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Clan Delon, tra cane e lupo non mettere il dito

Il clan Delon messo a nudo da Anthony, che con l’autobiografia Dolce e crudele, questo il titolo italiano, decide di raccontarci la sua famiglia partendo dalle ombre che l’hanno sempre caratterizzata. Operazione riuscita? Venite che vi racconto.

Trama

Figlio di un mostro sacro del cinema e di un’attrice amante della libertà, Anthony Delon squarcia il velo sulla sua famiglia e sulla sua vita, offrendo un ritratto della sua infanzia, degli anni della giovinezza, della malattia della madre, alla quale è rimasto vicino fino all’ultimo giorno. Al centro del racconto il rapporto tormentato con il padre, la violenza psicologica, la difficoltà di vivere nella sua ombra, il senso di abbandono, ma anche l’amore della tata e del padrino Georges Beaume, che l’ha salvato. In questo libro pone a se stesso e ai lettori una domanda universale. Come superare le paure, le ferite, le delusioni? Come non riprodurre il modello imposto dalla famiglia, dove l’amore è stato la prima vittima di una maledizione che si tramanda di generazione in generazione? 

Tra il giorno e la notte

Il titolo originale di questa autobiografia è Tra cane e lupo, un’espressione francese che significa “all’imbrunire, al calar della notte”. Quell’ora del giorno, cioè, in cui la luce è incerta, l’ora in cui il cielo a volte è blu scuro, momento in cui è difficile distinguere oggetti o esseri. Come distinguere un cane da un lupo? Il cane simboleggia il giorno e la luce, protettiva, mentre il lupo rappresenta la notte dove sorgono paure, ansie e incubi. Prima di queste paure, tra cane e lupo appunto, vengono il dubbio e la preoccupazione del crepuscolo. Come quasi sempre, il titolo originale è più calzante e allude all’ambiguità di fondo che domina i rapporti in questa famiglia, come se fossero sempre in bilico tra la distruzione totale e la rinascita improvvisamente. Anthony Delon si riferisce alla sua famiglia chiamandola “Clan Delon” e le dinamiche sembrano proprio quelle di un clan. Un clan in cui le regole vengono scritte e stracciate continuamente dal capoclan. 

Alla ricerca di un’identità 

Anthony descrive se stesso come un bambino solo e indifeso, lasciato da entrambi i genitori, giovani quando è nato, alla cura di altri, le vere rocce salde della sua vita. Il racconto, quindi, si dipana tra un’infanzia e un’adolescenza essenziamente infelici, sempre a cercare di schivare i colpi di un padre pronto a diventare lupo nei momenti più impensati e una madre che vive la sua vita lontano dal figlio, e una vita adulta in cui il figlio di è alla costante ricerca di una sua identità. Identità che, dice, ha trovato grazie alle sue figlie e al suo voler essere un padre presente, laddove le sue figlie sono alle prese (come lui) con una madre lontana. Una madre che comunque lui adora, mentre fatica ad accettare il padre che gli è capitato in sorte. 

Non squarcia il velo

C’è un grande mah in questa autobiografia, che avrebbe invece potuto “squarciare un velo” (come recita la sinossi). Anthony Delon decide di lasciare le ombre al loro posto, forse per non svegliare il can e il lupo che dorme. O forse per non tradire quel clan di cui lui fa parte a pieno titolo, soffrendo delle stesse pulsioni violente e autodistruttive. Perché, andando a leggere tra le righe, gli affari poco chiari non sono solo quelli del genitore. E anche Anthony, come padre, ha recuperato solo in vecchiaia il rapporto con la prima figlia Alyson Le Borges, illegittima, che oggi fa l’attrice. Rapporto di cui nel libro non fa cenno, riferendosi solo ed esclusivamente alle due figlie avute dal matrimonio. Perché? Mi piacerebbe chiederglielo. Eppure l’ha riconosciuta, mentre il presunto figlio illegittino di Alain Delon, Christian Aaron Boulogne, è deceduto senza essere mai stato riconosciuto. In definitiva, trovo che il lavoro sia interessante perché comunque descrive un rapporto genitori-figli che avvicina persone famose a tutti noi; al netto di ville, scuole e vacanze esclusive, in fondo, quello che tutti vogliamo e cerchiamo è solo amore.

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Durian Sukegawa e Le ricette della signora Tokue contro i pregiudizi

Di Durian Sukegawa è uscito da poco l’ultimo romanzo, Il sogno di Riōsuke. Io, in proverbiale ritardo sulle letture, ho recuperato il suo successo inaspettato, Le ricette della signora Tokue. Mi aspettava su uno scaffale della biblioteca di quartiere, in cui sono tornata per la prima volta dopo le chiusure e gli ingressi contingentati dell’era Covid. Ho ritrovato un ambiente familiare, addetti desiderosi di parlare di libri con i (pochi) avventori e quella mania dei libri di attaccarsi alle mani come calamite. Detto fatto, ho portato a casa la signora Tokue e i suoi dorayaki e Yoga, di Emmanuel Carrère, di cui vi parlerò a seguire. Intanto, infiliamoci per un attimo nella tenerezza di questa piccola e anziana donna giapponese, vi va?

Trama 

Sentaro è un uomo di mezza età, ombroso e solitario. Pasticciere senza vocazione, è costretto a lavorare da Doraharu, una piccola bottega di dolciumi nei sobborghi di Tokyo, per ripagare un debito contratto anni prima con il proprietario. Da mattina a sera Sentaro confeziona dorayaki e li serve a una clientela composta principalmente da studentesse chiassose che si ritrovano lì dopo la scuola. Il pasticciere infelice lavora solo il minimo indispensabile: appena può abbassa la saracinesca e affoga i suoi dispiaceri nel sakè, contando i giorni che lo separano dal momento in cui salderà il suo debito e riacquisterà la libertà. Finché all’improvviso tutto cambia: sotto il ciliegio in fiore davanti a Doraharu compare un’anziana signora dai capelli bianchi e dalle mani nodose e deformi. La settantaseienne Tokue si offre come aiuto pasticciera a fronte di una paga ridicola. Inizialmente riluttante, Sentaro si convince ad assumerla dopo aver assaggiato la sua confettura an. Sublime. Nel giro di poco tempo, le vendite raddoppiano e Doraharu vive la stagione più gloriosa che Sentaro ricordi. Ma qual è la ricetta segreta della signora Tokue?

Amore

La ricetta della signora Tokue è semplice: amore. Forse non più così semplice, in un mondo che va sempre più di corsa verso il baratro e lascia indietro le categorie non gradite: i fragili, gli anziani, in generale le persone che non si uniformano a uno standard di vita preconfezionato. Queste anime diverse, però, a volte si incontrano e danno vita a questo sentimento di cui molti hanno paura: amore. Amore contro la violenza, la segregazione, la vita ai margini. Anime che esprimono gratitudine, nonostante tutto. E’ così che Durian Sukegawa descrive l’atmosfera che permea il romanzo, a partire dalla preparazione dell’an, il ripieno di fagioli rossi del dorayaki. 

E gratitudine 

L’an è fatto di piccoli fagioli rossi. Nella realtà un fagiolo sarebbe semplicemente un fagiolo. Ma nella bollitura sono implicite infinite possibilità di moltiplicazioni in termini di peso e forma. Quando noi abbiamo a che fare con dei fagioli da cuocere, dobbiamo porgere i nostri rispetti a tutto l’universo che è presente in un singolo fagiolo. Questa mentalità porta a una reale gratitudine per gli ingredienti che compongono una pietanza”. Così Durian Sukegawa parla della salsa che dà inizio alla storia. La signora Tokue la prepara prestando attenzione al singolo fagiolo. Un atteggiamento quasi incomprensibile per noi occidentali, ma che smuove qualcosa nell’ex galeotto Sentaro. Il quale fino a questo incontro con l’anziana signora aveva una sola religione, la bottiglia, e tanti debiti. Anche la signora Tokue ha avuto una vita difficile e tanti problemi di salute, ma questo non le ha impedito di cogliere il bello di un’esistenza trascorsa ai margini

Ricordi dolciamari

Una storia semplice, una fiaba con finale agrodolce, una ricetta da tramandare e un piatto che scatena ricordi dolciamariDurian Sukegawa, con le sue lauree in filosofia orientale e pasticceria giapponese (sì, esiste anche questa laurea) è riuscito a lasciare un’impronta lieve nella mia anima di lettrice. Saranno diversi i nostri ingredienti e i piatti, ma il sentimento è lo stesso. E poi, di contorno ma non troppo, Durian Sukegawa ci racconta di questa pagina nera della storia giapponese, la segregazione dei lebbrosi nei sanatori anche dopo la guarigione dalla malattia. Retaggi del passato? Un passato più recente di quanto pensassi e, comunque, con un monito sempre in agguato: la diversità fa paura a chi non sa aprirsi a ciò che gli altri hanno da dire. 

“Si tratta di osservare bene l’aspetto degli azuki. Di aprirsi a ciò che hanno da dirci. Significa, per esempio, immaginare i giorni di pioggia e i giorni di sole che hanno vissuto. Ascoltare la storia del loro viaggio, dei venti che li hanno portati fino a noi”.

E per voi? Qual è il piatto che vi scatena ricordi dolciamari?

Curiosità

Dal libro è stato tratto un film, An, per la regia di Naomi Kawase, presentato al festival di Cannes e al Toronto film festival nel 2015.

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Finché il caffè è caldo, romanzo o sceneggiatura?

Finché il caffè è caldo, “caso letterario” del 2020, finisce casualmente nelle mie mani e io, senza sapere quasi niente, inizio a leggerlo. Qualche minuto dopo, rialzo la testa perplessa: ma, ma…è un romanzo o una sceneggiatura? Ora vi racconto.

Trama

In Giappone c’è una caffetteria speciale. Si narra che finché il caffè è caldo sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l’unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere. Ma c’è una regola da rispettare: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato. Qualcuno si siede su una sedia con davanti una tazza fumante. Fumiko, che non è riuscita a trattenere accanto a sé il ragazzo che amava. Kòtake, che insieme ai ricordi di suo marito crede di aver perso anche sé stessa. Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella. Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre. Ognuna di loro ha un rimpianto. Ma tutte scoprono che il passato non è importante, perché non si può cambiare. Quello che conta è il presente che abbiamo tra le mani. Quando si può anco decidere ogni cosa e farla nel modo giusto. La vita, come il caffè, va gustata sorso dopo sorso, cogliendone ogni attimo.

Titolo hot della zona rossa

Intanto, ragionando come farebbe un asiatico, mi chiedo se sia un caso che abbia finito il romanzo proprio il 6 giugno, giorno in cui un doodle ricorda la nascita nel 1851 di Angelo Moriondo. E chi è, direte voi? Un torinese, l’inventore della macchina da caffè espresso moderna, presentata all’Expo 1884 di Torino. Questo è un periodo in cui, per caso o anche no, mi capitano serie e libri su questo argomento. Sarà perché ne bevo troppo? Haha! Può darsi. Tornando a noi. Finché il caffè è caldo è stato uno dei titoli hot, è proprio il caso di dire, del 2020. Quando altrove impazzava il Dalgona coffee, in Italia le persone confinate in casa impazzivano per questo titolo Garzanti. Qual è il motivo di tanto successo?

Le ragioni del successo

Provo a capire. Innanzitutto, una copertina e un titolo accattivanti. Un tema che fa sempre presa: poter tornare nel passato e correggere gli errori. Un’ambientazione che piace sempre: un bar dove succedono cose fantastiche. E le regole da seguire per riuscire nel proprio obiettivo, incontrare qualcuno che si è già incontrato in precedenza lì. In verità, le regole sono tante e un po’ stringenti. Artefizio probabilmente necessario a far sì che si accorciasse la platea degli interessati. Il tavolo in cui potersi sedere, infatti, è uno solo e ci si può sedere solo in rari momenti in cui non è occupato da una donna misteriosa.

Come la sceneggiatura di un film

Quello che non funziona, secondo me, è il modo in cui Toshikazu Kawaguchi, al suo esordio come scrittore, decide di far svolgere gli eventi. Cioè come se Finché il caffè è caldo fosse la sceneggiatura di un film o, peggio, un soggetto un po’ più esteso. I personaggi e gli accadimenti si muovono come se fosse un canovaccio sul quale poi innestare una scena. Niente di più. Non c’è pathos, non c’è calore, a parte il fumo che esce dal cafffè. Dei personaggi non sappiamo quasi niente, alcune storie vengono troncate, altre non partono proprio (chi è la donna che legge? Temo che non lo sapremo mai), in quella finale c’è un’eccezione alla regola, ma forse neanche lo scrittore se n’è accorto. O c’è un motivo? Non conoscevo nulla dell’autore di Finché il caffè è caldo e, dopo qualche pagina, sono andata a controllare. Effettivamente è uno sceneggiatore e sulla base di questo romanzo è stato realizzato un film nel 2018 (il romanzo è datato, del 2010). Indovinate come s’intitola il film? Café Funiculi Funicula, così, senza accento finale. Evito di commentare, ma se volete lasciare un commento fate pure 🙂 

cafè funiculi funicula
La locandina del film Cafè funiculi funicula

Un grande potenziale

Finché il caffè è caldo posso dirlo: un grande potenziale non sfruttato, credo che la mia incursione in questa serie finisca qui. Sì, perché nel frattempo ne sono stati pubblicati altri due, sempre sullo stesso argomento. Il successo non si discute, se piace ai lettori piace a tutti. Probabilmente, il fascino di una possibilità di redenzione, di tornare nel passato (o nel futuro) per parlare con una persona cara, supera di gran lunga i difetti stilistici e narrativi. Il consiglio che mi sento di darvi, però, è questo: se vi piace la letteratura asiatica, sappiate che troverete una profondità e una ricerca linguistica senza pari. Cercate altro, perché troverete delle gemme preziose. Alcune cerco e cercherà di presentarvele qui, se avrete pazienza di leggermi. Iscrivetevi alla newsletter per non perdere gli aggiornamenti, è facile (box in homepage in alto a destra) e non stresso più di una volta al mese.

Intanto ditemi: a voi Finché il caffè è caldo è piaciuto? E perché? 

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Parigi val bene una messa. E una mousse al cioccolato

Parigi val bene una messa. E anche un dattero. E anche una mega mousse al cioccolato per pranzo. E anche tante altre cose non proprio classiche da fare se non è la prima volta che la visitate, se rimanete più di un weekend o, più, semplicemente, se siete in cerca di qualche metà non proprio usuale per il vostro viaggio nella capitale di Francia. Parigi è sempre una buona idea? Dipende. Ora vi do qualche spunto per fare amicizia con l’Europa più decante, chic e pop allo stesso tempo. Come è stato anche per New York, non vi parlerò (solo) delle mete classiche, quelle le scoprirete da soli. Vi racconto alcune chicche che ho testato girando. Se New York è una città che si ama o si odia, senza mezze misure, Parigi ha un fascino innegabile. Dietro la facciata, però, cosa si nasconde? A ogni suggerimento, ho associato un film francese famoso e un numero. Il film indica la tipologia di tappa (monumenti, musei, cibo…), mentre il numero segue il criterio della prossimità, così potrete facilmente costruirvi il vostro giro come più vi piace. Pronti? Venite con me a spasso per la Ville Lumière!

Il fantasma della libertà (1974)

Quattordici episodi si susseguono senza alcun legame, concatenati in una sorta di staffetta solo dal fluire dei personaggi. Tra gli altri: dei monaci impegnati in una partita a poker, due genitori che cercano la figlia mentre questa è sotto il loro occhi, un prefetto profanatore di tombe. Terzo e ultimo atto di una ideale trilogia sulla libertà scritta insieme allo sceneggiatore Jean-Claude Carrière, dopo La via lattea (1969) e Il fascino discreto della borghesia (1972).

Il tour dell’Opéra

Credo che ora non lo facciano più, ma il mio è stato un tour un po’ particolare, “Inside Opéra”, che consisteva in un gioco, un escape game. Con l’acquisto del biglietto, mi hanno mandato un invito, come se fosse un evento del passato. All’entrata, ci hanno dato la mascherina del fantasma dell’Opera e una mappa. In sostanza, il gioco era questo: cose strane stanno accadendo dietro le quinte in questo luogo leggendario. Potrebbe essere il Fantasma dell’Opera tornato a causare il caos? Guidati da attori in costume e da una serie di indizi, dovevamo risolvere il mistero e fuggire dal teatro dell’Opera. Ovviamente, per me che ho visto Il fantasma dell’Opera tre volte tra Londra e New York, è stata un’occasione imperdibile. Non solo è stato divertente, ma il gioco era fatto in modo da farti notare dei particolari dell’interno che mai avrei visto da sola. Quindi, vi consiglio un tour del Palazzo, è molto interessante. Fate solo attenzione a non scegliere una giornata di prove, perché altrimenti non vi faranno vedere la sala concerti. Io l’ho vista e ho scattato foto dal palco del Fantasma. Un’emozione unica! 

Fuoco fatuo (1963)

Il film narra gli ultimi giorni di vita di Alain, un uomo intossicato dall’alcool e stanco della propria esistenza. Gli incontri che ha con alcuni amici gli danno l’esatta sensazione dell’assoluta estraneità esistente tra lui e il prossimo. Dopo essere fuggito dall’amico Doubourg, che gli consiglia di trovare una qualsiasi sistemazione, Alain incontra Jeanne: un incontro doloroso che gli conferma la sua impotenza di vivere e la percezione precisa della fine imminente. Neanche l’incontro con Solange, una donna bella e generosa, riesce a placare l’angoscia di Alain. Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia. Il soggetto è tratto dal romanzo Fuoco fatuo (Le feu follet) di Pierre Drieu La Rochelle.

Notre-Dame de Paris

Dell’incendio di Notre-Dame de Paris vi ho già parlato in questo post. La cattedrale dovrebbe riaprire al pubblico, se tutto va bene, nel 2024, anno dei Giochi Olimpici di Parigi. Sembra che il piano sia far entrare turisti e fedeli dalla porta centrale invece che dalle porte laterali, per far loro seguire un percorso centrale dalla navata al coro. Quindi, posso dire di essere stata una delle ultime persone a entrare dalla porta laterale, dato che l’incendio si è sviluppato il pomeriggio e io l’avevo visitata la mattina. Certo, fossi uno che deve entrare dalla porta principale, non mi sentirei tanto tranquillo. Una leggenda, infatti, vuole che le serrature e le cerniere decorate del portale principale della Cattedrale di Notre-Dame siano opera del Maligno in persona. Sempre secondo la leggenda, il giovane fabbro Biscornet,  scoraggiato dalle difficoltà, donò la propria anima a Satana in cambio di aiuto. Sembrava strano, infatti, che un lavoro così perfetto fosse stato realizzato da un uomo solo. Il giorno dell’inaugurazione, per aprire le porte furono necessari esorcismi e acqua santa, mentre Biscornet morì di lì a poco. Oggi soltanto la porta laterale di sinistra che affaccia sulla piazza conserva le serrature originali. Bistrattata e più volte sul punto di essere distrutta, è da vedere perlomeno per le vicende storiche di cui è stata testimone: sul suo altare è stato incoronato Napoleone, beatificata Giovanna d’Arco e dato l’addio alle più importanti figure politiche francesi. Anche se dobbiamo ringraziare solo lo scrittore Victor Hugo e il suo celebre romanzo Notre-Dames de Paris se ancora oggi possiamo ammirarla. 

Chiesa di Saint-Étienne-du-Mont 

Questa piccola chiesa potrebbe sfuggirvi perché fagocitata dalla presenza di diversi monumenti e, soprattutto, dal Pantheon. Se però volete darle un’occasione ed entrare, non ve ne pentirete. All’interno, erano deposte le reliquie di Santa Genoveffa, patrona di Parigi, e vi sono ancora le spoglie del filosofo francese Blaise Pascal e dellos scrittore Jane Racine. La chiesa è il risultato del mescolamento di diversi stili, classico, gotico e rinascimentale. Un mix dovuto ai tempi di costruzione, tra il 1492 e il 1626. Sculture e statue, invece, furono aggiunte nell’Ottocento. L’interno è, quindi, molto interessante: in particolare, vi segnalo il più antico organo di Parigi, le vetrate dietro il coro, la tribuna pensile di marmo bianco e il pulpito. Considerate che questa è l’unica chiesa di Parigi che ha conservato il tramezzo. Woody Allen l’ha utilizzata in Midnight Paris: è proprio sulla sua scalinata, sul lato di Place de l’Abbé-Basset, che ogni sera il protagonista Gil Pender – Owen Wilson attende che i suoi “amici” degli anni ’20 lo passino a prendere. 

Pantheon

Il Pantheon è il monumento più visibile del quartiere latino e con una piazza antistante molto animata. Ha cambiato più volte destinazione: prima sarebbe dovuto essere una chiesa dedicata a Santa Genoveffa. poi divenne mausoleo con la rivoluzione francese, poi un tempio dedicato alla libertà, di nuovo chiesa sotto Napoleone, in seguito tempio e alla fine mausoleo. Oggi, la sua cripta ospita molti personaggi illustri:  Voltaire, Louis Braille, Jacques-Germain Soufflot, Victor Hugo, Marie Curie e Alexandre Dumas padre. Diciamolo sottovoce per non offendere nessuno, è considerato la bella copia dell’originale, il Pantheon di Roma.

Saint Chapelle

Adesso che Notre Dame è fuori combattimento, a maggior ragione se vi piace l’architettura gotica dovete assolutamente visitare questo edificio. Soprattutto per le vetrate, che sono a dir poco eccezionali. Le vetrate raffigurano1.113 narrazioni bibliche distribuite su 15 finestre e oggi è una delle più antiche e meglio conservate opere vetrarie di stanpo religioso al mondo. Quindi, preparate la macchina fotografica perché vi servirà. 

Grazie per la cioccolata (2000)

Grazie per la cioccolata (Merci pour le chocolat) è un film diretto da Claude Chabrol e tratto dal romanzo The Chocolate Cobweb della scrittrice americana Charlotte Armstrong. Fu presentato fuori concorso alla 57ª Mostra del cinema di VeneziaA Losanna André Polonski, pianista di talento, e Mika Muller, direttrice dell’azienda del cioccolato Muller, convolano a nozze per la seconda volta dopo un breve matrimonio di molti anni precedente. André si era in seguito risposato con Lisbeth, che gli ha dato un figlio, Guillaume. Ma il giorno dell’anniversario dei suoi dieci anni di matrimonio, Lisbeth e’ morta in un incidente di macchina. La giovane Jeanne Pollet, che si sta preparando per il concorso di pianoforte di Budapest, viene casualmente a sapere di essere stata scambiata il giorno della nascita con Guillaume Polonski. Alla ricerca delle sue origini e di un mentore, Jeanne si introduce in una famiglia che non e’ la sua.

Mousse al cioccolato

Incastrando bene gli orari, vi consiglio di fermarvi in questo bistrot francese di cucina provenzale, che si trova nel quartiere Marais (vedi sotto). Se cercate un posto dove ritrovare l’atmosfera di Parigi, Chez Janou fa per voi. Ho detto incastrando bene gli orari perché è piccolo e affollato. Io ho anticipato un pochino il pranzo per godermi il pasto in santa pace e penso di aver fatto bene. Intorno a me, molti parigini in pausa pranzo a chiacchierare piacevolmente senza fretta. Ancora una volta, osservandoli, ho capito perché le francesi non ingrassano. Io, invece, mi sono sicuramente alzata con un paio di chili in più. Colpa della meravigliosa e gigantesca mousse al cioccolato che servono. Funziona così: una specie di all you can eat alla francese. Ti lasciano sul piatto una gigantesca zuppiera, dalla quale puoi pescare fino a (letteralmente) scoppiare. Purtroppo, sapevo di questa mousse al cioccolato ottima, per questo l’ho scelto, ma non che funzionasse così il consumo. Ho ordinato troppo, avrei dovuto fare come i francesi, piattino, chiacchierata e, dulcis in fundo, il paradiso! Indirizzo: 2 Rue Roger Verlomme.

Utopie

Ho avuto la fortuna di incontrare questa boulangerie perché non molto distante dall’appartamento che ho affittato e pur trattandosi di un piccolo forno di quartiere, vorrei segnalarvelo perché merita veramente. E a prezzi contenuti avrete prodotti migliori di quelli che vendono in pieno centro. Dove pescate pescate bene, i prodotti sono tutti freschi e sfornati al momento giusto, la scelta potrebbe essere un po’ complicata! Potreste abbinare una visita qui a una passeggiata nel Parco des Boutte – Chaumont, oppure a Città della Scienza (vedi sotto), o ancora, al giro di Belleville per il tour dei Malaussène (vedi sempre sotto). Oppure niente di tutto questo, andate solo a mangiare. Segnatevi l’indirizzoBoulangerie Utopie, 20 Rue Jean-Pierre Timbaud

Il mercato arabo

Devo ritrovare l’indirizzo esatto della piazza in cui si svolge questo mercato che ho scoperto per caso. Comunque, si trova nei dintorni di Città della Scienza. Qui ho comprato e mangiato i datteri più buoni che abbia mai assaggiato in vita mia. Infatti, i clienti del banco erano quasi tutti arabi e li compravano a pacchi.

Rush bar

Questo è un posticino che vi consiglio per una birretta e un pomeriggio o serata in compagnia, soprattutto se volete guardare una partita. I proprietari del pub sono gentilissimi, vi daranno il telecomando per cercare la partita che vi interessa (o lo faranno loro se glielo chiedete). Volendo, ci sono anche alcuni tavolini all’esterno.  Indirizzo: Rush bar32 Rue Saint-Sébastien

Appuntamento a Belleville (2003)

In realtà questo film di animazione ha il quartiere omonimo di Parigi solo nel titolo, ma è ambientato in una città immaginaria, Belleville, appunto. La trama: Quando Champion, il nipotino appassionato di gare ciclistiche scompare, la nonna si mette sulle sue tracce con l’aiuto di altre due anziane signore.

Il tour dei Malaussène

Dei Malaussène di Daniel Pennac vi ho già parlato a più riprese, è una di quelle serie che, seppur lentamente, uscita dopo uscita finirò perché mi diverte moltissimo. Vi basti qui sapere che ho girato in lungo e in largo per il quartiere di Belleville, alla ricerca dei luoghi dei fratelli Malaussène. Un altro dei miei viaggi letterari, insomma.

Venere in pelliccia (2013)

Tratto dall’omonimo romanzo erotico ottocentesco di Leopold von Sacher-Masoch. Thomas è un regista teatrale che sta cercando l’attrice giusta per il ruolo di Vanda nel suo adattamento per le scene del romanzo «Venere in pelliccia» di Leopold Von Sacher-Masoch. Arriva in teatro fuori tempo massimo Vanda, un’attricetta apparentemente del tutto inadatta al ruolo se non per l’omonimia. La donna riesce a convincerlo all’audizione e, improvvisamente, Thomas viene attratto dalla trasformazione a cui assiste. Ha così inizio un sottile e ambiguo gioco a due. La regia è di Roman Polanski e il film è un adattamento per lo schermo di uno spettacolo teatrale di David Ives.

Sex & The City tour

Il Sex and the City tour si chiude proprio qui, a Parigi! Anche se le tappe sono solo dodici, le location parigine non hanno nulla da invidiare a quelle americane. E anche se a Carrie manca troppo Big per vivere la favola come avrebbe potuto!
Ma andiamo con ordine. Sex and the City il telefilm si chiude proprio a Parigi, con le puntate 19 e 20 della sesta stagione: “An American Girl In Paris: Part Une” e “An American Girl In Paris: Part Deux”. Carrie accetta l’invito del suo uomo, Alexandr Petrovsky, a trasferirsi e molla tutto, lavoro, amiche e Mr. Big. Ero un po’ incerta su come presentarvelo: meglio seguire l’ordine delle puntate o quello dei quartieri? Alla fine ho privilegiato il secondo: il tempo in viaggio è sempre poco e rischiereste di girare in tondo per i quartieri. Una cosa coerente con il telefilm però l’ho lasciata: la fine, perché è talmente romantica che anche il nostro Sex and the City tour di Parigi deve chiudersi lì. Di conseguenza, il numero degli arrondissement sarà dal più alto al più basso, così anche la tappa iniziale coinciderà con quella vista in tv. Se, invece, avreste preferito l’ordine del telefilm, alla fine di ogni tappa troverete il numero corrispondente secondo il criterio della serie, così potrete facilmente decidere quale tappa visitare per prima. Pronti? Dior in spalla e si parte!

Microcosmos. Il popolo dell’erba (1996)

Documentario scritto e diretto da Claude Nuridsany e Marie Pérennou. Ha come protagonisti gli animali che popolano i prati, in particolare gli insetti e altri invertebrati come ragni e chiocciole. Presentato fuori concorso al 49º Festival di Cannes, è stato premiato con il Grand Prix tecnico.

Parco des Butte – Chaumont

Parco vicinissimo al bed & breakfast in cui ho soggiornato. Forse, senza questa fortunosa coincidenza, l’avrei saltato. Invece voglio segnalarvelo, perché secondo me merita almeno una passeggiata. Per lo stesso motivo, ho incontrato la boulangerie Utopie, che è lì a due passi (vedi sopra). Il Parco des Butte -Chaumont è  terzo giardino più grande della capitale francese dopo Parc de la Villette e Jardin des Tuileries. Fu realizzato nella seconda metà dell’ottocento su commissione di Napoleone III, sotto il controllo del barone Haussmann e progetto di Jean-Charles Alphand, lo stesso progettista del Bois de Boulogne. All’interno, si trova anche il Tempio della Sibilla, centro di un pentagono mistico da cui è possibile guardare Parigi. Purtroppo io non sono riuscita a salire, per questioni di tempo, però mi è piaciuto molto. Anche qui le panchine diventano punti di bookcrossing, le persone fanno ginnastica o tai-chi e ci sono diversi angoli in cui scattare belle foto. 

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Città della Scienza

Città della Scienza era proprio nel mio quartiere e vicino al parco più esteso di Parigi, Parc de la Villette. Anche questa una meta consigliata, soprattutto se viaggiate con bambini. Il percorso all’interno è molto grande, potreste trascorrervi la giornata. Io mi sono limitata a passeggiare all’esterno, prendevo qui la metropolitana per i miei giri. 

8 Rue de l’Humanité (2021)

Pur vivendo nello stesso condominio, molte persone non si sono mai presentate e hanno vissuto come completi estranei fino a quando non sono costrette a rimanere chiuse in casa per le restrizioni conseguenti alla diffusione della pandemia nel 2020.Lentamente, i condomini cominciano ad avvicinarsi, scontrandosi però con le sostanziali differenze caratteriali di ognuno di loro, differenze che li portano a litigi e dissidi costanti.

Marais

Un’ex zona paludosa (da qui il nome, marais =palude), che diventa uno dei quartieri più chic di Parigi. Di cose da fare e da vedere ce ne sono quante ne volete, il mio consiglio è di girare senza meta e fermarvi dove la vostra curiosità vi porta. Caratterizzato da una forte presenza della comunità LGBT parigina e di quella ebraica. Ex palude, dicevamo, zona di orti e monasteri, diviene nel XVII secolo residenza della nobiltà. Passato che ancora vive negli splendidi palazzi e chiese, anche se non mancano musei e gallerie d’arte. Purtroppo, quando ci sono stata io la casa di Victor Hugo era chiusa, altrimenti sarebbe stata mia meta.  Per gli appassionati di arte moderna, qui troverete il Centre Pompidou. Gli appassionati di storia, il Musée Carnavalet, che ripercorre la storia di Parigi dalle origini. Confesso che ho saltato i Musei e mi sono smarrita dentro il quartiere ebraico e il Village Saint-Paul.

Quartiere ebraico

Il regno dei falafel, ma anche di musei e librerie. La fila per mangiare è sempre notevole, quindi armatevi di pazienza se passate all’ora di pranzo. Quartiere vivace e sempre affollato, tappa da non perdere anche solo per una passeggiata.

Villaggio Saint Paul

Uno dei miei posti preferiti, l’ideale per ricavarsi un momento di tranquillità nella frenesia del giro turistico. E’ un quartiere, ma sembra un vero villaggio fuori dal tempo. Mi ha ricordato, per conformazione,  gli Hackeschen Höfe di Berlino, con i cortili comunicanti e le botteghe di  antiquariato semi nascoste, dove non è raro trovare gli artigiani al lavoro. Segnatevelo, assolutamente da visitare.

Quartiere latino

Altro punto sempre super affollato, di studenti soprattutto, perché c’è il quartiere generale della Sorbona. Da qui l’aggettivo “latino”, la lingua ufficiale in ambito accademico. E’ un quartiere molto piacevole, di aspetto medievale, il più antico nell’espansione di Parigi sulla terraferma. Se il quartiere ebraico si frequenta a pranzo, qui si vive di aperitivi e cene informali, in uno degli ennemila localetti che vi accoglieranno a braccia aperte.

Il favoloso mondo di Amélie (2001)

Parigi, 1997. La giovane Amélie Poulain lavora come cameriera in un bar di Montmartre, il “Café des 2 Moulins”, e la sua vita trascorre serena tra alcune visite all’anziano padre vedovo e alcuni piacevoli passatempi (spezzare la crosta della crème brûlée col cucchiaino, far rimbalzare i sassi sul Canal Saint-Martin, immergere le dita nei legumi) che riempiono la sua quotidianità. La sera in cui muore la principessa Diana, Amélie trova per caso una scatoletta dietro un muro del suo appartamento. Aprendola, con grande stupore, vi trova al suo interno dei piccoli ricordi e giocattoli e capisce che molto probabilmente la scatoletta è stata nascosta lì decenni prima da un bambino che abitava nello stesso appartamento. Amélie cerca di ottenere informazioni…

Tour Montparnasse

Vi consiglio di salirci. Come sempre, all’inizio o alla fine del viaggio, per vedere dall’altro la struttura della città che visiterete o avete visitato. La torre, costruita agli inizi degli anni ’70 è alta 196 metri per 56 piani e abbiamo raggiunto la sommità con un ascensore molto veloce. Da qui, vi si aprirà una vista panoramica di Parigi ineguagliabile, soprattutto se ci andate al tramonto. La visita è poi completata dal solito percorso interattivo con foto, filmati e giochi che dovrebbero migliorare la consocenza della città. Molto deludente il bar interno, in cui pensavo di prendere un bell’aperitivo e gustarmi il tramonto. Niente da fare, due patatine in croce e poco più. Meglio andare fuori, è pieno anche qui di locali in cui fermarsi.

parigi dall'alto ok

Monmartre

Il quartiere sulla collina, residenza di molti artisti nel bel tempo che fu. Ancora oggi, conserva il suo fascino, anche se innegabilmente annacquato da una presenza importante di turisti. Ci sono diverse vie di accesso con la metropolitana: io sono scesa a Pigalle e mi sono incamminata a piedi. Volendo, c’è la funivia, o anche gli autobus, ma se non avete problemi vi consiglio di girare i tornanti a piedi e ammirare panorama e case. Mentre salivo, ho fatto una sosta nel bar di Amélie, Il Café des 2 Moulins, pellegrinaggio doveroso da fare, per poi arrivare in cima, dominata dalla basilica del Sacré Coeur,da cui il panorama è spettacolare. Peccato che proprio in quel momento stesse andando a fuoco Notre Dame! Più spettacolare di così! Leggetevi la storia, è divertente. Pensavo di essere nel mezzo di un attacco terroristico!

Pigalle

Scendendo da Montmartre, lungo il boulevard de Clichy, incontrerete il quartiere a luci rosse di Parigi, Pigalle. Il quartiere rende il nome dallo scultore omonimo del ‘700, Jean-Baptiste Pigalle, che qui aveva il suo studio. Oggi, Pigalle è conosciuto per i sexy-shop e i locali per spettacoli erotici, nonché per il museo dell’erotismo. Il punto centrale del quartiere, intorno al quale ruota la movida, è il grande Moulin Rouge, circondato da localini in cui passare una serata divertente.

Nella casa (2012)

Film del 2012 scritto e diretto da François Ozon, liberamente adattato dalla pièce teatrale El chico de la ultima fila di Juan MayorgaL’insegnante di letteratura francese Germain è insoddisfatto del lavoro e deluso dalle scarse competenze dei propri studenti. Tutto questo fino a che non legge il saggio di Claude, un giovane di umili origini, su un fine settimana passato nella casa del compagno di classe Rapha Artole. Lo scritto descrive in maniera pungente la famiglia borghese apparentemente perfetta del compagno. Germain, che avrebbe voluto diventare uno scrittore, rivede in Claude lo stesso talento che aveva quando era giovane e spinge il giovane a continuare a scrivere del suo week-end. Ogni nuovo scritto di Claude descrive ulteriori dettagli della vita della famiglia di Rapha fino alla conclusione con un “continua…” . La conclusione intriga moltissimo il professore che oltre a correggere la prosa del giovane inizia a dargli dritte affinché possa diventare un habitué della casa di Rapha.

La casa-museo di Auguste Rodin

Non vi dirò di saltare il Louvre perché almeno una volta nella vita andrebbe visto. Vi segnalo, però, questo gioiellino imperdibile: la casa-museo dello scultore Auguste Rodin. Il museo si trova nell’hôtel Biron in rue de Varenne 77, nel quartiere Faubourg St-Germain, 7 ° arrondissement. In questa casa, di proprietà del Comune di Parigi, Rodin stesso trascorse gli ultimi anni della sua vita, grazie a un accordo con la città. Lui sarebbe stato libero di creare, a patto di lasciare in eredità le sue opere allo Stato francese. Trovo che questo do ut des valorizzi ancora di più le opere meravigliose che ci ha lasciato questo grande artista. Ho avuto la fortuna di vedere le sue mostre sia qui sia a Treviso e me ne sono innamorata. Intanto, vale la pena entrare solo per l’edificio in sé. L’hôtel Biron, infatti, m è un edificio in stile rococò con un giardino stupendo, costruito dall’architetto Jean Aubert tra il 1728 e il1730, all’inizio come casa privata di un banchiere. Leggerete online che si può visitare solo il giardino a 1 euro. Se andate di corsa è un buon compromesso, ma io consiglio di spendere un po’ di più e di girare all’interno della casa. Quello che vedrete, e cosa ammirerete di più, dipende dalla sensibilità individuale. Tra le principali opere dello scultore , vi posso citare il Pensatoreil Bacio, L’uomo che cammina, La porta dell’Inferno nel giardino, ma dentro c’è molto materiale. Io mi sono portata a casa la statuina in miniatura de Il pensatore, realizzando pensando a Dante e a La Divina Commedia. In origine avrebbe dovuto raffigurare Dante seduto su una roccia, al centro del timpano, in solitaria meditazione, che guarda in basso verso il tragico, terribile mondo dei dannati. In breve tempo, però, questa splendida creazione inizia a vivere di vita propria e si trasforma in un Pensatore moderno, il simbolo dell’essere umano nudo, che medita sul suo destino e prende matura consapevolezza dei dolori che lo attendono. Potrei rimanere ore a guardarlo senza stancarmi e anche Rodin la pensava così. Era, infatti, la sua opera preferita. Non mi dilungo oltre, ci sarebbe moltissimo da dire. Andate, fidatevi. E poi tornate a racccontarmi. 

Il Louvre

Non amo particolarmente il Louvre, ma è una di quelle tappe irrinunciabili, va omaggiato almeno di una visita. Per quanto mi riguarda, ho optato per una visita light. Ho scelto prima quello che volevo vedere e poi mi sono concentrata sulla mia selezione, più qualcos’altro che ha attirato la mia attenzione. Soprattutto se rimanete poco tempo in città, vi consiglio di fare lo stesso. Nel caso specifico, a me interessavano Amore e Psiche del Canova e La Gioconda, semplicemente meravigliosi entrambi, ma sono sicura che ognuno di noi potrà trovare un pezzo del suo cuore all’interno.

Gocce d’acqua su pietre roventi (2000)

Gocce d’acqua su pietre roventi (Gouttes d’eau sur pierres brûlantes) è un film scritto e diretto da François Ozon, tratto dalla pièce teatrale Tropfen auf heisse Steine di Rainer Werner Fassbinder, fino ad allora mai messa in scena. Leopold, un 50enne arrogante e ancora prestante, seduce il 19enne Franz, che poco dopo si trasferisce da lui. L’arrivo dell’ex fidanzata dell’uomo contribuirà a intensificare il fluttuante rapporto di potere tra i due.

Crociera sulla Senna

Chi non conosce i Bateaux Mouches? Una crociera sulla Senna è quasi d’obbligo. D’accordo, turistica, ma il lungoSenna è così animato e vivace, che non fermarsi a osservare la città cullati dalle sue acque sarebbe un vero peccato. Ovviamente ci sono formule per tutti i gusti, romantiche, abbinate al pullman a due piani, al tramonto. Quello che volete. L’aspetto che la rende irrinunciabile, è che Parigi si è formata proprio con il fiume come centro nevralgico, quindi i monumenti e l’architettura parigina si mostreranno ai vostri occhi in tutto il loro splendore. Anche perché la riva è molto curata e utilizzata dagli abitanti per le loro passeggiate. Sì, vi saluteranno come hanno fatto con Carrie, quando sola soletta mangiava un panino seduta su una panchina. Lei non c’era, ma altre donne in cerca del grande amore sì. E dove cercarlo, se non a Parigi? 

Il vizietto (1978)

Il mio vizietto sono i libri, il vostro? Il film ha per protagonisti una coppia di omosessuali – un italiano e un francese – che vivono come marito e moglie e gestiscono a Saint-Tropez un night per travestiti. L’italiano ha però nel suo passato una “macchia”: una relazione con una donna, dalla quale è nato un figlio. Il quale figlio a un certo punto si fidanza con la figlia di un uomo politico che sta per intraprendere una crociata contro l’immoralità. I due sono nei pasticci. 

Shakespeare and Company

Credo che questa libreria di Parigi più o meno la conoscano tutti, quindi non mi dilungherò più di tanto. Dico solo che merita una capatina, sempre che non ci sia troppa folla, se non altro per la storia che racconta. Shakespeare and Company è, infatti, un negozio storico che si trova nel V arrondissement di Parigi, sulla Rive gauche. Fondata nel 1919 da Sylvia Beach, negli anni venti divenne luogo di incontro per scrittori come Ezra PoundErnest HemingwayJames Joyce e Ford Madox Ford. La libreria effettua vendita di libri, ovviamente, ma è anche sala lettura. Non si potrebbero scattare foto all’interno, perché è una vera e propria libreria e non un luogo turistico. Anche se ormai è un po’ antistorico, le librerie si fotografano praticamente ovunque. 

Le Bouquinistes

Sapevate che esistono librerie Patrimonio dell’Unesco? Ebbene sì, le Bouquinistes, quelle bancarelle verde scuro lungo il fiume Senna, sono protette. Durante la Rivoluzione Francese i loro proprietari hanno recuperato e messo in salvo libri provenienti dalle biblioteche aristocratiche e durante l’occupazione nazista hanno nascosto testi e materiali della Resistenza perché non cadessero in mani nemiche. Vanno dal Pont Marie al Quai du Louvre sulla riva destra del fiume e da Quai de la Tournelle a Quai Voltaire sulla riva sinistra e qui, con un po’ di fortuna e di tempo, potrete trovare libri antichi o fuori commercio, cartoline, disegni o souvenir.

Bookcrossing

A Parigi il bookcrossing acquista un’anima. Libri abbandonati ovunque, sulle panchine, i muretti, nei locali. Ai parigini piace leggere, e si vede. Prima di partire, portatevi un libro da abbandonare e prendetene uno come souvenir di viaggio.

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15 aprile 2019, Notre-Dame in fiamme!

A Notre-Dame la mattina del 15 aprile 2019, solo qualche ora prima che iniziasse a bruciare. Ora è uscito il film Notre-Dame in fiamme che racconta quei drammatici momenti. Ma è solo un monumento, direte voi. Si ricostruisce. Sì certo, non è morto nessuno, ed è questo che conta. Ma lì per lì, con le colonne di fumo ben visibili in lontananza, che fosse un incendio non è passato in testa a nessuno. Attentato!, diceva la testa. Ora vi racconto cosa mi è successo in quella giornata così particolare. Cosa si prova a essere, tre anni dopo, una delle ultime persone ad aver visto Notre-Dame dall’interno?

Ore 11:00, dentro Notre-Dame 

La mattina sembra tutto tranquillo. E’ esattamente come descritto nel film Notre-Dame in fiamme, ci sono anch’io in mezzo alla folla di turisti che fanno la fila per entrare dentro Notre Dame. Anzi, mi capita di pensare che i controlli siano piuttosto blandi, per una capitale che dovrebbe stare in guardia contro eventuali attacchi terroristici. Dentro c’è folla, ma neanche tanta. E’ sempre piacevole entrare dentro questa cattedrale, sempre molto criticata eppure tanto amata. Ora ogni tanto ci penso, sono stata una delle ultime a vederla e i prossimi potranno farlo solo nel 2024!

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Ore 18:oo, 15 aprile 2019

Il pomeriggio è dedicato a Monmartre e al Café des 2 Moulins. Café des 2 Moulins è un nome che penso vi dica qualcosa. Esatto, è il café-brasserie del quartiere Pigalle che è stato usato nel film Il favoloso mondo di Amélie come posto di lavoro della ragazza. Il nome fa riferimento al Moulin-Rouge e al Moulin de La Galette, che si trovano nelle vicinanze. Quando è stato scelto come location del film, era in grande difficoltà economiche e si è risollevato proprio grazie al pellegrinaggio dei fan del film, che ancora oggi continua senza sosta. Io lo ammetto, ci sono passata solo perché era di strada sulla salita per andare a Montmartre e ne ho approfittato per togliermi la curiosità.

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Ore 18:50, 15 aprile 2019

Dalla salita di Montmartre, dove mi trovavo, abbiamo sentito degli scoppi. Abbiamo subito pensato a un attentato e ci siamo precipitati in cima alla collina. Davanti alla Basilica del Sacro Cuore e il sottostante parapetto, si era già radunata una piccola folla che, smartphone alla mano, riprendeva la scena, con le alte colonne di fumo ben visibili anche da così lontano. Dietro di me, sono apparsi dal nulla due militari che imbracciavano mitra. Ma è davvero un attentato? Abbiano iniziato a fare un calcolo di cosa ci convenisse fare: rimanere sulla collina, con il rischio di rimanere bloccati lì e che la metropolitana chiudesse, o arrischiarci a prendere la metropolitana non sapendo cosa fosse successo? So che questi ragionamenti ora vi faranno ridere, ma vi assicuro che se trovarsi in una situazione del genere con il cellulare scarico e in mezzo a una folla di sconosciuti, non è per niente bello. Comunque, da internet, e dai nostri vicini di appostamento, hanno cominciato ad arrivare quasi subito notizie rassicuranti e ci siamo un po’ rasserenati, anche se il pensiero è subito corso a chi era in quel momento all’interno, come noi solo poche ore prima!

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Ore 22:00, 15 aprile 2019

Poche ore dopo, al sicuro nel micro appartamento che ho affittato nel quartiere La Villette, vedere la guglia crollare è un colpo al cuore, ma per fortuna gli edifici si ricostruiscono. Nessuna vittima, dice il telegiornale. Ed è l’unica cosa che conta. 💔

Ore 09:00, 16 aprile 2019

Il giorno dopo torno sul luogo del delitto. C’è una confusione indescrivibile, il traffico è impazzito, le persone si accalcano per sbirciare, polizia e pompieri ovunque. Ho visto arrivare l’ex primo ministro e il nuovo prefetto per verificare la situazione. Non so ancora quale sia la conta dei danni, ma so di donazioni per centinaia di migliaia di euro. E, soprattutto, lì dentro non è morto nessuno, mentre avrebbe potuto trasformarsi in una strage. Che fortuna!
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A voi è mai successo di assistere a un evento straordinario mentre eravate in vacanza? Raccontatemi nei commenti!
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