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La tenebra nel cuore di Joseph Conrad

Joseph Conrad rappresenta un caso più unico che raro nel panorama letterario mondiale. Dentro vi spiegherò perché. Intanto, vi dico che sono tornata a leggere libri sul treno! Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho letto un romanzo tra andata e ritorno? Troppo. Stavolta è stato più facile. Cuore di tenebra di Joseph Conrad è un racconto intenso. Vola via, come le ore di viaggio…

Trama

Marlowe racconta di aver avuto l’incarico di sostituire un capitano fluviale ucciso dagli indigeni nell’Africa centrale. Si imbarca su una nave e, giunto alla stazione della compagnia, vede come gli indigeni muoiano di stenti e di sfruttamento. Dopo un lungo viaggio di duecento miglia sul fiume rintraccia Kurtz, un leggendario agente capace di procurare più avorio di ogni altro. In realtà Kurtz, uomo solo e ormai folle, è quasi morente. Sul battello che lo trasporta, pronuncia un discorso che non può nascondere “la tenebra del suo cuore”.

Un caso più unico che raro

Vi ho detto in premessa che Joseph Conrad rappresenta un caso più unico che raro. Il perché è presto detto: ha scritto dei capolavori in inglese pur non essendo di madrelingua inglese! Incredibile. Joseph Conrad nasce, infatti, in Polonia ed emigra in Gran Bretagna da adulto. Altra nota biografica per comprendere Cuore di tenebra, si arruola in marina. Quello che racconta, è probabilmente quello che ha visto.

La tenebra del colonialismo

E veniamo proprio a Cuore di tenebra. Joseph Conrad non nomina mai il Paese e il fiume in cui si svolge la narrazione, ma sappiamo che è il Congo. Il protagonista, Charles Marlowe, racconta di questa esperienza mentre si trova su una nave ancorata nel Tamigi, a Londra. Sappiamo già in partenza, quindi, che dalla sua avventura è tornato. Ma non sappiamo se la sua ossessione per Kurtz, un agente di commercio specializzato in avorio, abbia trovato sfogo nell’incontro con quest’uomo. In realtà, Kurtz è il trait d’union tra l’imperialista Europa e il continente africano e Joseph Conrad vuole farci vedere quanto non ci sia grande differenza tra le due realtà. Sì, la foresta è più fitta e sconosciuta, gli uomini parlano un’altra lingua, ma non sono aggressivi, hanno solo fame. E Kurtz, questo mito, è solo un uomo con le sue miserie, anche se venerato come un dio. 

Appassionante e vivido

Il racconto è appassionante e vivido. A un certo punto mi è sembrato di essere lì con Marlowe e di attraversare questa foresta buia e pericolosa, di sfidare l’ignoto, di poter morire di febbre come gli avventurieri. Sul finale, ho qualche perplessità. L’incontro con Kurtz fa salire il pathos e le parole che l’uomo pronuncia, e che vi lascerò scoprire per non togliervi il gusto della lettura, sono le parole che chiunque di noi potrebbe pronunciare, soprattutto in questo momento. Eppure, Joseph Conrad decide di non chiudere così, ma di aggiungere una parte che…dovrebbe rasserenarci? Chissà. Comunque, racconto super consigliato. Soprattutto a chi cerca ispirazione per letture adatte a ragazzi e adolescenti. Per altri consigli librosi, cliccate sul link in basso.

E poi ditemi: conoscete Joseph Conrad? Qual è il suo romanzo che preferite?

“È impossibile comunicare la sensazione della vita di un qualsiasi momento della propria esistenza, ciò che rende la sua verità, il suo significato, la sua essenza sottile e penetrante. È impossibile. Viviamo come sogniamo: soli“.

Leggi anche:

Fratello Oceano, di Folco Quilici

Consigli librosi per la Befana

Pattini d’argento o di legno, l’importante è…vincere!

Proprio oggi che iniziano le olimpiadi invernali di Pechino, mi è tornato in mente questo libro letto da bambina, Pattini d’argento, di Mary Mapes Dodge. Una favola invernale, adatta ai bambini ma anche agli adulti che in questi tempi difficili vogliono ritrovare buoni sentimenti e un vissero tutti felici e contenti. Nei prossimi giorni vi parlerò anche di un’altra storia, stavolta vera e senza lieto fine, però oggi rimaniamo sulla bellezza della fantasia. E ai ricordi d’infanzia, che riemergono ogni volta che mi ritrovo davanti a una pista da pattinaggio.

Trama

I due fratelli Hans e Gretel Brinker sognano di partecipare alla gara di pattinaggio che si terrà a dicembre. Il vincitore avrà in premio un paio di pattini d’argento. I ragazzi però sono poveri e hanno solo pattini di legno con cui allenarsi. Il loro padre, inoltre, è molto malato e dovrebbe fare un’operazione costosa, che comporta gravi rischi. La vita non è certo facile per la famiglia Brinker, e saranno necessari dei sacrifici per ritrovare la serenità. Tra i ghiacci dell’Olanda, una storia di amicizia, avventure, coraggio e solidarietà. 

Il destino ci mette lo zampino

Ho scritto nel titolo che l’importante è vincere. Ma non vincere in gara, vincere il destino che sembra accanirsi contro alcuni molto più che con altri. I due fratelli Brinker ne sono l’esempio lampante. In un’età in cui dovrebbero correre e giocare, costruiscono da soli dei pattini con cui vincere una gara per pagare le cure al padre. Il quale padre è malato a causa di un incidente fortuito sul lavoro. Ovviamente i due piccoli Brinker non hanno alcuna possibilità di vincere contro pattini del materiale giusto, che sfrecciano sul ghiaccio. Il destino, però, ci mette lo zampino. Il destino che prende le sembianze di un medico.

Rozzi pezzi di legno

Attuale, non vi pare? La scrittura è datata, Mary Mapes Dodge l’ha scritto a metà ottocento, con il titolo di Hans Brinker o Pattini d’argento, poi rimasto nell’immaginario collettivo con la sola seconda parte. I sentimenti che trasmette, tuttavia, rimangono immutati. Non si può non provare compassione per questi due ragazzini, che hanno costruito “rozzi pezzi di legno affilati e lisciati sul bordo inferiore“, fingendo che siano pattini, e che pure hanno donato loro “molte ore felici sul ghiaccio“. Non si può non tifare per loro, quando in modo del tutto imprevisto riusciranno a procurarsi i mezzi giusti per competere con gli altri. Non si può essere più felici di come finirà questa favola nordica e di cosa deciderà di diventare Hans Brinker. Non si può non trovare interessante la descrizione dell’Olanda, così accurata, da farne ancora oggi un ritratto degli usi e costumi olandesi nell’ottocento

Non posso quindi che consigliarlo, è una buona lettura per grandi e piccini dagli 8 anni in poi, magari durante le serate invernali più fredde. O in previsione di un viaggio in Olanda, o dovunque ci sia una pista di pattinaggio ad aspettare i piccoli/grandi lettori 🙂

Voi che mi dite? Vi piace pattinare? Avete letto questo classico per ragazzi?

Leggi anche: 

Il giardino segreto – Frances Hodgson Burnett

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Il club delle baby-sitter, dai libri a Netflix passando per la calza della Befana

Il club delle baby-sitter di Ann Matthews Martin. E’ questo il mio nuovo suggerimento per la befana, che si aggiunge a quelli già dati in altri post. Come vi ho già raccontato, mi piace l’idea di aggiungere alla calza anche un dolce libroso. Il club delle baby-sitter mi ha convinto in pieno, cinque stelle per una serie di romanzi che vede delle ragazzine di seconda media alle prese con la loro prima…impresa! Vi racconto tutto sulla fortunata serie di libri per bambini dagli otto anni, che è anche diventata una serie Netflix di altrettanto successo.

Trama

La serie racconta la storia di cinque ragazze delle scuole medie, che decidono di avviare un’attività come baby-sitter nella loro cittadina del Connecticut. Kristy, Mary Anne, Claudia, Stacey e Dawn affrontano i loro primi problemi e diverse vicissitudini, con il sorriso e l’amicizia. 

Il club delle baby sitter

L’idea è molto buona e sviluppata altrettanto bene. Mi sono divertita molto a leggere quattro dei più di 100 volumi di cui è composta la serie di romanzi. Kristy dà l’avvio a tutto: si accorge che nel quartiere in cui vivono mancano babysitter che i genitori possano chiamare anche all’ultimo momento, perché vede che la madre è in difficoltà con il fratellino. Cosa fa? Chiama a rapporto le sue amiche e fondano Il club delle baby sitter di Stoneybrook, in Connecticut. Via via, seguiamo le vicende di queste imprenditrici in erba, che si confrontano con le difficoltà del “lavoro”, la scuola, le amicizie, i primi amori e le peripezie più assurde che possano capitare! Non vi fate ingannare, però: l’autrice, semisconosciuta fuori dagli Stati Uniti, è una profonda conoscitrice della pedagogia e si vede. Nei volumi affronta con leggerezza e positività temi importanti, come il diabete di Stacey, la famiglia allargata di Kristy, le aspettative troppo alte dei genitori e la passione per l’arte di Claudia, la differenza tra le grandi città (New York) e i piccoli centri sonnolenti, e così via.

Ma soprattutto…

“In un certo senso, è stupefacente che noi cinque siamo amiche, perché siamo molto diverse. O forse è proprio per questo che stiamo bene insieme. Mi sbaglio, o c’è un vecchio proverbio che dice che la varietà è il sale della vita? E che gli opposti si attraggono? Se ci fossimo assomigliate, probabilmente saremmo state di una noia mortale e non ci saremmo degnate di uno sguardo. Be’, noi non corriamo affatto questo pericolo.”

Il club delle baby sitter è la storia del valore della diversità, di come ognuno di noi possa apportare un contributo migliorativo a un progetto o alla vita degli altri e di come ogni problema possa risolversi con la comprensione, la fiducia e un pizzico di consapevolezza dei propri difetti. Vi ho consigliato diversi testi, ma questo mi sento di raccomandarvelo particolarmente, soprattutto per l’età di 8 anni e più suggerita.

A proposito di suggerimenti

L’autrice è molto, molto prolifica. Nel caso de Il club delle baby-sitter, tenete conto che ha scritto lei stessa i primi 35. Da quel momento in poi, la casa editrice si è avvalsa di ghostwriter. Che sicuramente hanno fatto un ottimo lavoro, ma non credo che abbiano poi aggiunto molto al succo della storia. Anche la serie targata Netflix, con la seconda stagione appena uscita, è supervisionata direttamente da Ann Matthews Martin, quindi potete andare tranquilli. Ricalca i libri e le protagoniste sono azzeccatissime. Magari potreste approfittare per farvi raccontare i libri dai piccoli lettori e guardarla insieme in tv. Non ci si annoia mai, le storie scorrono con facilità e sono scritte molto bene. Ovviamente, il vissero tutti felici e contenti non manca. Come non manca un riassunto delle puntate precedenti, quindi non è necessario comprare tutti i libri in ordine. 

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Altri suggerimenti librosi per la calza della Befana

Piccole donne crescono – Louisa May Alcott

Se siamo sopravvissuti ai romanzi che leggevamo da piccoli, possiamo superare tutto, ve lo dico io. Lutti, guerre, orfanotrofi, miseria, spiriti. Chi più ne ha più ne metta. In confronto, Stephen King è un dilettante dell’horror…eheh. L’ho presa alla lontana, per dire che ho finito la rilettura di Piccole donne crescono, di Louisa May Alcott. E chi si ricordava tutte queste lacrime? Che ovviamente ho versato per la seconda volta, non contenta della prima valle.

Trama 

Sono passati tre anni nella vita della famiglia March, la grande guerra di Secessione è finita e le Piccole Donne sono cresciute: Meg, Jo, Amy e Beth affrontano le alterne vicissitudini di cui è costellata la vita con tenacia e determinazione, non senza qualche cedimento, e vedono realizzarsi i loro sogni facendosi sempre coraggio l’un l’altra. Radicate a saldi principi morali, sostenute da un grande sentimento religioso, da un profondo senso di dignità e dalla fede nel lavoro, le quattro sorelle affrontano le difficoltà e le gioie che la vita mette loro davanti.

La vita fuori dal nido

Il successo di Piccole donne fu così immediato, che a Louisa May Alcott fu chiesto di scrivere subito la seconda parte. E così lei fece. Oggi, Piccole donne e Piccole donne crescono nei Paesi anglosassoni vengono venduti come un unico romanzo, in Italia sono separati. Avendo io una vecchia edizione degli anni ’80 in Italiano, li ho letti separatamente. E forse è meglio, perché il secondo fa uscire lacrime a fiotti…dannata Louisa, smuoveresti anche una pietra. Nella seconda parte, le ragazze sono cresciute e si cominciano a confrontare con la vita fuori dal nido familiare. Non tutto fila liscio, ci sono difficoltà da affrontare, lutti da superare, rifiuti da digerire. C’è tanto amore, però. E impegno. E sacrificio.

Jo-Louisa 

Insomma, tornano i temi del primo libro, che personalmente resta il mio preferito, anche per qualità della scrittura. Mi dispiace anche che la Alcott abbia ceduto alle pressioni dei suoi lettori. Nella sua biografia, infatti, si dice che avrebbe voluto far rimanere Jo una donna nubile, proprio come era lei. Peccato che all’epoca questa libertà fosse concessa solo alle ricche signore, come l’arguta zia March afferma in Piccole donne. Sarebbe stata una rottura dirompente della tradizione, considerando anche il successo che Louisa stava avendo come scrittrice. La formula che ha trovato, tuttavia, non mi dispiace affatto. Avrebbe potuto scegliere un finale scontatissimo, eppure è riuscita a schivarlo. Anche se oggi il team Laurie avrebbe ancora percentuali bulgare, ci scommetto. E a voi piace il destino che attende le sorelle? 

p.s. C’è qui un passaggio che, vi avviso, vi spezzerà il cuore. Per questo forse sposterei un po’ in avanti l’età di lettura di questo romanzo rispetto al primo. Piccole donne è davvero per tutti. Piccole donne crescono richiede un po’ più di maturità. Quindi, il primo dagli 8 anni, il secondo dai dieci in su. Mi raccomando, non me li traumatizzate.

Su Louisa May Alcott leggi anche:

Piccole donne – Il primo libro

Una ragazza fuori moda

Piccole donne – Louisa May Alcott

Louisa May Alcott è la sola e unica responsabile di una delle mie prime battaglie scolastiche. Scrivendo Piccole donne, mi ha costretto a difenderla da una professoressa che osò criticare il romanzo in classe, perché secondo lei le sorelle March miravano solo a sposarsi e a diventare ricche. Com’è finita la discussione? Ve lo dico alla fine.

Trama

La famiglia March sta attraversando un momento critico: ha subito rovesci economici e il padre è partito per la guerra di Secessione; così le quattro figlie e la mamma restano sole ad affrontare piccoli e grandi problemi. La signora March fa quello che può per far condurre alle quattro figlie una vita normale, nonostante tutto. La più grande e la seconda, Meg e Jo, già lavorano, mentre le piccole di casa, Amy e Beth, sognano una di fare l’artista e l’altra la concertista. Jo, invece, è il talento di casa per la scrittura. Le quattro stringono amicizia con Laurie, l’adolescente vicino di casa, che insieme a nonno Laurence le affiancherà in questo viaggio che è la vita. 

Una pietra miliare 

Piccole donne è una pietra miliare nella letteratura per ragazzi, ed è giusto così. A parte le aspirazioni economiche e familiari della protagonista, che non sono neanche uguali per tutte e quattro, ci sono elementi che ne fanno un libro assolutamente da leggere anche oggi. Innanzitutto, le convinzioni della Alcott sull’educazione, riprese direttamente da quelle del padre nella realtà, oggi sarebbero definite montessoriane. Poi, le quattro sorelle incarnano delle ragazze che potrebbero benissimo essere quelle di oggi, con i loro pregi e difetti, i gusti e le preferenze, gli attacchi di collera e le riappacificazioni. Maria Louisa Alcott descrive un microcosmo fatto di lavoro, impegno, carità e amore. Soprattutto amore: “non lasciare che tramonti il sole sopra tua ira”. E’ una meravigliosa frase di mamma March, tratta da una citazione biblica, che ho fatto mia e che è una lezione di vita. Fai pace con le tue sorelle e con le persone a cui vuoi bene, perché magari domani sarà troppo tardi.

Come ritrovare vecchi amici

Rileggerlo dopo tanti anni mi ha fatto bene. Non volevo andare a vedere il film appena uscito al cinema senza ricordarmi il romanzo alla perfezione, perché ovviamente devo criticare tutto a ogni fotogramma 🙂 E’ stato come ritrovare dei vecchi amici: Joe, la mia preferita allora e oggi, indipendente e fiera scrittrice in erba, Meg, la posata sorella maggiore, Beth, la piccolina di casa, ed Amy, l’artista, quella che mi piaceva e mi piace di meno. Passano gli anni, ma i gusti sono sempre gli stessi! E poi zia March, arcigna ma simpaticissima, il signor Laurence e il suo solitario nipote Laurie, papà e mamma March, sempre pronti a dare buoni consigli. Se non l’avete letto, cari i miei lettori, vi consiglio di rimediare subito.

Come nasce Piccole donne

L’editore chiese a Louisa, che fino a quel momento aveva scritto libri per bambini, di realizzare un libro per ragazze. Lei, che non era per niente convinta, accettò solo perché in questo modo il padre avrebbe potuto pubblicare un suo lavoro. Il successo fu clamoroso, tanto che la scrittrice dovette mettersi immediatamente all’opera per scrivere il seguito. Piccole donne crescono, infatti, uscì l’anno dopo e le due parti furono successivamente riunite in una. Negli Stati Uniti ancora oggi Piccole donne e Piccole donne crescono vengono venduti come un unico libro. In Italia, invece, è rimasta la distinzione.

Ecco perché di Piccole donne crescono vi parlerò nel prossimo post.

Intanto, ditemi: qual è la vostra esperienza con Piccole donne? E chi preferite tra Meg, Jo, Amy e Beth?

p.s. ci tengo a sottolineare che adoravo la professoressa, anche se su Piccole donne non eravamo d’accordo. La discussione è finita 1-1 palla al centro…

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Piccole donne crescono

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