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Jennifer Weiner, Certe ragazze non imparano mai

Certe ragazze di Jennifer Weiner è il seguito del romanzo che vi ho presentato qualche mese fa, Brava a letto. Quante volte vi sarà capitato, nella vita da lettori o lettrici, di chiedervi che fine hanno fatto i personaggi, se il lieto fine sia stato poi un vero lieto fine, oppure se gli imprevisti e gli acciacchi della vita siano poi andati a bussare alla porta dei nostri lui e lei? L’avrà forse pensato anche la scrittrice americana Jennifer Weiner, che ha deciso di dare un seguito alle vicende di Cannie e compagnia. Ne sentivamo il bisogno? Continuate a leggere e lo scoprirete.

Trama 

“Mia madre – scrive nel suo diario la quasi tredicenne Joy Shapiro – è la persona più imbarazzante mai nata sulla terra.” Destinataria inconsapevole del commento, Cannie Shapiro cerca da sempre di bilanciare le esigenze della propria vita privata con quelle della carriera. Poco dopo essere diventata una scrittrice di successo, ha rinunciato alla fama e alla luce dei riflettori per poter crescere la figlia, ma all’avvicinarsi del Bat Mitzvah di Joy è chiaro che alcuni nodi del passato devono ancora venire al pettine. La ragazza, infatti, non le rivolge quasi la parola e cerca disperatamente di sottrarsi alle eccessive attenzioni materne. Nel frattempo, poi, ci si mette anche l’adorato marito Peter, che ha deciso all’improvviso di volere a tutti i costi un bambino. All’improvviso, tutta la situazione precipita. 

Dire sempre la verità

Per una volta. parto dalla fine, cioè dalla morale del romanzo: dire sempre la verità, nel limite del possibile, ai figli. Perché scoprire verità scottanti sui propri genitori, o sulla nascita, significa scivolare sul ghiaccio e tentare di aggrapparsi. Questo, in estrema sintesi, quello che succede a Cannie e Joy. Non basta tutto l’amore del mondo, arriva un momento in cui una preadolescente inizia a farsi domande, domande pesanti. E i genitori devono essere pronti a rispondere, pagandone se necessario il prezzo. Invece spesso l’amore, quello assoluto, si tramuta in una prigione soffocante, e non è colpa di nessuno se l’unico desiderio è uscirne.

Ne sentivamo il bisogno? 

Adesso, invece, rispondo alla domanda iniziale. Ne sentivamo il bisogno? Non lo so. Forse, avrei preferito rimanere al momento in cui Joy era una deliziosa piccola cosetta appena venuta al mondo, a risollevare le sorti di una vita, quella della madre, piena di sé e di ma. Ma così non farei lo stesso errore di Cannie, che non riconosce più la figlia con le sue esigenze e i suoi capricci? Allora indosso anch’io il vestito giusto per il Bar Mitzvah (quando lo leggerete capirete) e dico che sì, forse la storia di Cannie e Joy valeva la pena di essere raccontata. Anche perché dà risposta alla mia domanda su Brava a letto:Peccato che una figura fondamentale per la nostra protagonista decida di rimanere in silenzio e di uscire dalla stanza. Jennifer Weiner farà sentire la sua presenza nel seguito del romanzo, Certe ragazze? “. Sì, la farà sentire, eccome se la farà sentire.

Quello che non perdonerò

Quello che non perdonerò a Jennifer Weiner è un finale a effetto. Troppo a effetto, a mio avviso. Non c’era bisogno di spingersi così in là, cara Jennifer. Non c’era bisogno…

Chi l’ha letto, che dice? Siete d’accordo? 🙂

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Brava a letto – Jennifer Weiner

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Certe ragazze…la domenica preparano l’arrosto

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Brava a letto – Jennifer Weiner

Brava a letto è il primo romanzo di Jennifer Weiner tradotto in italia ormai quasi venti anni fa, ma l’azione del tempo non ha scalfito per niente l’originalità di Cannie e delle sue vicende. Che partono da un fidanzato a cui chiede una pausa. Mai far arrabbiare uno pseudo scrittore…

Trama 

Cannie Shapiro ha 28 anni. È carina, spiritosa e ha tanti amici. Cannie è sensuale, rotonda, formosa. La cosa non la turba più di tanto almeno fino al giorno in cui il quasi-ex-fidanzato, Bruce, giornalista per una popolare rivista di moda, non dedica alle sue rotondità un pezzo dal titolo: “Brava a letto. Amare una donna abbondante”. Cannie è sconvolta, tanto più che Bruce rivela di considerare definitivamente chiusa la loro relazione. Lo shock proietta Cannie in una dimensione fatta di dolore e insicurezza, ironia e incontri improbabili.

Non ti amo più, non mi amo più

Non ti amo più. Cannie se lo sente dire non in faccia, non per posta, non per messaggio. Per rubrica molto popolare che il suo, a questo punto ex fidanzato, gestisce su un giornale. Che tutte le sue conoscenze leggono. Cannie vorrebbe sprofondare, è molto arrabbiata, ma finisce per cadere nel classico cliché di tutte le storie d’amore: ti ho perso e ora ti rivoglio indietro a tutti i costi. Solo che la manovra riesce a metà e dà inizio a una serie di eventi sconvolgenti nella vita della ragazza. Cannie entra in una spirale autodistruttiva, di cui il peso è sempre stata la spia visibile. Riempirsi di cibo come modo per compensare le assenze, affettive o fisiche, delle persone a cui lei vuole bene. Riuscirà a riprendersi e a dare una direzione alla sua vita? Soprattutto, riuscirà a fare pace con tutti i conflitti che la stanno consumando?

Uomini che non sono uomini 

Questo ve lo lascio scoprire se deciderete di leggerlo. Intanto, vi posso dire che a me è piaciuto, l’ho trovato ben approfondito nelle motivazioni che spingono Cannie, nel tratteggiare uomini che non saranno mai tali e uomini che lo sono nel profondo, nel dipingere una situazione familiare che spinge tre fratelli a trovare sfogo da qualche parte, ognuno seguendo la sua personalità. E poi, l’imprevisto, quello che accade senza che lo vogliamo, che ci spinge a ripartire e ad agire, oppure ad affondare definitivamente. Cannie è spinta dalla rabbia, una rabbia feroce, che rischia quasi di ucciderla. Quante volte l’abbiamo visto accadere nella vita vera? Peccato che una figura fondamentale per la nostra protagonista decida di rimanere in silenzio e di uscire dalla stanza. Jennifer Weiner farà sentire la sua presenza nel seguito del romanzo, Certe ragazze? L’ho appena iniziato, ve lo saprò dire. Intanto, fatemi sapere se avete letto Brava a letto e se vi è piaciuto.

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In her shoes – Jennifer Weiner

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Fa’ tutto senza piangere – Aurora Pelucchi

Un argomento di cui parlare, un argomento scomodo, una malattia vera e propria. Essere una persona obesa. Questa è la storia di un percorso difficile, costellato da episodi che potranno stupirvi, farvi adirare, piangere e ridere insieme alla protagonista e alla sua “speciale” interlocutrice. Aurora e Chiara, due facce della stessa medaglia. Un’intervista improbabile che si trasforma nella scoperta di un mondo ben visibile eppure sottovalutato. Una rinascita a nuova vita attraverso simpatici aneddoti, brutte ricadute, episodi dolorosi e un desiderio immenso di libertà e riscatto. Un nuovo modo di vedere l’obesità attraverso le parole di chi l’ha vissuta sulla propria pelle per anni e l’ha affrontata quasi sempre con il sorriso e con una cosa che a molti manca: il coraggio.

Aurora ci mette la faccia

Aurora Pelucchi fa una cosa coraggiosa, anzi, molto più che coraggiosa. Ci mette la faccia e il nome. Ci racconta una storia che più o meno conosciamo tutti perché nelle premesse ricalca quella di un programma televisivo che va molto di moda, Vite al limite. A chi non piacciono le storie di riscatto e redenzione? Solo che Aurora questa storia di riscatto e redenzione non l’ha inventata. Ha messo su carta la storia della sua vita, una vita al limite in carne e ossa. E siccome è una donna spiritosa, mi perdonerà questo pessimo gioco di parole.

Quell’immagine nello specchio

Aurora ripercorre, attraverso una fantomatica intervista, le dolorose tappe che l’hanno portata a un certo punto a guardarsi in uno specchio senza riconoscersi. Chi è quella persona? Come ho fatto a mettere su così tanti chili in poco tempo? I perché sono diversi e tutti validi: il bullismo, i lutti, il dolore, la solitudine. Tutte cause che si sono stratificate fino a diventare alibi, scuse, per non ammettere che serve un cambio di rotta. Quell’immagine nello specchio fa scattare un click: Aurora toglie il piede dal freno e fa inversione. Si sottopone ad accertamenti infiniti, frequenta regolarmente una psicologa e si sottopone a un intervento di bypass gastrico. Fin qui tutto bene, il percorso procede a gonfie vele e tutto sembra prefigurare un successo (il che, come sappiamo, non è scontato). Cosa la spinge allora a rendere pubblica la sua storia?

“Scrivere un libro non è mai facile, se poi va a toccare un argomento così personale, lo è ancora di più. Ho voluto mettere nero su bianco la mia vita avendo in mente uno scopo ben preciso… aiutare le persone obese ad aiutarsi e aiutare le persone non obese a capire e rispettare chi invece lo è”.

L’obesità non è una malattia…o sì?

Se questo era lo scopo, è perfettamente riuscito. Come sapete, affronto spesso il tema dell’alimentazione, argomento che mi appassiona. Leggendo il libro di Aurora Pelucchi, però, qualcosa ho imparato. Innanzitutto, l’obesità non è riconosciuta dalla sanità come malattia, al contrario di anoressia e bulimia. Perciò, tutte le spese sono a carico del paziente. Questa è una distorsione da correggere, perché l’obesità, non sfugge a nessuno, è una malattia. Non è pigrizia, non è golosità. E’ una patologia potenzialmente mortale. Ho scoperto anche che dopo l’operazione alcuni cibi diventano proibiti e che la capacità dello stomaco e dell’intestino di elaborare quello che viene introdotto non tornerà mai più la stessa. Quindi, non solo è una malattia, ma anche invalidante. Aurora sostiene che la colpa sia solo dell’obeso e di nessun altro. Io la penso diversamente, credo che siamo il prodotto delle nostre scelte, ma anche dei condizionamenti che subiamo.

Vale la pena leggere questo libro?

Sì, anche se pensate che il problema non vi tocchi. Primo, perché non è vero, tutti abbiamo o abbiamo avuto un amico o un’amica ghettizzato dagli esseri perfetti. Almeno fuori. Secondo, perché è una storia che fa riflettere su quanti gesti della vita quotidiana diamo scontati, mentre per il nostro prossimo possono diventare un ostacolo insormontabile. Me lo ricorderò, la prossima volta che uscirò per una passeggiata.

Per un obeso è utile?

Sì, utilissimo, perché nessun generale ha mai vinto una battaglia da solo. Il potere del gruppo, e del racconto di chi ce l’ha fatta, possono trasformarsi in un’arma potente contro un nemico comune. Per usare le parole di Aurora, “Dovete usare il vostro cervello, dovete seguire il vostro cuore, dovete metterci l’anima, ma dovete vivere per voi stessi e non per il cibo. Voi siete speciali e non lasciate che nessuno vi dica MAI il contrario!”

E per Aurora?

E per Aurora? E’ utile la nostra lettura? Sì. Vorrei darle qualche umile consiglio da lettrice sportiva. Buttati. Lanciati nella sperimentazione di nuovi sapori, di pietanze diverse, di ricette stravaganti. Coltiva il gusto e il piacere della buona tavola, anche se leggera. Dimentica l’ascensore, scopri il piacere/dolore di muoverti, torna in piscina e inizia a frequentare una palestra. Non domani, ora. E fidati, non ne potrai più fare a meno. Perché io, quel vestito bordeaux lo voglio vedere indossato!

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Le francesi non ingrassano, di Mireille GuilianoLe francesi sono eleganti, si godono la vita, non fanno sport, fumano, condiscono con il burro e non metterebbero piede in palestra neanche morte. Eppure, non ingrassano. Perché? Come fanno? Mireille Guiliano lo spiega a noi comuni mortali. Sarà vero che non ingrassano? Ho provato per voi il metodo Guiliano e vi racconto com’è andata.

Domani mi sposo, di Alison SherlockCorpo nuovo, vita nuova! è un programma di dimagrimento che promette miracoli. Gli iscritti, Violet Kathy, Maggie, Lucy ed Edward, però, non fanno che ingrassare, terrorizzati da Trudie, che segretamente li disprezza. Violet forma un nuovo club, The Desperate Bride’s Diet Club, all’insaputa di Trudie. 

La vegetariana, di Han Kang«Ho fatto un sogno» dice Yeong-hye, e da quel sogno di sangue e di boschi scuri nasce il suo rifiuto radicale di mangiare, cucinare e servire carne, che la famiglia accoglie dapprima con costernazione e poi con fastidio e rabbia crescenti. È il primo stadio di un distacco in tre atti, un percorso di trascendenza distruttiva che infetta anche coloro che sono vicini alla protagonista, e dalle convenzioni si allarga al desiderio, per abbracciare infine l’ideale di un’estatica dissoluzione nell’indifferenza vegetale. 

Domani mi sposo – Alison Sherlock

Settembre, si sa, è tempo di diete dopo le follie dell’estate. Questo romance di Alison Sherlock è il titolo ideale per trovare la motivazione giusta. Violet deve perdere 35 kg per arrivare in forma al matrimonio. Ci riuscirà?

Trama

Dopo l’iniziale euforia per l’inattesa proposta di matrimonio, Violet è presa dal panico. Come potrà mai, lei che ha sempre indossato taglie forti, entrare in un abito da sposa? Decide così di iscriversi a Corpo nuovo, vita nuova!, un programma di dimagrimento che promette miracoli. Presto si accorge che l’unico aspetto positivo di quel club sono i nuovi amici, Kathy, Maggie, Lucy ed Edward. Quanto al peso, tutti non fanno che ingrassare, terrorizzati da Trudie, che segretamente li disprezza. Un giorno però, Violet va a pranzo nel ristorante di famiglia del suo capo e viene travolta da un’esplosione di sapori. Ispirata da quest’esperienza culinaria, convince i suoi compagni di dieta a formare un nuovo club, all’insaputa di Trudie. E le favolose ricette italiane cominciano a fare il loro effetto. Riuscirà Violet a trasformarsi in tempo per il suo matrimonio? E soprattutto, perdere peso risolverà davvero tutti i suoi problemi?

Dentro ognuno di noi c’è una storia

Come al solito, il titolo originale, The Desperate Bride’s Diet Club, è più azzeccato di quello tradotto. Perché in effetti, nel romanzo non seguiamo solo la storia di Violet, ma anche quella degli altri componenti del gruppo. Tutti loro hanno una storia personale da raccontare, fatta di disperazione (Violet), solitudine (Kathy), bullismo subito (Lucy), noia (Maggie) e bassa autostima (Edward). Questo è l’aspetto che mi è piaciuto di più: dietro una persona c’è una storia e dietro un comportamento c’è un motivo. A volte comprensibile, altre meno, però c’è. L’autrice è brava a esplorare un mondo pieno di sfaccettature e a farlo senza scadere nel pietismo o, peggio, nella critica dura. 

Più “italialianità”, please 

Soprattutto, mi è piaciuto il fatto che l’autrice abbia parlato di cucina italiana, e di capi italiani bellocci, con una certa cognizione di causa. Per una volta ci siamo risparmiati gli spaghetti alla Alfredo o amenità di questo genere. Via libera, invece, a parmigiano, basilico, olio d’oliva e allegria a tavola. Ovvero, i principi della dieta mediterranea. Possiamo perdonarle una certa tendenza a definire pietanze cosiddette light “leggere”, perché quasi sempre tutto sono tranne che leggere e perché le abbandona quasi subito in nome di una cucina vera e appetitosa, anche se a basso contenuto calorico. L’unico aspetto che purtroppo mi fa un po’ abbassare il giudizio, è la lunghezza della storia, ben oltre il momento in cui tutto avrebbe dovuto trovare la giusta composizione e il finale che, bé, dopo tutta la costruzione precedente, avrebbe dovuto possedere più pathos, più calore. Più “italianità”, insomma.

Voi che ne dite? Vi è piaciuto questo esordio di Alison Sherlock?

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