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Rosamunde Pilcher, una vita da romance

Tutti conoscono le sue meravigliose descrizioni dei paesaggi della Cornovaglia, che fanno sognare da oltre 30 anni milioni di lettrici, e ci scommetterei anche lettori, in tutto il mondo. Sto parlando della signora inglese dei romance Rosamunde Pilcher. Come già vi ho raccontato, quando ho voglia di una lettura riposante e rassicurante, scelgo uno dei suoi romanzi, perché so fin dall’inizio che mi condurranno in porti sicuri. E dopo essere finalmente riuscita a vedere coi miei occhi quella terra meravigliosa, ho fame di tutto ciò che mi parli di lei.

Ma a chi appartiene la penna che ci trasporta in un universo favoloso fatto di piccoli avvenimenti e grandi sentimenti? Ho faticato per raccogliere tutte queste informazioni e, dopo diversi giorni di lavoro, posso affermare con un certo orgoglio che nessuna fonte sia più completa. Vi presento la regina del romance inglese, Dame Rosamunde Pilcher. Se volete sapere tutto su di lei, continuate a leggere. Scoprirete che la sua vita è stata affascinante come le sue storie. 

La biografia

Una gentile e dimessa signora inglese che ha posato penna e calamaio nel 2000, per raggiunti limiti di età. Oggi, a quasi 94 anni, sembra goda di ottima salute (aggiornamento. Rosamunde ci ha lasciato oggi, 6 febbraio 2019. Ha goduto di ottima salute fino alla fine, quando un ictus improvviso l’ha portata via). Rosamunde Scott, infatti, è nata il 22 settembre 1924 a Lelant, un piccolo villaggio nei pressi di St. Ives, in Cornovaglia, dove io sono passata in un giorno troppo tempestoso per potersi fermare a visitarlo. Racconta che all’età di sette anni, durante un lungo viaggio in macchina, il padre le diede un blocco per farle passare il tempo e lei ne approfittò per scrivere una storia. Si definisce “una figlia dell’India britannica“. Suo padre, infatti, ha lavorato in Birmania, ora Myanmar, dal 1924, anno della sua nascita, fino al 1938. “Tornava a casa ogni quattro anni“, Quando lei aveva solo 4 anni, sua madre andò a trovarlo e rimase in Birmania per un anno, durante il quale Rosamunde Pilcher rimase con una zia in Scozia. “Non abbiamo pensato alla separazione. L’accettavamo e basta“.

Gli studi

Dopo aver studiato alla St. Clare’s Polwithen School, Rosamunde Pilcher si trasferisce con la famiglia a Cardiff perché il padre viene arruolato in Marina. Rosamunde prosegue gli studi prima alla Howell’s School Llandaff e poi presso il Miss Kerr-Sanders’ Secretarial College di Londra fino al 1939, quando lo scoppio della guerra cambia tutto. Rosamunde interrompe la scuola e nel 1940 entra nel Foreign Office. Passa due anni a Portsmouth, prestando servizio per il Royal Naval Service femminile prima di fare domanda per andare in Francia. Invece, la sua nave si dirige verso l’Asia e lei si ritrova nello Sri Lanka. Mentre si trova a Ceylon, invia un racconto prima a suo padre e poi decide di mandarlo anche alla rivista Woman and Home. Il giornale glielo pubblica e da questo momento lei diventa ufficialmente un’autrice. “Non c’è magia più grande di quando vendi il tuo primo pezzo”. In realtà, le motivazioni che la spingono a scrivere all’inizio sono tutt’altro che magiche: Quando vivevamo in Cornovaglia ero felice. Correvamo selvaggiamente sulle spiagge e andavamo in canoa, facevamo picnic e nuotavamoMa i soldi erano sempre pochi e quando da piccola sentii mia madre parlare di un conoscente intraprendente che faceva una bella vita scrivendo per il Ladies’ Home Journal , pensai che sposarsi, scrivere ed essere indipendente fosse la soluzione. E allora ho scritto e ho scritto e ho scritto“.

Il matrimonio

pilcher grahamQuando la seconda guerra mondiale finisce, la ventunenne Rosamunde Scott torna in Cornovaglia e nel settembre del 1946 incontra l’eroe di guerra Graham Pilcher, che cercava di riprendersi grazie alle cure di sua nonna a St. Ives. Pilcher era stato gravemente ferito in battaglia l’anno precedente ed era stato costretto a dare le dimissioni. E’ amore a prima vista: Rosamunde e Graham si sposano tre mesi dopo l’incontro, nel dicembre del 1946. La coppia si trasferisce a Dundee, in Scozia (a nord di Edimburgo) e mentre il marito torna a lavorare nell’impresa di famiglia, la Jute Industries Ltd., Rosamunde rimane a casa. Inizia a scrivere brevi storie d’amore su una macchina da scrivere portatile e pubblica le sue storie in serie su alcune riviste femminili. Nel 1948 nasce la sua prima figlia, Fiona, e il lavoro di scrittura le consente di accudire la bambina pur ritagliandosi uno spazio d’indipendenza. Nel 1949 esce il suo primo romanzo, Half-Way to the Moon, dato alle stampe con lo pseudonimo di Jane Fraser, a cui fanno seguito altri nove romanzi rosa, che più tardi lei stessa ha definito poco lusinghieramente “orribili piccoli libri – roba romantica con rose rosse in copertina.

La carriera

jane fraserNel 1955 comincia a fare sul serio: esce il suo primo lavoro pubblicato con il nome da sposata, A Secret to Tell. Nel frattempo, la famiglia si è allargata. Sono nati i figli Robin nel 1950 e Philippa nel 1953, seguiti nel 1958 dall’ultimo, Mark. Nel frattempo continua a scrivere come Jane Fraser, finché nel 1965 esce On my own. Da questo momento in poi, tutti i suoi lavori saranno firmati Rosamunde Pilcher. I suoi figli imparano presto a rispettare il lavoro della madre, anche se portato avanti con metodi diciamo inconsueti. “Compongo sempre i miei dialoghi ad alta voce“, ha detto lei in un’intervista, dove racconta anche: “Una volta, quando Fiona era piccola, c’era un suo amico in casa mentre io stendevo il bucato sussurrando il mio dialogo. L’amichetto disse a mia figlia – Guarda, le labbra di tua madre si muovono -, e lei gli rispose – Non essere stupido. Sta scrivendo.

Durante gli anni ’70 scrive altri sei romanzi; alcuni dei quali pubblicati a puntate su riviste femminili: The End of Summer (I giorni dell’estate, 1971), Snow in April (Neve d’aprile, 1972), The Empty House (La casa vuota, 1973), The day of the storm (Il giorno della tempesta,1975), Under Gemini (Sotto il segno dei gemelli, 1976), Wild Mountain Thyme (Profumo di timo, 1978).

I cercatori di conchiglie, un libro da spiaggia per donne intelligenti

shell seekersNei primi anni ’80, escono The Carousel (1982) e Voices in summer (Voci d’estate, 1984). All’età di 60 anni, mentre sta pensando seriamente di ritirarsi per riscuotere la pensione di vecchiaia, il suo editore americano Tom Dunn va a trovarla. Dunn le chiede di scrivere una “grande, grandissima saga familiare per le donne“, che possa entrare nei best-seller. Lei, per fortuna nostra, accetta la sfida e nasce così il suo libro di maggior successo, I cercatori di conchiglie (1987). Il ragionamento era semplice: la gente cominciava ad annoiarsi con le storie alla Dynasty, stanca delle vite di ricchi odiosi che imperversavano nella televisione degli anni ’80. Rosamunde, invece, aveva voglia di scrivere il romanzo che avrebbe voluto leggere, cioè Un libro da spiaggia per donne intelligenti che vogliono perdersi in un grande romanzo che racconta le storie di persone vere. Sapevo che c’era spazio nel mercato”.

E non si sbaglia. I cercatori di conchiglie scala le classifiche in tre settimane e rimane ben due anni nella lista dei best seller del New York Times per 2 anni. È stato tradotto in oltre 20 lingue e ha venduto oltre 5 milioni di copie in tutto il mondo. Il romanzo possiede gli ingredienti giusti per piacere al pubblico femminile: la voce narrante è quella di un’anziana donna britannica, Penelope Keeling, che ha prestato servizio nel Royal Naval Service femminile, proprio come Rosamunde da giovane, e che racconta con un flashback la storia della sua famiglia durante la seconda guerra mondiale, con trame che s’intrecciano ambientate nella natia Cornovaglia, a Londra e nel Gloucestershire. Il romanzo è stato trasformato in un film TV del 1993 con Angela Lansbury, e di nuovo nel 2006 in un film TV interpretato da Vanessa Redgrave nei panni di Penelope Keeling. Questo libro di grandissimo successo ha segnato un punto di svolta insperato per Rosamunde Pilcher, che da quel momento in poi è stata costantemente nell’elenco dei best seller con i suoi successivi lavori.

Nonostante sostanzialmente l’operazione di marketing fosse stata condotta a tavolino, l’incredibile risposta delle lettrici la lascia di sasso. “Non l’avrei mai immaginato, forse perché non mi aspetto mai niente da nessuno. In questo sono un po’ scozzese, non mi piace deludere e rimanere delusa. Mi piace prendere la vita con lentezza”.

Settembre, è alle donne scozzesi che pensa quando lo scrive

SeptemberIl libro seguente, Settembre, è un altro incredibile successo e anche il mio preferito in assoluto. E’ il 1990 e Rosamunde ha quasi 70 anni. Lei continua però a tenere un profilo basso “Non sono mostruosamente intelligente, non ho neanche il diploma universitario”. Si definisce una donna che ama trascorrere le giornate facendo giardinaggio, camminando e andando a trovare i vicini con i nipoti. Come una qualsiasi signora di campagna. Solo che questa signora ogni tanto si siede alla macchina da scrivere e dà sfogo alla fantasia. Scrivere è un po’ come ripulire il garage“, dice, “lo rimandi per mesi e mesi e poi un giorno lo fai, e alla fine non ti dispiace. Dopotutto non è poi così male, no?” Anche Settembre è diventato un film TV nel 1996 con Jacqueline Bisset, Edward Fox, Michael York e Mariel Hemingway.

Anche Settembre balza immediatamente al primo posto nella lista dei best sellers del New York Times e riceve questa lusinghiera definizione dal Washington Post: “Esistono due tipi di narrativa. Libri che fanno bene ma che ti lasciano una sensazione di fastidio e un altro tipo, i libri conforto, che ti fanno bene perché rallegrano I libri della Pilcher appartengono a quest’ultima categoria”.

La Pilcher si rende conto che la sensazione di conforto è particolarmente apprezzata dalle lettrici che lei conosce meglio, quelle a cui pensava mentre scriveva Settembre: La vita per le donne nella Scozia rurale non è come in nessun’altra parte del mondo. Viviamo tutti molto distanti e non c’è un vero senso della comunità, non ci sono pub, non ci sono circoli. Quelli del golf sono prerogativa maschile e quindi di fatto le donne vivono isolate e devono sviluppare delle risorse proprie. E’ proprio questo il tipo di vita cui mi sono ispirata”.

Nei successivi dieci anni scrive altri quattro romanzi: Ritorno a casa (1995), The Key (1996), Shadows (1999) e Solstizio d’inverno (2000).

Ritorno a casa, cinque anni per finirlo 

Quando Rosamunde inizia a scrivere Ritorno a casa, è convinta che ci vorrà meno di un anno per finirlo, come i romanzi precedenti. Invece, gliene serviranno ben cinque. Perché il romanzo “non è autobiografico, ma attinge dalle mie esperienze personali”. E’, infatti, la storia di una famiglia inglese negli anni della seconda guerra mondiale.

coming homeCi sono voluti molto più tempo e molta più fatica di quanto pensassi”, confessa lei, che a un certo punto si è trovata a dover riscrivere tutta la prima parte perché si affacciavano troppi personaggi. Per garantire accuratezza storica ha studiato la storia in sei volumi della seconda guerra mondiale di Winston Churchill. Per gli aspetti personali, ha attinto in gran parte dalla sua infanzia in Cornovaglia e dal suo servizio di guerra nello Sri Lanka, dove stava prestando servizio quando la prima bomba atomica è stata sganciata. Judith Dunbar, la protagonista, non è Rosamunde Pilcher, questo ci ha sempre tenuto a specificarlo. Eppure, la storia di Judith ricorda da vicino quella della scrittrice. I genitori di Judith vanno in India e ritornano ogni due anni, il padre di Rosamunde va in Birmania e ritorna ogni quattro. Decidere che taglio dare ai racconti di guerra è stato l’aspetto più complicato del lavoro di scrittura. “All’epoca, eravamo tutti terribilmente consapevoli di questa cosa spaventosa che succedeva in Europa. Tuttavia, volevo che nel libro ci fosse umorismo e trovare un equilibrio per non cadere in farsa, o al contrario risultare troppo drammatica, è stato difficile“.

Come i precedenti, Ritorno a casa diventa subito n ° 1 in Inghilterra e 3 ° nella classifica dei best-seller di New York Times, vincendo il Romantic Novel of the Year Award dalla Romantic Novelists’ Association e diventando un film TV in due parti nel 1998 con Peter O’Toole, Keira Knightley, Joanna Lumley e Paul Bettany.

Solstizio d’inverno

winterNel 2000 scrive il suo ultimo romanzo, Solstizio d’inverno. “Non penso che riuscirò a scriverne un altro”. Rosamunde odia il meccanismo di promozione che stritola gli autori di successo. In più, data l’età sua e del marito ha nuove e diverse preoccupazioni. “Il processo creativo è stimolante, ma non è un passatempo, è un lavoro impegnativo e io sono stanca. Mio marito ha un’anca nuova ed è successo mentre io stavo sto cercando di destreggiarmi tra mille impegni. Non mi era mai successo prima, suppongo che quando ero più giovane avessi più energia e non dovessi prendermi cura di un marito malato. Questa volta penso che sia giunto il momento di appendere il cappello, ma mai dire mai“. Invece, il cappello l’ha appeso davvero e dopo Solstizio d’inverno, titolo non casuale, le sue lettrici non hanno più potuto leggere nessuna delle sue storie.

Gli ultimi anni

Nel 2002 ha ricevuto dalla Regina Elisabetta II il prestigioso riconoscimento O.B.E. (Officer of the Order of British Empire).

Il 2009 è per lei un anno infausto: suo marito Graham muore all’età di 92 anni, dopo ben 63 anni trascorsi insieme. Nel 1996 Graham e Rosamunde avevano infatti festeggiato il 50° anniversario di matrimonio insieme ai quattro figli e a 14 nipoti. Attualmente Rosamunde vive ancora a Dundee, in Scozia. Nonostante il fatto che abbia venduto circa 60 milioni di libri e abbia una fortuna stimata in più di 100 milioni di sterline, continua a vivere la sua vita nella semplicità che da sempre la contraddistingue, circondata da persone che in larga parte non sanno neanche chi sia. Figuriamoci che per gli amici del circolo che frequentava il marito lei è la “moglie di Graham che ha scritto un libro, mi sembra qualcosa tipo Gli scopritori di conchiglie”. L’unico della famiglia che per ora ha seguito le sue orme è il figlio Robin, diventato a sua volta scrittore nel 1999.

Rosamunde Pilcher e la Germania

Rosamunde Pilcher in Germania è popolarissima. Non per i suoi romanzi, ma per le oltre 100 storie per la TV prodotte dalla rete pubblica ZDF. Per più di 20 anni, la prima serata della domenica ha portato milioni di spettatori tedeschi nelle soleggiate scogliere della Cornovaglia. Il primo, Il giorno della tempesta, è stato messo in onda nel 1993 e da allora è stato un successo senza fine. Gli attori sono tutti tedeschi, ma le location sono reali, tanto che le approva anche Mark, l’unico figlio di Rosamunde Pilcher che vive in Cornovaglia e fa l’allevatore. Solo che i tedeschi sono convinti che in Cornovaglia splenda sempre il sole, perché così i film lasciano intendere! Gli inglesi ironizzano, prendono in giro noi poveri turisti illusi: “quando arrivano qui, spieghiamo loro che la Cornovaglia è così bella proprio perché piove sempre”. Rosamunde Pilcher spiega così la sua fortuna: “sono buone storie, che richiamano alla mente un ambiente piccolo e familiare, dove gli uni si prendono cura degli altri. Per non parlare delle splendide immagini, sembrano cataloghi turistici”. E pensare che tutto è nato dall’idea di un produttore della ZDF, innamorato delle luci e dei colori sfavillanti dei grandi paesaggi cornici. Non si può dire che la scrittrice non sia stata aiutata dal destino!

Rosamunde Pilcher non volendo si è trasformata in una macchina da guerra. I pullman che portano in pellegrinaggio i tedeschi hanno contribuito a trasformare decisamente l’industria del turismo della Cornovaglia, che oggi rappresenta oltre il 20% del pil della contea; praticamente un abitante su quattro lavora nel settore. Due terzi di tutti i visitatori stranieri che arrivano in Cornovaglia provengono da Germania, Austria o Svizzera: Sempre più i pellegrini tedeschi arrivano in macchina invece che in pullman, il che è una buona notizia, perché anche se i turisti stranieri in media rimangono il doppio del tempo e spendono il doppio del denaro dei visitatori britannici, l’effetto economico dei gruppi organizzati rimane limitato. Devo dire che sono contenta di aver personalmente contribuito al buon andamento dell’economia cornica.

Le location dei film di Rosamunde Pilcher 

Lamorna Cove

Questa piccola insenatura è apparsa nella sua opera più famosa, I cercatori di conchiglie. Andando a piedi lungo il coastal path che da Mousehole arriva a Lamorna,e ritorno, appare in tutto il suo splendore.

Polperro

polperroQuando vengono inquadrate le case dei pescatori, le scene sono state girate in questo meraviglioso minuscolo villaggio.

 

Penzance, St Michael’s Mount e Land’s End

IMG_6174Il castello di St Michael’s Mount è stato protagonista sia ne I cercatori di conchiglie, sia in Ritorno a casa. Il castello è uno dei luoghi più romantici da visitare, insieme alla dirimpettaia Marazion, da cui si vede il castello e la baia, e Penzance, la cittadina adiacente dove Rosamunde Pilcher studiava.

Il Giorno della Tempesta, invece, è stato girato a Land’s End, adiacente a sua volta a Penzance.

St. Ives

IMG_6283Rosamunde Pilcher viveva qui vicino e molti film inquadrano la baia e il porto.

Newquay

Alcune delle scene di Scogliere dell’amore sono state girate sulla costa del nord della Cornovaglia, celebre per le sue nove bianchissime spiagge e per le sue scogliere che hanno ispirato la storia. Newquay è una cittadina famosa per il surf e per la Fistral Beach.

St Agnes Head

Sulla costa tra Chapel Port e St Agnes sono stati girati molti episodi. I resti delle miniere mostrano il passato industriale della Cornovaglia.

Bedruthan Steps e Gwithian Beach

I primi sono stati utilizzati per le riprese aeree, mentre Gwithian Beach è diventata popolare grazie alle sue splendide viste sul Faro di Godrevy.

Bodmin e Lanhydrock Gardens

Qui sono state girate si sono svolte diverse scene di film, come le Scogliere dell’amore.

Prideaux Place

prideauxPeter Prideaux-Brune è un avvocato in pensione che possiede una dimora signorile del XVI secolo vicino a Padstow, in cui sono stati girati almeno sedici film. In passato, era la casa di un Lord Willoughby, trasformata prima in un hotel di lusso e poi in una distilleria di gin. Una camera da letto ovale, decorata con delicati stucchi e dipinta di verde tenue, è soprannominata Großmutter – perché è lì che nei film la nonna cambia il testamento, dice all’erede che è illegittimo, oppure muore. La casa, che si affaccia su un immenso parco, accoglie circa 25.000 visitatori all’anno, per la maggior parte tedeschi in tour con i pullman, a cui Prideaux-Brune offre il cream tea nella sala da tè. “I tedeschi lo adorano“, dice. Lui stesso, invece, adora apparire con un cameo nei film girati a casa sua. Come dargli torto?

Pencarrow House

James Molesworth-St Aubyn e sua madre, Lady Iona, sono i proprietari di questa magione di 50 stanze a nord di Bodmin che si affaccia su giardini ben curati. Lady Iona racconta di un incidente che occorse quando il soffitto della sala da pranzo scese e coprì tutto di polvere bianca, proprio mentre un gruppo di 160 tedeschi iniziava la visita. In effetti, ai visitatori il fuoriprogramma è piaciuto, perché dimostra che non è tutto perfetto come nei film della Pilcher”.

Lanhydrock House e Giardini

Lanhydrock House è una storica residenza del villaggio di Lanhydrock, vicino Bodmin, eretta nel 1640/1642 ca. e in gran parte ricostruita in stile vittoriano nel 1881. Ora è posto sotto la tutela del National Trust. Circondati da boschi di querce e faggi e da alberi secolari, i sentieri che attraversano la foresta e il paesaggio del parco sono tutti aperti al pubblico e fanno parte della tenuta, che copre un totale di circa 900 ettari.

Trewithen House

E’ una casa di campagna georgiana, si trova vicino Truro ed è apparsa in The Blossom of Life del 1999 e Amazing Grace del 2005. Il ricco proprietario terriero e avvocato Phillip Hawkins acquistò la tenuta nel 1715 e ordinò all’architetto londinese Thomas Edwards di costruire la casa palladiana nel 1723. E’ oggi nella lista del patrimonio nazionale inglese.

Intervista audio a Rosamunde Pilcher

Se volete sapere di più su di lei, ascoltate l’intervista in due parti in cui Rosamunde Pilcher parla della sua vita privata e del suo lavoro e poi, se siete suoi fan come me scrivete sotto nei commenti qual è il vostro romanzo preferito!

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Il seggio vacante – J. K. Rowling non è solo Harry Potter

Questo libro m’incuriosiva molto, fin dalla sua uscita, ma ho aspettato un bel po’ di tempo prima di aprilo. E’ diventato l’ultimo romanzo del mio 2017 e posso dire con sicurezza che non avrebbe potuto esserci finale migliore. D’anno, perché J. K. Rowling piazza nelle battute finali un pugno nello stomaco di quelli che fanno male.

La trama

A Pagford, un ridente villaggio inglese, accade un fatto imprevisto: l’insegnante e consigliere Barry Fairbrother si accascia a terra e muore. La sua dipartita rompe gli equilibri all’interno del Consiglio Locale, lasciando un seggio vacante che diviene la causa di molti dissapori tra l’ala conservatrice dell’amministrazione, che vorrebbe trasformare il centro comunitario cittadino in un albergo di lusso, abbandonando così a se stessi gli emarginati della società, e l’ala “progressista”, di cui Fairbrother era leader. Oltre alle dinamiche politiche, l’evento scatena una serie di reazioni a catena che scoperchiano progressivamente i conflitti sepolti sotto l’apparente tranquillità: i ricchi in lotta con i poveri, i ragazzi in lotta con i genitori, le mogli in lotta con i mariti, e gli insegnanti in lotta con gli studenti, in un crescendo di ripicche e rappresaglie che sfoceranno in tragedia.

Dietro un mondo piccolo e perfetto, si nasconde il male

Premetto che il motivo principale della mia curiosità nei confronti di questo libro era semplicemente capire se il fenomeno Rowling fosse legato esclusivamente alla saga di Harry Potter. Saga che per inciso non ho mai letto, al contrario, per pura mancanza di curiosità. D’altra parte, un successo planetario così enorme di una scrittrice non americana non poteva essere qualificato come marketing e basta.

Questo romanzo me l’ha confermato. Dopo le prime pagine, in cui ho fatto fatica a ricordare tutti i personaggi scesi in campo capitolo dopo capitolo e le connessioni tra loro e nel tessuto sociale della cittadina, finalmente la matassa si è dipanata e pagina dopo pagina ammetto che ho fatto fatica a posare il libro.

Se, al contrario di me, conoscete J. K. Rowling solo per Harry Potter, scordatevelo immediatamente e leggete questo libro. Perché dietro un mondo apparentemente piccolo e perfetto, si nasconde il male e la Rowling lo stana senza pietà. Non c’è bisogno neanche del sole, come diceva Agatha Christie. Perché invece a Pagford piove e piove spesso, il che rende l’atmosfera se possibile ancora più lugubre. Il che rende quasi impossibile pensare che gli irreprensibili cittadini abbiano scelto un villaggio così isolato e umido  per trascorrere un’esistenza tranquilla.

A Pagford c’è tutto, meno che tranquillità

La lotta intestina all’interno del Consiglio è solo uno sfogo per la rabbia repressa che domina gli abitanti, che per un motivo o per l’altro hanno bisogno di affermarsi, se a danno di altri ancora meglio. I ragazzi non sono immuni, sono cresciuti nel veleno e veleno hanno respirato. L’unica cosa che vogliono è buttarlo in faccia a qualcuno, insegnanti o genitori che siano. Chi si salva? Solo lui, il morto, il fantasma Barry, che infatti viene evocato da più parti come un giustiziere divino. Barry era diverso, Barry era un uomo che faceva la differenza. Barry avrebbe potuto salvare le anime. Perché Barry era nato povero e ce l’aveva fatta, senza passare sopra a nessuno, senza dimenticarsi da dove proveniva, spargendo entusiasmo e voglia di fare e di credere in se stessi nelle persone che avevano la fortuna di passare sotto la sua stella.

E’ proprio nella “bellezza” di un uomo comune che vedo il significato del libro: tu, uomo normale, puoi fare la differenza se lotti per il progresso e per una società migliore. A partire dalla scuola, non a caso è un professore, e dalla famiglia.

Echi autobiografici

Sembra che Pagford, villaggio inventato, somigli molto a Tutshill, il villaggio inglese nel quale J. K. Rowling trascorse l’adolescenza. Tanto che gli abitanti hanno sentito la necessità di dissociarsi dai personaggi.

Io credo, invece, che qualunque villaggio e qualunque piccola città, o quartiere di una metropoli, possa riconoscersi nelle maschere universali descritte dalla britannica. Come dice J. K. Rowling stessa: “la classe media è divertente. E’ quella che conosco meglio ed è quella in cui trovi più pretese”. Come non darle ragione? Soprattutto quando queste pretese vengono schiacciate, come sta accadendo oggi praticamente in tutto il mondo, la classe schiacciata non può che emergere in tutto il suo pagfordiano splendore. 

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Inganni – Judith Michael

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Corpi al sole – Agatha Christie

Corpi al sole.

«Niente corpi sull’Isola del Contrabbandiere.»

Poirot disse: «Questo non è esatto.» E indicò la spiaggia. «Guardateli là, allineati. Che cosa sono? Non sono uomini e donne. Non c’è nulla di personale in loro. Sono soltanto…corpi”. 

«Be’, c’è qualche esemplare degno di nota. osservò il maggiore Barry.

E Poirot esclamò: «Sì, ma dov’è il fascino del mistero? Io sono della vecchia scuola e tutti quei corpi allineati mi ricordano la Morgue, l’obitorio di Parigi. Corpi… allineati su tavole di marmo… come carne da macello! »

«Ma, signor Poirot, non le sembra che il paragone sia un po’ esagerato?» protestò la signora Gardener.  

«Be’, può darsi» convenne l’investigatore.

Trama

La bella e famosa attrice Arlena Marshall è in vacanza con il marito e la figliastra sull’isola del Contrabbandiere. La sua personalità è al centro delle discussioni che avvengono nell’albergo: chi la definisce una rovina famiglie, chi una mangiatrice di uomini. Ma lei, e soprattutto il marito, sembrano non accorgersi di tutte queste chiacchiere. Una mattina Arlena viene trovata strangolata su una spiaggia deserta dell’isola, Pixy cove. Chi l’ha uccisa e perché? Tra i primi sospettati il marito tradito, una vecchia fiamma gelosa, una figliastra trascurata e una moglie scialba. Gli indizi sembrano condurre la polizia verso una pista ben precisa, e lontana dai risentimenti personali, ma per sfortuna dell’assassino, tra gli ospiti in vacanza al Jolly Roger hotel c’è un certo Hercule Poirot

L’orrore si cela sotto parvenze tranquille

e il detective belga è troppo astuto per non accorgersi che “il male si annida ovunque sotto il sole”. Ho riletto questo giallo di Agatha Christie appena tornata dal mio viaggio letterario nel sud dell’Inghilterra e in Cornovaglia e mi ha suscitato delle sensazioni incredibili. Mi è sembrato quasi di essere lì con la signorina Brewster, la signora Gardener e consorte, Rosamund Darnley, il maggiore Barry e gli altri. La maestra del giallo sa tratteggiare rapidamente il carattere dei personaggi, con un colpo di pennello ci mostra l’ambiente in cui si muovono e l’orrore che si cela sotto le parvenze tranquille. Con un ghigno beffardo trasporta il lettore alla ricerca dell’indizio decisivo, giocando con lui e con le parole, per non farlo sentire troppo sciocco quando si renderà conto che magari l’indizio risolutivo era lì, sempre stato lì fin dall’inizio, eppure serve una seconda lettura per andarlo a ripescare.

Incastro contorto e brillante 

Come si sarà già intuito, adoro Agatha Christie, e l’amo ancora di più adesso che ho visto con i miei occhi le sue ambientazioni, sono scesa anch’io in una Pixy cove qualsiasi, ho intravisto in lontananza un Jolly Roger Hotel, chiedendomi di cosa ciarlassero i turisti in vacanza sdraiati a prendere il sole in terrazza. Sono quasi riuscita a vedere il mondo coi suoi occhi e l’ho immaginata lì, sola, mentre tra sé e sé ideava una nuova trama nuotando nella sua baia preferita…Sono quasi certa, infatti, Che il Jolly Roger Hotel di Corpi al sole sia l’Imperial Hotel che ho visto a Torquay durante l’Agatha Christie Mile e che Pixy cove sia Beacon Cove, la baia preferita da Agatha. Ma forse è solo suggestione. Corpi al sole mi ha appassionato ancora, come e più della prima volta che l’ho letto, soprattutto per l’incastro contorto e brillante. L’unico particolare a non convincermi in pieno è “olfattivo”. Non dico di più per non fare spoiler, e tanto Poirot risponderebbe che l’istinto non può essere spiegato.

Avete letto Corpi al sole? Siete anche voi amanti dei gialli di Agatha Christie? Qual è il vostro giallo preferito?

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Agatha Christie mile, chicca per veri giallodipendenti

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Agatha Christie, o la vita avventurosa della Dama in Giallo

Poirot a Styles Court: l’esordio di Agatha Christie e di Hercule Poirot

Grandi scrittrici: a Torquay da Agatha Christie

Lascio Bath e la sua aria regency per cambiare completamente epoca, atmosfera e panorama. Il viaggio letterario continua e per raggiungere Torquay non posso che emulare Hercule Poirot e Miss Marple scegliendo il loro mezzo preferito. Come ricorderà chi ha letto i libri di Agatha Christie, infatti, nessuno dei due personaggi guidava e spesso arrivavano nelle località che poi sarebbero diventate teatro dei delitti in treno. Ovviamente quando sul treno stesso non succedeva qualcosa di tragico, come nel caso famosissimo dell’Orient Express. A mio rischio e pericolo, quindi, faccio il biglietto per Torquay, che costa 33 sterline. Il viaggio dura 2 ore e mezza circa e prevede due cambi, uno a Bristol Temple Meads e uno a Newton Abbot. Chiedo all’addetto di segnarmi i nomi delle due località e lui molto cortesemente mi stampa un biglietto con l’indicazione esatta delle stazioni e della durata del viaggio. La prima parte è più lunga e il treno è veloce, la seconda dura meno di un quarto d’ora su un treno vecchio stampo, quelli della speranza per intenderci. Come ho già scritto da qualche parte, prendere i mezzi pubblici è secondo me un modo per avvicinarsi di più alle persone del posto e anche stavolta non posso fare a meno di notare che cortesia, tono di voce basso e assenza di telefonate siano un registro comune. Poi, ma questo vale per l’intero viaggio, ho visto che leggere è il passatempo preferito della maggioranza dei passeggeri. Infatti ho anche fotografato qualche titolo per andare a curiosare online al ritorno. Il genere preferito a occhio mi è sembrato, indovinate un po’?, Thriller, of course. Tornando alla cortesia, la signora accanto a me, giuro, senza che le chiedessi nulla, non solo si è offerta di caricarmi il cellulare solo perché mi ha visto con il carica batterie in mano, ma l’ha anche staccato al momento giusto, cioè qualche minuto prima della fermata per darmi il tempo di preparare i bagagli senza rischiare di dimenticarlo attaccato! Santa british donna! Tra la stazione e il centro della cittadina ci saranno poco meno di due chilometri di lungomare da percorrere. Gambe in spalla, approfitto per dare  una prima occhiata distratta.

Torquay

Che vi devo dire, sarà che sono facilmente influenzabile, sarà che il luna park nella IMG_6079 (2)mia testa fa tanto Stephen King, sarà quello che volete, ma il primo aggettivo che mi viene in mente per descrivere l’atmosfera di Torquay è “inquietante”. Il cielo è plumbeo, la spiaggia deserta, i gabbiani gridano, le famiglie si radunano all’interno di questo parco giochi marino che mette tristezza solo a guardarlo e il fish and chips che prendo durante il tragitto per spezzare la fatica, mi guarda dal piatto e mi fa un triste ciao ciao. Quando arriviamo in cima alla collina, la famiglia che ci accoglie non fa che rafforzare quest’impressione: perfetta, troppo perfetta. E’ tutto perfetto: la casa, il sorriso della signora, l’accoglienza che ci riservano, il giro della casa che ci fanno fare e i biscotti al cioccolato che ci offrono, insieme a tè e acqua aromatizzata al cetriolo e alla menta. Non giudicatemi un’ingrata, ma tutto questo splendore un po’ mi acceca. Dove tengono il cadavere? Ci cambiamo, facciamo una piccola esplorazione dei dintorni e mettiamo a punto il programma della prossima giornata. Agatha, a noi due!

Siamo fortunati, perché nel frattempo la ditta di noleggio auto ci ha risposto: tutto ok, possiamo passare a prenderla. La padrona di casa ci fa trovare una colazione coi fiocchi, leggera come quella che facciamo di solito, e ci avviamo verso l’area di noleggio, sempre a piedi. Non è vicinissimo e ci inoltriamo verso i quartieri meno abbienti, o che almeno così sembrano all’apparenza. Prendiamo la macchina e salutiamo allegramente la ragazza terrorizzata che ci ha dato le chiavi. Le abbiamo infatti confessato che è la nostra prima volta con la guida a sinistra. E il suo panico direi che è ampiamente giustificato, visto che rischiamo di prendere tutta la fila di macchine parcheggiate appena l’accendiamo.

Kents Cavern

In qualche modo riusciamo ad arrivare, e a parcheggiare, il che non è banale come sembra, nei pressi della Kents IMG_6010 (2)Cavern. Se passate per Torquay, è un tour che vi consiglio caldamente di fare, soprattutto se come noi incappate in una giornata uggiosa. Dieci sterline il biglietto singolo per gli adulti, 9 quello ridotto per partecipanti dai 3 ai 15 anni, 38 sterline quello cumulativo per quattro persone, adulti o bambini. Se lo comprate online sul sito delle caverne risparmiate qualcosa, soprattutto su quello cumulativo. Il tour è guidato, inizia a orari prestabiliti e dura un’ora e mezza. Non è prevista traduzione, quindi è consigliabile un livello d’inglese non proprio base, anche se penso sia divertente anche in mancanza. Le guide sono ragazzi bravi a intrattenere bambini e adulti con giochi di luce, effetti speciali, racconti, leggende e similitudini. Avreste mai pensato che una roccia potesse somigliare a Michael Jackson? Eppure vi assicuro che è così. Se proprio devo trovare un difetto, ma proprio a cercare il pelo nell’uovo, direi che la visita è improntata su un’attività ludica per famiglie, mentre il sito può certamente suscitare interesse anche in appassionati di storia e preistoria, un target che preferirebbe un tour meno didattico e più approfondito. La Kents Cavern, infatti, è una grotta di roccia calcarea naturale, che si è formata sotto il mare circa 385 milioni di anni fa. È composta di corallo e ossa dei pesci, che si sono compattati insieme fino a formare una massa solida. Nel corso di milioni di anni, la massa di roccia si è spostata lungo la crosta terrestre attraverso le piastre tettoniche fino a giungere dov’è attualmente. Circa 2,5 milioni di anni fa un fiume sotterraneo cominciò ad erodere l’interno della massa e a creare il sistema di grotte che possiamo ammirare oggi. Interessante anche la storia della sua scoperta: i priIMG_6012 (2)mi ad avvventurarsi furono nel 1500 gli abitanti di Torquay più coraggiosi. Solo nel 1825 le ricerche divennero scientifiche, quando un giovane prete irlandese, father John Macenery, fu accompagnato lì da un amico e cominciò gli scavi, dando ai tunnel i nomi che hanno ancora oggi. Pensate che per molti anni le sue scoperte vennero tenute segrete perché contraddicevano sia le teorie religiose sia quelle scientifiche dell’epoca. Comunque, direi che l’impostazione giocosa del tour corrisponde sostanzialmente a una predilezione anglofona per il learning by doing e forse, tutto sommato, strizza l’occhio alla maggioranza dei visitatori, persone in vacanza al mare che nei giorni di pioggia cercano un diversivo. Se amate il genere, sappiate che all’interno delle caverne potrete anche sposarvi e che sono aperte tutto l’anno, con una temperatura fissa di 14 gradi. Portatevi una felpa pesante!

Il museo di Torquay

A poca distanza dalle caverne c’è l’altro appuntamento imperdibile di Torquay, un’altra carta da giocarsi quando il sole sparisce dietro le nubi: il museo cittadino. Imperdibile soprattutto per la sala dedicata ad Agatha Christie, perché il resto non lo definirei memorabile. Anche il museo sembra impostato su una didattica per bambini che probabilmente è funzionale ai principali utenti, cioè le scuole. Una sala egizia, una preistorica, una (a sorpresa) dedicata a una mostra su Star Wars e un’altra alle favole e poi lei, la regina del giallo, Agatha Christie, che giustamente ha un posto d’onore all’interno e che da sola vale il prezzo del biglietto (6,45 sterline per adulti, la metà nella fascia 3-16, apertura dal lunedì al sabato dalle 10 alle 16).

All’entrata della sala, alcune gigantografie ritraggono Agatha da giovanissima, quando ancora non era l’artista celebre che tutti conosciamo. Poi ci sono alcuni suoi effetti personali, decine di prime edizioni dei suoi romanzi, la macchina da scrivere, la sua IMG_6028 (2)pelliccia, le note scritte a mano, gli appunti iniziali di quello che poi diventerà Assassinio sul Nilo, le fotografie, i costumi di Poirot e Miss Marple. Una targhetta ci tiene a specificare che oggi le pellicce non vengono quasi più utilizzate, ma che una volta erano di gran moda e l’autrice vestiva come una signora. La mia coscienza ecologica non si era sentita tradita, ma probabilmente hanno preferito non rischiare. Nella galleria, alcuni pannelli informativi illustrano con grande chiarezza fatti anche poco conosciuti della sua vita e del suo lavoro, dalla sua infanzia ad Ashfield, fino agli anni successivi, trascorsi a Greenway (ma di questi aspetti vi parlerò più approfonditamente nel focus a lei dedicato, n.d.r.). Soprattutto, i curatori della mostra puntano sullo studio e il salotto di Poirot, interamente ricostruiti, compresi mobili, libri, immagini e perfino i camini del suo appartamento Art Deco IMG_6054 (2)di Londra.

I mobili e gli oggetti, finti ma che riproducono fedelmente i veri mobili d’epoca, sono stati utilizzati per l’adattamento TV di Poirot e donati al museo nel 2013, al termine dell’ultimo episodio. L’attore David Suchet, quasi universalmente riconosciuto come il miglior interprete di Poirot, ha visitato poco dopo il museo per vedere e filmare i mobili mentre stava girava un documentario intitolato “Essere Poirot”. L’attore ha anche gentilmente prestato al museo il bastone da passeggio che accompagna fedelmente Poirot nelle sue indagini. Il giro mi piace e mi appassiona, come tutto quello che riguarda Agatha, però devo anche dire che gli ambienti ricostruiti perdono molto del loro fascino cinematografico. Che i mobili siano finti e a buon mercato è palese e mi sembra quasi di trovarmi su un set a riprese finite e troupe a festeggiare la fine chissà dove, non so se rendo l’idea. Gli unici pezzi veri, e si vede, sono la credenza, un pezzo pregiato di Art Deco, e la sedia dello studio, che il museo ha acquisito grazie alla donazione della casa editrice di Agatha Christie, HarperCollins.

Al piano terra, la mostra di Star Wars non è male e ci sono anche i costumi per travestirsi. Cosa potevo scegliere io? Naturalmente Darth Vader, anche perché non ho trovato quelli di Yoda. L’unico piccolo problema è che mi sono accorta un po’ tardi…ehm…di essere ripresa dalle telecamere e per una che si era presentata alla cassa tutta seria e studiosa a chiedere informazioni su Agatha Christie non è proprio il massimo. Meno male che almeno indossavo la maschera, perché quando già pensavo di risolvere uscendo a testa bassa dal museo mi sono accorta che dovevo obbligatoriamente ripassare davanti alle casse perché nel frattempo il cancello principale era chiuso essendo finito l’orario di entrata.

L’Agatha Christie mile

IMG_6114Con italica faccia tosta, mi sono tolta dall’impaccio facendo finta di studiare attentamente la mappa dell’Agatha Christie mile. Cos’è? Un omaggio di Torquay alla sua illustre cittadina, che ripercorre i punti principali a lei legati con targhe commemorative posizionate su (quasi) ogni punto.

Ma del mio personale Agatha Christie mile vi parlerò nella prossima puntata

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Il conte di Montecristo – Alexandre Dumas padre

Il conte di Montecristo. Un viaggio intrigante nell’animo umano e nell’umana miseria. Spiazzante. Soprattutto per quelli, come me, convinti erroneamente di averlo già letto solo perché conoscono la trama a grandi linee, o perché hanno visto uno dei film tratti dal romanzo. Per fortuna mi sono resa conto dell’errore quando ho cercato in lungo e in largo il libro a casa senza trovarlo. Dovevo assolutamente colmare questa lacuna inaudita e così ho fatto. Ti penti? Chiederebbe sicuramente Edmond, il Conte. No, no e poi no, risponderebbe una novella Haydée. Mi rendo conto di essere criptica e faccio un passo indietro.

La trama

Marsiglia, 1815, anno della Restaurazione Borbonica. Edmond Dantès è un giovane marinaio che sta per essere promosso a capitano e in procinto di sposarsi con l’amata Mercédès. Danglars, anch’egli aspirante alla nomina, organizza una trappola per incastrare Edmond e strappargli l’agognata promozione. Con la complicità di Fernand Mondego, cugino di Mercédès e dichiaratamente innamorato di lei, e Gaspard Caderousse, invidioso vicino di casa di Dantès, Danglars scrive una lettera anonima, dove denuncia Edmond di essere un agente bonapartista. La missiva finisce nelle mani del sostituto procuratore del re Gérard de Villefort. Quest’ultimo lo fa incarcerare a vita nella prigione nel Castello d’If. Qui fa la conoscenza dell’abate Faria, che da anni sta scavando un tunnel sotterraneo nella speranza che lo conduca fuori dalla fortezza. Dopo 14 anni di prigionia Dantès, sotto le mentite spoglie del Conte di Montecristo, ritorna a Marsiglia per vendicarsi di tutti quelli che lo hanno incastrato.

Splendido e terribile 

Un romanzo che trasporta chi avrà l’ardire di leggerlo, e la pazienza di dipanare tutte le matasse che Dumas costruisce per confonderlo, in un mondo meraviglioso. Ci sono, infatti, tutti gli elementi giusti per renderlo indimenticabile: avventura, mistero, vendetta, gelosia, amore, passione, rabbia, orgoglio, lussuria, vizio, brama di possesso. E un protagonista di cui innamorarsi perdutamente. Tutt’altro che perfetto, certo, ma splendido e terribile insieme nella sua convinzione di incarnare la mano di Dio tornata per infliggere il castigo ai colpevoli.

Non scoraggiatevi

Milleduecento pagine possono scoraggiare i lettori più incalliti, ma voi non fatelo, non scoraggiatevi. Cimentatevi e abbiate la forza di attendere che tutti i tasselli preparatori di Dumas si inseriscano nel posto giusto, perché dopo le “prime” 600 pagine il ritmo crescerà inesorabilmente e vi ritroverete come me, in subbuglio. Il conte di Montecristo avrei voluto divorarlo. Eppure, eppure l’ho centellinato perché non volevo che finisse!

Da leggere, leggere e rileggere ancora, per assaporare un capolavoro in tutte le sue sfumature. Perché il Conte, ah!, lui sì che ne ha di sfumature, altro che cinquanta.

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