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Chiamati al voto: cosa succedeva ai tedeschi dell’est

Stamani Facebook mi ha gentilmente ricordato che voto, perché sono una elettrice. Sì, oggi gli italiani votano per il referendum Costituzionale. Controllo dei documenti. Sì o no, una croce e un saluto all’usciere. Finito. Facile. Scontato. Eh sì, perché i diritti li diamo per scontati, i doveri un po’ meno, ma questa è un’altra storia. All’inizio il messaggio di Zuckie mi ha fatto sorridere. Ciao, Liza, sei un elettore. E’ vero, sono un elettore, ma so che gli elettori non sono tutti uguali.

Simulatore di voto

Vi ho già raccontato del mio viaggio a Berlino e che lì ho visitato il museo dell’ex DDR. In una delle sale, c’era un “simulatore  di voto“, tristemente divertente, in cui sei invitato a calarti nei panni di un tedesco dell’est chiamato al voto e rispondere con una penna elettronica alle domande del governo.

Lei ha intenzione di votare?” “Sì”

“Ha intenzione di votare con voto palese o segreto?” Palese.

Risultato: “Lei è un cittadino modello, continui così“.

“Ha intenzione di votare con voto palese o segreto?” Segreto.

Risultato: “mmhh, lei è un cittadino problematico. Ci pensi bene: palese o segreto?” Palese. Ok, lei è un cittadino recuperato. Segreto: “mmhh, lei è un cittadino da osservare con attenzione“.

Ripeto il quiz.

“Lei ha intenzione di votare?” No.

Drrrrinnn, telefonata. “Lei ha intenzione di votare?”. No, grazie.

Dlin dlon!, suonano alla porta. “Buongiorno, sono un funzionario dell’ufficio statistico. Lo sa che votare è un diritto? Lei deve esercitarlo…ha intenzione di esercitarlo?”. Sì, certo. “Voto palese“? Sì, certo. “Cittadino riabilitato“.

Dietrofront: “ha intenzione di esercitarlo” No. “Ne è sicuro?” Sì, certo.

Risultato: “cittadino riottoso, espellere lui e la sua famiglia da qualsiasi incarico/posto di lavoro/gruppo sportivo/scuola“.

“E’ sicuro di non voler esercitare un suo diritto?”

Ma lei

“E’ proprio sicuro che io lo abbia, un diritto?”

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Il terzo giorno inizia con una passeggiata nell’Isola dei musei, dove, lo dice il nome stesso, si trova un considerevole numero di musei, di importanza internazionale. L’intera area è stata dichiarata nel 1999 patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

Non potendo, sempre per questioni di tempo, visitare tutti i musei, ho scelto quello che per me è più rappresentativo: il Pergamonmuseum. Anche si chiama museo di Pergamo, in realtà è costituito da tre aree, perché ospita una collezione di antichità classiche, una di antichità del vicino Oriente e una di arte islamica. Le prime due, a mio parere, sono le migliori, ma un’occhiata anche all’arte islamica a fine visita non fatevela mancare.

Si parte subito alla grande, perché appena entrata mi sono trovata davanti la ricostruzione della Porta di Ishtar, da cui nel VI secolo a.C. si accedevaimg_4888 alla città di Babilonia. E’ interamente ricoperta con tasselli di ceramica blu e le mura sono decorate con leoni, draghi e tori, i simboli delle principali divinità babilonesi. Assolutamente meravigliosa, da sola varrebbe la visita, ma le sorprese sono appena iniziate. Dalla porta di Ishtar, proprio come in passato, si accede a un’altra sala, dove incredibilmente gli archeologi sono riusciti a ricostruire parte della Porta del mercato di Mileto, un capolavoro di architettura Romana, il reperto archeologico più grande del mondo ospitato in un museo. Il lavoro certosino con cui è stata innalzata la posta è un eccezionale esempio di valorizzazione moderna del genio antico. Qui ho ritrovato di nuovo quella sensazione che Berlino mi ha dato più volte in questa settimana, questo contatto continuo tra passato e futuro, un fluire costante tra ordine e sregolatezza, un anelito alla grandiosità che può restituirci cose belle, oppure portare il mondo sull’orlo del disastro.

In confronto a questi due esempi il resto della visita è andato in discesa, anche perché purtroppo fino al 2019 colui che dà il nome al museo, l’Altare di Pergamo, sarà in ristrutturazione e quindi impossibile da vedere. Peccato, davvero, sarebbe stato un giusto completamento. Per la cronaca, compreso nel prezzo del biglietto c’è l’audioguida, che è stata pensata per guidare letteralmente il visitatore all’interno delle sale.

Uscita da lì, mi sono concessa una passeggiata rilassante sotto il (raro, mi dicono) sole berlinese. L’isola è pedonale e un luogo di pace, nonostante i tanti piccoli locali che affollano il lungofiume.

Mi sono fermata in uno di questi e ho deciso di assaggiare una delle specialità della casa: il currywurst. Vi voglio dare un consiglio: non prendetelo nei tanti chioschetti che lo offrono. Vale la pena di spendere qualcosa in più e ordinarlo in un buon ristorante. La mia prima impressione, infatti, è stata negativa. Annegato in una salsa di pomodoro e ketchup, l’ho trovato moscio e per niente invitante. Quasi quasi ho preferito le patatine fritte con cui mi è stato servito. Come ho detto, l’impressione è stata ribaltata quando l’ho assaggiato di nuovo in un ristorante: niente a che vedere con il primo (ma della cucina berlinese parlerò in un’altra puntata).

Il riposo è finito, proprio sul lungofiume c’è un altro museo da visitare, il Museo della DDR, che da dieci anni colleziona tutto ciò che riguarda il quarantennio della Repubblica Democratica Tedesca (1949-1990). Stavolta le audioguide non ci sono, perché il DDR-Museum è costruito come una serie di sale interattive, che aprono finestre (e cassetti) su ogni aspetto della vita nell’ex repubblica democratica. E’ incredibile come a un certo puimg_4909nto sembra di poterli rivivere, quegli anni. Si parte con la vita quotidiana: cosa studiavano, cosa mangiavano, dove vivevano, quali sport sceglievano, che lavori facevano cos’era contenuto nelle scrivanie dei burocrati. Che macchine guidavano? Una, la Trabant, che ordinavano dieci anni prima per riceverla dieci anni dopo. Vuoi farti un giro? Sali in macchina e con un simulatore potrai guidare dentro un quartiere. La sfida è riuscire a uscirne. Sfida persa, almeno per quanto mi riguarda. Dopo una serie di curve, curve, curve, in mezzo a palazzi altissimi, sono rimasta senza benzina. Sospetto che all’epoca fosse molto comune. Scesa da lì, mi sono infilata nella stanza di un collaboratore della STASI, la polizia segreta della DDR, e ho ascoltato le telefonate degli oppositori del regime socialista. Subito dopo, la parte più divertente: ho digitato un interno sul citofono, mi hanno risposto in tedesco una cosa del tipo “sali, xx piano”. Accanto c’era un ascensore: l’ho preso, ho digitato il piano, le porte si sono chiuse e un suono ha simulato la partenza degli ascensori. Non vi nascondo che io e gli altri ci siamo guardati leggermente preoccupati…quando le porte si sono aperte, sul retro, siamo stati catapultati dentro un tipico appartamento di Berlino est, perfettamente arredato, pure con la finta pioggia che s’intravede dall’esterno della finestra. Un televisore trasmetteva il telecinegiornale. Dopo aver spiato nella casa del Grande Fratello, aprendo anche frigorifero e cassetti in camera da letto, con scoperte sorprendenti, la visita è sostanzialmente finita. Lo consiglio veramente, è divertente e istruttivo allo stesso tempo. E non avete idea di quanta gente rinunci per paura a prendere l’ascensore! Perdendo praticamente tutta la seconda parte della visita.

6433All’uscita mi sono sentita quasi una cittadina della Germania Est. L’atmosfera un po’ soffocante del passato recente doveva essere in qualche modo controbilanciata. Allora, niente di meglio che il Lustgarden (Il giardino dei piaceri) di fronte al Duomo per rilassarmi e fare qualche foto poco impegnativa. Costruito nel 1573, il giardino ha avuto una storia travagliata e i più svariati utilizzi, come un po’ tutto qui, fino ad assumere la funzione attuale di luogo prediletto dai berlinesi per prendere il sole all’aperto. Potevo io esimermi dall’utilizzarlo come gli autoctoni? 

La terza puntata finisce qui. Vi aspetto domani per la quarta, dove entreremo in una sala da tè tagika, gireremo per gli otto cortili di Rosenthaler straße e vi farò conoscere la mia piazza preferita. Vi racconterò anche come e perché ho partecipato anch’io alla Breakfast run…

Ich bin Berliner/2: Luisen e Marlene ballano da sole

Dopo essermi ambientata, si fa per dire, in città, il secondo giorno è iniziato il giro vero e proprio. Berlino è una città grande, stracolma di cose da vedere. Una settimana non basta e, per farsela bastare, non resta che trottare per ore ogni giorno.

Charlotte Schloss

Prima destinazione: Charlottenburg Schloss, una delle più antiche residenze degli elettori di Brandeburgo, la famiglia Hohenzollern. Nel corso di due secoli è stata continuamente ammodernata, arredata e allargata. Vi dico subito che il prezzo è variabile in funzione delle aree che si vogliono visitare: l’antica residenza, il nuovo padiglione, di stile più contenuto, il bellevue, i giardini e il mausoleo. Io li ho visti tutti, ma l’unico che secondo merita veramente è il primo, l’edificio più antico. Se avete poco tempo, vi suggerirei di limitarvi a quello. Anche la possibilità di fare foto si paga a parte.

In ogni caso, il nucleo originario della residenza fu realizzato per volere della regina Sophie Charlotte alla fine del XVII secolo. Per questo alla sua morte l’intero castello fu a lei intitolato, anche se la vera padrona di casa è stata in fondo Luisa, l’amGalleria Dorataata consorte di Federico III. La cupola del corpo centrale, alta 48 metri e sormontata dalla statua della Dea Fortuna, è diventata uno dei simboli di Berlino. Il complesso è stato gravemente danneggiato dai bombardamenti durante seconda guerra mondiale e quasi completamente ricostruito.

Il barocco

Agli Hohenzollern piaceva lo stile barocco ripreso dai grandi maestri dell’architettura italiana del seicento, gli arredi sfarzosi e le decorazioni che richiamano le divinità e i miti degli antichi. Uno degli esempi più mirabili è la cosiddetta Galleria Dorata, l’antica sala da ballo lunga 42 metri in cui una volta si intrattenevano sovrani e nobili. E poi alla fine dell’antica dimora, quando stavo per Napoleone uscire, eccolo lì davanti a me, il quadro raffigurante Napoleone che tutti i libri di storia riproducono. Lì, di fronte a me!

Dritta

Il biglietto d’ingresso al Castello include la possibilità di passeggiare all’interno del parco, il cui stile riprende quello dei giardini di Versailles. Se non avete fretta, una bella passeggiata nel parco, seguita da una breve visita del mausoleo dove riposano i padroni di casa, può fare da preludio a una sosta ristoratrice nel caffè del parco, veramente incantevole.

Filmhaus (casa del cinema)

U6364n caffè ed è già ora di rimettersi in marcia verso il Museum für Film und Fernsehen, alla Filmhaus (casa del cinema), situata all’interno del Sony Centre di Potsdamer Platz. Il museo ripercorre la storia del cinema tedesco, con particolare insistenza sugli anni del cinema muto e del bianco e nero. Non è un caso che il Festival di Berlino si svolga a poca distanza da qui  in Marlene Dietrich Platz. Protagonisti assoluti  la diva immortale Marlene Dietrich, Olympia di Leni Riefensthal, girato durante le olimpiadi naziste del 1938, i capolavori classici dell’Espressionismo tedesco, come Il gabinetto del dottor Caligari e Metropolis, di Fritz Lang. Poi, devo dire che non si capisce esattamente il salto logico che dalla Hollywood degli anni d’oro ci porta direttamente al futurismo e alla fantascienza. E’ come se il cinema tedesco fosse rimasto nel buio degli anni ’40. Forse è parte dell’anima di questa metropoli, il continuo salto temporale tra passato e futuro.

Potsdamer Platz e il Sony center

All’uscita, Potsdamer Platz e il Sony center meritano uno sguardo rilassato che li abbracci circolarmente in un solo colpo d’occhio. La piazza, infatti, è un perfetto esempio del salto temporale di cui parlavo. Potsdamer Platz non è una piazza vera e propria, ma una zona circolare costituita da tre aree: Daimler City, Sony Centere Besheim Centre. Quella che prima degli anni ’90 era una zona far west dove il Muro separava la parte Est da quella Ovest, ora è un centro vivace, frequentatissimo sia di giorno sia di notte, perché esempio positivo di mix azzeccato di case, shopping, business e vita notturna. Perfetto per buttarsi anima e corpo nello spirito effervescente della capitale teutonica.

La seconda puntata finisce qui. Domani vi racconterò di come Berlino continui a sembrarmi la città dei contrasti e del salto temporale e il mio incontro con la famigerata DDR.

Leggi anche: 
http://www.pennaecalamaro.com/2016/10/05/ich-bin-berliner3-il-giardino-dei-piaceri-del-grande-fratello/