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Estranei – Taichi Yamada

Un libro quasi per immagini. D’altronde, Taichi Yamada è uno sceneggiatore. Nell’opprimente calura estiva di Tokyo, Hideo Harada soffoca per l’afa, gli scarichi provenienti dalla super trafficata strada sottostante e per un senso di inquietudine che si fa sempre più forte.

Trama

Hideo Harada è un uomo di mezza età, divorziato, con un figlio che non vede quasi mai e un lavoro – scrivere soggetti per la televisione – che stenta a decollare. Per di più, vive nel suo ufficio, in una grande e asettica palazzina nei pressi di una trafficata strada statale di Tokyo. Così, per sfuggire allo squallore e alla solitudine della propria esistenza, il giorno del suo compleanno Hideo decide di recarsi ad Asakusa, il quartiere della sua infanzia, dove a dodici anni aveva perduto entrambi i genitori, investiti da un’auto. Ma, quando entra in un teatro, tra il pubblico nota un individuo straordinariamente somigliante al padre. L’uomo lo invita a seguirlo a casa sua, dove lo aspetta la moglie: anche lei è identica alla madre morta…

L’infanzia che torna

E’ così. Ci sono nei momenti della vita che chiamiamo di passaggio, quelli in cui volenti o nolenti dobbiamo fare i conti col passato e con i nostri errori. Possono essere scatenati da una malattia, un licenziamento, un lutto, oppure, come nel caso del protagonista, da un divorzio, che gli è costato anche il rapporto con il figlio. Ecco che allora le nostre mancanze tornano a galla e cerchiamo di colmarle, in qualche modo. Per questo Hideo si ritrova senza neanche sapere come nel suo quartiere di origine, alla ricerca di…cosa? Delle radici? Lui, che ha perso i genitori troppo presto, ritrova proprio i suoi genitori. E’ incredibile, eppure è così. Fermi all’età in cui sono morti. Ma sono proprio loro? O una proiezione della sua mente malata?

A un certo punto compare Kei

Nel frattempo, mentre è in balia di questa tempesta di emozioni, nella sua vita compare una donna, Kei. Anche lei nasconde delle cicatrici che non vuole mostrare. Chi è questa giovane donna? Perché vive in un palazzo semivuoto di soli uffici? Hideo forse è pronto per rifarsi una vita, ma è Kei la donna giusta con cui ripartire?

Chi ti ama davvero non ti trascina con sé

Una ghost story onirica, molto asiatica nella costruzione, che mi ha spinto a leggere pagina dopo pagina senza quasi pause. Un romanzo in cui sembra quasi di percepire suoni e silenzi, odori ed esalazioni. Che fa pensare a quando tutto era più semplice, all’unico periodo della vita davvero senza problemi. Un libro che chiude con un colpo di scena, anzi due, forse non proprio originali, e forse un po’ troppo sbrigativi. Una storia che comunque contiene un messaggio importante: chi ti ama davvero non ti trascina con sé, chi non ami davvero non può trascinarti da nessuna parte. E in questi giorni, dove si parla ovunque di violenza sulle donne, anche se il tema è tutt’altro lo trovo un monito importante, per la vita di ognuno di noi.

Come sempre, se l’avete letto, fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate 🙂

La colpa era mia, naturalmente. Del mio fallimento sia come padre sia come marito, la colpa era interamente mia.
Non che lo credessi davvero…ma trovavo una certa soddisfazione nel dipingermi di nero, continuando a fissare le luci della città da una finestra d’albergo.
Facci un favore e smettila di essere così duro con te stesso. Un uomo deve difendersi, sai. Nessun altro lo farà.
Note: 
Da questo romanzo è stato tratto il film del 1988 The discarnates con Morio Kazama, Kumiko Akiyoshi, Tsurutaro Kataoka, Toshiyuki Nagashima, Yuko Natori, vincitore nel 1989 del Mainichi Film Award per la migliore regia.

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Il portiere di notte – Liliana Cavani

Mi ritrovo tra le mani la sceneggiatura di un film del 1974, Il portiere di notte di Liliana Cavani, e inizio a leggere anche se non ho visto il film. La trama è intrigante e ho parlato poco tempo fa di  un classico che rappresenta per me una pietra miliare sullo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Allora vado avanti con la lettura. Che mi lascia un po’ d’amaro in bocca, per il tema trattato certamente, ma anche per alcune “assenze ingiustificate”.

Trama

Nel 1957 s’incontrano per caso a Vienna Lucia, un’ebrea sopravvissuta al campo di concentramento, e il suo aguzzino Maximilian, che lavora sotto falso nome come portiere di notte in un albergo. Il loro incontro li fa precipitare di nuovo in una relazione sadomasochista, con la variante che l’ex vittima è a conoscenza del passato del suo aguzzino e può fuggire oppure denunciarlo. Molti degli ospiti dell’albergo sono criminali di guerra, che tengono riunioni segrete nell’hotel per sviluppare strategie tese a far sparire prove che li colleghino ai loro crimini di guerra. Max prepara con loro la sua difesa in vista di un ipotetico imminente processo. In questo microambiente, dove si alimenta la nostalgia per il Führer, l’arrivo di Lucia, testimone vivente delle atrocità commesse, può costituire un grande problema. Soprattutto perché l’attrazione incontrollabile che lega Max e Lucia li spingerà a sfidare il proprio destino. 

Si può amare il proprio carnefice?

Il tema centrale della sceneggiatura è certamente il rapporto tra vittima e carnefice, un connubio di cui tutti abbiamo paura e che la mente rifugge istintivamente. Perché di solito la vittima è vittima, quindi il soggetto debole, e il carnefice è carnefice, quindi il sopraffattore. Cosa succede se, invece, i due ruoli si mescolano? Se è la vittima a cercare il carnefice e se il carnefice difende la vittima da altri carnefici? La regista dice che l’ispirazione per il film le è venuta quando studiava storia all’università, perché parlando con alcuni sopravvissuti allo sterminio si era resa conto che il bianco e nero che tutti immaginiamo a volte semplicemente non esiste. I personaggi di questo film lo dimostrano. L’ambiguità di fondo è insita in tutti loro, anche in Lucia, che teoricamente avrebbe dovuto fuggire dall’albergo appena arrivata. Invece, non solo non scappa, ma capiamo subito che al marito non ha raccontato niente. Vive una doppia vita, illudendosi che il passato sia passato.

Quale giustizia?

In una recente intervista, però Liliana Cavani afferma che ne Il portiere di notte, la vittima riesce in qualche modo a farsi giustizia. Ecco, se ne avessi l’occasione vorrei chiederle: “in quale modo?”. Io non vedo giustizia, al contrario. Vedo una ragazza che probabilmente è riuscita a sopravvivere all’orrore dissociandosi mentalmente. Ma è giusta la mia interpretazione? Capisco che dovrei vedere il film, perché dalla lettura della sola sceneggiatura non sono riuscita a capire niente di quello che pensa Lucia, e molto poco su Max. Sono più lineari gli altri, i nazisti. I protagonisti, invece? Lucia non parla, non si esprime, agisce irrazionalmente, si auto flagella. Perché? Anche per Max posso dire la stessa cosa. Cosa sente? Amore? Istinto di protezione? Voglia di riscatto? Oppure, più semplicemente, è vittima anche lui di un rapporto morboso? Ai cinefili la risposta.

Curiosità

Sempre nella stessa intervista, Liliana Cavani parla della censura con cui si è scontrato il film quando uscì nelle sale.

Allepoca mi sono rivolta ai censori per chiedere come mai l’avessero vietato ai minori di 18 anni invece che di 14. Mi hanno risposto: perché c’è una scena di sesso in cui la donna sta sopra all’uomo. Sono rimasta a bocca aperta e ho commentato solo: ‘Capita!'” Ci volevano le cinquanta sfumature per farlo capire ai censori! 

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