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La penna di Britta Teckentrup per volare come la Befana

Britta Teckentrup e il suo libro illustrato sulle…penne, apre la serie di suggerimenti per la calza della befana 2022. L’albo è pensato per bambini dai 6 ai 10 anni ed è un’opera a metà tra un’enciclopedia e un libro d’arte su uccelli e penne. Ora vi racconto cosa ne penso.

Dopo l’uovo, la penna

Britta Teckentrup è già conosciuta per il suo bestseller L’uovo, nel quale l’autrice guarda con il suo occhio di artista un oggetto semplice eppure molto complesso. La penna è uscito nel 2022 e ricalca lo stesso stile: è sempre un libro illustrato divulgativo e, insieme, un viaggio nella varietà e nello splendore del regno animale. L’autrice si muove, quindi, sulla falsariga del suo lavoro precedente, rendendo più accesi i colori delle illustrazioni, pur rispettando la delicatezza del tratto.

Per bimbi curiosi

La penna di Britta Teckentrup è un libro adatto a bimbi curiosi, che vogliono esplorare il mondo naturale partendo dall’osservazione di piccoli elementi. Lo immagino come un punto di partenza per un’esplorazione sul campo. Dopo aver letto quanti e quali voli esistano in natura, perché non affacciarsi all’aperto per osservare che tipo di volo amano i passeri? O i piccioni? O i gabbiani? O qualsiasi uccello passi sopra le nostre teste? E l’aereo, come vola?

Una penna per scrivere o per andare sulla Luna

Questo è solo uno spunto per utilizzare questa mini enciclopedia sulle penne di Britta Teckentrup. L’autrice ci parla anche di come gli esseri umani, che da sempre vorrebbero avere le ali, utilizzano le penne dei volatili, come già ci avevano mostrato i disegni di Leonardo sulle macchine volanti (richiamati nel libro). Perché non costruire una bella penna per scrivere? O per verificare la teoria di Galileo sulla velocità senza resistenza dell’aria sulla Luna per aspiranti astronauti?

Come fa la Befana a volare?

Insomma, un testo da cui partire per sviluppare la fantasia. E’ sempre possibile limitarsi ai bei disegni illustrativi e ai testi didascalici che li accompagnano, ma temo che in quel caso rischi di non piacere ai piccoli esploratori. I quali potrebbero sempre chiedervi: come fa la Befana a volare senza penne? Preparate una risposta convincente! 🙂

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Gianni Rodari e una torta in cielo come una bomba

Conosco bene Gianni Rodari, quindi Torte in cielo non è una sorpresa. Questo libro, però, ha il pregio di avermi fatto conoscere “la piccola Svizzera” e Bruno Munari. Di che sto parlando? Venite dentro che vi racconto.

Trama 

Un disco volante appare nel cielo di Roma, sopra il quartiere popolare del Trullo. C’è chi non ci crede, chi ci scherza su, chi si prende un bello spavento. Intervengono i pompieri, la polizia e infine l’esercito, che raccomanda a tutti di restare chiusi in casa o, meglio, nelle cantine. Due bambini coraggiosi però ignorano gli avvertimenti e svelano il segreto del disco volante. 

Dedicato alla maestra Maria Luisa Bigiaretti

Gianni Rodari ha dedicato questo libro ai lettori del Corriere dei piccoli, dove per la prima volta è stata pubblicata a puntate nel 1964. Ed è nata quell’anno stesso, come dice lo stesso Rodari nella dedica iniziale, “nelle scuole elementari Collodi, Borgata del Trullo, Roma, tra gli scolari della signorina Maria Luisa Bigiaretti, che hanno finito la quinta nel ’64“. La maestra Maria Luisa Bigiaretti, un gran personaggio. E non poteva Rodari non rendere omaggio a questa maestra così innovativa, scomparsa nel 2019 all’età di 93 anni.

Una storia semplice e attuale

La torta in cielo è una storia semplice, eppure, ancora oggi, quanto mai attuale. Non siamo nella Roma di Marcello, della dolce vita e degli anni ’60. Siamo in una borgata di periferia, dove alla fine degli anni trenta è stato costruito un quartiere popolare. I bambini si avvicinano senza paura al misterioso oggetto volante che è atterrato e si rendono subito conto di cosa sia: un’enorme pizza dolce, come la chiamano nella capitale. Una torta al cioccolato, insomma. L’apparizione del disco volante, però, mette in allarme gli adulti, che a vario titolo tentano di far valere la propria autorità. Addirittura viene scomodato un generale, che risolverà tutto, non vi preoccupate! Ci sono i militari, gli scienziati e anche i vigili urbani. Tutti al servizio della popolazione, per ristabilire l’ordine. No, dico, vi dice qualcosa questa situazione? Sono passati quasi sessant’anni e noi adulti ancora siamo così, come ci dipingeva Gianni Rodari. 

I bambini, invece?

I bambini invece? Loro sanno cosa fare e come ottenerlo: vogliono giocare, mangiare dolci e vivere sereni. Vogliono la pace, insomma, non le bombe. E trascinano le madri urlanti a dar loro manforte. “Ci sarà un pezzo di torta per tutti quando si faranno torte al posto delle bombe”. E’ lo stesso Rodari in chiusura a darci la chiave di lettura di questa storia di fantascienza: se pensassimo alle cose concrete e a quello che serve veramente, potremmo sfamare tutta la popolazione mondiale e vivere senza paralizzarci di fronte ai problemi. E soprattutto, senza paura di un’altra guerra. Anche questo, vi dice qualcosa sulla situazione attuale che stiamo vivendo?

Li marziani! 

Quello che rende eccezionale questo libro sono le illustrazioni di Bruno Munari, un artista che non conoscevo e che mi è piaciuto immediatamente! Sono anche tante, una per ogni pagina di racconto. Quindi, si può dire che ci siano due testi: uno scritto da Rodari e uno grafico disegnato da Munari. Molto curata, questa edizione di Einaudi. Nella loro semplicità, i disegni completano degnamente la storia creata dallo scrittore. Se riuscite a trovarla nel mercato dell’usato, prendetela, merita.

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La piccola Svizzera 

La piccola Svizzera, invece, cos’é? E’ questo pezzo di borgata costruito nel ’39. Ve ne parlerò in un altro post: come al solito, sono andata sulle tracce di Gianni Rodari e della scuola in cui ha insegnato mentre scriveva questa storia e ho scoperto un mondo. Di cui ovviamente vi parlerò.

Intanto, voi che mi dite? Conoscete Rodari? Qual è la vostra storia preferita?

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Anna di Tetti Verdi – L. M. Montgomery

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Pattini d’argento o di legno, l’importante è…vincere!

Proprio oggi che iniziano le olimpiadi invernali di Pechino, mi è tornato in mente questo libro letto da bambina, Pattini d’argento, di Mary Mapes Dodge. Una favola invernale, adatta ai bambini ma anche agli adulti che in questi tempi difficili vogliono ritrovare buoni sentimenti e un vissero tutti felici e contenti. Nei prossimi giorni vi parlerò anche di un’altra storia, stavolta vera e senza lieto fine, però oggi rimaniamo sulla bellezza della fantasia. E ai ricordi d’infanzia, che riemergono ogni volta che mi ritrovo davanti a una pista da pattinaggio.

Trama

I due fratelli Hans e Gretel Brinker sognano di partecipare alla gara di pattinaggio che si terrà a dicembre. Il vincitore avrà in premio un paio di pattini d’argento. I ragazzi però sono poveri e hanno solo pattini di legno con cui allenarsi. Il loro padre, inoltre, è molto malato e dovrebbe fare un’operazione costosa, che comporta gravi rischi. La vita non è certo facile per la famiglia Brinker, e saranno necessari dei sacrifici per ritrovare la serenità. Tra i ghiacci dell’Olanda, una storia di amicizia, avventure, coraggio e solidarietà. 

Il destino ci mette lo zampino

Ho scritto nel titolo che l’importante è vincere. Ma non vincere in gara, vincere il destino che sembra accanirsi contro alcuni molto più che con altri. I due fratelli Brinker ne sono l’esempio lampante. In un’età in cui dovrebbero correre e giocare, costruiscono da soli dei pattini con cui vincere una gara per pagare le cure al padre. Il quale padre è malato a causa di un incidente fortuito sul lavoro. Ovviamente i due piccoli Brinker non hanno alcuna possibilità di vincere contro pattini del materiale giusto, che sfrecciano sul ghiaccio. Il destino, però, ci mette lo zampino. Il destino che prende le sembianze di un medico.

Rozzi pezzi di legno

Attuale, non vi pare? La scrittura è datata, Mary Mapes Dodge l’ha scritto a metà ottocento, con il titolo di Hans Brinker o Pattini d’argento, poi rimasto nell’immaginario collettivo con la sola seconda parte. I sentimenti che trasmette, tuttavia, rimangono immutati. Non si può non provare compassione per questi due ragazzini, che hanno costruito “rozzi pezzi di legno affilati e lisciati sul bordo inferiore“, fingendo che siano pattini, e che pure hanno donato loro “molte ore felici sul ghiaccio“. Non si può non tifare per loro, quando in modo del tutto imprevisto riusciranno a procurarsi i mezzi giusti per competere con gli altri. Non si può essere più felici di come finirà questa favola nordica e di cosa deciderà di diventare Hans Brinker. Non si può non trovare interessante la descrizione dell’Olanda, così accurata, da farne ancora oggi un ritratto degli usi e costumi olandesi nell’ottocento

Non posso quindi che consigliarlo, è una buona lettura per grandi e piccini dagli 8 anni in poi, magari durante le serate invernali più fredde. O in previsione di un viaggio in Olanda, o dovunque ci sia una pista di pattinaggio ad aspettare i piccoli/grandi lettori 🙂

Voi che mi dite? Vi piace pattinare? Avete letto questo classico per ragazzi?

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Il giardino segreto – Frances Hodgson Burnett

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Il giardino d’inverno di Bomarzo

Il giardino di Bomarzo è sacro o mostruoso? Questo è il dilemma che affligge da anni i visitatori di questo museo così particolare. E’ proprio il caso di ribadire che tutto dipende da come guardi il mondo. Il perché ve lo spiego subito, venite con me a scoprire Bomarzo e i suoi misteri, ideali per una breve scappatella invernale.

Voi che per il mondo andate errando…

Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua dove son faccie horrende, elefanti, leoni, orsi, orche et draghi” è la frase che accoglie chi visita il Parco dei Mostri di Bomarzo. A leggerla oggi, la frase suona ironica. Caro Vicino Orsini, è proprio perché non posso errare per il mondo che sono giunta fino a te! La strada per arrivare al parco era immersa nella nebbia e un tantino lugubre. All’ingresso, hanno anche controllato il greenpass, pur essendo un luogo completamente all’aperto e che favorisce il distanziamento naturale. “E’ perché siamo considerati museo”, mi spiegano alla cassa. E anche un tantino esoso come museo: 13 euro che dovrebbero, e sottolineo dovrebbero, servire a manutenere il giardino in ottimo stato. 

Sacro o dei mostri?

Finite le critiche, ora vi racconto la passeggiata, che è stata molto piacevole. Vi dicevo all’inizio che la “critica” si spacca in due. Chi lo considera mostruoso, chi lo considera sacro. Da che dipende? Dipende dalla prospettiva con cui osserviamo la costruzione. Se il visitatore è religioso, troverà ispirazione religiosa, se si fa prendere dall’atmosfera esoterica, lo troverà “mostruoso”. In realtà, la tesi più accreditata oggi è che gli elementi del parco siano null’altro che dipendenti dalla volontà del suo possessore e che rappresentino, visti nel complesso, una sorta di “autobiografia” per immagini. Il che, se ci pensate, è un’idea affascinante: secoli dopo, noi giriamo per il bosco, cercando di farci un’idea del suo ideatore.

Chi era Vicino Orsini?

Pier Francesco Orsini, detto Vicino come vezzeggiativo familiare, era il figlio di Giancorrado e della seconda moglie, Clarice Orsini, che però si allontanò da casa quando i figli erano ancora piccoli. Vicino sposa Giulia Farnese e subito dopo il matrimonio si dedica alla carriera militare fino al 1557, quando si ritira a vita privata nel suo palazzo di Bomarzo, dopo aver girato in lungo e largo per l’Europa. E’ in questo momento della sua vita che decide di progettare il Sacro bosco, progetto che riceve nuova spinta dalla morte della moglie e dalla delusione per le vicende politiche in cui si era ritrovato come militare. E’ un po’ come se il bosco fosse per Vicino un suo buen retiro dalla società e dalla vita pubblica. Complice anche la contemporanea costruzione del cugino ricco, Alessandro Farnese con la sua sfarzosa dimora di Caprarola, Vicino probabilmente volle un luogo seminascosto da cui osservare dal basso gli opulenti possedimenti di quel ramo della famiglia. 

Arte o inganno? 

Tratteggiare, anche velocemente, la personalità di Vicino è fondamentale per cercare di capire quello cui ci troviamo di fronte. Forse ci sta prendendo in giro? All’ingresso, una sfinge reca questa scritta: “Tu ch’entri qua pon mente / parte a parte /e dimmi se tante /maraviglie / sien fatte per inganno / o pur per arte”. Dove finisce l’inganno e inizia l’arte? Pensateci, di solito è un tema che emerge quando si discute di arte moderna. In questo caso, il tempo ha dato risposta? Me lo direte voi. Per quanto mi riguarda, direi di aver trovato la mia risposta. Il bosco è un’allegoria della vita e delle esperienze di Vicino, niente di più e niente di meno. La compagnia e il nascondiglio che il nobile ha riservato ai suoi ultimi anni di vita. Un po’ come fa uno scrittore quando scrive un libro, trasfigura le sue esperienze e dà loro forma. Vicino l’ha fatto con la natura e creazioni dell’uomo, dando vita a un unicum nel suo genere. Se osservate statue, animali e costruzioni in quest’ottica, potrete idealmente vedere Vicino passeggiare accanto a voi. E forse ridere di qualche espressione sconcertata.

L’itinerario

Il percorso all’interno del Bosco sacro di Bomarzo non è obbligato, ma abbastanza indirizzato dalla mappa che consegnano alla cassa. Ci sono 40 elementi e ora vi darò una rapida panoramica di quelli che mi hanno colpito di più. Poi sarete voi nei commenti a dirmi quali vi sono rimasti impressi e perché.

Il fier gigante

Un gigante anche nelle dimensioni, ritratto mentre sbatacchia a terra un avversario. Vicino in una sua lettera lo chiama Orlando, facendo presupporre con ragionevole certezza che abbia tratto ispirazione proprio dai versi dell’Ariosto: “Ma quel (Orlando) nei piedi, ché non vuol che viva, / lo piglia… / e quanto più sbarrar puote le braccia, /le sbarra sì, ch’in duo pezzi lo straccia”.

La casa pendente 

Potrebbe sembrare il frutto di una stravaganza architettonica di Orsini. Invece, un po’ come è successo alla Torre di Pisa, la pendenza è semplicemente frutto di un cedimento del terreno, nessuna ipotesi fantasiosa è concessa. Quale avrebbe dovuto essere la funzione di una casetta così ridotta, è invece ancora oggi un mistero. Forse, un luogo di riposo o di svago per gli ospiti del giardino, o per il padrone stesso. Comunque, è possibile entrarci, ma attenzione perché se soffrite di vertigini si faranno sentire.

L’orco

L’orco è abbastanza impressionante, tanto più che con quella bocca spalancata e gli occhi vuoti, ti invita a salire le scalette per entrare all’interno. E tu lo farai, certo che lo farai. Gli studiosi hanno pensato per anni che fosse un riferimento all’Inferno di Dante. Invece no, oggi sembra più rifarsi alle maschere tragiche della classicità, o a quelle etrusche della zona di Cerveteri, poco distante dal viterbese (anch’io ho una collana da qualche parte). Una volta dentro, vi troverete in una stanza con una tavola al centro e i sedili scolpiti nella pietra. “Ogni pensier vola“, la scritta incisa sul labbro superiore, mi ha fatto pensare a un posto dove perdersi, senza pensare a niente. Magari con una bottiglia di vino, da qui la necessità di un tavolo. Ma sono solo mie fantasticherie, nulla più.

Cerere, Nettuno e la ninfa dormiente 

Su questo trittico, altro che il pensiero vola. Ho proprio creato un romance. Allora, in una piazza quadrata si trovano Nettuno a capotavola, Cerere all’altro capo, spostata su un angolo, e la ninfa dormiente fuori dalla piazza, nei pressi di Nettuno ma seminascosta, con un cane a farle compagnia e da guardia. Ovviamente, con la fantasia galoppante che mi ritrovo, per quanto mi riguarda rappresentano Vicino, la moglie Giulia e la giovane amante di Vicino, che esisteva veramente e gli fu accanto dopo la morte della moglie. Oppure, potrebbe essere Adriana dalla Roza, una giovane romana conosciuta a Venezia in gioventù e di cui si era innamorato. Chissà. Che ne pensate di questa libera interpretazione delle tre statue?

Vi piace l’idea di visitare il Bosco di Bomarzo? Conoscete altri giardini o boschi interessanti da visitare? Datemi suggerimenti nei commenti!

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La casa dei libri nel bosco delle fiabe di Manziana

Il club delle baby-sitter, dai libri a Netflix passando per la calza della Befana

Il club delle baby-sitter di Ann Matthews Martin. E’ questo il mio nuovo suggerimento per la befana, che si aggiunge a quelli già dati in altri post. Come vi ho già raccontato, mi piace l’idea di aggiungere alla calza anche un dolce libroso. Il club delle baby-sitter mi ha convinto in pieno, cinque stelle per una serie di romanzi che vede delle ragazzine di seconda media alle prese con la loro prima…impresa! Vi racconto tutto sulla fortunata serie di libri per bambini dagli otto anni, che è anche diventata una serie Netflix di altrettanto successo.

Trama

La serie racconta la storia di cinque ragazze delle scuole medie, che decidono di avviare un’attività come baby-sitter nella loro cittadina del Connecticut. Kristy, Mary Anne, Claudia, Stacey e Dawn affrontano i loro primi problemi e diverse vicissitudini, con il sorriso e l’amicizia. 

Il club delle baby sitter

L’idea è molto buona e sviluppata altrettanto bene. Mi sono divertita molto a leggere quattro dei più di 100 volumi di cui è composta la serie di romanzi. Kristy dà l’avvio a tutto: si accorge che nel quartiere in cui vivono mancano babysitter che i genitori possano chiamare anche all’ultimo momento, perché vede che la madre è in difficoltà con il fratellino. Cosa fa? Chiama a rapporto le sue amiche e fondano Il club delle baby sitter di Stoneybrook, in Connecticut. Via via, seguiamo le vicende di queste imprenditrici in erba, che si confrontano con le difficoltà del “lavoro”, la scuola, le amicizie, i primi amori e le peripezie più assurde che possano capitare! Non vi fate ingannare, però: l’autrice, semisconosciuta fuori dagli Stati Uniti, è una profonda conoscitrice della pedagogia e si vede. Nei volumi affronta con leggerezza e positività temi importanti, come il diabete di Stacey, la famiglia allargata di Kristy, le aspettative troppo alte dei genitori e la passione per l’arte di Claudia, la differenza tra le grandi città (New York) e i piccoli centri sonnolenti, e così via.

Ma soprattutto…

“In un certo senso, è stupefacente che noi cinque siamo amiche, perché siamo molto diverse. O forse è proprio per questo che stiamo bene insieme. Mi sbaglio, o c’è un vecchio proverbio che dice che la varietà è il sale della vita? E che gli opposti si attraggono? Se ci fossimo assomigliate, probabilmente saremmo state di una noia mortale e non ci saremmo degnate di uno sguardo. Be’, noi non corriamo affatto questo pericolo.”

Il club delle baby sitter è la storia del valore della diversità, di come ognuno di noi possa apportare un contributo migliorativo a un progetto o alla vita degli altri e di come ogni problema possa risolversi con la comprensione, la fiducia e un pizzico di consapevolezza dei propri difetti. Vi ho consigliato diversi testi, ma questo mi sento di raccomandarvelo particolarmente, soprattutto per l’età di 8 anni e più suggerita.

A proposito di suggerimenti

L’autrice è molto, molto prolifica. Nel caso de Il club delle baby-sitter, tenete conto che ha scritto lei stessa i primi 35. Da quel momento in poi, la casa editrice si è avvalsa di ghostwriter. Che sicuramente hanno fatto un ottimo lavoro, ma non credo che abbiano poi aggiunto molto al succo della storia. Anche la serie targata Netflix, con la seconda stagione appena uscita, è supervisionata direttamente da Ann Matthews Martin, quindi potete andare tranquilli. Ricalca i libri e le protagoniste sono azzeccatissime. Magari potreste approfittare per farvi raccontare i libri dai piccoli lettori e guardarla insieme in tv. Non ci si annoia mai, le storie scorrono con facilità e sono scritte molto bene. Ovviamente, il vissero tutti felici e contenti non manca. Come non manca un riassunto delle puntate precedenti, quindi non è necessario comprare tutti i libri in ordine. 

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