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Hotteok, dalla Corea un pancake con sorpresa

Hotteok, 호떡 (hottok la pronuncia in italiano). Se andate in Corea del Sud li troverete a  ogni angolo di strada e un motivo c’è. Sembrano dei pancake senza uova, soffici, ripieni di cannella e zucchero. Quelli che vendono per strada vengono cotti su grandi piastre metalliche e serviti dentro un bicchiere di carta piegati a metà, per evitare che i clienti si scottino. I coreani li preparano anche a casa, generalmente utilizzando il preparato pronto. Cosa che ho fatto anch’io la prima volta, poi il gruppo facebook Italiani a Seoul mi ha gentilmente passato la ricetta e mi sono cimentata. Ovviamente a modo mio, cioè usando la pasta madre al posto del lievito secco. Che dirvi, spettacolari, meglio di quelli pronti! Se volete provare, ecco qui la ricetta.

Ingredienti per 8 hotteok:

  • farina, 260 gr.
  • acqua, 240 gr
  • pasta madre, 50 gr
  • sale, 1/2 cucchiaio
  • zucchero, 2 cucchiai
  • olio, 1 cucchiaio
  • per il riempimento, zucchero turbinado o bianco, 125 gr, polvere di cannella, 1 cucchiaio, noci o nocciole tritate, 2 cucchiai

Procedimento: 

Prelevate la pasta madre rinfrescata, o un esubero non molto vecchio, e spezzettatela in una ciotola. Aggiungete l’acqua tiepida e sciogliete completamente la pasta madre. Aggiungete la farina, lo zucchero e il sale. In ultimo, l’olio. Formate una palla con l’impasto e lasciatelo lievitare al raddoppio. Impastatelo nuovamente per rimuovere le bolle d’aria. Lascialo lievitare per un’altra ora. 

Mentre lievita, preparate il riempimento: mescolate zucchero, polvere di cannella e noci tritate in una ciotola.

A lievitazione ultimata, riscaldate una padella antiaderente a fuoco medio e ungetela di olio vegetale.

Prendete una pallina d’impasto, appiattitela come per creare una focaccina, con il cucciaino mettete al centro un po’ di ripieno, senza esagerare, chiudete il sacchetto e riappiattitelo di nuovo, nascondendo il ripieno all’interno.

A questo punto siamo pronti per cuocere. Mettete una frittella sulla padella e lasciala cuocere per 30 secondi. Quando il fondo dell’impasto è di colore marrone dorato chiaro, capovolgetelo e premete l’impasto con una spatola, o il fondo di una tazza, per non farlo gonfiare. Lasciate cuocere ancora per un minuto finché il fondo non diventa marrone dorato. Capovolgete di nuovo e abbassate il fuoco al minimo. Mettete il coperchio sulla padella e cuocete ancora un minuto, per fare in modo che l’interno si sciolga e diventi filante. 

hotteok

Note:

  • se non usate la pasta madre, usate i convertitori online per ricalibrare gli ingredienti;
  • più o meno ogni hotteok dovrebbe diventare delle dimensioni di un cd, ma io li ho fatti leggermente più piccoli;
  • oltre alla versione tradizionale, come i pancakes si prestano a mille varianti, anche salate (appena riuscirò a provarle vi darò qualche suggerimento);
  • la prima volta che li ho preparati ho usato un preparato con la variante al tè verde, se li preferite colorati potreste aggiungerne un po’ all’impasto;
  • potete prepararne una quantità maggiore e conservarli surgelati in un sacchetto per alimenti. Basterà tirarli fuori e scaldarli all’occorrenza;
  • la crema spalmabile in foto è  una mia debolezza. Potete mangiarli senza, o scegliere una farcitura di vostro gradimento.

Che ve ne pare? Fatemi sapere nei commenti se vi sono piaciuti! 🙂

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Storie dalla Corea – Benedetta Merlini (a cura di)

Storie dalla Corea. Per capire un popolo e la sua storia bisogna avvicinarsi alla sua letteratura. Gli scrittori coreani inseriti in questa raccolta offrono uno spaccato della vita in questo piccolo Paese dell’estremo Oriente che mi ha trasportato immediatamente nel Paese del Calmo Mattino. Vi va di scoprire qualche scrittore da noi poco conosciuto?

L’antologia 

La storia della Corea nel Ventesimo secolo è stata una triste serie di oppressioni, umiliazioni e tradimenti. La presenza del Giappone nella penisola coreana si tramutò nel 1910 in una vera e propria colonizzazione, che terminerà solo nel 1945 con la fine della Seconda guerra mondiale. Eppure, i moderni scrittori coreani sono stati in grado non solo di trovare le proprie voci distintive, ma di forgiare una letteratura nazionale che parla in modo eloquente della sopravvivenza dello spirito umano in tempi di crisi. Questa antologia include i racconti dei migliori scrittori della prima metà del Novecento (Kim Dong-in, Kim Yu-jeong, Hyun Jin-geon, Kim Nam-cheon, Ch’ae Man-sik, Lee Hyoseok, Yi Kwang-su, Yi Sang). 

Il dispiacere per la fine

Questa raccolta di racconti mi è piaciuta così tanto che a un certo punto ho iniziato a centellinare le pagine. Avete presente quando il dispiacere per la fine diventa più potente della curiosità? Ecco, questi racconti hanno avuto questo effetto. Peccato solo che nella selezione non ci fosse neanche una scrittrice, evidentemente hanno fatto fatica a ottenere riconoscimenti. Penso che comunque la curatrice, docente di lingua e letteratura coreana, sia stata bravissima a organizzare le storie suddividendole in storie d’origine, d’amore e matrimonio, bellezza e fantasia. E arricchendo Storie dalla Corea con una breve biografia degli autori alla fine. Così ho scoperto che, per i parametri odierni, sono morti tutti giovani.

Sentimenti profondi ed eterni

Eppure, hanno saputo creare delle storie appassionanti, in cui amore, dolore, violenza, nostalgia, rimpianto, si fondono fino ad avvolgere completamente il lettore in un tessuto di sentimenti profondi ed eterni. La povera moglie di Hyun Jin-geon, per esempio, è sposata con uno scrittore che non riesce a garantirle la vita dignitosa che vorrebbe offrirle. Eppure, non rinuncia ai suoi sogni per guadagnare di più, mentre lei rimane la sua più fervente sostenitrice, non le importa il resto. Gasil, di Yi Kwang-su è una storia ambientata durante il regno di Silla. Il protagonista Gasil rimane nel cuore per l’altruismo e la generosità che lo spinge ad andare in guerra al posto del padre della sua promessa sposa. Riuscirà a tornare a casa? Il maialino di Lee Hyoseok è una metafora di libertà, riconquistata e solo desiderata. Poi c’è il racconto più lungo, o piuttosto una novella, Il pesce congelato. Dopo tutta la sofferenza del popolo coreano, piegarsi ai giapponesi è impossibile, ma per riconquistare la libertà si farebbe di tutto, anche sembrare filo-giapponesi. E’ questo odio-amore a trasformare la relazione tra i due Paesi, e tra le persone, in pesce congelato.

Vi lascio scoprire il resto con un’unica avvertenza: come scrive la curatrice nella conclusione, non esiste la storia senza letteratura e non esiste letteratura senza storia. Perdete cinque minuti del vostro tempo per scoprire la storia coreana prima di aprire il libro. Non ve ne pentirete.

p.s. continuate a seguire, perché nei prossimi giorni pubblicherò le ricette goduriose che intravedete in foto! 🙂

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In questi giorni di quarantena mi sta venendo nostalgia della Corea del sud. Forse perché sto vedendo troppi kdrama? Chissà. Gungjung significa Palazzo reale. Infatti il Gungjung Tteokbokki 궁중떡볶이, che è un piatto nato nel palazzo reale durante la dinastia Chosŏn 조선, è conosciuto anche come snack del re. Negli stand dello street food coreano è più facile trovare il Tteokbokki 떡볶이 nella sua veste rossa e molto, molto piccante. Il Gungjung Tteokbokki 궁중떡볶이, al contrario, non è per niente piccante, perché invece della salsa al peperoncino piccantissima tipica dei piatti coreani, si condisce con quella di soia. Nonostante il nome blasonato e difficile da pronunciare, vedrete che per realizzare questo piatto e portarlo in tavola ci metterete pochissimo. E farete bella figura con fatica zero. Ma andiamo alla ricetta.

La ricetta del Gungjung Tteokbokki 궁중떡볶이

Ingredienti per 2 
  • manzo, pollo o maiale 100 gr.
  • gnocchi di riso in cilindri o tondi (tteokguk tteok, 떡국 떡), 300 grammi
  • funghi, 3
  • cipolla, 1/2
  • salsa di soia, 4 cucchiai
  • olio di sesamo, 2 cucchiai
  • acqua, 1 cucchiaio più acqua di cottura degli gnocchi
  • zucchero, 1/2 cucchiaio
  • opzionali: peperoni verdi, rossi e gialli. Semi di sesamo. Sale e pepe, q.b.
Procedimento

Mettete a bollire gli gnocchi di riso in un pentolino di acqua bollente, finché infilzandoli con una forchetta non risultano morbidi (circa 10 minuti). Nel frattempo, tagliate carne, funghi e cipolla a listarelle. Soffriggete la carne in una casseruola con 2 cucchiai di olio di sesamo. Aggiungete cipolla e funghi e continuate a cuocere. Quando gli gnocchi di riso sono pronti, scolateli e versateli nella carne. Aggiungete 4 cucchiai di salsa di soia e mezzo cucchiaio di zucchero. Fate amalgamare e continuate a cuocere per pochi minuti, finché tutti gli ingredienti risultano ben cotti. Assaggiate e aggiungete sale e pepe, se necessari. 

Note
  • come avete visto, la preparazione è molto veloce. Più sottili saranno le striscioline in cui taglierete gli ingredienti e prima finirete;
  • i funghi dovrebbero essere di qualità Shiitake, ma io ho usato quelli che avevo ed è venuta ottima lo stesso. Quindi, consiglio di non impazzire, scegliete i funghi che più vi piacciono o che trovate;
  • per la quantità di salsa di soia regolatevi secondo vostro gusto. Versate i primi due cucchiai e poi decidete se metterli tutti o fermarvi;
  • stessa cosa per sale e pepe. Io non li aggiunti, perché il piatto mi è sembrato abbastanza sapido con la sola salsa di soia;
  • gli gnocchi di riso potete trovarli in supermercati ben forniti o nel market coreano. Nel reparto surgelati, in confezioni da 1 kg;
  • la ricetta vorrebbe anche peperoni multicolor, per rendere il piatto più allegro. Visto che non è stagione li ho omessi, ma sappiate che ci starebbero bene;
  • i semi di sesamo sono opzionali, ma rendono il piatto più decorativo. In tempi di quarantena non si può uscire per beni futili, ma appena possibile me li procurerò perché sono un degno completamento.

Che ne dite? Vi ispira questa ricetta? Quali sono i vostri piatti coreani preferiti?

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Pronti a festeggiare il capodanno lunare? Quest’anno abbandono la cena cinese, che è ormai diventata tradizione a casa mia, per presentarvi il Seollal coreano (설날, o Sollal in italiano, cioè il modo in cui i coreani chiamano il primo giorno del calendario lunare. In Corea del Sud è una delle festività nazionali più celebrate, anche se si festeggia pure il 1° gennaio. Il Seollal di solito dura tre giorni (il giorno stesso, il giorno prima e il giorno dopo). Quest’anno si festeggia il 25 gennaio, giorno dell’entrata dell’anno del Topo. Prima di darvi la ricetta del piatto unico tradizionale che i coreani condividono durante questo importante momento, vi do qualche dettaglio sulla festa.

Un’occasione speciale 

Innanzitutto il Seollal è un momento di rispetto degli antenati, ma anche un’opportunità per trascorrere qualche giorno con la famiglia, un po’ come il nostro Natale. Durante il Seollal, i coreani svolgono riti ancestrali, giocano, mangiano cibi tradizionali, ascoltano storie e parlano fino a notte fonda. Anche se oggi i riti non vengono più celebrati fedelmente, in linea di massima la mattina inizia con i membri della famiglia riuniti nei loro seolbim (abiti speciali appositamente indossati per questa occasione) per un rito ancestrale che esprime rispetto e gratitudine ai propri antenati. Dopo il rito, tutti si riuniscono e mangiano. Il piatto principale è la tteokguk, 떡국 o ttoqguq in italiano, una zuppa tradizionale con un brodo chiaro che simboleggia l’inizio dell’anno con mente e corpo puliti. Dopo il pasto, le giovani generazioni della famiglia fanno un inchino profondo, sebae, 세배 o Sebe in italiano, agli anziani. A loro volta, gli anziani danno la loro benedizione per un anno prospero. Ai bambini regalano sebaetdon, i soldi del nuovo anno. Il resto della giornata trascorre tra giochi popolari tradizionali, cibo e storie da condividere.

La ricetta della tteok manduguk

Ingredienti per 2 
  • manzo o lombo di manzo, 200 gr.
  • salsa di soia, 1 cucchiaio
  • aglio, 1 testa
  • sale e pepe, q.b.
  • scalogno, 1
  • gnocchi di riso in cilindri o tondi (tteokguk tteok, 떡국 떡), 300 grammi
  • gnocchi (mandu), 8
  • Contorno opzionale: 1 uovo, 1-2 fogli di alga nori
Procedimento

Tagliate la carne in pezzi sottili. Io ho usato direttamente i bocconcini di manzo per lo spezzatino. Soffriggete la carne in una casseruola con 1 cucchiaio di salsa di soia e e mescolate fino a quando tutti i pezzi diventano marroni. Versate 1 litro d’acqua, e portate a ebollizione, eliminando la schiuma appena sale in superficie. Appena l’acqua inizia a bollire, abbassate il fuoco e continuate a far bollire con il coperchio per altri 10 minuti. Nel frattempo, sciacquate gli gnocchi di riso sotto l’acqua. Metteteli in un litro d’acqua con lo scalogno, una testa d’aglio e la parte bianca del porro. Il brodo deve essere chiaro, perché simboleggia l’entrata nel nuovo anno puliti nel corpo e nella mente. I cilindri, per la lunga vita o i tondi, per la ricchezza, devono bollire nel brodo finché non diventano morbidi. Sentiteli con la forchetta, ci vorranno circa dieci minuti. Per i mandu, invece, ci sono due possibilità. O li versate subito nella zuppa insieme agli gnocchi di riso, e fate cuocere insieme, oppure li cuocete separatamente al vapore (o in acqua bollente) come i nostri ravioli e poi li unite alla fine. Io ho preferito la cottura al vapore a parte, per evitare lo spappolamento dell’involucro e la fuoriuscita del ripieno. Quando gli ingredienti sono tutti pronti, assemblate. Rimettete nella zuppa la carne, che nel frattempo avrete tagliato in striscioline sottili, e i mandu (ravioli). Fate bollire per un altro minuto e ci siamo. Aggiungete sale e pepe a vostro gusto, mescolate e dividete la zuppa in ciotole singole. Prima di servire, guarnite con strisce sottili di alghe (che io ho dimenticato e quindi nella foto non troverete) e la parte verde del porro.

Note
  • l’aggiunta dei mandu è una variante, potete prepararla anche senza;
  • un’altra variante prevede una crespella di uova tagliata a striscioline, ma io ho preferito i mandu alla frittata;
  • il porro, invece, è una variante mia. Trovare lo scalogno fresco e verde e con le foglie, come dovrebbe essere nella ricetta originale, è un’impresa impossibile. Potete usare anche i cipollotti freschi;
  • i coreani dicono che mangiando questa zuppa a capodanno s’invecchia di un anno. A libera interpretazione…😁

Ah! Mancano le bacchette e il cucchiaio d’acciaio, fondamentali, e il panettone 😂, altrimenti che capodanno è?

Ora ci siamo: pronti a festeggiare il Topo? 🙂 🐁

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La vegetariana – Han Kang

Han Kang è la prima scrittrice coreana che leggo e ho scelto di partire da La vegetariana, un romanzo di cui si è parlato molto un paio di anni fa. Mi sono trovata davanti a una storia completamente diversa da quella che immaginavo e che mi ha rapito completamente. Tanto che a un certo punto ho iniziato a centellinare le pagine. È meraviglioso quando accade, vero?

Trama

«Ho fatto un sogno» dice Yeong-hye, e da quel sogno di sangue e di boschi scuri nasce il suo rifiuto radicale di mangiare, cucinare e servire carne, che la famiglia accoglie dapprima con costernazione e poi con fastidio e rabbia crescenti. È il primo stadio di un distacco in tre atti, un percorso di trascendenza distruttiva che infetta anche coloro che sono vicini alla protagonista, e dalle convenzioni si allarga al desiderio, per abbracciare infine l’ideale di un’estatica dissoluzione nell’indifferenza vegetale. 

Tre atti per un dramma

Il romanzo è composto in realtà di tre racconti, autonomi ma collegati alla vicenda principale. Il primo, La vegetariana, dà il titolo al romanzo. L’inizio mi ha proiettato subito in un’atmosfera rarefatta e inquietante, che ha accompagnato tutta la lettura. Il marito di Yeong-hye racconta di averla sposata perché insignificante e che proprio per questo la trovava adatta al tipo di vita monotona e tranquilla che voleva fare. Peccato che la moglie così ubbidiente a un certo punto del loro matrimonio si faccia trovare da lui davanti al frigorifero, intenta a buttare nell’immondizia tutta la carne surgelata. Considerate che in Corea la carne rappresenta il pasto tipico e che quella di manzo costa moltissimo, quindi immaginatevi lo sconcerto di questo coniuge così distaccato dalla povera Yeong-hye. Ben presto lo scandalo si allarga alla famiglia e ai conoscenti. Yeong-hye non solo è diventata vegetariana, ma non porta neanche il reggiseno.

Il viaggio

Questi sono i primi sintomi di un disagio ben più profondo che investe progressivamente la donna. Nel secondo tempo, La macchia mongolica, il cognato di Yeong-hye, il marito della sorella In-Yie, ritrova improvvisamente la vena artistica perduta proponendo a Yeong-hye un servizio fotografico che la fa precipitare ancora di più nell’abisso in cui sta sprofondando. Nel terzo atto, quello conclusivo, la via imboccata da Yeong-hye è senza ritorno e solo la sorella In-Yie sembra in grado di accompagnarla in questo viaggio. 

Il vegetarianismo non c’entra 

Non vi dico di più per non togliervi il gusto della lettura e consiglio caldamente di evitare il più possibile commenti e recensioni, se avete intenzione di leggerlo. Alcuni perché troppo dettagliati, altri perché vi porterebbero fuori strada. Come lontano dal tema principale ci vuole condurre l’autrice Han Kang, dando al suo lavoro un nonsenso come titolo. Il vegetarianismo non c’entra niente. O meglio, non c’entra secondo l’uso che diamo comunemente alla parola. Qui c’è una donna che rompe i tabù della società, che sembra pazza, ma forse non lo è. Una donna che semplicemente ha trovato la sua strada per la libertà. Da tutto, dai legami familiari, dalle convenzioni, dal cibo perfino.

(Ri)nascere in una forma sbagliata

Possiamo chiederci se l’autodeterminazione sia vera libertà o se, in fondo, non sia la nuova frontiera dello schiavismo. Oppure se qualcuno di noi riesce a sentire un contatto con le forze della natura che a noi sfugge. O ancora, per chi crede nella reincarnazione, se il problema di Yeong-hye non sia solo essere (ri)nata in una forma e un corpo sbagliati. 

Un gran libro

Tanti, tanti spunti di riflessione e meditazione mi ha offerto Han Kang. E anche se in patria non è considerata (almeno sembra) una scrittrice di punta, e anche se le critiche feroci non sono mancate, se riuscirete a entrare nello spirito profondamente darwiniano che invade la storia, bé, penserete come me di trovarvi di fronte a un gran libro. Di quelli che vorresti non finissero mai.  Di quelli che rimani giorni e giorni a pensarci e a rimuginarci, una volta arrivata alla parola fine. Era dai tempi di Michel Faber e della sua Isserley che non mi succedeva.

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Le malerbe di Keum Suk Gendry-Kim

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