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Omelette baveuse per sognare Parigi

Sedevano a un piccolo tavolo di ferro battuto, circondati da un minuscolo giardino all’inglese. L’aria era piacevolmente fresca. La cuoca, Marie, portò omelettes alle erbe fini,una baguette e un riesling ghiacchiato. Eve staccò un pezzetto di pane e lo spalmò di burro. 

Vi ho già parlato di Lorna Graham e del suo libro, La ragazza del Greenwich Village. Qui ripresento la ricetta dell’omelette baveuse, aggiornata e migliorata rispetto a quella che avevo preparato subito dopo aver letto il libro. Ricetta perfetta per un brunch, un picnic o un pranzo tra amici. Venite che vi spiego il procedimento. Se volete andare direttamente alla videoricetta, cliccate qui.

Ingredienti per una omelette grande:

  • 3 uova;
  • latte,  1/3 di bicchiere;
  • erbette fini, mix;
  • burro, una noce;
  • sale e pepe, q.b.

Procedimento per le omelettes

Per la base, rompete le uova in una ciotola e mescolatele pochissimo, quel tanto che basta per far amalgamare rossi e bianchi. Aggiungete un pizzico di sale, una spolverata di pepe e il mix di erbette (già pronto o composto da voi con un mix fresco di timo, maggiorana, dragoncello, basilico…o quello che avete). Fate sciogliere una noce di burro in una padella. Mi raccomando, una noce, io ho esagerato e il burro a mio parere si sentiva troppo.  Appena sfrigola, versateci il composto, facendolo cuocere qualche minuto.  Girate continuamente la padella, per rendere la cottura uniforme. Quando i bordi dell’omelette iniziano a staccarsi e l’interno è ancora liquido, alzate la padella dal fuoco e mescolate brevemente, per far rapprendere l’interno lasciandolo però umido, “baveuse” come direbbero più finemente i francesi. Piegate l’omelette a metà e servitela ben calda, accompagnata da una fragrante e appena sfornata baguette.

Note: 

  •  l’omelette è buona calda e appena spadellata.
  •  è già buona così, da sola. Se volete farcirla potete sbizzarrirvi: gli accompagnamenti più tipici sono con salumi e formaggi freschi (non mozzarella).

 

Patate “campagnarde” della Valle D’Aosta

Se siete alla ricerca di un contorno facile, veloce e sfizioso, le patate campagnarde valdostane sono quello che fa per voi. Le ho provate a La Thuile e le ho rifatte a casa. Di derivazione francese, campagnarde=di campagna, sono saporite grazie alla presenza dell’alloro e della cipolla e buonissime, nonostante siano praticamente prive di grassi e, soprattutto, senza bisogno di usare il forno. Il che le rende perfette anche d’estate. Provare per credere.

Ingredienti per 4 persone:

  • patate, 600 gr.
  • olio evo, 3 cucchiai
  • cipolla, 1
  • foglie di alloro, 6 grandi
  • sale q.b.

Procedimento

Lavate e sbucciate le patate, quindi tagliatele a fette sottili ma non troppo. Scaldate l’olio in una padella e quando è caldo versate le fette di patate. Coprite quindi le patate con uno strato di cipolla tagliata a fette sottili. Coprite a sua volta la cipolla con le foglie di alloro e salate leggermente.

Coprite la padella e fate cuocere a fuoco lento per circa trenta minuti, mescolando di tanto in tanto fino a doratura delle patate. Servite immediatamente.

Note:

  • la preparazione è semplicissima. Solo, non distraetevi nel momento in cui le patate inizieranno a dorare, perché bruciarle sarebbe un peccato;
  • l’alloro fresco è l’ideale, ma se non riuscite a trovarlo andranno bene alloro secco o rosmarino, a vostro gusto;
  • le patate campagnarde possono trasformarsi in una preparazione di base se volete un gusto più ricco e meno dietetico. Potete aggiungere lardo, pancetta, funghi, o quello che più vi piace;
  • in Valle D’Aosta consigliano di abbinarle al formaggio Fontina DOP per un pasto veloce ma appetitoso. Personalmente non amo l’abbinamento patate-formaggio, lo trovo troppo pesante per chi non abita in montagna, quindi le ho abbinate al pesce, come potete vedere dalla foto;
  • provatele e fatemi sapere se vi sono piaciute!

Leggi anche: 

Una vacanza da sogno? A La Thuile, in Valle D’Aosta

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Il Cornish pasty, uno street food leggendario

E’ riduttivo chiamarlo street food. Il Cornish pasty ha una storia a dir poco affascinante, legata al tempo dei minatori, quando la pausa pranzo era fondamentale per recuperare energie e, soprattutto, terminare la giornata senza veleno aggiuntivo in corpo. Venite a leggere la sua storia e come si prepara (è facile!). Se il solito pranzo al sacco comincia ad annoiarvi, tenete a mente questa ricetta eccezionale. Il cornish pasty potrebbe essere una valida e completa alternativa! Provare per credere.

Come nasce il cornish pasty

Dietro un apparentemente semplice cibo da strada, si nasconde una tradizione antica. Nell’800, la maggiore industria in Cornovaglia era quella mineraria e il cornish pasty era il pranzo preferito dai cornish pasty imm2minatori. Il lavoro di estrazione del carbone era durissimo e il fagotto forniva la perfetta dose di carboidrati, proteine e verdure per continuare un lavoro estenuante e tornare a casa, camminando spesso per chilometri e chilometri, senza cadere stramazzati al suolo. Il cornish pasty era leggermente diverso da quello di oggi: l’involucro era utilizzato come thermos, serviva a mantenere caldo il pasticcio di carne e verdure all’interno. La crosta arricciata, inoltre, così famosa oggi proprio per la sua forma, ricopriva un’altra fondamentale funzione: i minatori l’aprivano per mangiarne il contenuto e poi la buttavano ai “knockers”, gli spiriti dei minatori, perché così evitavano di contaminare il cibo con grosse quantità di arsenico, un potente veleno che infestava le miniere. Vi avevo detto che la sua storia è affascinante. Assaggiandolo, vi tufferete in un pezzo di storia moderna…

Ingredienti per 3 cornish pasty

Per l’involucro
  • farina 00, 250 gr.
  • Burro, 100 gr.
  • acqua, 6 cucchiai circa
  • sale, 1 pizzico
Per il ripieno
  • bistecca di bovino adulto, 200 gr.
  • patate, 3
  • cipolla, 1
  • rutabaga, 1 (facoltativa)
  • sale e pepe per condire
  • cucchiai di acqua fredda, 3

Procedimento

In una terrina versate la farina. Aggiungete il burro freddo di frigorifero e lavorate velocemente con la punta delle dita, per non scaldare l’impasto, fino ad ottenere delle briciole di impasto, senza nessun pezzo di burro ancora intero. Aggiungete poca acqua per volta e il sale e impastate fino ad ottenere un composto omogeneo (se vi sembra secco, aggiungete ancora poca acqua). Rovesciate l’impasto sul piano di lavoro e lavoratelo per qualche minuto, finché non diventa abbastanza liscio ed elastico. Ora la pasta brisée è pronta. Ricoprite l’impasto con pellicola per alimenti e lasciare riposare per almeno 45 minuti e fino a 3 ore in frigorifero.
Nel frattempo, sbucciate le patate, le cipolle e rutabaga e tagliate tutto a cubetti piccoli. Tagliate sempre a cubetti anche la carne. In una casseruola, unite il tutto, regolate di sale e pepe e versate 3 cucchiai di acqua fredda. Mescolate e lasciate riposare.
Preriscaldate il forno a 200° C. Ricavate 6 sfere con l’impasto, aiutandovi con un piattino da dessert per grandezza e forma, dopodiché stendetele con il matterello in una sfoglia sottile ma non troppo, deve reggere un ripieno corposo. Disponete al centro di ciascun disco un po’ di ripieno, sbattete leggermente un uovo e spennellate i bordi. Ora il fagottino si può chiudere. Potete optare per il metodo più facile, cioè cornish pasty imm3ripiegare la pasta a portafoglio su se stessa, oppure seguire il metodo cornico, cioè alzare le due metà fino a sigillare il centro e procedere con le pieghe per sigillare bene. Non è difficile e io ho preferito seguire quest’ultimo metodo, come fa l’operatrice di St. Ives (dove ho mangiato i migliori) in foto. Se non ve la sentite, lasciateli sdraiati e nessuno noterà la differenza. Sigillate pizzicando il bordo e formando delle pieghe “a onda”. Infine, spennellate leggermente con il restante uovo sbattuto e infornate per 30 – 35 minuti o fino a doratura.

Note

  • la ricetta che ho seguito indicava una temperatura del forno di 220°. Ho scritto 200° perché secondo me è più giusta, almeno per il mio forno. Regolatevi in base ai tempi di doratura;
  • nelle ricette inglesi il ripieno non viene cotto prima della chiusura nell’involucro. Anch’io ho fatto così e tutto si è cotto a puntino. Se preferite cuocere prima il ripieno non c’è problema, l’importante è che lo inseriate nell’involucro quando è ben freddo, altrimenti la pasta si romperà;
  • potete servirlo caldo, tiepido o freddo. A me piace in tutti e tre i modi;
  • la rutabaga è una specie a metà tra la rapa e il ravanello, usata nei Paesi del Nord Europa ma difficile da reperire altrove. La maggior parte delle ricette la sostituisce con la rapa bianca. Secondo me non è lo stesso, meglio ometterla perché è proprio lei a dare un gusto particolare all’involto;
  • in alcune versioni troverete la carota al posto della rutabaga. Non cedete alla tentazione, per carità, i cornici potrebbero arrabbiarsi;
  • il cornish pasty tradizionale prevede l’uso di carne, ma potete ovviamente riempirlo con tutto ciò che vi capiti a tiro. Può trasformarsi in un ottimo svuotafrigo;
  • anche se non sembra, è facilissimo da mangiare coperto a metà con un tovagliolo. Se volete portarlo a un picnic si lascerà addentare senza troppi danni.

Dimenticavo, ultimo punto:

Provatelo e fatemi sapere se vi è piaciuto!

‘O Scarpariello degli amanti in terapia

Una delle cose che mi ha incuriosito di più del romanzo Terapia di coppia per amanti di Diego De Silva è l’abitudine dei due protagonisti di farsi due spaghi. Gli amanti vanno sempre di corsa, si sa. Incastrati tra un impegno familiare e uno extra familiare, hanno i minuti contati e devono guardarsi continuamente alle spalle. Non a caso, il piatto preferito dei due amanti in terapia di De Silva è ‘o scarpariello, una pasta super veloce da preparare. Secondo la tradizione, venne inventata dalle mogli degli scarpari. I calzolai, o scarpari, vivevano nei Quartieri Spagnoli di Napoli e spesso venivano pagati in natura dai clienti che non potevano saldare il conto in denaro. Avendo poco tempo per mangiare a pranzo, mogli e sorelle degli scarpari ripiegavano su questa preparazione velocissima ma calda e, soprattutto, gustosa. 

Anche se non avete amanti, sicuramente avrete come tutti i minuti contati. Questo piatto risolve il pranzo in un nanosecondo con pochissimi ingredienti e, soprattutto, è proprio buono. Provatelo e poi scrivetemi nei commenti che ne pensate.

Ingredienti per 4 persone:

  • pasta corta, 400 gr.

  • pomodorini, 500 gr.

  • spicchio d’aglio, 1

  • olio extravergine d’oliva, q.b.

  • sale, q.b.

  • foglie di basilico fresco, abbondanti

  • Parmigiano e pecorino grattugiati, secondo gusto

  • Peperoncino, 1

Procedimento

Tagliate a metà i pomodorini. Nel frattempo, fate soffriggere lo spicchio di aglio con l’olio in una padella. Quando l’aglio è diventato biondo, aggiungete i pomodorini e un pizzico di sale, lasciando cuocere a fuoco basso per circa 10-15 minuti. Nel frattempo fate bollire l’acqua della pasta in una pentola alta. Buttate la pasta e scolatela al dente. Versate la pasta nel sugo che intanto si sarà creato, aggiungete parmigiano e pecorino grattugiato e fate amalgamare. Completate con il basilico, il peperoncino e un filo d’olio a crudo direttamente nei piatti.

Come vi sembra? Ci facciamo ‘o scarpariello per pranzo? 

Leggi anche: 

Il Cornish pasty, uno street food leggendario

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Terapia di coppia per amanti – Diego De Silva

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Risotto all’Amarone della Valpolicella e radicchio

Da oggi questa ricetta entra a pieno titolo tra quelle che rendono speciale il pranzo, soprattutto se ci sono ospiti.  Dopo averlo assaggiato a Verona, non potevo non provare a replicarne il gusto strepitoso a casa. Devo ammettere, però, che ero un po’ titubante all’idea di utilizzare un bicchiere del costoso Amarone per cuocere il riso, ma vi assicuro che quando i vostri commensali chiederanno il tris, saprete anche voi che ne vale la pena. Il riso d’ordinanza dovrebbe essere il vialone nano, ma non me ne vorranno gli amici veronesi se ho optato per quello che avevo a disposizione, un carnaroli semi integrale che aspettava solo una ricetta grandiosa per scendere in campo.

Ingredienti per 4 persone:

  1. riso Carnaroli Superfino, 500 gr.
  2. radicchio, 1 cespo
  3. cipolla, 1, sedano, 1, carote, 2
  4. vino Amarone della Valpolicella, 1 bicchiere
  5. burro, una noce
  6. parmigiano, q.b.
  7. olio evo e sale, q.b.

Procedimento: 

Tagliate a dadini sedano, carota e mezza cipolla e preparate il brodo mettendoli in una pentola piena d’acqua. Salate (passaggio non necessario se volete evitare il sale, come faccio io) e portate a ebollizione.

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A parte, tritate finemente la restante metà della cipolla, mettetela in casseruola con un filo di olio e fatela rosolare. Aggiungete poi il riso e fatelo tostare qualche minuto. Quando inizierà a sprigionare il suo caratteristico profumo, versate il bicchiere di Amarone della Valpolicella e fatelo sfumare. Poi, aggiungete un mestolo di brodo e continuate ad aggiungerne regolarmente appena si asciuga.

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Mentre il riso cuoce, tagliate a pezzi il radicchio e cuocetelo in un pentolino a parte, con un filo d’olio, per pochissimi minuti, finché sarà morbido ma ancora croccante.

Quando sentirete che il riso sta per giungere a cottura, dopo circa 15 minuti, versate il radicchio nel wok e mescolate rapidamente. Regolate di sale se necessario. Poi spegnete il fuoco, e aggiungete una noce di burro, il parmigiano, regolandovi secondo il vostro gusto, e mantecate. Solo un suggerimento, fermatevi prima che il formaggio copra il sapore del riso.
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Eccolo qui, Risotto all’Amarone della Valpolicella e radicchio, un piatto unico spet-ta-co-la-re. Rigorosamente da servire con un buon bicchiere di Amarone della Valpolicella. What else?

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