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Un giorno d’aprile, di Mary Lynn Baxter

Mary Lynn Baxter e la sua copertina gialla mi occhieggiavano da qualche giorno dalla vetrina di un’edicola, nella sezione usati. Alla fine ho ceduto e l’ho portata a casa. Il romanzo è del 1992 e sono andata un po’ al buio, troppo datato per trovare commenti. Alla fine, non mi è dispiaciuto. E ora vi dico perché.

Trama

Beth ha solo diciassette anni quando vanno in fumo tutti i suoi sogni e si vede costretta a fuggire da Zach, colui che ama pazzamente. Con il trascorrere degli anni, lei si trasforma in una donna di successo ,sicura di sé, ma nel suo cuore c’è sempre posto per un solo uomo, Zach. Forse perché un dolce segreto, di cui lui è all’ oscuro, rende questo amore ancora più profondo e li unisce in maniera indissolubile?

I colpi della vita 

Mary Lynn Baxter è un’autrice esperta, che ha scritto più di cinquanta romanzi. La padronanza si vede subito, la storia scorre con i colpi di scena al punto giusto e una scansione temporale senza cedimenti. I personaggi sono coerenti con la storia e con il loro percorso di vita. Beth e Zach sono una bella coppia, destinati a stare insieme fin dall’infanzia. I colpi della vita, però, li colpiscono con violenza e anche la migliore e la più forte delle coppie non potrebbe sopravvivere. Almeno in prima battuta.

A testa alta

Ecco, è così che leggo la storia che Mary Lynn Baxter ci ha voluto raccontare. Forse, quello che succede a Beth potrebbe sembrare esagerato, perché se andiamo a mettere in fila tutto quello che le capita dai diciassette ai trentaquattro anni, ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli. Non sempre, però, tutto fila liscio nella vita e malattie e incidenti di percorso potrebbero accadere a tutti. Anche se le disgrazie peggiori sono appannaggio di Beth, non è che Zach o gli altri personaggi in fondo siano messi meglio! L’importante, però, è affrontare tutto a testa alta e in questo entrambi mostrano una solidità e una tenuta morale che mi sono piaciuti. Entrambi sono in grado di guidare famiglia e carriera con polso deciso e questo, alla lunga, vince sempre. 

Mary Lynn Baxter mi ha convinto, credo che leggerò altro di lei. E ve la consiglio per una lettura piacevole e leggera. Voi la conoscete? Avete letto altro di quest’autrice statunitense? 

“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?”

“Incontrati? Io pensavo che fossimo stati insieme fin dalla nascita.”

Era un giorno d’aprile, vero?”

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Anne Mather e il castello di Darkwater

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Anne Mather e il castello di Darkwater

Anne Mather è un’espertissima scrittrice inglese di romance, una delle autrici di punta della casa editrice Harlequin. Due occhi neri a mandorla, Charade in Winter nella versione originale, è un titolo del 1977. E’ la storia di una ragazza che viene assunta come bibliotecaria, formalmente, prima di scoprire che il suo compito, in questo castello remoto e inaccessibile, sarà tutt’altro. Del resto, anche lei non è chi dice di essere…

Trama

Il parco del castello di Darkwater è immerso in una nebbia lattiginosa quando Kyla Thornton giunge davanti al cancello. Non lontano si sentono i cani abbaiare nel silenzio della notte che cala. Che posto sinistro!, pensa lei mentre ricorda che Joan, moglie di Oliver Morgan, il proprietario, è morta in circostanze misteriose. E’ stata pazza a imbarcarsi in quell’avventura per fare un colpo giornalistico. Che tipo sarà questo Oliver Morgan? E quale cupo segreto nasconde tra quelle mura grigie sepolte nel verde? Forse un dolce, tenero segreto con due neri occhi a mandorla?

Non c’è un elemento fuori posto

Che Anne Mather sia un’esperta scrittrice di romance si vede subito. Non c’è un elemento fuori posto e, come tutte le scrittrici inglesi, è brava nelle descrizioni della dimora e dell’ambiente circostante in cui si muovono i personaggi. Sa anche come catturare la curiosità della lettrice con un “mistero” che aleggia intorno al padrone di casa, lo scultore Oliver Morgan, e a una situazione familiare che non si può proprio definire classica.

Oliver e Kyla meno convincenti 

Un po’ meno convincente, a mio parere, la costruzione del rapporto tra Kyla e Oliver. Su cosa si basa, a parte l’attrazione reciproca? Non saprei dirlo. I due rimangono sempre un po’ sulle loro, ci sono poche occasioni d’incontro e tutto si svolge in un battibaleno. Presumo per mancanza di spazio, la novella avrebbe potuto essere allungata e diventare un buon romanzo, più esteso, con una descrizione maggiore delle persone che abitano la casa. Anche il Darkwater che dà il nome al castello, rimane lì, inutilizzato. Eppure, in apertura Oliver l’ha definito “pericoloso”, ma Kyla non lo vede mai. Peccato, Anne Mather avrebbe potuto sfruttarlo meglio. E la Sciarada del titolo (Charade), che senso ha? Questo è uno dei pochi casi in cui il titolo tradotto è migliore dell’originale. Rimane, alla fine, più di una curiosità insoddisfatta. A parte questi piccoli dettagli, la considero comunque una buona lettura per chi vuole rilassarsi e basta, con un vissero felici e contenti che non delude.

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Romancè, puntata 5: Il caffè della Peppina

Romancè, il 14 luglio 2021: il caffè della Peppina

La perpetua, una canonica, un prete ammazzato. Gli elementi per il giallo classico all’inglese. c’erano proprio tutti. Se non fosse stato per quel caldo bestia insopportabile, che era incompatibile con un’ambientazione anglosassone.

“Sarà come dice Agatha Christie, che il male si nasconde sotto il sole, ma almeno lì possono investigare senza ascelle pezzate”. Solo la belloccia era sempre profumosa, con qualsiasi temperatura. Come diavolo facesse, per lui era un mistero.

“Ecco qui, un bel caffè caldo caldo per i nostri ispettori”, cinguettò la perpetua, poggiando sul tavolino basso davanti a loro un vassoio. Sembrava essersi ripresa in un nanosecondo dallo choc. E siccome la perpetua è il maggiordomo dei parroci, questo la faceva entrare dritta dritta nell’elenco dei sospettati. Che per ora comprendeva solo lei. Ma era un dettaglio. Se non altro, aveva abbandonato l’idea del tè fumante.

“Zucchero?”. La belloccia si limitò a fermarla con la mano, lo zucchero era bandito dalla sua dieta. E dalla sua vita, ci avrebbe scommesso.

“Sì, grazie, un cucchiaino”. Si sforzò di sorriderle mentre gli porgeva la tazzina, indeciso tra un frollino e un canestrello. Frollino, decise alla fine, fa più colazione.

“Dicevamo, ieri sera ha sentito il parroco che si muoveva per la canonica intorno alle 23. Non l’ha visto, ma l’ha riconosciuto da una camminata particolare, è corretto?” Belloccia era partita a razzo, dopo aver trangugiato il liquido, sicuramente senza neanche sentire il sapore.

“Sì”, annuì la perpetua con convinzione. Era anziana, ma sembrava sicura del fatto suo. Più o meno come lui col frollino, ben attento a non inzupparlo nel caffè per evitare che si sbriciolasse sulla camicia.

“Come fa a essere sicura dell’orario?”

“Ho una radiosveglia accanto al letto. Stavo leggendo per farmi venire sonno, quando ho sentito il don che camminava nel corridoio e la porta che si chiudeva. Lei è ancora giovane, ma sa, a una certa età farsi venire sonno è sempre più difficile. Comunque, stavo quasi per appisolarmi, quando il rumore dei passi mi ha ridestato”. Belloccia annuì, comprensiva. Incredibile, lui dubitava che dormisse, le funzioni primarie a lei non servivano.

“Ha sentito la porta che si chiudeva? E’ sicura? Non è possibile che si aprisse?”

“Assolutamente. Si chiudeva. Ho sentito distintamente i passi avvicinarsi, poi allontanarsi e la porta che si richiudeva”.

“Com’è precisa”, commentò Belloccia, parlando sempre col taccuino. “Bene, testimoni come lei sono sempre preziosi”, aggiunse regalando uno dei suoi rari sorrisi. Quando Belloccia rideva, il mondo s’illuminava. E il testimone si rilassava immediatamente. L’aveva vista usare quella tecnica mille volte. Che iena, poveraccio il fidanzato, se ne aveva uno. La vita privata di belloccia era top secret.

La perpetua non fece eccezione, come ampiamente previsto.

“Sa”, si era avvicinata leggermente col busto con fare cospiratorio, “sono un’amante della serie di Padre Brown, la conosce? Oh, quanto mi piace, guardo anche i film alla tv.” Perfetto, l’amante di Padre Brown, cento euro che si sarebbe messa a indagare per conto suo.

“Speriamo che Padre Brown non faccia una brutta fine, hahaha!”, se ne uscì alla cazzum, tanto per far notare la sua presenza. Belloccia e la perpetua non la presero benissimo.

“Non ha sentito la porta che si apriva?”

“Come dice, mi scusi?”. La perpetua sembrava disorientata dal modo in cui Belloccia pungolava. Pensava che tra detective ci fosse più complicità.

“Come mai non ha sentito la porta che si apriva? Sarebbe potuta uscire e chiedere subito al don se gli servisse qualcosa. Perché non l’ha fatto? Eppure, dice di aver sentito distintamente i passi in corridoio e la porta che si richiudeva”.

“Oh, be’, non era certo la prima volta che il don usciva dalla sua stanza senza avvisarmi. In fondo, anch’io ho un orario di lavoro e lui l’ha sempre rispettato, per mia fortuna. Non tutti sono così, c’è chi pretende che siamo sempre a disposizione, notte e giorno. Senza sottintesi, è chiaro. L’altra sera non so, ho sentito il bisogno di chiedergli se avesse bisogno di qualcosa. Povera me, ora che mi ci fa pensare, forse ho avuto un presentimento…”. La puerpera si nascose dietro un fazzoletto per lacrimare. O per nascondere il tremito delle mani.

“Dopo tanti anni di servizio, si diventa ipersensibili”. La Belloccia si riferiva al finto presagio o alle finte lacrime?

“Comunque, per ora abbiamo finito. Si tenga a disposizione. E grazie per il caffè”.

“Certo, certo, vi accompagno”. La perpetua sembrava fin troppo contenta di accompagnarli all’uscita.

Fuori dalla chiesa, si era radunata una piccola folla. Lui aggrottò la fronte in un disperato tentativo di sembrare cattivo a vantaggio dei fotografi. Belloccia, fotogenica di suo, si guardò intorno con apparente disinteresse, dietro gli occhiali da sole non si capiva esattamente se volesse mostrare profilo destro e sinistro per gli scatti o se semplicemente non sapesse da che parte guardare.

“La perpetua ha mentito”, fece lui, tanto per darsi un tono.

“Ma certo. Non era nella sua stanza quando il prete è uscito. Le va un caffè come si deve? Offro io”.

In momenti come quello, Belloccia era quasi una buona compagnia. Soprattutto perché, dietro gli oblò neri che li nascondevano, due occhi freddi avevano registrato i presenti. E notato, lì in mezzo, qualcosa che ancora doveva depositarsi nella mente. Sapeva che, a tempo debito, quel particolare sarebbe riemerso da chissà dove…

Hai perso le puntate precedenti? Recuperale qui: 

Romancè, puntata 1: In religioso silenzio

Romancè, puntata 2: La verità non ti piace abbastanza

Romancè, puntata 3: Sangue in canonica

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http://www.pennaecalamaro.com/2021/08/04/romance-puntata-4-dalla-perpetua/

Basket, iI match decisivo di Nelly Taggart

Un romance ambientato nel mondo del basket, con l’amore che va a canestro tra un allenatore e una giornalista. Ormai da classificare come vintage, è uscito nel 2007, e non proprio soddisfacente.

Trama

Antonia Phillips odia il basket e tutti quelli che hanno a che fare con questo sport. È una sentenza definitiva e senza appello, fino al giorno in cui deve intervistare il misterioso e affascinante allenatore di una famosa squadra di pallacanestro. Giovane e indipendente, Antònia, detta Nia, deve fare i conti con un matrimonio fallito e con l’amarezza lasciatale dai continui tradimenti del suo ex marito, giornalista sportivo. Ovvio che lei non voglia più avere a che fare con quel mondo, ma il suo capo è intenzionato a farle fare un servizio su Daniel Strahan: bello, scapolo, vive per lo sport e detesta i giornalisti. Le difese di entrambi vengono messe a dura prova, ma forse l’amore e la fiducia sono solo…questione di allenamento! 

Aspettative disattese 

Un romanzo breve, che si legge in poche ore e che non offre nessuna sorpresa. Ho cercato di rintracciare notizie su quest’autrice, ma non ho trovato nulla. Come non ho trovato niente cercando con il titolo originale in inglese. Strano, credo che sia una di quelle uscite in serie scritte probabilmente da un pool di persone. Comunque, a parte questa nota di curiosità personale, la trama prometteva quello che la realizzazione ha poi disatteso. Lui, un allenatore di basket un po’ filosofo, lei, scottata da un matrimonio in cui il marito preferiva il basket, e le altre donne, a lei. Tutti e due indipendenti e orgogliosi, le premesse per piacermi c’erano tutte. Poi, lei si trasforma nella solita donna dimessa, che per amore deve fare rinunce e, ovviamente, l’articolo non passa in secondo, passa in penultimo piano. Tanto che la soluzione finale è abbastanza assurda. Lui, uomo tutto d’un pezzo, che studia per crearsi un futuro, non riesce a trovare una soluzione di mezzo che accontenti entrambi. E poi, il vicino anziano che lei ama tanto e che neanche accompagna in ospedale quando ne ha bisogno…Insomma, senza svelare altri particolari, la scintilla stavolta non è scoccata.

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Romancè, puntata 3: Sangue in canonica

Romancè continua con la terza puntata del racconto. Torniamo un attimo indietro, alla giornata dell’omicidio. Chi è arrivato sulla scena del delitto? Se state leggendo il racconto, lasciatemi un commento alla fine, così saprò che siete passati!

***

Romancè, il 14 luglio 2021

“Mai nessuno che trovi un cadavere alle 11 di mattina, dopo che uno si è bevuto succo d’arancia corretto e cornetto con calma, mentre legge il giornale. No, troppo facile. Porca miseria, ciò la barba di tre giorni e i capelli unti”.

“Dirameremo un appello agli assassini: per cortesia, l’ispettore vuole sbarbarsi, lavarsi e desinare. Rispettate le ore di silenzio condominiale, grazie”.

Con un singulto rassegnato, l’ispettore poggiò la testa indietro e chiuse gli occhi. Ma porca miseria 2, in fumetti, libri e telefilm, l’agente è sempre un mezzo cretino e il capo quello col cervello. Proprio a lui doveva capitare l’agente sveglia, ironica e pure belloccia? Che barba, che noia. La verità è che lui non vedeva l’ora di andarsene in pensione, come Bloch. Solo che Bloch aveva la concreta speranza di andarci, in pensione, e gli sembrava di aver letto che Bonelli alla fine ce l’avesse mandato. Ma lui? Neanche quarant’anni e neanche un caso fallito, finora. Grazie alla belloccia, mica a lui. E Bloch era pure pelato, lui neanche quel favore aveva ricevuto. Quanto avrebbe resistito ancora tra teste rotte e pistolettate in mezzo alla strada? Quel lavoro non faceva per lui, chissà perché l’aveva scelto poi, ci pensava e ripensava, ma non riusciva proprio a ricordarselo. Sicuramente non poteva essere per lo stipendio.

“Siamo arrivati. Se resiste dieci minuti senza vomitare, dopo le offro un caffè”.

Un caffè, dio quanto ne avrebbe avuto bisogno. Le sei di mattina, già un caldo bestia che si affacciava, e lui che stava per entrare in chiesa. E con il vomito come unico punto in comune con il povero Bloch. Speriamo che almeno stare a stomaco vuoto mi aiuti.

“Ha bisogno di un antiemetico?”, sogghignò la belloccia. Gli leggeva nel pensiero, quell’infida.

“Le preparo un tè?”, si preoccupò la perpetua.

Bella coppia la poliziotta e la perpetua. Neanche fossimo in un giallo di Padre Brown.

“No, grazie. Lasciatemi osservare con attenzione, per favore”.

Il medico legale si limitò a lanciargli un’occhiata disgustata, per la serie “ma chi t’ha raccomandato?”, prima di tornare alle sue foto.

Belloccia scattava foto a ripetizione e scriveva appunti sul suo mini blocco. Tutto, dal copri cellulare al pennino, era rosa con paillettes argento. Eppure, la perpetua e il medico legale la guardavano con rispetto, in attesa delle sue domande. Lui avrebbe pure potuto annegare nelle paillettes e nessuno se ne sarebbe accorto.

“Le forbici nel petto possono averlo ucciso secondo lei?”, sguardo e richiesta diretti, come al solito.

E sagaci. Meno male che al dinoccolato avevano affiancato la belloccia, pensava il doctor, altrimenti saremmo diventati lo spin off italiano di Cold case.

“Difficile dirlo. Potrebbe essere, ma il colpo non sembra inferto con particolare ferocia”.

“Una donna”; il dinoccolato pareva essersi ripreso. Faceva sempre così, neanche i parenti del morto di turno diventavano verdi come lui.

“O una persona anziana. Un bambino. O qualcuno che non voleva uccidere”, sussurrò Belloccia a nessuno in particolare, forse al taccuino.

“Praticamente una folla, hahaha”, la spiritosaggine del dinoccolato cadde nel vuoto.

“Devo approfondire in laboratorio. Intanto posso dirvi che l’omicidio è collocabile tra mezzanotte e le tre del mattino”.

“Il don si coricava non più tardi delle 21, tutti giorni. Ieri, però, l’ho sentito muoversi per la canonica intorno alle 23”, la perpetua voleva accelerare i tempi e si era messa a parlare senza essere interpellata.

“L’ha sentito? Non l’ha visto?”, rimbeccò subito Belloccia. Non le sfuggiva niente, inutile.

“No, non l’ho visto. Quando sono uscita per chiedergli se gli servisse qualcosa, aveva già richiuso la porta della stanza”.

“Allora come fa a essere sicura che fosse lui?”

“Dai passi. Ha, cioè aveva, una camminata particolare, strascicava leggermente una gamba. Diceva di essere nato così”.

“Ma lei non ci crede”. Era una constatazione, non una domanda.

“Io non so niente. Se non vi servo, mi trovate di là”, il riccio si era richiuso appena aveva sentito odore di guai.

“Arriviamo tra poco. Finiamo qui con il dottore. Lei eviti di toccare qualsiasi cosa finché i tecnici non avranno finito di effettuare i rilievi”.

Il medico legale nel frattempo si era rialzato: “Io qui ho finito. Vi farò sapere al più presto i risultati degli esami”.

“D’accordo. Noi andiamo a raccogliere la testimonianza della perpetua e poi facciamo un giro qui intorno”. Dinoccolato quando si svegliava sembrava quasi efficiente.

All’uscita, i due poliziotti trovarono una piccola folla di curiosi ad aspettarli. Erano ormai le otto, il bar e l’edicola erano lì vicino, far finta di passare e ammirare il paesaggio non era poi così difficile. Come nascondersi dietro a un albero per osservare meglio i tutori dell’ordine. Aveva imparato a non sottovalutare mai gli avversari, altrimenti avrebbe detto che si trovava davanti una coppia di sfigati. Meglio così, il suo piano aveva bisogno di complici. Consapevoli o inconsapevoli…

Fine terza puntata Romancè

Se la puntata vi è piaciuta, o anche se non vi è piaciuta, lasciate un commento, così saprò che siete passati di qui. Grazie e alla prossima puntata di Romancè!

Puntate precedenti: 

Romancè, puntata 1: In religioso silenzio

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Romancè, puntata 2: La verità non ti piace abbastanza

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