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Corea del Sud: Jeju, il regno delle donne pescatrici

Arrivo a Jeju in un modo a dir poco rocambolesco. All’aeroporto di Busan mi dicono che non c’è posto sull’aereo, eppure ne parte uno al minuto! Allora guardo la mappa: mi segnala un altro aeroporto a circa 80 km di distanza. Perfetto, treno più taxi (avete presente quelli nei kdrama? Ppalli ppalli, lui annuisce e finalmente arrivo all’aeroporto). Ma orrore! I check sono chiusi! Noooo. Allora interviene questa santa di hostess, che avrà avuto vent’anni o poco più. Mi chiede la carta di credito e sparisce dietro. Calma, va tutto bene. Ha solo la mia carta, e non ho contanti, cosa potrà mai succedere? Succede che esce con la carta in mano e la ricevuta del pagamento: ha fatto tutto lei! Vorrei baciarla, ma non posso. Poi mi dice: stia tranquilla, misuro io il bagaglio e la chiamo quando è il momento d’imbarcarsi. Ragazzi, Asiana ha un servizio fantastico. O forse era bravissima lei? Non lo so, sta di fatto che tempo due ore, il viaggio è salvo e atterro a Jeju, nell’isola più grande, e l’unica a statuto autonomo, della Corea del Sud.

Manjanggul Cave

Io sono venuta a Jeju per un motivo solo. Loro, le haenyeo, le donne pescatrici di Jeju. Le conoscete, almeno di nome? La loro storia è fantastica, ma ve la racconto tra un attimo, perché quando arrivo sull’isola…piove a dirotto! Eh, finora mi era andata bene, per essere autunno inoltrato. Ma le isole si sa, hanno un tempo ballerino. E allora rimando l’incontro con le haenyeo ed entro nella Manjanggul Cave. Letteralmente significa “tunnel di lava” e in effetti si scende sottoterra per 113 gradini, per poi ritrovarsi dentro una grotta che sembra un lungo, lunghissimo tunnel. Il tunnel è lungo circa 7.400 metri, con un’altezza massima di 25 metri e una larghezza di 18, misure che lo rendono uno dei tunnel di lava più grandi del mondo.

Manjanggul ha un grandissimo valore scientifico

Perché le formazioni sono ben mantenute nonostante si siano formate oltre centomila anni fa! Proprio per consentire gli studi, e per preservarlo, la maggior parte della grotta è chiusa, abbiamo potuto camminare per un solo chilometro. All’interno di questa sezione aperta, i visitatori possono vedere un gran numero di stalattiti, stalagmiti e pilastri di pietra. Alla fine della camminata dentro il tunnel, c’è un pilastro di pietra alto 7,6 metri, che è registrato come il più grande del mondo. La temperatura all’interno è sui 12° C e c’è molta umidità. Se considerate che quando sono entrata ero zuppa di pioggia, vi lascio immaginare come mi sono immolata sull’altare del sapere scientifico. Il fondo è accidentato, ma facilmente percorribile con scarpe adatte. La visita dura in tutto meno di un’ora, considerando anche le foto suggestive dentro un’ambiente che si presta come pochi. Ricordatevi, però, che sono chiuse il primo mercoledì del mese. 

Le haenyeo

Finalmente, il giorno dopo il sole torna a splendere e io penso che sia il giorno perfetto per andare a conoscere queste fantastiche donne pescatrici. A colazione ne parlo con il padrone del b&b, che però si dice un po’ scettico. Non è la stagione adatta per la pesca, vuole evitarmi una delusione. La temperatura, però, è alta. Mi dico che se non sono solo un fenomeno turistico, ma di pesca ci vivono davvero, allora in una giornata come questa devono uscire. E allora, m’incammino verso il punto in cui ho la concreta speranza di fare la loro conoscenza, il Seongsan Ilchulbong (성산 일출봉, letteralmente Picco dell’alba di Sòngsan). 

Seongsan Ilchulbong

Il monte Seongsan Ilchulbong è davvero spettacolare. Dalla cima di questo antico vulcano ammirerete un panorama mozzafiato, con le acque cristalline dell’oceano a fare da perfetto sfondo. Si chiama così perché dicono che il momento migliore del giorno per visitare la cima del monte sia all’alba, quando il sorgere del sole riempie il cielo di mille colori. Purtroppo posso solo immaginarlo, per arrivarci ci è voluto un po’ di tempo con l’autobus e, soprattutto, non potevo assolutamente perdere la spettacolosa colazione del b&b. La salita, comunque, è consentita a partire da un’ora prima dell’alba, proprio per permettere a chi vuole di arrampicarsi e farsi trovare in cima in tempo per l’arrivo del sole. Con i suoi 182 metri di altezza, non è particolarmente difficile da scalare e la durata media della salita è, appunto, di circa un’ora, al netto di tappe intermedie varie per fotografare, perché ogni angoletto meriterebbe un book fotografico. Ci sono due opzioni: il free trail, a sinistra, o il percorso a pagamento, a destra. Molti fanno i furbi, partono col free trail e poi si spostano sulla destra. Ma voi non fatelo: il biglietto serve a mantenere questa meraviglia.

In cima

Il monte si trova nella parte orientale dell’isola di Jeju e il picco è stato originato dall’attività di un vulcano sottomarino, centinaia di migliaia di anni fa. In salita, c’è un sentiero guidato che si arrampica sulla parete nord-occidentale della montagna. Una volta arrivati in cima, fermatevi ad ammirare lo spettacolare panorama dell’isola vista dall’alto. Da lì, è visibile anche l’interno del cratere, un enorme buco di 600 metri di diametro che rende perfettamente l’idea di quanto debba essere stata violenta l’esplosione che ha dato origine alla montagna.

Scendendo, i cartelli cominceranno a segnalare la presenza delle haenhyeo, che usano le rocce ai piedi del vulcano come base per le loro escursioni subacquee in cerca di abaloni. Questi molluschi, tipici del posto, vengono utilizzati per preparare un’ottima zuppa. Sicuramente li avrete sentiti nominare in qualche kdrama. Ma…perché in ogni drama che si rispetti c’è un ma, io non troverò le haenhyeo dove indicato dai cartelli.

Pesce appena pescato venduto sulla spiaggia

O meglio, lì trovo donne che sgusciano l’abalone e vendono il pesce appena pescato, crudo, con un lavoro a catena fascinosissimo per me che non avevo mai visto una cosa del genere. Purtroppo per me, non mi avvicinerei mai a mangiare il pescato in questo modo, quindi posso solo ammirare le donne che vendono, i coreani che comprano e che se lo gustano su un tavolaccio allestito alla meno peggio. Sanno come divertirsi, non c’è dubbio. La mia mente, invece, corre ai parassiti intestinali e un po’ mi toglie la poesia lo confesso. Meglio continuare a cercare le pescatrici.

Le haenhyeo, trovate! 

Faccio il giro del tornante, torno al via per intenderci, ed eccole lì, esattamente dove avevo previsto. Durante la salita, girandomi a guardare il mare a destra, avevo intravisto dei pallini colorati che subito dopo sparivano. Le boe. Le donne pescatrici pescano indisturbate, mentre il resto della folla le cerca seguendo i cartelli. Infatti, da questa parte della spiaggia non c’è nessuno, giusto una famiglia che pesca granchi con le mani. Per (vostra) fortuna :p ci sono pure io ed eccole qua, in tutta la loro maestosità. Poche, perché siamo fuori stagione, ma stanno lavorando! Per (mia) sfortuna, non ho il coraggio di rivolgere loro la parola e quindi mi limito a osservarle.

Quando ho letto Figlie del mare di Mary Ann Bracht, ho capito cosa devono aver pensato di me:

“…come i turisti che andavano a vedere le haenyeo sull’isola di Jeju…In pochi si sentivano abbastanza sicuri da mettere alla prova le proprie scarse conoscenze di coreano parlando alle tuffatrici, che ridacchiavano e sorridevano a ogni loro tentativo di fare conversazione. “Dovresti essere più riconoscente nei loro confronti – le aveva detto una volta JinHee, quando lei si era lamentata. Almeno si sforzano di parlare con noi. – Ci fissano come se fossimo animali in uno zoo, aveva risposto Emi senza guardare l’amica”. 

Io spero tanto che non abbiano pensato questo di me. Certo, l’espressione non era proprio amichevole, e anche se avessi tentato una conversazione non credo che avrei avuto un gran successo, ma vi assicuro che non vi ho guardato come animali nello zoo, che peraltro odio profondamente e non frequenterei neanche morta. Anzi, vi ho osservato con grande rispetto e ammirazione!

haenyeo copertina logo

Il museo delle haenyeo

Se volete saperne di più su queste donne coraggio, simbolo di forza e resistenza, non fatevi mancare una visita al museo, fortemente voluto dalla comunità dell’isola per rivalutarne la cultura e far conoscere questa figura fondamentale per lo sviluppo dell’isola. Visitando il museo, ho scoperto che si hanno tracce di questa attività di pesca, da sempre in mano alle donne, almeno dal 1600, quando ne fu registrata la presenza su un documento ufficiale. Altre fonti, però, sembrano far risalire la loro nascita addirittura all’epoca precedente la nascita di Cristo. Se fosse così, sarebbe davvero stupefacente. Questa attività, inoltre, ha sempre regalato alle donne di Jeju un’autonomia e una libertà molto più ampie rispetto alle donne coreane, tanto che sono state in grado di contribuire alla resistenza durante la dominazione giapponese.

Sumbi – sori

Quello che mi è rimasto più impresso,visitando le sale del museo, è questo suono “sori”, loro lo chiamano “sumbi”, che emettono quando escono dall’acqua per riprendere fiato dopo l’immersione, e che suona come un fischio. Espirano anidride carbonica per circa uno o due minuti e inspirano ossigeno, emettendo una specie di “ho-ho-ho-o-i”. Questa è una tecnica che hanno sviluppato  per poter continuare a immergersi anche con una breve pausa. Guardate l’espressione del viso: non vi sembra che stia piangendo? 

haenyeo

Ogni immersione potrebbe essere l’ultima

Avrete già capito che quello delle haenyeo è un mestiere molto pericoloso, che mette a dura prova il fisico e la mente delle donne pescatrici. Per questo lavorano sempre in gruppo, per aiutarsi l’un l’altra. E per lo stesso motivo, sanno che ogni immersione potrebbe essere l’ultima. La loro è una storia affascinante a dir poco, se state programmando un viaggio in Corea del Sud, e avete tempo per visitare l’isola, non perdete l’incontro con queste donne stupefacenti.

Il giro di Jeju continua nella seconda parte. Clicca qui per leggere

Leggi anche: 

Corea del Sud: continua il giro a Jeju

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La Kents Cavern di Torquay, Gran Bretagna

Figlie del mare – le “comfort women” di Mary Lynn Bracht

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Piccole donne crescono – Louisa May Alcott

Se siamo sopravvissuti ai romanzi che leggevamo da piccoli, possiamo superare tutto, ve lo dico io. Lutti, guerre, orfanotrofi, miseria, spiriti. Chi più ne ha più ne metta. In confronto, Stephen King è un dilettante dell’horror…eheh. L’ho presa alla lontana, per dire che ho finito la rilettura di Piccole donne crescono, di Louisa May Alcott. E chi si ricordava tutte queste lacrime? Che ovviamente ho versato per la seconda volta, non contenta della prima valle.

Trama 

Sono passati tre anni nella vita della famiglia March, la grande guerra di Secessione è finita e le Piccole Donne sono cresciute: Meg, Jo, Amy e Beth affrontano le alterne vicissitudini di cui è costellata la vita con tenacia e determinazione, non senza qualche cedimento, e vedono realizzarsi i loro sogni facendosi sempre coraggio l’un l’altra. Radicate a saldi principi morali, sostenute da un grande sentimento religioso, da un profondo senso di dignità e dalla fede nel lavoro, le quattro sorelle affrontano le difficoltà e le gioie che la vita mette loro davanti.

La vita fuori dal nido

Il successo di Piccole donne fu così immediato, che a Louisa May Alcott fu chiesto di scrivere subito la seconda parte. E così lei fece. Oggi, Piccole donne e Piccole donne crescono nei Paesi anglosassoni vengono venduti come un unico romanzo, in Italia sono separati. Avendo io una vecchia edizione degli anni ’80 in Italiano, li ho letti separatamente. E forse è meglio, perché il secondo fa uscire lacrime a fiotti…dannata Louisa, smuoveresti anche una pietra. Nella seconda parte, le ragazze sono cresciute e si cominciano a confrontare con la vita fuori dal nido familiare. Non tutto fila liscio, ci sono difficoltà da affrontare, lutti da superare, rifiuti da digerire. C’è tanto amore, però. E impegno. E sacrificio.

Jo-Louisa 

Insomma, tornano i temi del primo libro, che personalmente resta il mio preferito, anche per qualità della scrittura. Mi dispiace anche che la Alcott abbia ceduto alle pressioni dei suoi lettori. Nella sua biografia, infatti, si dice che avrebbe voluto far rimanere Jo una donna nubile, proprio come era lei. Peccato che all’epoca questa libertà fosse concessa solo alle ricche signore, come l’arguta zia March afferma in Piccole donne. Sarebbe stata una rottura dirompente della tradizione, considerando anche il successo che Louisa stava avendo come scrittrice. La formula che ha trovato, tuttavia, non mi dispiace affatto. Avrebbe potuto scegliere un finale scontatissimo, eppure è riuscita a schivarlo. Anche se oggi il team Laurie avrebbe ancora percentuali bulgare, ci scommetto. E a voi piace il destino che attende le sorelle? 

p.s. C’è qui un passaggio che, vi avviso, vi spezzerà il cuore. Per questo forse sposterei un po’ in avanti l’età di lettura di questo romanzo rispetto al primo. Piccole donne è davvero per tutti. Piccole donne crescono richiede un po’ più di maturità. Quindi, il primo dagli 8 anni, il secondo dai dieci in su. Mi raccomando, non me li traumatizzate.

Su Louisa May Alcott leggi anche:

Piccole donne – Il primo libro

Una ragazza fuori moda

Piccole donne – Louisa May Alcott

Louisa May Alcott è la sola e unica responsabile di una delle mie prime battaglie scolastiche. Scrivendo Piccole donne, mi ha costretto a difenderla da una professoressa che osò criticare il romanzo in classe, perché secondo lei le sorelle March miravano solo a sposarsi e a diventare ricche. Com’è finita la discussione? Ve lo dico alla fine.

Trama

La famiglia March sta attraversando un momento critico: ha subito rovesci economici e il padre è partito per la guerra di Secessione; così le quattro figlie e la mamma restano sole ad affrontare piccoli e grandi problemi. La signora March fa quello che può per far condurre alle quattro figlie una vita normale, nonostante tutto. La più grande e la seconda, Meg e Jo, già lavorano, mentre le piccole di casa, Amy e Beth, sognano una di fare l’artista e l’altra la concertista. Jo, invece, è il talento di casa per la scrittura. Le quattro stringono amicizia con Laurie, l’adolescente vicino di casa, che insieme a nonno Laurence le affiancherà in questo viaggio che è la vita. 

Una pietra miliare 

Piccole donne è una pietra miliare nella letteratura per ragazzi, ed è giusto così. A parte le aspirazioni economiche e familiari della protagonista, che non sono neanche uguali per tutte e quattro, ci sono elementi che ne fanno un libro assolutamente da leggere anche oggi. Innanzitutto, le convinzioni della Alcott sull’educazione, riprese direttamente da quelle del padre nella realtà, oggi sarebbero definite montessoriane. Poi, le quattro sorelle incarnano delle ragazze che potrebbero benissimo essere quelle di oggi, con i loro pregi e difetti, i gusti e le preferenze, gli attacchi di collera e le riappacificazioni. Maria Louisa Alcott descrive un microcosmo fatto di lavoro, impegno, carità e amore. Soprattutto amore: “non lasciare che tramonti il sole sopra tua ira”. E’ una meravigliosa frase di mamma March, tratta da una citazione biblica, che ho fatto mia e che è una lezione di vita. Fai pace con le tue sorelle e con le persone a cui vuoi bene, perché magari domani sarà troppo tardi.

Come ritrovare vecchi amici

Rileggerlo dopo tanti anni mi ha fatto bene. Non volevo andare a vedere il film appena uscito al cinema senza ricordarmi il romanzo alla perfezione, perché ovviamente devo criticare tutto a ogni fotogramma 🙂 E’ stato come ritrovare dei vecchi amici: Joe, la mia preferita allora e oggi, indipendente e fiera scrittrice in erba, Meg, la posata sorella maggiore, Beth, la piccolina di casa, ed Amy, l’artista, quella che mi piaceva e mi piace di meno. Passano gli anni, ma i gusti sono sempre gli stessi! E poi zia March, arcigna ma simpaticissima, il signor Laurence e il suo solitario nipote Laurie, papà e mamma March, sempre pronti a dare buoni consigli. Se non l’avete letto, cari i miei lettori, vi consiglio di rimediare subito.

Come nasce Piccole donne

L’editore chiese a Louisa, che fino a quel momento aveva scritto libri per bambini, di realizzare un libro per ragazze. Lei, che non era per niente convinta, accettò solo perché in questo modo il padre avrebbe potuto pubblicare un suo lavoro. Il successo fu clamoroso, tanto che la scrittrice dovette mettersi immediatamente all’opera per scrivere il seguito. Piccole donne crescono, infatti, uscì l’anno dopo e le due parti furono successivamente riunite in una. Negli Stati Uniti ancora oggi Piccole donne e Piccole donne crescono vengono venduti come un unico libro. In Italia, invece, è rimasta la distinzione.

Ecco perché di Piccole donne crescono vi parlerò nel prossimo post.

Intanto, ditemi: qual è la vostra esperienza con Piccole donne? E chi preferite tra Meg, Jo, Amy e Beth?

p.s. ci tengo a sottolineare che adoravo la professoressa, anche se su Piccole donne non eravamo d’accordo. La discussione è finita 1-1 palla al centro…

Leggi anche:

Piccole donne crescono

Altri romanzi per ragazzi

Come parole nel vento – Diane Chamberlain

Con The Midwife’s Confession (La confessione dell’ostetrica), che nella versione italiana diventa Come parole nel vento, ho conosciuto Diane Chamberlain. Quest’autrice americana, con 25 romanzi all’attivo, esplora la psiche femminile costruendo storie in cui le donne sono assolute protagoniste. In Come parole nel vento, due amiche scopriranno che la terza non era proprio chi diceva di essere. O meglio, chi loro pensavano che fosse…

Trama

Ogni azione, ogni decisione, innesca reazioni a catena imprevedibili. Noelle, Emerson e Tara sono tre donne molto diverse, ma amiche inseparabili da più di vent’anni. Hanno condiviso gioie e dolori, sostenendosi a vicenda nei momenti bui. Credono di sapere tutto l’una dell’altra. Ma quando Noelle, eccentrica levatrice, si toglie la vita senza aver mai dato il minimo segno di disagio, Emerson e Tara si rendono conto che, dopotutto, non la conoscevano affatto. Questo gesto apparentemente inspiegabile, altro non è che il risultato di un errore lontano. E a mano a mano che cercano di mettere insieme i tasselli della vita dell’amica, emergono verità che sconvolgeranno la loro esistenza.

Cosa sappiamo davvero degli altri? 

Cosa sappiamo davvero degli altri? Niente. O meglio, quello che loro decidono di farci sapere. Soprattutto, una volta che i loro segreti vengono a galla, su quali aspetti siamo disposti a passare sopra? Riassumerei così il punto centrale del romanzo. Noelle e i suoi errori danno vita a una serie di cambiamenti nelle esistenze delle persone che ruotano intorno a lei. Ma chi è davvero Noelle? Un’ostetrica, un’amica e una zia premurosa? Oppure una codarda che pur di coprire una disgrazia sarebbe disposta a tutto? Un’eccentrica, libera, donna? O una persona in preda a sensi di colpa insopportabili, come il suo mal di schiena? Dopo il suo suicidio, tocca alle sue amiche di sempre Tara ed Emerson darsi una spiegazione. Una spiegazione che, purtroppo per loro, non tarderà ad arrivare. Saranno pronte a fronteggiare l’urto della verità e a rimanere unite? Insieme a loro, lottano per capire e capire se stesse le due figlie adolescenti, Jenny e Grace. Anche nelle loro vite irrompono grandi cambiamenti, che forse le costringeranno a crescere prima del previsto.

Colpi di scena

Il romanzo di Diane Chamberlain è ricco di colpi di scena e accelera il ritmo con il susseguirsi delle scoperte e delle reazioni di Emerson e Tara, ma anche di Jennie e Grace. Sarà proprio quest’ultima a scatenare degli eventi che avranno delle conseguenze impreviste. Un buon romanzo, in cui l’autrice maneggia con sapienza flashback, indizi, liti e riappacificazioni, il difficile rapporto con la maternità e le sue declinazioni, il complicato rapporto tra amiche di una vita. Il risultato, però, non è angosciante, anche grazie alla prevedibilità di alcuni risvolti, che chi legge non faticherà a cogliere prima dei protagonisti.  L’unica cosa che mi dispiace è la quasi totale mancanza delle figure maschili, che in questa complessa costruzione avrebbero potuto e dovuto, secondo me, avere un ruolo più incisivo. Come avrebbero dovuto essere esplorati di più alcune storie secondarie e parallele che rimangono, invece, nel limbo. Come mai? Forse perché i protagonisti non ci sono più, oppure perché l’autrice voleva lasciare i suoi personaggi ignari, per non turbarli più di quanto già non fossero. Certo è che il lettore chiude il libro conoscendo dei fatti che alle protagoniste restano taciuti e questo lascia un sapore di sale in bocca. Come parole al vento, appunto. 

Prima o poi – Elinor Glyn

Ci sono dei libri che scegli, li prendi da uno scaffale e li porti a casa, oppure li scarichi sull’e-reader per leggerli dove ti pare. Ce ne sono altri, invece, che ti vengono a cercare e per qualche misterioso motivo trovano te e non qualcun altro. Prima o poi di Elinor Glyn (Sooner or later, 1933), edizione I Romanzi della Rosa Salani del 1963 mi stava aspettando, abbandonato dentro uno scatolone. Praticamente nuovo, perfetto. Non potevo non dargli una seconda vita, non vi pare?

Trama

La trama è semplice: Maria Ottley è una ragazza umile, figlia della domestica di una gran signora, che le vuole talmente bene da farne una sua protetta. Quando l’anziana signora muore, Maria si ritrova ingenua diciassettenne a fare i conti con il mondo. L’istruzione, le buone maniere e una gran bellezza, tuttavia, le sono di aiuto nel perseguire il suo obiettivo: diventare segretaria, che all’epoca, per le persone della sua condizione sociale, significava arrivare a essere “qualcuno”. Mentre cerca la sua strada, nella vita si affaccia anche l’amore. Ben presto bussano alla sua porta: un giovane ambizioso, un industriale, un anziano commerciante, un giovane aristocratico e Maria dovrà scegliere la via giusta per la felicità senza farsi abbagliare dal solo denaro.

L’antesignana della narrativa erotica popolare

Come dicevo, l’intreprima o poiccio è semplice e il romanzo porta via non più di due tranquille serate di lettura. Quello che mi ha colpito, invece, è il profilo della scrittrice, insieme allo sguardo diretto che dalla foto sembra trapassarti l’anima. Elinor Glyn, nata Sutherland (Jersey 1864 – Londra 1943) fu una scrittrice e sceneggiatrice considerata l’antesignana della narrativa erotica popolare e i suoi romanzi ebbero un successo notevole agli inizi del ventesimo secolo, arrivando a influenzare anche le carriere addirittura di Rodolfo Valentino e Gloria Swanson! Sposata e separata, due figlie, ebbe numerosi amanti, da cui prese spunto per scrivere le sue trame “spinte”.

IT girl

Nel 1920 Elinor Glyn si trasferì a Hollywood per lavorare nell’industria cinematografica dove lavorò come sceneggiatrice per il cinema muto sia per la MGM sia per la Paramount Pictures. Sapete chi coniò il termine IT che usiamo ancora oggi per indicare il sex appeal (avete presente le IT Girls) o quel certo non so che? Sempre lei! IT, quando ancora non era identificato da tutti come un romanzo di Stephen King, divenne uno dei suoi successi più grandi, facendola diventare un’icona delle donne libere, che conquistano gli uomini con il loro fascino.

Insomma, dopo Katherine Brush e Patricia Highsmith, sono ahimè costretta a dirlo di nuovo: queste autrici del passato hanno davvero una marcia in più!

Leggi anche: 

Young Man of Manhattan – Katharine Brush

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