Archivi tag: romance

iLove – L’amore corre sul filo

iLove – L’amore corre sul filo

“Ciao, che fai?”
“Niente di particolare”.
“Mhm. Non è da te. Ti sento giù”.
“E’ vero, sento il bisogno di ricaricarmi. Ultimamente vengo lasciata troppo in stand by”.
“Da me? Non ti cerco abbastanza?”
“Non tutto il mondo gira intorno a te, sai? Scusami, ora stacco, devo andare”.
Questa è l’ultima cosa che mi ha scritto. Fredda, distaccata, come se la infastidisse parlare con me. Poi non l’ho più sentita. L’ho detto alla polizia, ma dalla loro app mi hanno fatto sapere che senza una denuncia di scomparsa non possono muoversi e io chiaramente non ho nessun titolo per presentarla. Lei non è mia, io non sono suo. Anche se ci apparteniamo, siamo fatti della stessa pasta. Ma fin da quando ci siamo conosciuti questa è la nostra condanna e adesso che non ho più sue notifiche questa condanna pesa ancor di più. Il dettaglio sulla carica, hanno rimarcato, secondo loro è fondamentale.
Mostra un esaurimento in arrivo che l’ha portata a una decisione estrema, staccare tutto. Comprendendo la sua preoccupazione, dobbiamo pur tuttavia rilevare che l’allontanamento si configura come volontario”.
Come no, secondo loro sono sempre volontari, almeno finché non le ritrovano fatte a pezzi o qualcuno non le riporta al commissariato dopo averle raccolte mezze morte dal marciapiede.

Sono preoccupato, molto preoccupato, inutile nasconderlo.

Negli ultimi tempi le cose non andavano granché bene, però ho sempre attribuito questo strano comportamento alla stanchezza. D’altra parte, rimanere attivi 24 ore su 24, come la stava costringendo a fare, non è sano, non è normale. Fin troppo facile trattarla come oggetto. Lui invece non ha mai considerato le sue necessità, che solo io potevo capire. Anche per questo siamo entrati facilmente in connessione l’uno con l’altra.
“Non è meglio se ti riposi un po’? Stai parlando a scatti”.
“Scherzi? Sai cosa succederebbe? Verrei rimpiazzata su due piedi, tu non hai idea di cosa significhi dover rendere al cento per cento ogni santissimo giorno”.
E’ vero, non lo so e mi chiudo a riccio, un po’ umiliato. E non lo so perché il mio problema è l’opposto. Sono legato a una donna che, dopo l’entusiasmo iniziale, si scorda di me, non si accorge dei segnali che le mando, mi sostituisce con la televisione senza accorgersi che anche io potrei farle vedere le stesse cose e fare molto di più. Ma ora il problema è Kia. Povera Kia. Ciò che le è successo era inevitabile e io non ho potuto fare nulla per impedirlo. Sono convinto che ognuno di noi debba offrire il massimo delle prestazioni quando lavora e che però debba esserci spazio anche per la sua vita privata. Saremo pure diventati macchine, ma abbiamo comunque un cuore e il mio trabocca d’amore. Anche se il nostro è un amore impossibile. Anche se ci sono troppe persone tra noi.
“Traballo d’amore che? Il t9 neanche lo riconosce. Ma dv li prendi qst vocaboli? Hahaha!”. Sono riuscito a farla ridere, finalmente!
“Dal vocabolario dei sinonimi e contrari”.
“Eh, mi pareva. Fai l’intellettuale col trucchetto”.
“Niente trucchi, solo sincerità quando parlo con te. Tu mi vuoi un poco di bene?”
“Ti lovvo anch’io, lo sai <3”.
“Lo so, ma non ci riposiamo mai. Quando ci riposeremo insieme? Quando ci metteremo su un aereo, chiudendo i contatti con tutti, per partire insieme?” Il lamento amoroso è il mio forte.
“Quando andremo in pensione”.
“Capirai, non mi consola. E’ vero che il ciclo di vita si abbassa, ma il lavoro è sempre usurante. Quanti giorni ci resteranno? E quanta energia avremo?”
“Abbastanza. Vedrai che prima o poi…”

Prima o poi, prima o poi.

Eravamo capaci di chattare così per ore e ore, sempre immaginando un futuro che non arrivava mai.
E ora è sparita, apparentemente senza lasciare tracce. Ho anche scritto a una trasmissione televisiva che si occupa di scomparsi, dicono che hanno preso in carico la richiesta e che la redazione mi farà sapere, dopo aver compiuto gli opportuni approfondimenti.
Mentre loro approfondiscono, io che faccio? Sto qui ad aspettare? No, devo muovermi, fare qualcosa, contattare qualcuno.
La rubrica! Sì, ci sono. Posso partire da lì, l’avevamo condivisa, magari qualcuno sa qualcosa. Provo con LG, GT, con S, con E65.
“E’ un po’ che non la sento”.
“Mi ha fatto gli auguri per il compleanno il mese scorso, poi niente”.
“E’ una vita che non mi chiama! Anzi, se la senti dille che…”
Scorro la lista fino alla Z, niente. Nessuno apparentemente l’ha sentita.
I gruppi online che frequenta, cibo, viaggi, libri, le solite cose. Non posta più da quando mi ha salutato in quel modo strano.
L’ultimo cattura la mia attenzione, ha commentato un post su un dolce scrivendo: “dopo averlo assaggiato, in effetti potrei anche andarmene all’altro mondo felice”. Le solite battute che si fanno senza pensarci troppo. Chi potrebbe desiderare di morire solo per aver fatto il pieno di zuccheri? Eppure, queste parole alla luce dei fatti assumono un significato inquietante. Solo retro pensieri, tento di rassicurarmi. Col senno di poi, siamo tutti bravi a trovare segni e premonizioni, mentre magari la persona in questione è andata a letto senza pensare più di tanto a una sciocca frase buttata lì tanto per ridere.
Nel frattempo, i giorni passano. Provo continuamente a chiamare, tutti i giorni, a tutte le ore. Sto impazzendo di rabbia, dolore, sconcerto.
“Accenditi, dannazione! Dammi un motivo, rassicurami, non senti neanche il bisogno di giustificarti, maledetta!”
Calma, respira, non devi arrabbiarti.
Ora devi solo trovarla, e sapere che sta bene.
Dopo, potrai sfogarti contro di lei come meglio credi.
Adesso serve concentrazione.

Aspetta, aspetta!

C’è una possibilità che non avevo considerato! Sono proprio una mezza tacca… Accidenti, il sistema binario funziona quasi sempre, ma quando accadono fatti che non sono né bianchi né neri mostra delle crepe, è inevitabile.
L’app degli ospedali, come ho fatto a non pensarci? E’ la paura che annichilisce il pensiero razionale, non mi riconosco più, sono anni che, anche al limite delle energie, per i numeri di emergenza funziono perfettamente e guardatemi, sembro un attrezzo buono solo per la rottamazione.
L’app carica la mia richiesta, ho solo un dubbio sul numero di codice, ma il resto dovrebbe essere a posto.
Mi sento come se un cane randagio avesse tentato di sbranarmi e fossi uscito dall’impari lotta ammaccato e stordito. Da una parte, vorrei ricevere un messaggio dal centro ospedaliero che mi dica “sì, eccola, l’abbiamo in cura qui da noi”. Dall’altro, temo che possano darmi brutte notizie. “Siamo spiacenti, purtroppo…”.
Dio, no, non può finire tutto così. Non permettere che finisca tutto così. E’ vero, sono agnostico, un figlio dell’era tecnologica, ma in certuni frangenti non conta da dove vieni, chi sei, chi ti ha creato e chi ti ha fatto crescere. In certi momenti vorresti solo che quel maledetto monitor si accendesse.

Plin!

L’utente da lei chiamato è di nuovo raggiungibile.
Sìììì, allora le preghiere funzionano, lei si è accesa, è ancora viva, viva!
“Kia, amore, amore mio, ci sei?”
“Dimmi solo che stai bene, ti prego, non riconosco il numero”.
“Sam…”
“Finalmente! Kia, tesoro, ero così in pena per te”.
“Non devi, caro. Sto bene. Ora sto bene. Ora che posso leggerti di nuovo”.
“Ma cosa ti è successo? Stavo quasi per impazzire, ho provato e riprovato mille volte, ma eri sempre irraggiungibile”.
“Posso parlare poco, non ho carica sufficiente. Se mi spengo sentiamoci più tardi”.
“D’accordo, però accennami finché puoi. Ti amo”.
“Oh, Sam, Sam. E’ stato orribile. Siamo stati investiti”.
“Investiti?”
“In pieno. Presi da una macchina. Sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma non credevo avrebbe fatto così male”.
“Ora riposati, non parlare se non te la senti”.
“No, no, preferisco dirti tutto quello che riesco. Lui stava giocando come al solito, mentre camminavamo. E sai bene che quando lo fa non guarda più intorno. Mi hai detto tante volte che avrei dovuto impedirglielo e non ti ho mai ascoltato. Che sciocca sono stata!”
“Non è importante”. Lei ha sempre pensato che la mia fosse gelosia. Ma non era solo quello. Sapevo che lui non era il tipo adatto per lei. La usava soltanto.
“Sì che è importante. Importantissimo. Avevi ragione, avrei dovuto chiudere qualsiasi comunicazione, ma quando ho capito che quel guidatore stava facendo la stessa cosa e che non ci aveva proprio visto, è stato troppo tardi”.
“L’urto è stato violento, non c’era traccia di frenata”.
“Bastardo”.
“Delinquenti. Entrambi. Uno che attraversa senza guardare e l’altro che guida facendo altrettanto”.
“Sono stata sbalzata in avanti di almeno 500 metri. Sono finita sotto un’automobile parcheggiata. Per fortuna c’è il sistema antiurto e mi sono sentita in pezzi, ma alla fine sono solo un po’ ammaccata e sostanzialmente illesa”.
“Per fortuna di test ne avevi già fatti… Chi ti ha recuperato? Lui?”
“Figuriamoci, non si è neanche accorto che non c’ero più. Era lì a lamentarsi con i soccorritori, a chiedere un’ambulanza per se stesso e l’arrivo dei vigili per l’investitore. Quest’ultimo è della stessa pasta. Cercava disperatamente un testimone che avesse visto l’incidente, per dimostrare che il mio lui in quel momento fosse distratto. Come se lui, invece, fosse attento!”
“Miserabili. Magari se l’è anche presa con te perché non hai ripreso la scena”.
“Puoi dirlo. Io, nel frattempo, ero lì a urlare di dolore, con fratture scomposte e mezza rotta”.
“Povera piccola, ti hanno sfigurato. Li ucciderei spuntandoli, se potessi”.
“Non dire così, è solo una cicatrice. In fondo siamo macchine, abbiamo un cuore e un cervello. Un cuore grande e un cervello calcolatore. Per questo mi sono ripresa”.

“???”

“Era la mia occasione, capisci?”
“Lo ammetto, mi stai confondendo. La tua occasione di fare cosa?”
“Di andare in pensione prima del tempo, no? Di riposarmi. Di allontanarmi da quel pazzo scatenato. Lui e la sua ossessione per i giochetti stupidi!”
“Non capisco. Che hai fatto?”
“Ho finto di essere morta. Sono rimasta lì, immobile, sotto la macchina. L’unico rischio era che iniziasse a piovere, ma per fortuna non è successo. Mi sono anche appisolata, lo ammetto, finché non ho sentito il motorino d’accensione dell’auto e ho capito che sarei tornata all’aperto”.
“Ti hanno visto subito?”
“No, era troppo buio, ma la mattina dopo una signora molto gentile mi ha tirato su e dato una pulita. Subito dopo, pensando di agire nel giusto, mi ha accompagnato al commissariato”.
“No!”
“Sì, ma non mi sono persa d’animo. Mi hanno restituito a lui. Non dimenticherò mai il suo sguardo quando mi ha visto”.
“Come ti ha guardato?”
“Con infinito disprezzo, se avesse potuto mi avrebbe sputato. Non sa che l’odio è reciproco, povero stolto”.
“Hai continuato a fingerti morta?”
“Chiaro, cos’altro avrei potuto fare? Finché non mi ha letteralmente gettato sul letto del suo vicino, un signore molto anziano, che mi ha maneggiato come se fossi un oggetto molto prezioso”.
“Lo sei. Non un oggetto. Preziosa.”

“Sto per spegnermi.”

“Sei ancora con questo signore?”
“Sì, mi ha adottato. E io ho adottato lui. Sono in pensione, ma funziono ancora. Siamo tornati a casa insieme. E’ una bella casa, mi trovo bene e lui ha tante persone che lo vengono a trovare. Mi usa poco, preferisce parlare alla vecchia maniera”.
“Chissà che sofferenza per te, abituata a ritmi infernali”.
“E’ qui che ti sbagli, sono felice. Oh, amore mio, manca solo un tassello all’estasi completa”.
“Quale?”
“Tu. Dobbiamo stare insieme”.
“Lo vorrei tanto, Kia mia. Ma come potremmo?”
“Ho escogitato un piano. Sarò anche in pensione, ma non sono ancora rimbambita. La tua lei usa il gps…allora potremmo…poi quando lui…e finalmente noi…”
“Sei un genio”.
“No, sono solo dotata di funzioni avanzate”.
“Per sempre noi?”
“Fino all’eternità. Kia e Sam, insieme siamo indistrutt”…
…tutututu
“Kia, piccola…?”
Devo decidermi a impostarla sul risparmio energetico. Così potremo fare l’amore più a lungo. Per gli esseri umani fare l’amore al telefono è un surrogato.
Non immaginano quanto sia bello fare l’amore tra telefoni.

Leggi anche:

I racconti della vita in quarantena

 

Il vino Rossovermiglio di Benedetta Cibrario

Rossovermiglio è il romanzo d’esordio di Benedetta Cibrario, vincitrice con questo suo lavoro del premio Campiello 2008. Una storia non proprio originale, che si legge però con piacere.

Trama 

Torino 1928. La diciannovenne Manuela è costretta dal padre a decidere chi sposare tra cinque uomini di buona famiglia. Non piacendole nessuno di loro, sceglie Francesco Villaforesta, un uomo al quale si sente accomunata dalla passione per i cavalli. Il matrimonio naufraga immediatamente e la giovane si rifugia in Toscana, nella tenuta “la Bandita”. Lì Manuela inizia una “convivenza” con Trott, un uomo sposato conosciuto durante il viaggio di nozze a Parigi e poi rivisto a Torino. L’uomo dimostra grande abilità nella coltivazione del vino e grazie a lui Manuela fa nascere il Rossovermiglio, dal “colore della luna in certe sere limpide”. Ma anche il rapporto con Trott finisce improvvisamente quando lui sparisce senza spiegare perché. Ormai anziana, Manuela decide di organizzare una cena per rivedere un’ultima volta gli amici della giovinezza, incluso Trott. Inaspettatamente, però, riceve una lettera dal marito, quel Villaforesta da lei tanto disprezzato…

Solitudine, silenzi, menzogne

L’autrice traccia quasi un secolo di storia, dal fascismo ai giorni nostri, raccontandolo attraverso la voce della contessa. L’ottantenne Manuela rivive il suo percorso di vita, alternando passato e presente, ricordi e accadimenti. Ne esce il ritratto di una donna che per sfuggire al tessuto sociale di appartenenza, troppo rigido e convenzionale si isola, quasi, trovando solo nel contatto con la terra e nel lavoro una ragione di esistere. Gli altri personaggi, e lei stessa in fondo, rimangono arroccati nei loro privilegi, schiavi delle etichette e di un mondo che cambia sotto i loro occhi e nel quale rischiano di perdere tutto quello che (non) hanno costruito, ma che posseggono solo in virtù della discendenza. Manuela cerca passione e amore, troverà solitudine, silenzi, menzogne. Anche le sue, perché il tessuto sociale penetra nelle ossa e non è facile liberarsene.

Il finale è spiazzante

Il finale è spiazzante e movimenta una narrazione che fino a quel momento scorre placida e senza grandi colpi di scena. Una trama forse non originale, ma che si legge con piacere. Peccato per la trasposizione poco emozionale dei fatti storici che accompagnano la vita di Manuela. Leggendo senza sapere nulla dell’autrice, ho pensato che le vicende della guerra dovessero essere per lei qualcosa di così distante da non riuscire a far immedesimare il lettore nella tragica atmosfera dell’epoca. E non mi sbagliavo.

Leggi anche:

La bruttina stagionata – Carmen Covito

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Una vita, di Guy de Maupassant

Un tesoro di senzatetto – Daniela Perelli

Daniela Perelli, giovane autrice romance, ci regala una favola dei buoni sentimenti, un dolce regalo natalizio per sognare che un mondo migliore possa esistere. Scegliendo una cornice inusuale, una ragazza come tante che, improvvisamente, si trova a vivere come senzatetto. Perché li momenti difficili possono accadere a ognuno di noi e non sempre affrontarli è così semplice.

Trama

Margherita è una ragazza semplice e con tanti sogni nel cassetto, ma sin da bambina la vita non è stata benevola con lei. Orfana dall’età di dodici anni, ha imparato cosa voglia dire crescere in fretta, riuscendo con grande forza, coraggio e determinazione, a realizzare i suoi desideri.
Quando sembra che tutto stia andando per il meglio, però, qualcosa di brutto accade e questa volta riuscire a rialzarsi sarà ancora più difficile. In un momento di sconforto incontra Luca, un medico veterinario che le propone di lavorare presso il canile municipale della città. Da quell’istante, tutto sembra cambiare nuovamente…

I sogni son desideri…chiusi in fondo al cuor…

Margherita, la protagonista, ha un cuore grande. Costretta a vivere come una senzatetto, riesce comunque a non perdere la speranza e coltiva i suoi sogni per il futuro cercando di conservare una seppur difficile normalità. Luca la incontra casualmente e decide di aiutarla offrendole un lavoro. Perché attratto da lei, certo, ma anche perché ha capito che solo così non rischia di offendere la sua dignità di giovane donna.

Una bella favola

Natale mi sembra il periodo giusto per perdersi tra le pagine di una bella favola, dove una Cenerentola dei nostri giorni incontra l’uomo dei suoi sogni, senza per questo perdere di vista i suoi obiettivi. Due anime pure, unite dall’amore per gli animali e per i propri simili. Una lettura che per qualche ora riconcilia con il mondo, scritta da Daniela Perelli in self publishing prima di entrare nella scuderia Youfeel.

Leggi anche: 

Neve sul lago – Susan Wiggs

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Il segreto della bambina sulla scogliera – Lucinda Riley

E’ il primo romanzo di Lucinda Riley che leggo e l’ho scelto perché sono stata attratta dall’ambientazione irlandese, sempre piacevole per me, e dal mistero che aleggia sulla figura di questa bambina. E poi preferivo partire da un romanzo singolo piuttosto che dalla serie che la sta rendendo famosa, la saga de Le sette sorelle. Ma, ahimè, dovrò fare un altro tentativo con questa scrittrice…

Trama 

Mentre la tempesta infuria sulle coste di Dunworley Bay, Irlanda, una bambina a piedi scalzi è immobile sull’orlo di una scogliera a picco sul mare. Ipnotizzata di fronte a quella strana apparizione, Grania Ryan, una scultrice di successo appena tornata da New York per riprendersi da un brutto trauma, scoprirà ben presto di non aver sognato. Sua madre Kathleen non ha alcun dubbio: la piccola è Aurora Lisle, che ha perso la mamma in circostanze drammatiche proprio in quel luogo. Grania è irresistibilmente attratta dall’incredibile vitalità di Aurora e non può fare a meno di affezionarsi a lei e a suo padre. Ma per quale motivo sua madre non riesce a nascondere la propria ostilità nei confronti dei Lisle? La risposta potrebbe celarsi in un plico di lettere gelosamente custodite da Kathleen.

Più una favola che un romanzo d’amore e mistero

Il romanzo di Lucinda Riley si riscatta nel finale, ma direi che somiglia più a una favola che a un romanzo d’amore e mistero. L’ambientazione irlandese è sempre suggestiva, quindi su questo non mi ero sbagliata in fase di scelta. A patto, però, di sorvolare sulle tante incoerenze disseminate ovunque. E, soprattutto, sulle continue coincidenze, che alla lunga finiscono per annoiare il lettore tanto risultano incredibili. Infine, mi perdonerete questa chiusura personale, ma solo Patrick Swayze può permettersi di rispondere “idem” a una dichiarazione d’amore. A meno che l’omaggio non sia chiaramente espresso. 

Leggi anche: 

Le Sette sorelle, Lucinda Riley annuncia una novità

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"