Archivi tag: autori

Il paradiso degli orchi – Daniel Pennac

Nell’ultima visitina a Parigi, avendo ormai finito le principali mete turistiche, ho girato a zonzo per Belleville, la periferia multietnica per eccellenza. Non potevo non completare l’opera iniziando la saga di colui che a Belleville abita e cresce un nutrito gruppo di fratelli e nipoti. Il Malaussène di Daniel Pennac, il capro espiatorio in odore di santità.

Trama

“Se davvero volete sognare, svegliatevi…”Un eroe, Malaussène, che come lavoro fa il “capro espiatorio”. Una famiglia senza mamme e papà, con fratellini geniali, sorelle sensitive, una “zia” maschio protettrice di vecchietti, ladri e travestiti brasiliani, una “zia” femmina supersexy, ritratto irresistibile del giornalismo alla “Actuel”, una misteriosa guardia notturna serba, un cane epilettico. Questa esilarante banda di personaggi indaga su una serie di oscuri attentati, sull’orrore nascosto nel Tempio del benessere, un Grande Magazzino dove scoppiano bombe tra i giocattoli e un Babbo Natale assassino aspetta la prossima vittima. Un’altalena tra divertimento e suspense, tra una Parigi da Misteri di Sue e una Parigi post-moderna dove proliferano i piccoli e grandi orchi che qualcuno crede estinti. 

Divertimento puro

Ben è un ragazzo di non precisata età che si ritrova a fare da mammo e papà per una schiera di fratelli, e nipoti in arrivo, che farebbe invidia a un emiro arabo. Anche lui non dovrebbe avere più di vent’anni e qualcosa, visto che la mamma vera è ancora abbastanza giovane. Eppure si carica questo fardello sulle spalle con e per amore, accettando di fare il “capro espiatorio” al centro commerciale per cui lavora. Che fa il capro espiatorio? Si prende le colpe di tutto, si addossa le lamentele dei clienti e fa in modo che la proprietà non debba sborsare altri soldi. Ecco perché è la vittima predestinata per un bombarolo alla Unabomber che provoca attentati al grande magazzino. Perché lo fa? E perché ha scelto questo povero ragazzo capofamiglia tra tutti? Vi scoprirete a leggere di gusto mentre cercate di scoprire l’enigma. Che non è difficile, ma bisogna fare attenzione ai dettagli. La metafora che domina il racconto è una sola: le persone che credono ciecamente a un’ideologia sono pericolose, tornano bambini che giocano con il fuoco. Il problema è che non fanno male solo a se stessi, ma soprattutto alle vittime innocenti che incontrano sulla propria strada. A decidere ci pensa la storia, dice uno dei personaggi. Peccato che non sempre la storia vede abbastanza per fare giustizia.

Una famiglia tragicomica 

Nel mezzo, le storie tragicomiche di questa famiglia strampalata messe in scena da Pennac mi hanno conquistato. Non ho ancora deciso chi sia il mio preferito. Forse Ben, che ha suo malgrado la responsabilità di tutti? Oppure il povero Julius, al quale spero proprio che nel secondo episodio facciano un bel bagno? O il Piccolo, l’unico per ora a non combinare guai? Lo scoprirò tra poco e, ovviamente, ve ne parlerò. Perché una serie iniziata è una serie da finire. Siete d’accordo?

Leggi anche:

La fata carabina, il secondo romanzo della saga Malaussène

La prosivendola, il terzo romanzo della saga Malaussène

Altri romanzi noir

Vivere! Yu Hua e un manifesto di Vita

Ho incontrato questo libro di Yu Hua un po’ per caso, perché ormai i suggerimenti mi arrivano sempre più spesso dai lettori fissi di questo blog. Quindi, devo dirvi grazie perché nell’oceano sterminato di libri che abbiamo a disposizione, gli incontri fortunati sono rari e per questo ancora più preziosi. A voi decidere se la frase è rivolta al romanzo o a voi amatissimi lettori. O magari a entrambi.

Trama

Sono trascorsi dieci anni da quando il narratore si è recato nelle campagne a raccogliere ballate popolari. Lì, ha potuto conoscere diverse persone, fra cui un anziano contadino che arava la terra con il suo bufalo. Si chiamava Fugui ed era ben disposto a raccontare la propria storia e a spiegare come mai il bufalo avesse tanti nomi. Figlio di un ricco proprietario terriero, in una notte di follia aveva perduto il patrimonio familiare giocando d’azzardo. Da quel momento, Fugui deve intraprendere una nuova vita, fatta di fatica nei campi, miseria e umiliazioni. Ma nell’affrontare il duro destino potrà sempre trarre la forza necessaria dall’affezionata moglie Jiazhen, dalla brava figlia Fengxia, dal piccolo Youqing…E passando attraverso povertà, fame, fatica, guerra, carestia e lutti, giungerà a capire l’essenza delle cose e l’autenticità degli affetti, approdando a una superiore consapevolezza, ironica e pietosa assieme. Con gioia di vivere, nonostante tutto.

L’ammazza personaggi

Il racconto si dipana in un’intera giornata. Lo scansafatiche, come il narratore stesso si definisce, passa un’intera estate a raccogliere ballate e storie tra i contadini. Uno lo incuriosisce particolarmente, perché chiama il suo bufalo con diversi nomi. Ma quanti nomi ha questo bufalo? E perché? Da lì, Fugui il vecchio contadino, inizia a raccontare la sua storia. Ci sarebbe da consigliargli un viaggetto a Lourdes. Nella sua vita, gli è successo di tutto: rovesci finanziari, disgrazie, guerra, carestia. Soprattutto, lutti. Tanti lutti. Tanto che a un certo punto ho pensato di soprannominare Yu Hua l’ammazza personaggi. Per la morte di un paio non posso proprio perdonarlo.

Un inno alla vita

Quindi, vi chiederete voi, un romanzo tristissimo. E’ qui che la penna di Yu Hua sorprende. Affatto. Il romanzo è, in realtà, un inno alla vita. Intanto, lo scansafatiche è proprio lo scrittore, che all’età di 23 anni ha passato due anni nei campi a raccogliere storie, trovandone però troppo poche secondo i suoi capi. Fugui, poi, è ironico, leggero. Racconta la sua vita quasi come se riguardasse qualcun altro. E dritto al punto, senza inutili orpelli, discostandosi molto dalla tradizione asiatica infarcita di immagini e simbolismi. Mi sono ritrovata a chiudere il libro in tre giorni, perché le pagine sono volate via da sole. Per poi scoprire alla fine, il valore del messaggio. Vivere vale la pena, qualsiasi sia il destino che ci è stato riservato. Perfino un vecchio bufalo può diventare un motivo per alzarsi la mattina. Dice Yu Hua. “Ho deciso di scrivere questo romanzo per descrivere la capacità dell’uomo di essere ottimista nei confronti del mondo. Durante la stesura ho capito che gli uomini vivono per la vita in sé e per null’altro al di fuori di questa. Sento di aver scritto un’opera nobile“. Secondo me tutte le opere d’arte che inneggiano alla vita lo sono. Siete d’accordo? 🙂 

“Erxi, Youqing non fare il pigro; Jiazhen, Fengxia stai arando bene; anche Kugen se la cava.
Quanti nomi può avere un bufalo? Curioso, entrai nel campo e mi avvicinai al vecchio per chiederglielo:
– Ma quanti nomi ha questo bufalo?
Il vecchio fermò l’aratro e mi squadrò da capo a piedi.
– Vieni dalla città?
– Sì – ho accennato col capo.
E il vecchio tutto compiaciuto: – L’avevo capito subito.
– Quanti nomi ha il bufalo?
– Solo uno, si chiama Fugui.
– Ma poco fa hai detto un sacco di nomi.
– Ah! – si mise a ridere tutto contento e mi fece cenno di avvicinarmi. Quando gli fui accanto, fece per aprir bocca, poi si fermò vedendo che il bufalo aveva alzato la testa. Lo sgridò: – Non spiare tu, giù la testa!
Il bufalo obbedì, allora il vecchio mi sussurrò:
– Ho paura che si accorga che c’è solo lui ad arare, così chiamo tutti questi nomi in più per ingannarlo. Se sente che ci sono altri bufali ad arare il campo non fa storie e ci mette più impegno.”
Leggi anche: 
http://www.pennaecalamaro.com/2017/01/29/il-capodanno-cinese-e-come-il-nostro-inizia-a-tavola/

 

Inganni – Judith Michael

Oggi ho riesumato dallo scaffale dei romance vintage uno dei pezzi migliori in mio possesso. Ha davvero tutto quello che chiedo a un libro del genere: personaggi tondi, vicende misteriose, descrizioni accattivanti, una storia d’amore intrigante, paesaggi che facciano battere il cuore e una copertina curata. In questo romanzo del 1982 non ci sono Inganni, a dispetto del titolo, perché Judith Michael mette in scena un film che funziona e che, a distanza di anni da quando l’ho letto, ricordo ancora perfettamente.

Trama 

Stephanie e Sabrina sono due gemelle identiche nell’aspetto, ma totalmente diverse come carattere e stile di vita. La prima è sposata con un professore universitario e fa la casalinga in una provincia americana, la seconda è una famosa antiquaria, single, che vive a Londra. Quando, dopo anni, il matrimonio sembra andare a rotoli, Stephanie va in Cina con la sorella, in occasione di un viaggio organizzato dall’Associazione Internazionale degli Antiquari. E’ l’occasione per entrambe di parlare di quello che sta succedendo nelle loro vite. Stephanie, da sempre affascinata dalla vita della sorella, racconta dei suoi problemi con il marito. Sabrina, invece, è alle prese con una brutta gatta da pelare nel suo negozio. Le due sorelle decidono così, quasi per gioco, di scambiarsi i ruoli per una settimana. Ciascuna vivrà la vita dell’altra: è l’inizio di un inganno con cui rischieranno di scottarsi seriamente…

Non si gioca con i sentimenti

E se? Vi siete mai fermati a pensarci? Sicuramente sì. Ora immaginate: e se la vita che avrei voluto la vivesse la mia gemella? In fondo cosa c’è di male a scambiarsi il posto per un po’? Da piccole lo facevano sempre. Eppure, hanno pensato a tutto, ai dettagli più insignificanti, ma non all’aspetto più importante. Non si gioca con i sentimenti degli altri e neanche con i propri se è per questo. Ecco che allora il piano di Sabrina e Stephanie fallisce clamorosamente. Nessuna delle due aveva previsto che la vita dell’altra le sarebbe piaciuta tanto. Così tanto da non voler più tornare indietro, forse.

L’erba del vicino è più morbida?

Le storie delle protagoniste femminili sono entrambe accattivanti, ma è chiaro che è più facile capire Stephanie che non Sabrina. Sabrina conduce una vita scintillante, internazionale, agiata. Stephanie organizza grigliate per gli amici e mette in fila la famiglia prima di uscire la mattina. Quale delle due è più faticosa? La seconda, diremmo tutti. Sarà davvero così? Oppure anche l’oro può diventare opaco se non lucidato a dovere? E poi, chi può dire se l’erba del vicino è più morbida, oltre che più verde, se non ci ha mai camminato sopra?

Non può finire così

Non vi dico altro per non svelare troppo della trama, in cui non mancano misteri e colpi di scena. Dico solo che nello scaffale di un’amante dei romance questo titolo non può mancare. Anche se mi sono accorta che, ahimé, nel mio di scaffale manca il seguito. Non sapevo neanche che esistesse, ma dovrò colmare questa lacuna al più presto. Inganni, infatti, fa parte di una duologia (Deceptions #1 e #2) che si chiude con La tela del mistero, arrivato nel 1994 a dodici anni di distanza del primo. Evidentemente i due autori, Judith Michael è uno pseudonimo sotto il quale si celano i coniugi Judith Barnard e Michael Fain, la pensavano come i lettori. Non può finire così. 

Leggi anche:

Altri titoli vintage su Penna e calamaro 

Sotto la pelle di Michel Faber. E lì rimane

C’è un libro che vi ha cambiato la vita? Qual è? Uno dei miei è decisamente Sotto la pelle, dello scrittore olandese Michel Faber. Leggetevi la trama, che poi vi spiego il perché…

Trama

Una macchina percorre più volte al giorno una statale deserta nelle Highlands scozzesi. Alla guida c’è una donna, Isserley. Sembra che stia cercando qualcosa. All’improvviso nota sul ciglio della strada un giovane robusto seduto sul suo zaino, gli fa cenno di salire a bordo. Il ragazzo la ringrazia del passaggio, non ha motivo di diffidare di una bella ragazza dall’apparenza inoffensiva. La fattoria in cui Isserley lo conduce è una base sotterranea, un labirinto di cucine, camere frigorifere e gabbie in cui altre prede attendono di essere macellate. Isserley è una cacciatrice di vodsel, la razza inferiore che ha un solo merito: una carne prelibata e costosissima.

Niente è come sembra 

In questo romanzo niente è come sembra e la prospettiva è completamente ribaltata. E’ fantascienza, sì, ma non così lontana dalla realtà. Come al solito, parlare delle storie senza incappare in anticipazioni non gradite a chi non l’ha letto, senza però rimanere troppo criptici con chi non ha questo problema, è compito arduo. Vediamo se riesco a esprimermi senza rivelare troppo: Isserley è una donna, ma non è una donna. I vodsel non sono vodsel, noi li chiameremmo in un altro modo. Li conosciamo bene, questi vodsel. Eppure, facciamo il tifo per loro perché sappiamo che stanno per fare una brutta fine, anche se allo stesso tempo non possiamo impedire a Isserley di entrarci nel cuore.

Pietà, non ne conosciamo più il significato 

Sì, è così. Isserley è un personaggio indimenticabile. Così come lo è la parola che pronuncia senza conoscerne il significato: pietà. La pietà, che il mondo non conosce più e che invoca solo quando ormai non c’è più speranza. E la grande metafora animalista e crudele in cui Michel Faber ci immerge e dalla quale non riusciremo a emergere. Perché io questo voglio dirvelo: se questo romanzo è nelle vostre corde, se riuscirà a toccare delle sensibilità profonde, niente sarà mai più come prima. Vi ricordete questa povera ragazza e le sue atroci sofferenze, avrete scolpita in testa la richiesta di aiuto dei vodsel, e immaginerete un mondo in cui la razza umana conta meno di niente. Siete pronti? Ve la sentite? Bene. Da quando ho iniziato a leggere, sono stata disposta a cambiare abitudini che credevo radicate in me. Voi cosa cambierete, o avete già cambiato? Fatemelo sapere nei commenti.

Leggi anche: 

Il petalo cremisi e il bianco – Michel Faber

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

La cena fratricida di Herman Koch

Qualche tempo fa in televisione ho visto un film, “I nostri ragazzi”, con Alessandro Gassman, Lo cascio, Mezzogiorno e Bobulova. Il solito film sulla borghesia italiana, ho pensato. Invece, la storia era tutt’altra e alla fine mi ha lasciato insoddisfatta. Non so, film realizzato bene, ma mancava qualcosa. Quindi, ho preso in mano l’originale: La cena, il romanzo di Herman Koch da cui è tratto. La storia di genitori che per difendere i figli sarebbero disposti a tutto, anche a coprire degli assassini. E sì, nel film qualcosa mancava. E’ solo leggendo il romanzo che ho trovato risposta alle mie perplessità.

Trama 

Due coppie a cena in un ristorante di lusso. Si raccontano i film che hanno visto, i progetti per le vacanze. Ma il motivo per il quale si sono incontrati è grave. I loro figli quindicenni, Michel e Rick, hanno picchiato e ucciso una barbona. Videocamere di sicurezza hanno ripreso gli eventi e le immagini sono state trasmesse in televisione. Paul Lohman, il padre di Michel, si riconosce nel figlio per la stessa attrazione verso la violenza. Serge, il fratello di Paul, è il padre del complice. Secondo i sondaggi, è favorito come nuovo Primo ministro olandese. Uno scandalo sarebbe la fine della sua carriera politica. Babette, la moglie di Serge, sembra più interessata all’elezione che al futuro del figlio. Claire, la moglie di Paul, vuole proteggere Michel a ogni costo. Ma quanto sa di ciò che è realmente accaduto? I quattro cosa saranno capaci di fare per difendere i loro figli?

Bullismo o pura violenza?

Non è un caso che abbia deciso di leggere questo romanzo di Herman Koch proprio ora. Solo qualche giorno fa, l’ennesimo caso di “bullismo” in Italia mi ha lasciato davvero sconcertata. Prima di tutto, perché uccidere un uomo non è esattamente agire da bulli, come hanno riportato i tg, ma da delinquenti. Secondo, perché come spesso succede, tutti sapevano e nessuno li ha fermati. Quante volte è già capitato? E quante altre volte succederà? Sarei pronta a scommettere che saranno tante, troppe. Ma qual è il meccanismo che scatta? Il romanzo di Herman Kock apre una fessura su quello che tutti sanno e nessuno dice: i figli non sono sempre persone che ci metteremmo dentro casa. Eppure, cosa siamo disposti a fare per loro? O meglio, certi genitori quali patti con il diavolo firmerebbero purché i loro pargoli non venissero toccati?

Paul

Nel romanzo, Herman Koch sceglie il punto di vista di Paul. Parla in prima persona e racconta fatti che mi hanno aiutato a inquadrare meglio il contesto in cui è avvenuto il fatto. Il primo elemento è questo: c’è sempre un motivo e un contesto in cui i fatti avvengono. I delinquenti, gli assassini, lo sono per natura e per opportunità, quasi mai per caso. All’inizio, Paul sembra ragionevole, dissacrante quanto basta per avermi fatto apprezzare il suo giudizio sul mondo. Paul sembra un ingenuo, un fratello che soffre nell’ombra di un uomo di successo. Un uomo che, però, ha problemi coniugali. Mentre Paul sembra soddisfatto della sua famiglia felice.

La famiglia felice

Già, la sua famiglia felice. Una famiglia così felice che ha bisogno di prenotare un tavolo in un ristorante affollato per affrontare un tema grave.

“Tutte le famiglie felici si somigliano, ciascuna famiglia infelice è infelice a suo modo”: così recita l’incipit di Anna Karenina di Tolstoj. Si potrebbe aggiungere che le famiglie infelici, e soprattutto le coppie infelici, non riescono mai a stare da sole. Più testimoni ci sono, meglio è. L’infelicità è costantemente alla ricerca di compagnia. L’infelicità non tollera il silenzio, specialmente quei silenzi imbarazzati che calano quando si è soli.”

I figli, così innocenti, così puri, con tutta la vita davanti, hanno ucciso una barbona. Perché? Perché puzzava. Mi è sembrato quasi un déjà vu de Il profumo di Patrick Süskind: nonostante le nostre maniere civili, siamo animali e in base all’odore decidiamo se una persona ci piace o no, se può rimanere a questo mondo o esserne emarginata, se ha classe o meno. I figli ragionano così. E i genitori? Se possibile i genitori sono peggio: sotto la maschera di perbenismo nascondono violenza, rancore, odio, attenzione alle apparenze, ingordigia. Le persone che girano loro intorno sono ossequiose: in fondo, si tratta di ospiti di riguardo, a cui chiedere un selfie e magari un aiuto per il futuro.

Un abile burattinaio

Come finirà? Non bene, questo è certo. Herman Koch è un abile burattinaio. Ti porta fuoristrada, poi raddrizzi il volante, scarti a destra, riprendi la strada e, infine, finisci in un fosso. Come è giusto che sia: in una società che fa finta di non vedere, che non interviene, che si gira dall’altra parte, potrebbero dei bravi e affettuosi genitori non tutelare i loro studiosi e geniali figli solo perché hanno compiuto una bravata? Chi di noi, in fondo, non ne ha fatta una da ragazzo? Non vi svelo altro della lettura per non togliervi il gusto dei colpi di scena che si susseguono dove apparentemente non succede nulla. Vi dico solo che è da leggere: niente è come sembra, nessuno è quello che appare, tutti fingono con tutti. All’unico che in parte si salva, o che cerca di essere uno qualunque, uno di noi, affido l’unico sprazzo di umanità che mi tira fuori dal fosso di cinismo in cui sono precipitata.

Se l’avete letto, scrivetemi nei commenti cosa ne pensate di questo bel quadro di Herman Koch! 🙂

 Leggi anche: 

Che dolce ordinano a cena?

La Dame Blanche, dessert estivo da 5 minuti 5

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"