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Ich bin Berliner/5: corri, runner, corri. Che io mi riposo…

Ma quanto è bello alzarsi la mattina presto e andare a vedere quelli che si ammazzano di fatica correndo? Al solo pensierimg_4966o di quanto arriveranno stravolti e sconvolti ti senti già meglio, la città ti sembra più bella e le gambe ti spingono a fare una lunga e bella passeggiata. Perché la finirai senza stramazzare al suolo e senza che nessuno chiami l’ambulanza.

Haha, amici podisti, naturalmente sto scherzando. E’ che casualmente mi sono trovata a Berlino proprio la settimana della famosissima maratona e non potevo certo perdermi, io, anfibio umano, il fiume di 40.000 persone che allo start hanno inondato i “fori imperiali” che dalla porta di Brandeburgo costeggiano il Tiergarten, praticamente il Central Park berlinese. Uno spettacolo nello spettacolo, una massa umana che corre felice verso il traguardo di una vita, che sia un record o solamente…finirla.

Diciamo che ho fatto la stalker e per un po’ vi ho seguito, facendo su e giù con la metro. Alla fine, mi sono diretta verso Gendarmenmarkt, dove avevano posizionato un rifornimento che offriva…birra! ai corridori. Ho visto pure che qualcuno la prendeva. Meno male che era quella analcolica, dicono buona tra l’altro.  img_4968 img_4975 img_4982 img_4983

Il Gendarmenmarkt (“Mercato dei Gendarmi”) è una piazza sulla quale si affacciano le chiese gemelle Deutscher Dom e Französischer Dom e il Konzerthaus. La piazza ospita anche la statua di Schiller ed è considerata una delle più belle di Berlino. Personalmente non mi ha fatto impazzire, direi che un breve giro è più che sufficiente.

Tornando verso l’arrivo della maratona, che finisce dov’è iniziata, ho incontrato l’ambasciata americana, con l’orso statua della Libertà, e il memoriale ebraico.

Più tardi, circumnavigando di nuovo il Tiergarten, ho incontrato la Colonna della Vittoria, simbolo della vittoria militare prussiana nel 19° secolo, è oggi un emblema della comunità gay e un punto panoramico da cui osservare la città per i turisti. Salendo solo 280 scalini, infatti, si arriva 67 metri di altezza.

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Stavolta ammetto che mi sono risparmiata la faticaccia in favore della mia prima cena tipica, a Unten den Linden, “la strada dei tigli”. Il ristorante si chiama Nante-eck e io ho scelto il Preussischer Landsknechtspieß, lo spiedino prussiano, che hanno presentato direttamente in padella, infilzato su uno spadino e circondato di verdure buonissime. Un boccale di birra a innaffiare il leggero pasto e tutti a nanna. Domani sarà la volta di un luogo che mai nessuno avrebbe dovuto visitare. Eppure, purtroppo…

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Ich bin Berliner/4: questo tè è very, very smoky!

“Dai, vieni anche tu”

“Mah, non lo so…”
“Non hai la tuta?”
“Sì, quella in valigia la metto sempre…”
“E allora? Su, vieni”.
E’ così che mi hanno convinto a partecipare alla Breakfast run, una non competitiva di 6 km che precede la maratona di Berlino del giorno dopo e che finisce con una colazione, da qui il nome evocativo.

Breakfast run

Avrei mai potuto resistere al dolce richiamo del mio pasto preferito? Giammai, e infatti mi presento puntuale alle 9 meno qualcosa sul luogo del delitto, lo Charlottemburg Schloss di cui vi ho già ampiamente narrato. Posto qualche foto per farvi capire che popolazione di matti anima l’evento. Per la serie, il giorno prima ti diverti, il giorno dopo muori. Per fortuna, io la 42 km del giorno dopo l’ho corsa dagli spalti! Puntuali come orologi tedeschi, alle 9 in punto hanno dato il via e questa folla impazzita di travestiti si è riversata sulle strade. Per fortuna a Berlino sono larghe, perché vi assicuro che eravamo veramente tanti. Direzione: Olympiastadion, meglio conosciuto come lo stadio delle Olimpiadi hitleriane del 1936, quelle di Jesse Owens, per intenderci. I berlinesi ci accompagnano dai balconi, salutando e suonando campanacci.
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E’ proprio un bel momento, una festa dello sport. Io con la scusa di dover fotografare a destra e sinistra m’impegno veramente poco, ma allo stadio voglio arrivarci, perché così mi danno questa benedetta colazione! A un certo punto vedo le bandiere, eccoci, ci siamo. La signora peruviana che corre accanto a me e che ogni tanto si ferma per riposarsi facendo finta di aspettare qualcuno, che secondo me 6517era rimasto a Lima, scatta in avanti e la perdo di vista. Ha approfittato della mia sosta per fotografare un passeggino legato a un palo con la catena. Pazienza, entrerò allo stadio da sola: percorro il tunnel, sempre con calma girando un video, e poi, finalmente, il campo da gioco! La pista! Ce l’ho fatta! Faccio il mio bel giro di campo, resistendo all’impulso che anima gli altri di fingersi centrometristi pronti allo scatto, salgo le scale e il sospirato momento è arrivato: piovono krapfen come se non ci fosse un domani. Buoni da morire, meno male che ho evitato di affaticare il fegat6535o!

Alexanderplatz

In pace con il mondo, evito di pensare che la bomba calorica della colazione ha superato di gran lunga il dispendio energetico della corsa, perché sempre di corsa mi traslo verso Alexanderplatz, la mitica piazza della canzone di Milva, considerata il centro della parte orientale della città. La piazza, non Milva. Lo ammetto: la delusione si è fatta sentire, forte e chiara. Mi ha fatto lo stesso effetto di Pest quando ho visitato Budapest la prima volta: il peggio dell’occidente, cioè le insegne commerciali, innestato su palazzi spartani, che poco o niente c’entrano. Sorry, dico no ad Alexanderplatz, che vale comunque una visita veloce perché qui trovate la fontana dell’amicizia e dei popoli, la Torre della televisione, uno dei simboli della città, e l’orologio universale, che mostra l’orario in tutti i fusi in cui è divisa la superficie terrestre. Ok, due foto e passo oltre, domandandomi come mai sia così amata dai turisti di tutto il mondo. Una viuzza là, due di qua e hoplà, mi ritrovo casualmente, guarda il destino, nel mio luogo di ritrovo preferito.

Hackescher Markt

Una piazza pedonale adiacente all’omonima stazione dei treni di fine ‘800, miracolosamente sopravvissuta alle bombe della seconda guerra mondiale. Un posto piacevole in cui fermarsi a mangiare qualcosa, o ad ascoltare il menestrello di strada seduti sul muretto, o a girare per il mercatino del giovedì o del sabato, come nel mio caso. Qualche bancarella e poi, sempre rigorosamente per caso, mi sono infilata nel tunnel paradisiaco degli Hackeschen Höfe. In pratica sono otto cortili interni comunicanti, che collegano abitazioni private, laboratori e negozi. Da perderci la testa: eleganti, tranquilli, dopo la caduta del Muro sono stati ristrutturati e ora ospitano un cinema, un teatro, caffetterie e negozi di design e boutique di moda. Se passate per Berlino, vi consiglio caldamente di visitarli, soprattutto se siete architetti, chissà che non vi venga qualche buona idea per riqualificare le periferie moderne. Io li ho visitati nell’ordine in cui vengono indicati all’ingresso, ma potete anche decidere di girare in ordine sparso.

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Sala da tè tagika

Alla fine di questo bel giro, se ci mettete anche la faticaccia della corsa mattutina, penso proprio di essermi meritata una sosta ristoratrice, no?. Rimanendo sempre all’interno del quartiere ebraico, poso le mie doloranti membra su un tappeto e ordino un tè russo. D’altra parte, mi trovo in un locale che si chiama Tadschikische Teestube, cioè una sala da tè tagika.
La signora che prende l’ordinazione mi osserva e mi avverte: “It’s smoky”.
“Okay”, faccio io.
“It’s very smoky”.
“Okkaaayyyy”, replico io.
Pensa che sia stordita, o cosa?
Era smokimg_4963y smoky, nel vero senso della parola. La povera signora ha tentato di avvisare questa stordita che si sarebbe ritrovata a fumare una sigaretta bevendo tè! Mai assaggiata una cosa del genere. Non mi sono pentita di averlo scelto, ma chissà come avrà ridotto i miei poveri polmoni, già belli allargati dalla corsa!
Vi aspetto domani con la quinta parte del mio Berlin trip: la famosissima maratona di Berlino. Seguita da una very, very lauta cena tipica.

Olimpiche, storie immortali in cinque cerchi – Luca Pelosi

Luca Pelosi e le storie olimpiche. Le olimpiadi di Rio de Janeiro sono appena finite e abbiamo ancora tutti nel cuore e negli occhi quelle immagini e quelle emozioni che solo le olimpiadi sanno regalarci. Per allungare un altro po’ questa sensazione, mi sono regalata questo libro di racconti legati alle olimpiadi. Che di emozioni ne regala parecchi.

Trama

Le Olimpiadi hanno tanti volti, personaggi e storie che le rendono speciali. Uniche, perché le Olimpiadi hanno qualcosa di diverso. Sono il posto dove puoi trovare storie che emozionano, appassionano, insegnano. Storie dove la rivalità diventa amicizia, la debolezza diventa forza, la morte diventa vita. 

I cinque cerchi

Nell’anno delle olimpiadi di Rio, Luca Pelosi ci regala una serie di racconti “olimpici” che vanno oltre quello che accade in campo, divisi giustamente in cinque cerchi. Solo che i cerchi, invece di rappresentare i continenti, qui simboleggiano i valori più alti dell’uomo: amicizia, amore, coraggio, giustizia, saggezza.

Da leggere

Dico solo una cosa: da leggere. Alcuni faranno piangere, altri sorridere, altri ancora riflettere intensamente sul significato profondo della parola sport. Quello vero, di chi soffre, combatte, lotta e si rialza. Il doping, gli affari, i soldi, il marketing. Lasciateli fuori, o voi che entrate in questo mondo parallelo. E meraviglioso.

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Indoor: la nostra storia, Dominic Cobello con Mike Agassi

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Una corsa per amore, il mio secondo romanzo

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