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Seven Sisters, esperienza mistica su scogliere da cinema

Se qualcuno può mi smentisca, tuttavia sono convinta che le scogliere creino dipendenza fisica e mentale. Almeno, a me è successo. Dovendo decidere una delle ultime tappe del viaggio letterario Sulle tracce delle grandi scrittrici, la scelta non poteva che cadere sulle Seven Sisters. Pur essendo partiti presto da Salisbury, arriviamo abbastanza tardi rispetto alla tabella di marcia, perché anche se distanti non più di due ore non sono così ben segnalate come pensavamo. Sbagliamo un paio di volte strada e alla fine arriviamo in un minuscolo parcheggio. Capiamo di essere nel posto giusto solo perché c’è un cartello che indica il nome. Insomma, tutto meno turistico e grandioso di come ce lo aspettassimo.

Sembra un parco

Dopo aver lasciato la macchina, e aver ringraziato un inglese che con estrema gentilezza ci ha lasciato il suo tagliando, cosa per niente scontata da queste parti, ci incamminiamo per il sentiero indicato dalle frecce. Nella prima mezz’ora sono ancora perplessa. Le Seven Sisters mi sembrano nient’altro che un parco pubblico, con i bambini che girano in bicicletta e i sir con la coppola che portano a spasso i cani.

bianche dunePoi, improvvisamente il sentiero si apre e ci ritroviamo su una spiaggia, con le altissime scogliere che si stagliano su di noi, bianchissime e imponenti. I sette promontori a picco sul Canale della Manica sono separati da valli. Sia le sorelle maggiori sia le valli hanno ognuna un nome proprio o un aggettivo che le identifica. Avete presente il film del 1944 “Le bianche scogliere di Dover” con Irene Dunne e Alan Marshal? Ecco, quando un film è ambientato a Dover, in realtà viene girato alle Seven Sisters, perché sono più bianche, più alte e scenograficamente migliori. Eppure, siamo in piena estate e ci sono solo gruppetti sparuti a godersi la vista e la passeggiata! Nessuna costruzione, nessun punto di ristoro, niente di niente. Solo un centro di assistenti bagnanti per il salvataggio in acqua.

IMG_6528Ci arrampichiamo sulle scogliere, con un po’ di difficoltà perché la salita è ripida e di nuovo torna l’ormai nota sensazione di essere in pace con il mondo, con il vento che ti attraversa dappertutto alla ricerca dei tuoi segreti e la testa che si svuota dei pensieri e diventa leggera. Lo sguardo abbraccia l’orizzonte e la natura, di nuovo, emerge in tutta la sua grandiosità. E’ una sensazione straordinaria, mi sento in pace con il mondo e con me stessa, eppure così piccola di fronte all’universo. Se vi è mai capitato, sapete di cosa sto parlando. Ci perdiamo a zonzo per le scogliere, facendo attenzione a non cadere giù. I richiami alla sicurezza sono dappertutto, perché le rocce sono di origine calcarea, fragili e soggette a cedimenti improvvisi del tutto naturali. Un cartello ammonisce chiaramente: “siete responsabili della vostra sicurezza. Nessuno può sorvegliarvi meglio”. O qualcosa del genere.

IMG_6536Guardando il panorama dall’alto, ci rendiamo ben presto conto di aver commesso un errore strategico. Volendo ammirare leSeven Sisters dall’alto, avremmo dovuto scegliere l’altro versante del parco. Invece, siamo esattamente nel punto che chi si trova nel punto di osservazione migliore sta guardando! Decidiamo di scendere di nuovo in spiaggia e aspettare che la bassa marea apra un passaggio per passare dall’altra parte. I due versanti del parco, infatti, sono divisi da un canale che inizia praticamente nel cancello di entrata al parco. Ciò significa che se la bassa marea non aprirà un varco, saremo costretti a rifare tutta la strada dell’andata, attraversare un ponte e poi tornare indietro!

Cosa pensate che sia successo? Dopo ore di attesa, la bassa marea non ha aperto varchi. La voglia di ammirare le Seven Sisters, però, era troppo forte e allora abbiamo sacrificato i piedi per rifare due volte il tragitto. Che dirvi, ne valeva assolutamente la pena. A pomeriggio inoltrato, c’eravamo solo noi e tre ragazze coreane che facevano le prove di salto mentre le altre fotografavano. Il punto di osservazione è allestito con due panchine di legno, un cartello che indica il punto di osservazione e null’altro. Un’altra esperienza mistica, con le Sette Sorelle di fronte a noi, schierate, a fronteggiare la furia delle correnti e del vento con il loro bianco splendente.

Cenni di storia

Nel 1900 la compagnia britannica dei telefoni realizzò una linea sottomarina che collegava la Gran Bretagna alla Francia. Questa linea, requisita dall’esercito durante la guerra, venne fortificata per paura di attacchi via mare e utilizzata con un sistema di luci che avevano lo scopo di disorientare i piloti nemici. L’intera area è stata successivamente acquistata da un privato. Nel 2014, la zona è stata gravemente danneggiata dal maltempo, ma in questi tre anni è stata riportata totalmente allo stato originario, grazie anche ai donatori che hanno effettuato versamenti volontari per la ricostruzione.

Il rientro a Salisbury

Rientrando a Salisbury, ci accorgiamo di non aver mangiato, presi com’eravamo dallo stupore. Allora, ci fermiamo in uno dei pochi ristoranti che fa le ore piccole, perché sono le nove di sera e nella città di campagna è già tutto praticamente chiuso. All’interno del King’s Head Inn ho trovato un’altra sorpresa, degna di un viaggio letterario che si rispetti: una sala allestita come una biblioteca, stupenda! Nella sala, dominano i ritratti del poeta William Wordsworth, autore dei poemi “The Salisbury Plain” e dello scrittore Wilkie Collins, che apparteneva a una famiglia in vista di Salisbury.
Quante cose ho imparato in un solo viaggio! E non è ancora finita. Domani sarò a Winchester, dove è sepolta indovinate chi? Continuate a seguire le mie avventure inglesi per scoprirlo.

(continua)

A Mullion, nel covo dei pirati

Ieri eravamo nel punto più occidentale dell’Inghilterra. Oggi, per par condicio, mi trovo invece nel IMG_6330punto più meridionale, a Lizard Point, o Capo Lizard, che è anche ovviamente il punto più a sud della penisola Lizard. Insieme a Cape Cornwall, e a un’altra oasi naturale che incontrerò più in là, credo che sia l’ambiente paesaggisticamente più selvaggio che abbia incontrato durante il viaggio. Proprio per questo, vi consiglio caldamente di passarci, perché tutto è speciale: dopo aver lasciato la macchina nella vicina St Just, o direttamente nel parcheggio dedicato, attraversando il sentiero potrete percorrere miglia e  miglia di spiagge quasi inaccessibili, scogliere a picco sull’oceano, circondati dal verde delle brughiere, da innumerevoli specie di piante rare che qui trovano terreno fertile e da foche, delfini e, se siete fortunati, squali blu che vi spiano dalle acque gelide. Una meraviglia, per gli occhi e il cuore. A Kynance Cove, invece, siamo arrivati riprendendo la macchina e parcheggiando lì nei pressi, anche se con più tempo avrei preferito arrivarci a piedi. Solo che non essendoci autobus diretti per tornare indietro, abbiamo preferito optare per la soluzione più comoda. A Kynance Cove, una bella baia incastrata fra le rocce, ho capito che non c’è un solo modo di vivere una spiaggia, con ombrellone, IMG_6347asciugamano, bagni in acqua e magari un libro. No, qui la spiaggia si vive in modo concettualmente diverso. C’è chi fa il bagno sfidando le onde alte e la temperatura polare, c’è chi organizza il picnic sulla scogliera sovrastante, chi ricama, chi rimane vestito e passeggia per la spiaggia, chi si riposa dopo una lunga camminata e volge lo sguardo all’orizzonte prima di ripartire. Tutti, però, hanno una cosa in comune: il massimo rispetto per l’ambiente e le sue regole. Fantastico, davvero. Verso le 3 la fame ha iniziato a farsi sentire ed è scattato il toto pranzo. Nessuno dei locali di Lizard Point mi ha convinto, a Kynance beach c’è solo un bar e allora abbiamo deciso di rientrare un po’ prima del previsto a Mullion per fare un giro del porto e lì trovare qualcosa da mangiare. Una scelta che alla fine si è rivelata azzeccata: siamo entrati in minuscolo bar nei pressi del porto, Porthmellin cafè, il cui ambiente semplice e frugale ci ha subito attirato. IMG_6396Ci hanno portato dei sandwich con tonno e granchio deliziosi e abbiamo suscitato l’ilarità degli altri avventori perché invece di accompagnarli con caffè, cappuccino (aarrrghhh) o, peggio, un frullato, abbiamo chiesto birra (non servono alcolici) o coca cola. Rinfrancati, e divertiti a nostra volta, siamo ripartiti per una passeggiata tranquilla sul molo, che a dispetto delle apparenze è attivo, e per la baia di Mullion, che è sensazionale. Probabilmente sconosciuta ai più, è un posto senza tempo, scommetto che sarà esattamente così anche tra duecento anni. Forse sono di parte, dovete capire che di Mullion e della sua atmosfera piratesca sono innamorata persa. Sembra, infatti, che fosse un covo di contrabbandieri e che IMG_6371dal porto partisse un tunnel sotterraneo che portava le merci dalle navi fino a una fattoria nell’entroterra, mentre il covo dei contrabbandieri era situato all’interno del pub principale del villaggio, ancora oggi perfettamente funzionante. Il bello della Cornovaglia è che il tempo sembra essersi fermato, tutto è immutato e le poche infrastrutture realizzate sono armoniosamente inserite in un contesto naturale intatto. Com’è possibile non innamorarsi follemente di tutto questo? Vi assicuro, se avessi visto un pirata balzare a terra da una delle barche ormeggiate, non l’avrei trovato per niente strano! Per il resto, da segnalare c’è solo una fabbrica di cioccolato e che se arrivate qui in macchina troverete un primo parcheggio a pagamento e un secondo, proprio a ridosso del porto, a donazione libera.

Sento il ticchettio dell’orologio che scorre inesorabilmente, forse perché ahimè non sono cornica. I miei giorni in Cornovaglia stanno per finire. Da domani, inizia la risalita verso la costa settentrionale. Se avrete la pazienza di seguirmi, domani vi racconterò di un posto da leggenda, Tintagel, del suo magico vicino Boscastle, e della mia esperienza di soggiorno in una vera tre-farm.

Land’s End, dove finisce la Terra

Land’s End, ovvero dove finisce la terra. E’ il punto più occidentale dell’Inghilterra e solo per questo 20170815_105516motivo richiama migliaia di turisti ogni anno. All’inizio di questo post voglio essere politicamente corretta e dirvi che effettivamente vale la pena di passarci. Alla fine, invece, farò un po’ di polemica strumentale alla presentazione del prossimo post.

 

Land’s End

La verità è semplice: Land’s End è un posto turistico, nel senso peggiore del termine, e che proprio per questo può deludere. Non vi sfuggirà che io mi colloco land's endtra i delusi. Arrivati nel solito grande parcheggio, abbiamo lasciato la macchina per la “modica” cifra di 6 sterline e ci siamo ritrovati catapultati all’interno di un villaggio divertimenti, francamente un po’ triste, realizzato nel 1987. La vista, però, è magnifica, soprattutto se vi spostate verso destra, all’altezza della “first and last house”, che si chiama così perché è la prima casa costruita sul sito e anche l’ultima prima dell’oceano. Il primo ad arrivare qui fu Guglielmo il Conquistatore, che poi suddivise l’area tra i nobili che l’avevano aiutato a conquistare il potere.

La riserva naturale di Porthgwarra

lands end 3Da qui, ormai l’avete imparato, parte un sentiero me-ra-vi-glio-so, che costeggia la scogliera fino ad arrivare alla riserva naturale di Porthgwarra, un paradiso per gli amanti del birdwatching, della flora selvatica e della fauna, perché si cammina in mezzo a tappeti erbosi di erica e ginestra dalle mille sfumature purpuree, ai pony che hanno il compito di rasare l’erba e alle mucche.

Elephant Rock

Mentre 20170815_115721scarpinavo, ho approfittato per fare delle foto all’Elephant Rock. Non so se si chiami davvero così, ma a me questa roccia è sembrata davvero un elefante e l’ho battezzata così, dimostrando grande fantasia tra l’altro.

Proseguendo, sudati e stanchi come dopo la peggiore sessione di crossfit della nostra vita, siamo arrivati alla spiaggia di Porthcurno, che per qualcuno è la Caraibi della Cornovaglia. Dopo un ultimo precipizio, perché abbiamo avuto la felice idea di prendere una scorciatoia usata dagli autoctoni per non fare tutto il giro passando dal parcheggio, siamo “saltati” sulla sabbia e crollati letteralmente sull’asciugamano. Fuori c’erano 15°, i bagnini segnano su un cartello la temperatura esterna e quella dell’acqua, e in acqua 13.

Porthcurno

Dopo aver giocato un po’ con la granella di nocciole della sabbia, i miei occhi inorriditi hanno visto un bambino di circa un anno sgambettare allegramente dentro l’acqua turchese. L’istinto competitivo è improvvisamente risorto: ” se non piange lui, posso farcela anch’io”. Sì, lo so, evitate commenti su PORTHCURNO2una in competizione con un unenne, grazie. Decisa e determinata mi sono diretta verso l’acqua, ho bagnato i piedi e…sono tornata indietro. Dopo un po’ ci ho riprovato e al secondo tentativo sono riuscita a nuotare. E’ stata una sensazione incredibile, era come se mi facessi spazio con le braccia in mezzo ai cubetti di ghiaccio. E quando sono uscita, ancora un senso di meraviglia perché i 15° esterni improvvisamente mi sono sembrati 40°!!! Pazzesco, sul serio. Da fare e rifare fino alla notte dei tempi.

Minack theatre

Due cenni storici su Porthcurno: se l’acqua gelida non fa al caso vostro, potrete visitare il Minack theatre, il più famoso teatro all’aperto della Gran Bretagna, costruito tra il 1931 e il 1983 sul modello degli 20170815_161922anfiteatri dell’Antica Grecia e dell’Antica Roma e che viene utilizzato per visite guidate e rappresentazioni durante l’estate. Oppure potreste visitare il museo del Telegrafo, un tunnel che venne scavato durante la seconda guerra mondiale per proteggere i fili del telefono. Porthcurno, infatti, è famosa per essere il punto di entrata in mare della linea telegrafica sottomarina Londra-Bombay, realizzata intorno al 1872, oltre che di diverse altre linee di collegamento con l’Europa. Proprio qui, Gugliemo Marconi realizzò la prima trasmissione radio verso il Nord America. Al ritorno al campo base di Mullion (sempre in autobus fino a Land’s End per riprendere la macchina) abbiamo fatto un giretto per il porto. Sembra che Mullion in passato fosse un covo di contrabbandieri e che proprio dal porto partisse un tunnel segreto che arrivava fino a una fattoria, mentre il pub della cittadina costituiva il ritrovo dei contrabbandieri. Una storia simile la ritroverò poi nel Jamaica Inn…ma questa è un’altra storia, appunto.

Nella prossima puntata, intanto, vi racconterò di quale sia secondo me il vero punto più occidentale dell’Inghilterra, con polemica del tutto personale, e di due autrici celebri che ho incontrato a St. Ive’s e al Faro di Godrevy.

(continua)

Leggi anche: 

Il mio viaggio letterario: sulle tracce delle grandi scrittrici

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Col Polperro vorrei andar via da questa meraviglia!

A Polperro. Lasciamo Torquay quando ancora dorme, sotto il sole che secondo Agatha Christie nasconde il male. Non so se sia vero, certo è che se anche fosse ci sono Paesi che devono preoccuparsi molto più dell’Inghilterra, visto che qui è più che altro il sole a nascondersi spesso. Venite che vi racconto.

Direzione Cornovaglia

Direzione Cornovaglia: sono un po’ assonnata e quasi non mi accorgo del ponte e del cartello che ci dà il benvenuto. Siamo diretti a Mullion, dove resteremo per qualche giorno, un paesino che si trova nella Penisola Lizard, cioè in fondo allo stivale. Sì, avete capito bene, anche la Cornovaglia somiglia a uno stivale, tanto che in passato, per convincere gli inglesi a non trascorrere le vacanze all’estero, giravano degli slogan sulla similitudine geografica tra la Cornovaglia e l’Italia. Ho il sospetto che gli inglesi in Italia cercassero riparo dall’umidità e dalla pioggia, ma è appunto solo un sospetto. Lo scenario è meraviglioso, fin dall’inizio, e la strada verso Mullion è ancora lunga.

polperro2

Meglio fare una tappa intermedia, che individuiamo in Polperro e Looe. Sono due paesi di pescatori a pochissima distanza l’uno dall’altro. Prima di raccontarvi quello che ho visto, vi do subito due suggerimenti. Il primo, è di non saltare nessuno dei due se state organizzando un viaggio da queste parti. Il secondo è approfittare del coastal path per concedervi delle lunghe passeggiate invece di rimanere seduti in macchina. Sempre che, ovvio, non abbiate problemi a camminare. Infatti noi abbiamo scoperto questa possibilità fantastica che ci ha poi accompagnato per tutto il viaggio proprio lasciando la macchina a Polperro, in un parcheggio all’entrata che costa 6 sterline per 6 ore. Un cartello, sempre all’entrata, m’incuriosisce. E’ di un’autrice romance locale, che pubblicizza la sua saga ambientata proprio a Polperro. Mi sento subito a casa, ma purtroppo non ho mai trovato i suoi romanzi in vendita. Diversi cartelli, invece, indicano il walk seaside, che si può prendere da diversi punti per andare in differenti direzioni. Noi l’abbiamo preso per andare verso Looe. Sono circa 8 km che si percorrono mediamente in 2h e 30′. Non è facilissimo, servono una buona forma e una buona salute, però vi assicuro che ne vale assolutamente la pena e che ho visto anziani con il bastone affrontarlo senza paura. E’ spettacolare, la vista e l’udito si colmano di meraviglia, le mucche pascolano tranquille in mezzo agli umani e li osservano pigramente, i garriti dei gabbiani sono talmente forti che coprono la voce, la gente si ferma sui prati o sulle panchine per uno spuntino per poi scendere nelle calette che portano a piccole baie seminascoste. Un paradiso in terra, davvero.

looe walk

Polperro e Looe

Tra le due, Polperro è più caratteristica, sembra di precipitare improvvisamente in un altro secolo, il piccolo porto è un paradiso per i tanti pittori che ho visto intenti a ritrarre il panorama. Looe, invece, mi è sembrata più trafficata e moderna, ma ugualmente meritevole di essere visitata. Il sentiero porta direttamente da un lungomare all’altro, poi c’è un lungo tratto a piedi per arrivare al porto e al villaggio di Looe, da dove partono gli autobus che devono riportarci indietro.

polperro

Salita sull’autobus sono protagonista di una scena carina. La coppia davanti a me fa il biglietto e dimentica di prenderlo, anche se il cartello dice chiaramente di non sedersi prima di aver preso il biglietto che la macchina stampa automaticamente. Prendo i biglietti e li sventolo davanti all’autista per segnalargli che i due non hanno preso il biglietto, ma non faccio in tempo a dirgli “vado a portaglieli” che lui mi fa un cenno con la testa e dice “prego, prego, va bene così”. Io, alquanto sorpresa per questa generosità, mi vado a sedere senza pagare il biglietto. Solo dopo penso di aver capito: non è stato generoso, probabilmente ha pensato che il biglietto che sventolavo fosse il mio! Un po’ mi sono sentita in colpa, ma poi, mentre tornavo verso la macchina, ho pensato che gli 8 euro di parcheggio per meno di mezza giornata bastassero come contributo ai servizi locali. E comunque si sta facendo troppo tardi, pure per i rimorsi, dobbiamo andare a Mullion per farci dare le chiavi della nostra prossima guest house…

Leggi anche:

(continua) a Saint Michael’s Mount, l’isola che non è

 

Agatha Christie mile, chicca per veri giallodipendenti

Il Torquay museum è anche il punto da cui parto per esplorare l’Agatha Christie mile, un omaggio che la città natale della giallista le ha voluto rendere affiggendo delle targhe commemorative davanti a 14 edifici o luoghi che abbiano avuto un’influenza di qualche tipo nella sua vita. In realtà il mile in totale misura quasi 5 km di salite e disceseIMG_6074, quindi anche se nelle guide al percorso troverete scritto che è facile, vi dico subito che lo è, ma non troppo. Soprattutto, come vi spiegherò più avanti, gli ideatori dell’iniziativa devono aver dimenticato qualche targa, oppure…ma andiamo con ordine. Dicevo, 

1) il Torquay museum, si trova in collina. Secondo le mappe, non sto prendendo l’Agatha Christie mile nell’ordine giusto, ma per ottimizzare i tempi ricalcolo il tragitto secondo la posizione in cui già mi trovo, tipo navigatore umano.

2) Da lì, scendendo verso il porto, e proseguendo sulla sinistra, arrivo al Royal Torbay Yacht Club. Agatha lo frequentava spesso, perché il padre, un americano morto quando era ancora piccola, ne era un membro influente.

3) Mi giro e di fronte allo yacht club, c’è Beacon cove, la baia dove andava a nuotare da piccola, chiamata allora “Ladies Bathing Cove”, e dove rischiò un giorno di affogare pur essendo un’ottima nuotatrice. Con le correnti assassine che ci sono da quelle parti, la cosa non mi stupisce per niente.

4) Lì accanto, un’altra pietra miliare: l’Imperial hotel, albergo costruito nel 1866 e definito “lussuoso”. Non so dirvi come sia all’interno e come poteva essere ai primi del ‘900, ma oggi dall’esterno appare un po’ decadente. La posizione però è strategica, affaccia sulla IMG_6077baia ed è dotato di terrazza con piscina. Sembra che nell’avventura di Poirot “Il pericolo senza nome“, ambientato in Cornovaglia, l’albergo in cui scende l’investigatore sia in realtà proprio l’Imperial mascherato. Secondo me lo è anche quello di “Corpi al sole“, perché mentre rileggevo il romanzo mi sembrava quasi di vederlo! Dalla strada che lo costeggia, inizia una passeggiata panoramica e dei giardini digradanti che volendo consentono di scendere fino a spiagge di sassi e calette seminascoste. Forse non sarà di lusso l’edificio, ma penso proprio che chi soggiorna lì riceva un trattamento di lusso dall’ambiente che lo circonda.

Un po’ riluttante, abbandono quest’angolo di paradiso per proseguire verso la tappa successiva dell’Agatha Christie mile.

5) Il busto di Agatha mi aspetta, un po’ pensieroso e lugubre. Forse, sta architettando una nuova diabolica trama. L’opera è stata inaugurata dalla figlia il 15 settembre 1990, a 100 anni dalla nascita della scrittrice. Personalmente non l’ho trovata particolarmente espressiva, ma ritengo che se è stata approvata dalla figlia, cioè la custode dell’impero materno fino alla sua morte, debba essere approvata per definizione anche dai fan. Da qui, parte un lungo tratto di passeggiata pianeggiante lungomare, molto piacevole e tranquillo.

6) Incontro poco distante il Pavillion, la sala concerti dove Agatha amava andare ad ascoltare musica classica. Proprio lì, nel 1913, ricevette la proposta di matrimonio del suo primo marito alla fine di un concerto di Wagner.

IMG_60817) Subito dopo, Princess Garden, giardini da lei molto amati,

8) e il Princess Pier, il molo su cui Agatha pattinava con le amiche da adolescente. All’altezza del molo, lasciamo il lungomare per inoltrarci all’interno, per andare verso la Torre Abbey.

9) Dopo un’imponente restauro, la Torre è stata inaugurata nel 2008 dal mio Poirot preferito, David Suchet. L’anno dopo, nei giardini è stata creata una sezione dedicata alle piante di Agatha Christie. In questa sezione, le piante sono divise in gruppi e ogni gruppo può essere ricondotto a un libro. Prima di arrivare alla torre, c’è un altro giardino suggestivo, con una caratteristica che ho poi ritrovato in ogni tappa del viaggio: le panchine con una dedica scritta su una targhetta di ottone. Alcune, vi confesso, sono molto emozionanti, soprattutto quelle dedicate ad anziani scomparsi che amavano stare seduti e rimirare l’oceano proprio da quella panchina.

10) Dalla Torre, sono poi tornata alla stazione dei treni, la stessa da cui sono arrivata il giorno precedente. Durante le celebrazioni per il centenario della nascita dell’autrice, sempre nel 1990 quando posero il busto al punto 5), proprio alla stazione accadde un fatto incredibile: Poirot (David Suchet) e Miss Marple (Joan Hickson) si sono incontrati! Nei gialli non era mai accaduto, secondo me fondamentalmente perché odiava lui e amava lei. Come avrebbe fatto a non farli litigare?

11) Adiacente alla stazione, un altro albergo, il Grand Hotel, dove Agatha trascorse la luna di miele con il primo marito. Il Grand Hotel rispetto all’Imperial ha conservato il suo aspetto maestoso e penso siano abituati al pellegrinaggio degli amanti della scrittrice, perché quando IMG_6096mi sono avvicinata per fotografare la targa il concierge non ha battuto ciglio.

A questo punto ho toccato i due estremi del “mile”. Tornando indietro, secondo la mappa del museo ci sono altri tre punti per completarlo.

12) The Strand, che oggi è un po’ la via dello shopping di Torquay, all’epoca di Agatha faceva da capolinea per carrozze e tram ed era già allora la via dello shopping esclusivo, tanto che Agatha e la madre a volte facevano qui i loro acquisti.

Dopodiché, il buio. Secondo la mappa ciclostilata ci sarebbero altri due edifici,

il 13) “Former Royal Theatre” e

14) il dispensario, cioè un ospedale di assistenza pubblica, in cui Agatha lavorò durante la guerra e che la rese così brava nella gestione dei veleni da parte dei suoi assassini.

Agli indirizzi segnati sulla mappa non ho trovato nessuno dei due, né alcuna targa che mi potesse aiutare a identificare l’edificio.

 

IMG_6108Confesso che ho dovuto contenere la delusione, soprattutto perché queste ultime due tappedellAgatha Christie mile hanno richiesto anche uno sforzo fisico non indifferente, considerato che hanno portato quello che doveva essere un semplice miglio a misurare invece, a occhio, almeno tre volte tanto.

Per fortuna la signora da cui alloggiavo ha pensato bene di risollevare gli animi preparando un’ottima cenetta, condita da una conversazione rilassata e tranquilla con lei e il marito. Il menù della cena, insospettabilmente buono, ha previsto un piatto unico di maiale, rape rosse e barbabietola, bulgur e couscous, origano, innaffiato da un vino dall’apparenza francese con vitigno italiano (non fate commenti). A chiudere una splendida serata, un ottimo crumble di rabarbaro con salsa custard vanigliata.

Li salutiamo con affetto, siamo stati benissimo in loro compagnia, ma ora è arrivato il momento di lasciare il Devon per realizzare il sogno di una vita.

 

thumbnail_poirot_marple

 

Cornovaglia…sto arrivando! Intanto ditemi: vi è piaciuto l’Agatha Christie mile? Vi piacerebbe farlo prima o poi? Raccontatemi nei commenti!

(continua)

torquay mile

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