, ma un sorso di ognuna sicuramente male non fa. Alle spalle del museo, una ciminiera industriale è l’unico resto dell’ex bagno pubblico, ora riconvertito appunto in museo. Le terme prima, e i bagni poi, erano utilizzati dai nostri avi un po’ come facciamo noi con i social network. Quando i bagni nelle case non esistevano, andavano lì una volta a settimana, facevano la doccia, indossavano vestiti puliti e s’informavano sugli eventi della settimana. Insomma, anche loro si riposavano spettegolando.

Sveti Nikolay

Andiamo avanti: ci fermiamo davanti a Sveti Nikolay, una chiesa ortodossa russa dedicata a San Nicola e costruita per la comunità russa presente a Sofia. L’esterno di raffinati mosaici e cupole dorate richiama gli elementi tipici dell’architettura ellenistica. Attraversando il parco adiacente, arriviamo all’ultima tappa del tour: la Cattedrale Aleksandr Nevskij, la più famosa e la più imponente della città. Eretta in stile neo bizantino, deve il suo nome allo Zar russo Alexander Nevski, che salvò la Russia dall’invasione degli svedesi. Le cupole esterne, ricoperte di oro, sono state donate proprio dai “fratelli russi”, come loro chiamano ancora oggi l’ex dominatore. Non bisogna dimenticare, infatti, che quando i russi liberarono la Bulgaria dagli ottomani trovarono un Paese devastato.

Riflettendo tra me e me sulla parzialità e sulla relatività dei giudizi della Storia, il primo giorno è finito. Nella prossima puntata vi racconterò come si mangia, cosa si beve, dove e come trascorrono le domeniche i Sofioti e che chicca ho trovato spostandomi di pochi chilometri con una meravigliosa gita fuoriporta.

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Dove il vento dell’est soffia ancora, il secondo giorno a Sofia

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