Archivi tag: lettura

Me, mum & mystery – Lucia Vaccarino

Archiviati i doni da mettere sotto l’albero, c’è una vecchina che sta scaldando i motori per premiare i bimbi che sono stati buoni nell’anno appena trascorso. Se vi piace l’idea di far trovare libri anche dentro la calza della befana, ecco qualche consiglio per bambini nella fase ci credo/non ci credo. Inizio con un’autrice italiana, Lucia Vaccarino, e una serie mistery rosa che piacerà ai piccoli detective in erba, Me, mum & mistery, detective per caso.

Trama 

Durante una noiosa estate londinese, Emily riceve una lettera inaspettata. Leggendola, scopre che il bizzarro prozio Orville l’ha designata erede del suo cottage a Blossom Creek, un paesino sperduto nel Kent. Una volta lì, Emily e sua madre Linda scoprono che il cottage nasconde una sorpresa: era la sede di un’agenzia di investigazioni, ormai del tutto abbandonata. Almeno finché, quasi per gioco, Emily gira il segnale “Chiuso” affisso alla porta. Ed ecco che, quella notte, il primo mistero bussa alla porta di mamma e figlia. A Sherrington Lodge, austera dimora alle porte del paese, avvengono sinistri episodi. Il proprietario, il maggiore Trevor Sherrington, ha il terrore che la casa sia infestata dagli spiriti. Emily e Linda dapprima rifiutano l’incarico, ma il destino sembra avere in serbo per loro un disegno diverso…

Giallo e rosa mixati bene

illustrazioneCon questo libro andrete a colpo sicuro nella fascia 9-11 anni, quella dei primi misteri da risolvere e anche delle prime cotte amorose. Nella storia di Lucia Vaccarino gli elementi sono dosati benissimo. L’ambientazione, un piccolo villaggio inglese dove tutti si conoscono e fanno vita di comunità, una mamma pasticciona, super impegnata e con problemi di lavoro, una ragazzina sveglia e curiosa, che l’assenza del padre ha reso precocemente indipendente. Le due eroine lasciano Londra per andare a riscuotere l’eredità dello zio del padre (a proposito, chissà se Orville farà misteriosamente ritorno nelle puntate successive…) e questo cambio di vita darà l’avvio a una serie di avventure impreviste. Compresi degli incontri che faranno battere il cuore alle nostre protagoniste.

Consigliato perché

E’ scritto bene, con un linguaggio adatto ai bambini senza scadere nell’eccessiva semplicità sintattica. La storia è avvincente, piena di colpi di scena e ironia. Il volume, inoltre, è illustrato, con disegni (di Paola Antista) che accompagnano la storia rendendola graficamente accattivante senza sovrastare le parole, ma anzi dando un cenno di quello che succederà nel capitolo, il che non farà altro che aumentare la curiosità dei piccoli lettori. 

Me, mum & mystery 2 – Caccia all’uomo scomparso – Lucia Vaccarino

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Me, mum & mistery – I muffin di Linda

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Tua – Claudia Piñeiro

Tua, il romanzo con cui ho scoperto quest’autrice argentina, Claudia Piñeiro. Vi ho già parlato di Betibù, il giallo che ho letto subito dopo aver terminato Tua. Perché Claudia è una scrittrice che ti prende e ti porta con sé, tanto che quando hai finito un libro l’unica cosa che pensi è: “ok, qual è il prossimo?”

Trama 

Buenos Aires. Inés, moglie di Ernesto – dirigente di successo -, trova per caso nella ventiquattrore del marito un biglietto d’amore scritto con il rossetto e firmato “Tua”. Una sera decide di seguirlo fino al parco Bosques de Palermo dove lui e la sua amante si sono dati appuntamento. Vede che i due iniziano a discutere, lui la spinge violentemente, la donna cade, sbatte la testa contro un sasso e muore. Inés torna a casa ben decisa a fare il possibile per coprire il marito, salvare le apparenze e il matrimonio.

Scopri che ti tradisce. Come reagisci?

Un marito fedifrago è un accidente che nessuna donna si augura sposandosi. Ma quando le prove dell’infedeltà sono sotto i tuoi occhi, nello specifico sotto forma di un biglietto scritto con il rossetto, cosa fare? Divorziare, la prima idea non tanto originale e faticosa, per scoprire magari di essere la metà di niente. Fargliela pagare, la seconda idea privilegiata, ma tanto faticosa, soprattutto se non hai amiche ad aiutarti. Diventare sua complice. Fargli capire che sai della sua colpevolezza, che sai di vivere con un assassino e che non lo tradirai, perché sei una moglie perfetta. O almeno quello che una moglie completamente assorbita dal suo ruolo stereotipato pensa che debba essere una moglie che ama il marito.

Una gabbia prima o poi crolla

In realtà, pagina dopo pagina Claudia Piñeiro, con intelligente ironia, ci svela che questo matrimonio è una farsa fin dall’inizio e che i due protagonisti sono imprigionati in una gabbia che non hanno scelto e che piano piano sta crollando su se stessa, dentro l’apparente tranquillità di una scenografia di cartapesta. Tua e il suo rossetto sono solo il sintomo, e non la causa, di un’impalcatura che non regge. Sono andata avanti spedita con la lettura, curiosa di sapere come sarebbe andata a finire, soprattutto dopo un paio di colpi di scena inaspettati, che hanno evitato alla trama l’effetto già visto di una normale famiglia borghese che nasconde l’orrore. Mi hanno fatto prima pena e poi, appunto, orrore marito e moglie, chiusi nel loro egoismo senza speranza e senza rimedio. Tua, invece, riserva più di una sorpresa e quando leggerete capirete perché, ora non posso dire altro. L’unico sottile filo di speranza è appeso alla figlia di questi due degenerati, che incredibilmente da un errore che avrebbe potuto rivelarsi drammatico, trova non solo la forza di diventare adulta, ma anche probabilmente una nuova famiglia.

Leggi anche: 

Betibú – Claudia Piñeiro

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Betibú – Claudia Piñeiro

Ho scoperto da poco quest’autrice argentina, Claudia Piñeiro, e ho letto in un lampo due romanzi di seguito, Tua Betibú. Parto dal secondo, perché ha meno implicazioni psicologiche e mi ha preso subito per trama e protagonisti. Un buon giallo con una spruzzata di ironia tutta sudamericana. 

Trama 

La Maravillosa è un Country Club, quartiere chiuso e controllato da guardiani e severe misure di sicurezza, con campo da golf e lussuose abitazioni: un microcosmo dove sembra sia obbligatoria la serenità. Ma la vita del prestigioso club viene sconvolta quando Pedro Chazarreta viene trovato con la gola tagliata e un coltello in mano. Il presunto suicidio, però, suscita dubbi. El Tribuno incarica di indagare Nurit, detta Betibú, scrittrice, e un giovane cronista inesperto. I due sono affiancati da Jaime Brena, un giornalista di nera navigato, ma messo da parte perché considerato anziano e intrattabile; insieme formano un’improbabile ma riuscitissima squadra d’investigazione. Pian piano il mistero si infittisce, i tre scoprono che la morte di Chazarreta è legata ad altre morti, apparentemente accidentali, di persone unite da un oscuro passato. Chi si nasconde dietro quelli che apparentemente sembrano incidenti?

Un trio di protagonisti che funziona

Nurit Iscar, Betibú, perché i riccioli neri la fanno somigliare al celebre cartone Betty Boop. Un’abile scrittrice di gialli che incredibilmente quando pubblica il suo primo romanzo d’amore fa flop. Jaime Brena, un osso duro della cronaca nera, che non si arrende al narcisismo del suo direttore, deciso a farlo fuori per fare posto al nuovo che avanza. Il nuovo che avanza, un ragazzo che ancora deve scoprire il fuoco della passione e che però ha dalla sua l’acqua dell’onesta e degli ideali. Un trio che scopre, oltre ogni pronostico, di avere molto in comune. Innanzitutto, sono bravi nel loro mestiere e questo li porta a un passo dallo scoprire una verità cruda e violenta. 

Spazio alle riflessioni etiche

Non vado oltre per non svelare ai futuri lettori particolari che in un giallo hanno la loro importanza. Dico solo che è sbagliato paragonare Claudia Piñeiro a Hitchcock, come è scritto sulla quarta di copertina. In realtà, secondo me se Hitchcock fosse ancora vivo avrebbe già realizzato un film da uno dei suoi libri. Perché quest’autrice è brava, molto brava. Scrive bene, tiene incollati alle pagine e, soprattutto, infila delle riflessioni etiche, morali e professionali che arricchiscono l’insieme. Cosa significa fare giornalismo nel mondo di oggi? Ha ancora senso pubblicare articoli su carta? Come distinguere il vero dal falso nella miriade di informazioni che viaggiano sulla rete? Questi temi collaterali segnano l’intero percorso dei protagonisti, che alla fine verranno chiamati a interrogarsi su una questione etica fondamentale: è lecito farsi giustizia da sé? La risposta di Nurit è netta, dura, ma umana, nient’affatto simile a un’eroina dei fumetti. Quella degli uomini è più sfumata, ma non troppo.

Ironia e romance per chiudere 

In mezzo, Claudia Piñeiro infila una dose generosa di ironia, che alleggerisce l’indagine e rende i personaggi ancora più simpatici. Soprattutto le amiche di Betibú, una più matta dell’altra. A completare il tutto, anche una spruzzata di rosa, che male non fa. Insomma, un romanzo che consiglio a chi ha voglia di un buon giallo condito di riflessioni. Per quanto mi riguarda, sono contenta di aver scoperto un’autrice che mi piace e che continuerò senz’altro a seguire. 

p.s. piccolo appunto su un particolare. Se al Country Club si entra solo con macchina assicurata contro terzi, dove “anche il coniuge avrebbe difficoltà a passare”, come ha fatto il figlio di Nurit a entrare con l’automobile intestata al padre e senza che Nurit sia stata avvisata dai guardiani? Curiosità da lettrice cresciuta a pane e Agatha Christie. 

 Leggi anche: 

Tua – Claudia Piñeiro

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Le amiche del venerdì sera – Kate Jacobs

Siamo a metà settimana e venerdì sembra ancora lontano. Mi sono tornate in mente le ragazze che ho visto lavorare la lana nella metropolitana di New York. Allora, niente di meglio che parlare di un romanzo che ha questo giorno nel titolo e un negozio di lana come ambientazione. Quattro chiacchiere con le amiche, un caffè e qualche biscotto: un sogno, vero? La vita della protagonista, però, è tutt’altro che un sogno…

Trama

Tutto è nato un po’ per caso: qualche cliente ritardataria che si trattiene oltre l’orario di chiusura, un paio di consigli sull’arte della maglia che diventano quattro chiacchiere e un caffè. Ed ecco il Club del Venerdì. L’appuntamento è da “Walker & Figlia”, un negozio di filati a Manhattan. Lei è Georgia: mamma single, trentacinque anni o poco più. A ingarbugliarle l’esistenza, il suo ex con un improvviso istinto paterno. E l’ex amica del cuore, che vorrebbe rimediare agli errori del passato. Per fortuna c’è il Club, capace di superare differenze di gusti ed età, riunendo donne in carriera e femministe, signore mature e teenager intraprendenti. Ben presto, le lezioni sul diritto e sul rovescio lasciano spazio a segreti e confidenze, e quelle che erano semplici clienti si trasformano in amiche. Unite da un legame che saprà resistere anche quando sarà la vita a girare a rovescio.

Via lo stress con calze e gomitoli

Sarebbe bello sapere che un negozio così esiste davvero. Un luogo dove la saracinesca non si abbassa all’ora di chiusura e che grazie a ferri e gomitoli di lana ti permette di sfogare le frustazioni della settimana e di iniziare il weekend con allegria, o quantomeno più serenità. Questo è il bozzolo che Georgia e sua figlia hanno saputo creare intorno a un manipolo di clienti molto differenti per cultura ed esperienze di vita, accumunate dal sacro amore per il lavoro a maglia. Non crediate che siano anziane: non lo è Georgia e non lo sono le altre, come la copertina lascia giustamente intuire. D’altra parte, in questi giorni ho visto così tante ragazze sferruzzare nella metropolitana di New York, che ho capito quanta presa abbia ancora, per fortuna, il lavoro manuale. Niente di meglio per scaricare la tensione, soprattutto se come la protagonista sei una ragazza madre che si è fatta da sé.

Un romanzo che procede prima lentamente e poi via via sempre più spedito verso un finale che, francamente, fatico a capire. Come già sapete, ogni romanzo per me deve essere autoconclusivo, anche se ci sono dei seguiti. Questo lo è in parte, perché chiaramente lascia i lettori senza un lieto fine che sappiamo già prima o poi ci dovrà pur essere. Per questo motivo, non ho letto il secondo romanzo e ho lasciato alla mia immaginazione il finale della storia. Ciò non toglie che il libro si lasci leggere con piacevolezza, almeno fino a tre quarti.

Donne in centrifuga – Betsy Burke

Donne in centrifuga, il titolo è centrato. Alla soglia della trentina è facile sentirsi nel cestello di una lavatrice. Magari l’amore ancora latita e il lavoro stenta a decollare. Sarebbe facile buttarsi giù e lasciarsi andare. Invece, mentre il programma molto sporchi gira, un’idea geniale può salvarti la vita.

Trama

La ventottenne Lucy è a un punto morto della sua vita: nonostante la laurea in belle arti, lavora come tuttofare in una gallera d’arte con una proprietaria insopportabile; il suo nonno preferito  è appena deceduto lasciando la fidanzata incinta, mentre lei, Lucy, è l’unica sana di mente nella sua eccentrica famiglia. Ma la strada per la felicità inizia quando Lucy si trasferisce nella lavanderia a gettoni del nonno. Una scelta quantomeno bizzarra, che potrebbe portare, però, quella svolta nel lavoro e nell’amore di cui lei ha tanto bisogno…

Alla ricerca della propria strada 

Purtroppo non c’è niente di più efficace della morte di una persona cara per farci aprire gli occhi e riscoprire chi siamo e dove vogliamo andare. Questo è quello che succede a Lucy, l’unica apparentemente normale in un mondo di matti. Forse è proprio questo quello che l’autrice vuole dirci: l’artista, il pazzo per eccellenza, in fondo è l’unico capace di tenere la barra dritta e non lasciarsi andare alla deriva, perché può perdere tutto, l’amore, il lavoro, gli affetti, ma avrà sempre con sé la sua arte.

Questa metafora è la parte che mi è piaciuta e mi ha convinto di più. Non posso dire altrettanto per alcuni personaggi secondari, la madre di Lucy soprattutto, e per alcune esagerazioni nella trama che sono figlie dei chick lit che andavano di moda all’epoca (il romanzo è del 1993) e che qui sono esasperate. L’autrice, poi, dovrebbe rivedere alcuni dettagli, come i vestiti per esempio. Una povera protagonista col vestito rosso, le scarpe rosse, le calze color carne, gli orecchini rosso ambra e la collana sempre rosso ambra, francamente sembra più una vampira che una donna elegante. Se poi a una festa anche la madre è vestita di rosso, beh, direi che non ci siamo proprio.

Ho apprezzato, invece, che la ricerca dell’amore non fosse il tema centrale del romanzo. Anzi, Lucy cerca più una sua strada, indipendentemente da chi avrà accanto ed è sempre così che alla fine si finisce per trovare davvero quello che cerchiamo.

In definitiva, un romanzo che si lascia leggere e che va bene per una o due sere di immersione in territorio canadese border line.

p.s. solo, Betsy, la prossima volta non citare Il favoloso mondo di Amélie senza citarlo (e due, dopo Nicolas Barreau un’altra fan di Amélie). Non c’è bisogno di rapire i nani da giardino per far sembrare la madre di Lucy stramba, lo è già abbastanza senza un particolare che alla fine non viene neanche spiegato. Chi li rapisce e perché? Non è dato sapere.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi