Romancè, il 14 luglio 2021: il caffè della Peppina
La perpetua, una canonica, un prete ammazzato. Gli elementi per il giallo classico all’inglese. c’erano proprio tutti. Se non fosse stato per quel caldo bestia insopportabile, che era incompatibile con un’ambientazione anglosassone.
“Sarà come dice Agatha Christie, che il male si nasconde sotto il sole, ma almeno lì possono investigare senza ascelle pezzate”. Solo la belloccia era sempre profumosa, con qualsiasi temperatura. Come diavolo facesse, per lui era un mistero.
“Ecco qui, un bel caffè caldo caldo per i nostri ispettori”, cinguettò la perpetua, poggiando sul tavolino basso davanti a loro un vassoio. Sembrava essersi ripresa in un nanosecondo dallo choc. E siccome la perpetua è il maggiordomo dei parroci, questo la faceva entrare dritta dritta nell’elenco dei sospettati. Che per ora comprendeva solo lei. Ma era un dettaglio. Se non altro, aveva abbandonato l’idea del tè fumante.
“Zucchero?”. La belloccia si limitò a fermarla con la mano, lo zucchero era bandito dalla sua dieta. E dalla sua vita, ci avrebbe scommesso.
“Sì, grazie, un cucchiaino”. Si sforzò di sorriderle mentre gli porgeva la tazzina, indeciso tra un frollino e un canestrello. Frollino, decise alla fine, fa più colazione.
“Dicevamo, ieri sera ha sentito il parroco che si muoveva per la canonica intorno alle 23. Non l’ha visto, ma l’ha riconosciuto da una camminata particolare, è corretto?” Belloccia era partita a razzo, dopo aver trangugiato il liquido, sicuramente senza neanche sentire il sapore.
“Sì”, annuì la perpetua con convinzione. Era anziana, ma sembrava sicura del fatto suo. Più o meno come lui col frollino, ben attento a non inzupparlo nel caffè per evitare che si sbriciolasse sulla camicia.
“Come fa a essere sicura dell’orario?”
“Ho una radiosveglia accanto al letto. Stavo leggendo per farmi venire sonno, quando ho sentito il don che camminava nel corridoio e la porta che si chiudeva. Lei è ancora giovane, ma sa, a una certa età farsi venire sonno è sempre più difficile. Comunque, stavo quasi per appisolarmi, quando il rumore dei passi mi ha ridestato”. Belloccia annuì, comprensiva. Incredibile, lui dubitava che dormisse, le funzioni primarie a lei non servivano.
“Ha sentito la porta che si chiudeva? E’ sicura? Non è possibile che si aprisse?”
“Assolutamente. Si chiudeva. Ho sentito distintamente i passi avvicinarsi, poi allontanarsi e la porta che si richiudeva”.
“Com’è precisa”, commentò Belloccia, parlando sempre col taccuino. “Bene, testimoni come lei sono sempre preziosi”, aggiunse regalando uno dei suoi rari sorrisi. Quando Belloccia rideva, il mondo s’illuminava. E il testimone si rilassava immediatamente. L’aveva vista usare quella tecnica mille volte. Che iena, poveraccio il fidanzato, se ne aveva uno. La vita privata di belloccia era top secret.
La perpetua non fece eccezione, come ampiamente previsto.
“Sa”, si era avvicinata leggermente col busto con fare cospiratorio, “sono un’amante della serie di Padre Brown, la conosce? Oh, quanto mi piace, guardo anche i film alla tv.” Perfetto, l’amante di Padre Brown, cento euro che si sarebbe messa a indagare per conto suo.
“Speriamo che Padre Brown non faccia una brutta fine, hahaha!”, se ne uscì alla cazzum, tanto per far notare la sua presenza. Belloccia e la perpetua non la presero benissimo.
“Non ha sentito la porta che si apriva?”
“Come dice, mi scusi?”. La perpetua sembrava disorientata dal modo in cui Belloccia pungolava. Pensava che tra detective ci fosse più complicità.
“Come mai non ha sentito la porta che si apriva? Sarebbe potuta uscire e chiedere subito al don se gli servisse qualcosa. Perché non l’ha fatto? Eppure, dice di aver sentito distintamente i passi in corridoio e la porta che si richiudeva”.
“Oh, be’, non era certo la prima volta che il don usciva dalla sua stanza senza avvisarmi. In fondo, anch’io ho un orario di lavoro e lui l’ha sempre rispettato, per mia fortuna. Non tutti sono così, c’è chi pretende che siamo sempre a disposizione, notte e giorno. Senza sottintesi, è chiaro. L’altra sera non so, ho sentito il bisogno di chiedergli se avesse bisogno di qualcosa. Povera me, ora che mi ci fa pensare, forse ho avuto un presentimento…”. La puerpera si nascose dietro un fazzoletto per lacrimare. O per nascondere il tremito delle mani.
“Dopo tanti anni di servizio, si diventa ipersensibili”. La Belloccia si riferiva al finto presagio o alle finte lacrime?
“Comunque, per ora abbiamo finito. Si tenga a disposizione. E grazie per il caffè”.
“Certo, certo, vi accompagno”. La perpetua sembrava fin troppo contenta di accompagnarli all’uscita.
Fuori dalla chiesa, si era radunata una piccola folla. Lui aggrottò la fronte in un disperato tentativo di sembrare cattivo a vantaggio dei fotografi. Belloccia, fotogenica di suo, si guardò intorno con apparente disinteresse, dietro gli occhiali da sole non si capiva esattamente se volesse mostrare profilo destro e sinistro per gli scatti o se semplicemente non sapesse da che parte guardare.
“La perpetua ha mentito”, fece lui, tanto per darsi un tono.
“Ma certo. Non era nella sua stanza quando il prete è uscito. Le va un caffè come si deve? Offro io”.
In momenti come quello, Belloccia era quasi una buona compagnia. Soprattutto perché, dietro gli oblò neri che li nascondevano, due occhi freddi avevano registrato i presenti. E notato, lì in mezzo, qualcosa che ancora doveva depositarsi nella mente. Sapeva che, a tempo debito, quel particolare sarebbe riemerso da chissà dove…
Hai perso le puntate precedenti? Recuperale qui:
Romancè, puntata 1: In religioso silenzio
Romancè, puntata 2: La verità non ti piace abbastanza
Romancè, puntata 3: Sangue in canonica
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