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Divorziare con stile secondo Malinconico

Sta per partire su Raiuno la serie dell’avvocato Malinconico di Diego De Silva e io ho finito in calcio d’angolo la quarta uscita. Dopo Non avevo capito niente e Mia suocera beve, per me finora i migliori, e Sono contrario alle emozioni, sempre per me bocciato, ho ripreso in mano la saga di questo avvocato perdente, in subaffitto, divorziato e lasciato, che tenta di restare a galla tra una figura di m. e un’altra. Come sarà andata stavolta la lettura di Divorziare con stile? Ora vi racconto. E vi dico anche che la serie raggruppa le tre uscite di cui sopra.

Trama

Questa volta Vincenzo e la sua voce sono alle prese con due ordini di eventi: il risarcimento del naso di un suo quasi-zio, che in un pomeriggio piovoso è andato a schiantarsi contro la porta a vetri di un tabaccaio; e la causa di separazione di Veronica Starace Tarallo, sensualissima moglie del celebre  avvocato Ugo Maria Starace Tarallo, accusata di tradimento virtuale commesso tramite messaggini, che Tarallo (cinico, ricco, spregiudicato e cafone) vorrebbe liquidare con due spiccioli. La Guerra dei Roses tra Veronica e Ugo coinvolgerà Vincenzo molto, molto più del previsto. E una cena con i vecchi compagni di scuola, quasi tutti divorziati, si trasformerà in uno psicodramma collettivo. Perché la vita è fatta anche di separazioni ricorrenti, ma lo stile con cui ci separiamo dalle cose e dalle persone, il modo in cui le lasciamo e riprendiamo a vivere, è – forse – la migliore occasione per capire chi siamo. E non è detto che sia una bella scoperta.

Il libro vero inizia alla fine

Continua la saga e continuano le divagazioni di Malinconico. D’accordo che ci ha avvisato di questo suo vizio fin dalla prima uscita, ma veramente questa modalità di narrazione sembra avergli preso la mano. Non so, sembra quasi che su Malinconico ci sia poco da aggiungere e, quindi, il romanzo debba essere necessariamente infarcito di elementi che rimandano al pensiero dell’autore, più che del personaggio. Eppure io trovo che sia un peccato, perché il libro vero inizia a cinquanta pagine dalla fine. O meglio, il libro che a me sarebbe piaciuto leggere, incentrato sul divorzio degli Starace Tarallo, magari intervallato dalla reunion dei compagni di scuola. Invece, il divorzio si risolve in un nanosecondo, con l’aggravante che a suggerire la difesa giusta è un amico di Malinconico. E la reunion, che in fondo è la parte più divertente del romanzo…pure.

Muccino style

Insomma, anche stavolta è un nì-barra-no. Se uno vuole vedere cinquantenni irrisolti e infantili, può tranquillamente godersi il maestro Muccino, non c’è certo bisogno di sfogliare su pagine di massime, ripicche e scherzi da asilo. E perché allora continui la saga, direte voi? Purtroppo per me, omai mi sono affezionata a Malinconico. Sì, proprio al personaggio, e la curiosità di vedere come va a finire è più forte delle perplessità. Detto questo, se guidi una Ferrari come una 500, come fai a non sottolinearlo?

Voi che mi dite? Siete anche voi aficionados delle avventure di Malinconico? Guarderete la serie tv?

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Pista nera: Rocco Schiavone si presenta

Finalmente colmo questa lacuna nella mia carriera di lettrice di gialli e metto nel carnet Antonio Manzini e il suo Rocco Schiavone. Pista nera è il primo romanzo della serie e devo dire che la trama è interessante e originale. Ora vi racconto.

Trama

Semisepolto in mezzo a una pista sciistica sopra Champoluc, in Val d’Aosta, viene rinvenuto un cadavere. Sul corpo è passato un cingolato in uso per spianare la neve, smembrandolo e rendendolo irriconoscibile. Poche tracce lì intorno per il vicequestore Rocco Schiavone da poco trasferito ad Aosta: briciole di tabacco, lembi di indumenti, resti organici di varia pezzatura e un macabro segno che non si è trattato di un incidente ma di un delitto. La vittima è un catanese, di famiglia di imprenditori vinicoli, venuto tra le cime e i ghiacciai ad aprire una lussuosa attività turistica, insieme alla moglie Luisa, un’intelligente bellezza del luogo che spicca tra le tante che stuzzicano i facili appetiti del vicequestore. Davanti al quale si aprono tre piste: la vendetta di mafia, i debiti, il delitto passionale. Quello di Schiavone è stato un trasferimento punitivo. È un poliziotto corrotto, ama la bella vita. Però ha talento. Mette un tassello dietro l’altro nell’enigma dell’inchiesta, collocandovi vite e caratteri delle persone come fossero frammenti di un puzzle. 

Ad Aosta 

La storia si svolge ad Aosta, dove il vicequestore Rocco Schiavone è stato trasferito per punizione avendo dato fastidio a qualcuno (alla fine verrà spiegato il motivo).  C’è anche da dire che siamo di fronte a un upgrade, una volta per quel tipo di punizioni si veniva spediti in luoghi sperduti delle isole. Vorrei vedere oggi chi considererebbe una punizione essere trasferiti da quelle parti? Rocco Schiavone sì! La considera in quel senso, deve abbandonare la sua Roma. Non potendosi opporre, parte per Aosta, consolandosi con il pensiero che almeno farà una vita tranquilla. Quanto ti sbagli, Rocco Schiavone caro. Come sappiamo, il male si annida sempre sotto il sole.

Un banale incidente, apparentemente 

Convinto di essere arrivato in un posto tranquillo, viene chiamato una sera perché c’è stato un incidente sulle piste di Champoluc. Qui Rocco Schiavone subisce il primo impatto con la sua nuova sede di lavoro, ha un freddo tremendo non avendo le coperture adatte per ripararsi dalle temperature rigide, specialmente per quanto riguarda le scarpe. Di solito, cliché utilizzato quando la protagonista è donna. Ma andiamo avanti: iniziano le indagini e da piccoli elementi, Rocco Schiavone capisce che un apparente banale incidente è in realtà un omicidio. Il vicequestore arriverà alla soluzione dopo minuziose indagini. Interessante il luogo dove viene svelata la soluzione, non proprio la sede adatta per accusare di omicidio un presunto colpevole!

Rocco Schiavone 

A questo punto, dobbiamo parlare del vicequestore, che io incontro per la prima volta non avendo mai visto la serie Rai con Marco Giallini. Rocco Schiavone è un personaggio controverso, ironico, da buon romano, iracondo, nessun rispetto per nessuno, in più corrotto e corruttore, ma che conosce il suo lavoro, che peraltro non gli piace. Aspetta l’occasione buona per filarsela in un paese esotico con la sua donna, contando sui suoi guadagni illeciti. Ma sarà veramente così? O nelle prossime uscite scopriremo altri lati di quest’uomo misterioso?

Gli altri personaggi

Ora veniamo alle note dolenti, il contorno di questa storia, cioè il modo in cui vengono presentati i personaggi. È mai possibile che i nostri agenti vengano spesso rappresentati come una specie di Pulcinella o Arlecchino? Fateci caso, nelle serie straniere è il contrario, quasi sempre esaltano le capacità investigative e tutti collaborano alla soluzione dei casi. Non potremmo prendere esempio? Se, invece, siamo davvero come veniamo rappresentati, allora forse sarebbe meglio glissare…

Voi che ne dite? Siete fan di Rocco Schiavone? preferite il Rocco romanzesco o quello televisivo?

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I romanzi di Rocco Schiavone, in ordine di uscita 

  • Pista nera (2013)
  • La costola di Adamo (2014)
  • Non è stagione (2015)
  • Era di maggio (2015)
  • 7-7-2007 (2016)
  • Pulvis et umbra (2017)
  • Fate il vostro gioco (2018)
  • Rien ne va plus (2019)
  • Ah l’amore l’amore (2020)
  • Vecchie conoscenze (2021)
  • Le ossa parlano (2022)
  • ELP (2023)
  • Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America? (2023)
  • Il passato è un morto senza cadavere (2024)

Il club delle baby-sitter, dai libri a Netflix passando per la calza della Befana

Il club delle baby-sitter di Ann Matthews Martin. E’ questo il mio nuovo suggerimento per la befana, che si aggiunge a quelli già dati in altri post. Come vi ho già raccontato, mi piace l’idea di aggiungere alla calza anche un dolce libroso. Il club delle baby-sitter mi ha convinto in pieno, cinque stelle per una serie di romanzi che vede delle ragazzine di seconda media alle prese con la loro prima…impresa! Vi racconto tutto sulla fortunata serie di libri per bambini dagli otto anni, che è anche diventata una serie Netflix di altrettanto successo.

Trama

La serie racconta la storia di cinque ragazze delle scuole medie, che decidono di avviare un’attività come baby-sitter nella loro cittadina del Connecticut. Kristy, Mary Anne, Claudia, Stacey e Dawn affrontano i loro primi problemi e diverse vicissitudini, con il sorriso e l’amicizia. 

Il club delle baby sitter

L’idea è molto buona e sviluppata altrettanto bene. Mi sono divertita molto a leggere quattro dei più di 100 volumi di cui è composta la serie di romanzi. Kristy dà l’avvio a tutto: si accorge che nel quartiere in cui vivono mancano babysitter che i genitori possano chiamare anche all’ultimo momento, perché vede che la madre è in difficoltà con il fratellino. Cosa fa? Chiama a rapporto le sue amiche e fondano Il club delle baby sitter di Stoneybrook, in Connecticut. Via via, seguiamo le vicende di queste imprenditrici in erba, che si confrontano con le difficoltà del “lavoro”, la scuola, le amicizie, i primi amori e le peripezie più assurde che possano capitare! Non vi fate ingannare, però: l’autrice, semisconosciuta fuori dagli Stati Uniti, è una profonda conoscitrice della pedagogia e si vede. Nei volumi affronta con leggerezza e positività temi importanti, come il diabete di Stacey, la famiglia allargata di Kristy, le aspettative troppo alte dei genitori e la passione per l’arte di Claudia, la differenza tra le grandi città (New York) e i piccoli centri sonnolenti, e così via.

Ma soprattutto…

“In un certo senso, è stupefacente che noi cinque siamo amiche, perché siamo molto diverse. O forse è proprio per questo che stiamo bene insieme. Mi sbaglio, o c’è un vecchio proverbio che dice che la varietà è il sale della vita? E che gli opposti si attraggono? Se ci fossimo assomigliate, probabilmente saremmo state di una noia mortale e non ci saremmo degnate di uno sguardo. Be’, noi non corriamo affatto questo pericolo.”

Il club delle baby sitter è la storia del valore della diversità, di come ognuno di noi possa apportare un contributo migliorativo a un progetto o alla vita degli altri e di come ogni problema possa risolversi con la comprensione, la fiducia e un pizzico di consapevolezza dei propri difetti. Vi ho consigliato diversi testi, ma questo mi sento di raccomandarvelo particolarmente, soprattutto per l’età di 8 anni e più suggerita.

A proposito di suggerimenti

L’autrice è molto, molto prolifica. Nel caso de Il club delle baby-sitter, tenete conto che ha scritto lei stessa i primi 35. Da quel momento in poi, la casa editrice si è avvalsa di ghostwriter. Che sicuramente hanno fatto un ottimo lavoro, ma non credo che abbiano poi aggiunto molto al succo della storia. Anche la serie targata Netflix, con la seconda stagione appena uscita, è supervisionata direttamente da Ann Matthews Martin, quindi potete andare tranquilli. Ricalca i libri e le protagoniste sono azzeccatissime. Magari potreste approfittare per farvi raccontare i libri dai piccoli lettori e guardarla insieme in tv. Non ci si annoia mai, le storie scorrono con facilità e sono scritte molto bene. Ovviamente, il vissero tutti felici e contenti non manca. Come non manca un riassunto delle puntate precedenti, quindi non è necessario comprare tutti i libri in ordine. 

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Altri suggerimenti librosi per la calza della Befana

Serie Netflix, Bridgerton sì o Bridgerton no?

Bridgerton sì o Bridgerton no? Io dico Bridgerton nì. Sì alla serie tv targata Netflix, no all’unico libro della serie che ho letto, che però non è il primo! Mi è capitato tra le mani La proposta di un gentiluomo, il terzo della serie, e quello ho letto. Vi parlerò di entrambi, serie e romanzo, e poi aspetto un vostro parere nei commenti. Vi convince la serie di Julia Quinn o no? E quella di Shonda?

Trama (La proposta di un gentiluomo) 

Sophie Beckett discende da una nobilissima famiglia, ma non ha avuto una vita facile: è, infatti, la figlia illegittima del conte di Penwood ed è sempre stata trattata come una domestica, soprattutto dopo che il padre, morendo, l’ha lasciata sola con la matrigna e le sorellastre. Mai e poi mai avrebbe immaginato di partecipare un giorno al celebre ballo in maschera di Lady Bridgerton. Né tanto meno di incontrarvi un principe azzurro che stesse aspettando proprio lei. Eppure, mentre volteggia leggera tra le forti braccia del bellissimo Benedict, secondogenito della famiglia, le sembra quasi impossibile che quell’incantesimo debba dissolversi allo scoccare della mezzanotte. Non dimenticherà mai quella serata, ne è sicura. Neanche Benedict potrà scordare la sensazione provata danzando con quella sconosciuta. Chi si celava dietro quella maschera? Il giovane ha giurato a se stesso che l’avrebbe scoperto, per poi sposarla. Ma quando, anni dopo, conosce casualmente Sophie, che crede una cameriera, il suo proposito vacilla: è giunta l’ora di porre fine alla ricerca della misteriosa ragazza che gli ha rapito il cuore e abbandonarsi a un nuovo sentimento? Perché certo Sophie non poteva essere al ballo… oppure sì?

Cenerentola

Non ci troviamo di fronte a una trama particolarmente originale, tanto che la stessa autrice afferma di aver voluto omaggiare Cenerentola. Non è che ne sentissi particolarmente il bisogno e probabilmente se l’avessi saputo non avrei aperto il romanzo.  Purtroppo ho letto la dedica dopo aver iniziato e, visto che il personaggio di Benedict mi piaceva anche nella serie, sono andata avanti. Ripeto, non aspettatevi un granché di originale. Il romanzo scorre senza sussulti, e tutti vissero felici e contenti, e avanti il prossimo. Una bella favoletta per una lettura poco impegnativa, che ogni tanto ci vuole. Con i protagonisti della serie grandi assenti, perché a parte qualche notizia su Daphne, dei due Basset sappiamo ben poco.

La serie 

La serie, secondo me, è di tutt’altra pasta, perché la mano di Shonda Rhimes si vede tutta. Dei romanzi, rimangono la famiglia protagonista, che trovo originale nella sua composizione e nelle sue dinamiche, la corte, la misteriosa Lady Whistledown, che ne La proposta di un gentiluomo rimane celata, e la forza di queste donne, tutte moderne e indipendenti, anche se ovviamente legate ai ruoli sociali della loro epoca. Personalmente, le vicende di Simon e Daphne Bridgerton mi hanno annoiato abbastanza, perché dove andremo a finire è abbastanza chiaro fin dall’inizio. Invece, mi è piaciuto rivedere Bath, dove è ambientata la serie, dove ero andata qualche anno fa a trovare Jane Austen durante il mio viaggio Sulle tracce delle grandi scrittrici

La madre

Sia nel romanzo sia nella serie, la mia preferita rimane la madre, Lady Violet Bridgerton, donna rimasta vedova precocemente che ha cresciuto otto figli da sola, e personalmente, spingendoli a cercare nei loro partner l’amore vero, quello che lei ha vissuto con il marito. Seguita a ruota da Lady Whistledown, che dà un po’ di brio alle mattine annoiate degli aristocratici. 

Polemiche inutili

Tutto il resto, la regina nera, il sesso spinto (che poi non è per niente spinto), il linguaggio troppo moderno, sono aspetti di un grande circo che Shonda mette in piedi da anni per mostrarci che, in fondo, siamo tutti uguali e sotto lo stesso cielo. Anzi, proprio il parlato è uno degli elementi migliori. Lo consiglio caldamente ai non anglosassoni per fare un po’ di esercizio, dato che tutti gli attori hanno una dizione molto buona, avendo lavorato in teatro prima del grande salto. Non so se guarderò le prossime puntate, ma tutto sommato la prima serie non mi è dispiaciuta.

Voi che mi dite? L’avete vista o avete letto i romanzi? Bridgerton sì o Bridgerton no? Scrivetemi nei commenti! 🙂

L’elenco dei romanzi, in ordine cronologico: 

Il duca e io (Daphne)
Il visconte che mi amava (Anthony)
La proposta di un gentiluomo (Benedict)
Un uomo da conquistare (Colin)
A sir Philip, con amore (Eloise)
Amare un libertino (Francesca)
Tutto in un bacio (Hyacinth)
Il vero amore esiste (Gregory)
Felici per sempre (8 “secondi epiloghi”)

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Sulle tracce delle grandi scrittrici: a Bath da Jane Austen

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Non avevo capito niente, caro Diego De Silva

Diego De Silva e il primo libro della serie Vincenzo Malinconico, avvocato napoletano alle prese con una vita che lo affanna ma non lo sconfigge. Un’ex moglie di cui è ancora innamorato, due figli che tenta di capire, un lavoro che tenta di amare. Riuscirà a uscire fuori dal guado? La verità, venite a leggere.

Trama

Vincenzo Malinconico è un avvocato napoletano che finge di lavorare per riempire le sue giornate. Divide con altri finti-occupati come lui uno studio arredato con mobili Ikea, chiamati affettuosamente per nome, come fossero persone di famiglia. È stato appena lasciato dalla moglie, ma cerca con ogni mezzo di mantenere un legame con lei e i due figli adolescenti. Un giorno viene improvvisamente nominato difensore d’ufficio di un becchino di camorra detto “Mimmo ‘o burzone” e, arrugginito com’è, deve ripassarsi il Bignami di diritto. Ma ce la fa, e questo è solo il primo dei piccoli miracoli che gli capitano. Il secondo si chiama Alessandra: la pm più bella del tribunale, che si innamora di lui e prende a riempirgli la vita e il frigorifero. E intanto Vincenzo riflette sull’amore, la vita, la delinquenza, la musica: su tutto quello che attraversa la sua esistenza e la sua memoria, di deriva in deriva.

Un’intera generazione

L’avvocato Malinconico di Diego De Silva rappresenta i cinquantenni italiani irrisolti di oggi: per quanto riguarda il lato privato, è ancora innamorato dell’ex moglie,  incontra la figlia acquisita di nascosto per andare a mangiare schifezze, ha un figlio che non capisce, un lavoro che affronta senza passione e senza impegno. E senza guadagno, soprattutto. Ci sono molti Malinconico in giro, è il caso di dire che il suo sia un nomen omen. De Silva è bravo a tratteggiare un’intera generazione con lo sguardo disincantato di chi attraversa la vita sfiorandola appena e si circonda di personaggi improbabili come lui stesso. “Ho 42 anni, due figli, vivo da solo…guadagno poco, non ho fatto carriera“, la sintesi perfetta del suo curriculum.

Capo-coda-carne in mezzo

Il risultato è un romanzo divertente, pieno di spunti di riflessione senza avere l’aria di voler insegnare qualcosa. Avrei dato cinque stelle per una serie che vorrei proseguire, se non fosse stato per la variazione sul tema capo-coda-carne in mezzo. Diego De Silva infila tutto, ma gli sproloqui filosofici di Malinconico annacquano un po’ la storia, che in fondo andava bene già da sola.

Certe volte penso, ma lo penso veramente, che bisognerebbe piantarla con questa storia del parlare. Perché tanto non serve a niente. Non è questione di capirsi, fare fatica a ritrovarsi nelle cose; non è questo. È che nessuna conversazione regge l’argomento per più di un paio di battute; è la pertinenza, il problema…E’ così che stanno i rapporti tra le persone, anche quelle che si conoscono da una vita, ed è per questo che dire o non dire è la stessa cosa, e la sincerità è un incidente e non è nemmeno che faccia così bene come comunemente si pensa. Parlare non risolve i problemi, semmai gli dà una lisciatina. 

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