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Il principe leopardo della Princes trilogy viene stanato da Georgie

Vi ho già parlato della Princes trilogy di Elizabeth Hoyt il mese scorso, iniziando dal primo libro della serie, Il principe corvo. Il principe e la preda nella traduzione italiana. In questo secondo romanzo c’è un principe leopardo. Che in italiano diventa Il principe e il desiderio. Anche in questo caso, nessun principe. E neanche nobile, al contrario del primo. Un amministratore della tenuta e la sua datrice di lavoro. Faranno scintille. E non solo quelle. Ora vi racconto, seguitemi. 

Trama

Lady Georgina Maitland non ha bisogno di un marito. Vuole solo un uomo che la aiuti a condurre la tenuta nello Yorkshire che ha appena ereditato. E incontrando Harry Pye, amministratore della proprietà, Georgie sente di aver trovato l’uomo giusto: pratico e competente. E fin troppo avvenente… Harry Pye ha conosciuto molti nobili, ma nessuno assomiglia a questa bellissima lady, così indipendente e sensuale. 

La cittadina e il contadino

Siamo sempre in Inghilterra, sempre nello stesso anno, il 1760. Abbiamo una giovane donna che ha ereditato dalla zia una tenuta in campagna. Lei, donna di città, si ritrova catapultata in una realtà non sua. Lui ha 30 anni ed è l’amministratore che ha assunto per aiutarla a gestire il patrimonio. In questo territorio di campagna ci sono fatti del passato che qualcuno vorrebbe vendicare e un ragazzino cresciuto troppo presto, che ha assistito a barbarie impossibili da dimenticare. Entrambi nascondono dei segreti che verranno rivelati a poco a poco.

Una coppia affiatata

Come coppia mi sono piaciuti molto, come Anna ed Edward del principe corvo, o forse un po’ di più. Harry un uomo tutto d’un pezzo, “impassibile” ma che dentro arde per lei e non solo. E’ un leopardo, animale con una personalità così solitaria e schiva, da rendere quasi impossibile individuarlo. Georgie che non si comporta sempre con la serietà che il suo ruolo richiederebbe, ma che non vuole essere considerata “più ingenua di quello che sono“. E infatti, già dalle prime battute capiamo che non si fa portare fuori strada dalle apparenze. Supportata da tre fratelli e una sorella che non la fanno di certo annoiare! 

Nel principe leopardo viriamo sul mistery

Nel principe leopardo viriamo sul mistery, elemento che nel principe corvo era appena accennato, ma di tenore completamente diverso. Ha reso la lettura interessante e mi ha fatto partecipare alla risoluzione dei misteri. Che alla fine vengono quasi tutti svelati. A volte, però, sembra che l’autrice salti interi pezzi, come mai? Ho indagato un po’ online e sembra che la versione italiana sia ridotta rispetto all’originale. In effetti, per un romanzo storico 200 pagine mi sembravano un po’ pochine! Pazienza, ormai ho iniziato la Princes trilogy in italiano e la finirò così. Qualcuno di voi ha letto l’originale e può confermarmi che le pagine sono effettivamente di più?

Consigliato

In ogni caso, a me quest’autrice piace, la consiglio. Come avevo già detto dopo il mio incontro con lei, per chi cerca una lettura d’amore non impegnativa e con scene di eros che aggiungono un tocco di piccantezza, senza scivolare nel porno, è perfetto. Adesso attacco l’ultimo romanzo della Princes trilogy, Il principe serpente, che già da come si presenta in copertina, promette bene…

Dannazione. Harry cercò di controllarsi, una certa parte del suo corpo non sentiva mai ragioni. Assaggiò il tè e fece una smorfia. Gli altri uomini avevano delle erezioni bevendo una tazza di tè?

— Troppo zucchero? — Lei guardava la sua tazza preoccupata.

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Il principe corvo di Elizabeth Hoyt strega Anna

Elizabeth Hoyt al suo esordio nei romance con Il principe corvo. Che poi, chissà perché, nella traduzione italiana diventa Il principe e la preda. Semmai, avrebbe dovuto essere Il principe preda. O il conte preda. Adesso vi spiego perché, continuate a leggere.

Trama

Anna Wren, giovane e sensuale vedova, per risollevare le proprie finanze decide di accettare un lavoro come segretaria di Edward de Raaf, conte di Swartingham. Uomo duro e scontroso, Edward ha già fatto scappare diversi dipendenti, ma con Anna è diverso: l’attrazione fra loro è forte fin dal primo incontro e cresce a ogni diverbio. Quando Anna scopre che Edward si reca a Londra per soddisfare i propri desideri, prende una decisione temeraria: introdursi nel bordello e passare con lui una notte di passione…

Due anime solitarie

La storia inizia a marzo del 1760 a Little Battleford, Inghilterra. Qui si incontrano casualmente due anime solitarie, per ragioni diverse. Entrambi hanno perso il coniuge ed entrambi hanno dei motivi per essersi ritirati dalla società, benché ancora giovani. Lei perché povera, lui per gli strascichi del vaiolo, che hanno lasciato sul volto e sulla pelle segni indelebili. Entrambi, hanno segni profondi nell’anima. Ma queste due anime non hanno molta intenzione di rimanere solitarie a lungo, perché comunque vogliono vivere. Ed è proprio in questo momento che si incontrano e la scrittrice decide di farli incontrare omaggiando Jane Eyre e il suo incontro con Edward Rochester (non casualmente lo stesso nome del protagonista). Qui non ci sono protagonisti perfetti, di una bellezza sfolgorante, che litigano per delle sciocchezze. Come in Jane Eyre, del resto. Anche se per Anna lui Aveva l’aspetto di un dio pagano.

Il principe corvo

Elizabeth Joy, al contrario, dipinge due protagonisti che risultano immediatamente simpatici. Ironici, intelligenti, di buon cuore. Cosa pensava che fosse? Un pene in affitto? Tutto quello che si chiede a due personaggi di un romance. Circondati, per di più, da persone a loro somiglianza. Addirittura, qui c’è una suocera che è quasi una mamma. Tuttavia il conte le parve come sempre:arruffato e scontroso, con i capelli e il cravattino fuori posto. Edward somiglia al Principe corvo, la favola che apre ogni capitolo e che finisce subito prima dell’epilogo. Un espediente che aggiunge interesse alle pagine, perché alla fine, oltre a sapere come andrà a finire tra Anna ed Edward, volevo anche sapere come sarebbe finita tra il Principe corvo e Aura! E Aura, ovviamente, non può che essere Anna. 

Passione sottaciuta 

Il romance di Elizabeth Hoyt scorre bene ed è una lettura piacevole, quindi lo consiglio per chi cerca una lettura d’amore non impegnativa e con scene di eros che aggiungono un tocco di piccantezza senza scivolare nel porno. I difetti? Essenzialmente due. Il primo è la velocità con cui Anna, fin lì donna mansueta che procaccia il sostentamento per la famiglia accettando un lavoro di solito riservato agli uomini, si trasforma improvvisamente in una donna audace che si infila in un bordello. Mi è sembrato tutto un po’ pretestuoso, avrei preferito che la passione sottaciuta tra i due salisse fino a non poter più fare a meno di presentarsi in questo bordello, non so se rendo l’idea. Quando leggerete mi saprete dire. 

Il principe corvo, perché cambiarlo?

Il secondo difetto riguarda, come al solito oserei dire, la traduzione italiana del titolo. Ma perché tradurre con Il principe e la preda il bel titolo scelto da Elizabeth Hoyt Il principe corvo? Andando anche a inficiare gli altri due titoli della serie Princes Trilogy (La trilogia dei principi)? Molto più bello. Qui non ci sono principi, perché lui è un conte, e non ci sono prede. Anzi, forse sì, ma è proprio il conte, non certamente Anna!  

p.s. rivolto a chi lo ha letto, io avrei preferito che il nome non fosse Elizabeth Rose, ma Aura Rose! Voi che ne dite? Perdoniamo all’autrice un peccatuccio veniale? Ma sì!

Adesso ditemi. Vi piace Elizabeth Hoyt? Quali altri suoi titoli consigliereste? 

***

«C’è chi dice che io abbia un carattere…» Si fermò come se stesse cercando la parola giusta.
Anna lo aiutò. «Selvaggio?»
Le lanciò un’occhiata.
«Feroce?»
Lui corrugò la fronte e aprì la bocca.
Lei fu più rapida. «Barbarico?»
Edward la interruppe prima che potesse allungare la sua lista. «Sì, insomma, diciamo
che mette in soggezione la gente.» Esitò. «Non desidero intimorirvi, signora Wren.»
«Non lo fate.»

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Charlotte Brontë e il luddismo di Shirley

Charlotte Brontë ha scritto in tutto quattro romanzi completi e uno completato da altri. Shirley è il secondo, pubblicato due anni dopo Jane Eyre. Sapete che Jane Eyre è il suo grande successo e anche il mio romanzo preferito. Shirley, invece? Con questa seconda prova, Charlotte Brontë si avventura nel romanzo sociale, abbandonando le atmosfere gotiche del primo libro. Anche qui, dimostrando tutta la sua maturità come donna e come scrittrice. Venite con me, vi racconto tutto. 

Trama

Yorkshire, inizio Ottocento. Shirley, giovane donna ricca e caparbia, si trasferisce nel villaggio in cui ha ereditato un vasto terreno, una casa e la comproprietà di una fabbrica. Presto fa amicizia con Caroline, orfana e nullatenente, praticamente il suo opposto. Caroline è innamorata di Robert Moore, imprenditore sommerso dai debiti, spietato con i dipendenti e determinato a ristabilire l’onore e la ricchezza della sua famiglia, minati da anni di cattiva gestione. Mentre da una parte Caroline cerca di reprimere i suoi sentimenti per Robert – convinta che non sarà mai ricambiata -, dall’altra Shirley e il suo terreno allettano tutti gli scapoli della zona…

Romanzo sociale 

Così possiamo definire questo secondo romanzo di  Charlotte Brontë. Mentre Jane Eyre era prevalentemente incentrato sulle vicende di Jane e sulla sua ricerca di un posto nel mondo, qui le nostre eroine sono immerse nella dura realtà della vita. Non che Jane non lo fosse, anzi, ma poco sappiamo del contesto sociale in cui si muovono i personaggi. Invece, in Shirley il momento storico fa da motore delle vicende e dei sentimenti umani che Charlotte Brontë ci narra. Il progresso industriale sta portando con sé un’instabilità sociale fortissima. Le macchine si stanno sostituendo agli uomini, famiglie intere rischiano di morire di fame e di non riuscire a ricollocarsi. D’altra parte, gli industriali vogliono produrre di più e a costi inferiori, non sono disposti ad ascoltare le istanze di chi chiede di rallentare. Ancora una volta, la sensibilità e la bravura di questa scrittrice emergono prepotenti. Seguiamo, certo, le vicende di Caroline, Shirley e Robert, ma fraternizziamo anche con gli operai disperati e, un po’ meno ma sì, anche con loro, i proprietari di fabbrica, che si sono accollati un debito enorme per comprare macchinari distrutti dalla furia dei rivoltosi, fenomeno che nei libri di storia è conosciuto come luddismo. 

Shirley e Caroline 

In Shirley, Charlotte Brontë abbandona le atmosfere gotiche di Jane Eyre e abbraccia nuovamente l’idea di donna forte, indipendente e originale che è il suo marchio di fabbrica. Shirley è una giovane donna ricca, che sa il fatto suo. Si interessa delle vicende sociali ed economiche che la circondano, prende parola e dà direttive, è padrona dei suoi averi e del suo tempo. E nei confronti di Caroline si pone come una sorella maggiore. Caroline è un’orfana, accolta in casa da uno zio che non le fa mancare nulla, ma che non le dà amore. Lei sta cercando il suo posto nel mondo e vorrebbe inziare a lavorare come istitutrice, per rendersi indipendente da quello zio così freddo. Solo, non è facile convincere gli altri che una donna può lavorare e mantenersi invece di aspirare al matrimonio. Matrimonio che non prende neanche in considerazione perché disperatamente innamorata di Robert. Non, però, così innamorata da non rendersi conto che la società impone a Robert una scelta basata sulla convenienza economica, che la esclude automaticamente. Shirley, invece, sì che sarebbe un’ottima compagna per lui e lei è disposta a farsi da parte. Ma cosa ne pensano gli interessati?

Forse, con un titolo diverso…

Charlotte Brontë è bravissima a coinvolgere i suoi lettori e anche stavolta il romanzo scorre via in pochissimo tempo. Cosa ne sarà di questo trio? Non posso dirvi troppo per non rovinarvi la lettura, dico solo che se Jane Eyre è il suo romanzo più famoso, e anche il mio preferito, Shirley non è meno interessante. Forse, con un titolo diverso, ma ahimè i nomi femminili all’epoca andavano di moda, avrebbe avuto più successo. In ogni caso, è sicuramente una lettura che vi consiglio.

Magari, se siete anche voi delle accanite (ri)lettrici di Jane Eyre, scrivetemi nei commenti quale dei due preferite e perché! 

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Rosamunde Pilcher riempie d’amore una casa vuota

Trovarsi in una casa vuota è esattamente quello che Rosamunde Pilcher non fa sentire ai suoi lettori. Sono di parte perché sapete che è una delle mie scrittrici preferite, ma il senso di calore che emanano i suoi romanzi è veramente merce rara. La casa vuota non fa eccezione. Oravi racconto perché.

Trama

Dopo dieci anni di lontananza, Virginia Keile torna in Cornovaglia. È alla ricerca di una casetta di fronte al mare dove trascorrere l’estate in pace con i suoi due figli. Ma nell’angolo più riposto del suo cuore, la donna nutre la segreta speranza di ritrovare l’uomo che aveva amato e perduto in una magica, indimenticabile estate della sua giovinezza. Virginia sa che solo quell’uomo, solo quell’amore così lontano ma ancora così vivo potrà finalmente colmare il grande vuoto che riempie la sua casa. E la sua vita.

Lasciare una casa vuota per trovare un posto nel mondo 

Aprire un libro di Rosamunde Pilcher significa immergersi in un’atmosfera serena e rilassante. Ed è per questo che la amo tanto. Le sue storie sono sempre piene di significato, personaggi semplici e di buon cuore, paesaggi splendidi, descritti magnificamente. La casa vuota è un titolo del 1973, uscito inizialmente a puntate su una rivista. Parla di una donna ancora giovane, Virginia, che nonostante un matrimonio e due figli deve ancora trovare una sua voce, un posto nel mondo. Tutto quello che possiede sono soldi e una casa vuota, dove non sa se vuole tornare. Ma d’altra parte, ha sempre fatto scegliere altri per lei. Ed è in questo spartiacque della sua vita che incontra di nuovo Eustace, il suo primo amore di adolescente. Eustace possiede una fattoria in Cornovaglia, è un uomo tutto d’un pezzo, ma stranamente non si è costruito una famiglia. Forse aspettava l’impossibile? E Virginia, è pronta a liberarsi delle sue insicurezze per diventare la donna e la madre che ha sempre sognato?

Una casa che si riempie di amore, gioia e risate

Rosamunde di nuovo ci fa sognare con una storia breve, dove ogni pezzo s’incastra nel puzzle, finché una casa vuota si riempie di amore, gioia e risate, tanto che finisci quasi per sentirla, mentre sulla parola Fine spunta la solita, familiare, lacrimuccia. Bello, da leggere per qualche serata in rilassante compagnia.

E così, posso spuntare La casa vuota dalla mia lista, perché ho intenzione di leggerli tutti. E voi? Quanti ne avete letti? Quanti ne leggerete? Fatemi sapere nei commenti, magari prendo spunto!

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Profumo di timo e d’autunno con la cara Rosamunde

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Il giallo di Natale di Mary Durham

Mary Durham, un’autrice del passato di cui si conosce poco e niente, una villa e una cena di Natale, il padrone di casa che viene ucciso. Morte a Linwood Court. Ci sono tutti gli ingredienti per trascorrere un’uggiosa giornata di Natale come piace a me: sotto una copertina, una fetta di panettone in una mano e un bel romanzo nell’altra.

Trama

Sir Philip Linwood, baronetto con un cospicuo patrimonio e una tenuta di famiglia nella campagna inglese, sposato con una donna giovanissima, viene ritrovato senza vita in giardino la sera di Natale dal suo assistente Hare, con una ferita sulla nuca. È caduto e ha sbattuto la testa? Oppure è stato assassinato? Di certo, tutti gli invitati alla festa avrebbero avuto un motivo per ucciderlo. Sarà l’ispettore York di Scotland Yard a risolvere il mistero.

Una buona lettura per un giorno di festa

Il romanzo di Mary Durham è ben congegnato e scorre con velocità, una pagina tira l’altra. L’ambientazione è tipica dei gialli classici del dopoguerra, con quell’ambiguità delle vite private che spesso accompagna uno sconvolgimento totale della società, classi sociali che si mescolano e persone che possono inventarsi una nuova identità. E un ispettore di Scotland Yard che con fiuto infallibile arriverà alla verità dopo un’indagine impeccabile. Peccato, invece, che i personaggi siano poco delineati. Anche il cattivissimo Sir Philip Linwood, talmente antipatico da fare una brutta fine, in realtà non si muove e non parla abbastanza per farci percepire tutta la sua acidità, che viene messa in risalto dagli altri protagonisti senza risultare però convincente fino in fondo. Come le motivazioni dell’assassino, un po’ troppo deboli per essere credibili. Motivo per cui fino alla fine rimane l’incertezza su chi sia davvero il colpevole. Rimane una buona lettura per un giorno di festa. 

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