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La mia voce arriva dalle stelle – Hugo Horiot

“A scuola dicono che sono lento di cervello. Non sanno come vanno veloci le immagini nella mia testa. Dentro di me, perché è vietato rispondere davvero ai professori, dico che io sono un aquilone, cosa aspettano a lasciarmi andare? Cerco di trascorrere il maggior tempo possibile dentro la mia testa, e questo agli altri non piace. Io sogno da addormentato e sogno da sveglio. Sono un sognatore, dicono. E il mondo non ama i sognatori.”

Trama

Sin da piccolo, Julien Hugo sa di avere qualcosa di strano. Pensa troppo, grida troppo, non cammina. Gli piacciono le ruote e tutto ciò che gira, perché il movimento circolare lo fa sentire bene. Gli piacciono i rumori che salgono dalle tubature, perché lo mettono in contatto con il cuore della Terra. Non ama il mondo esterno, infatti non parla con nessuno. È un sognatore, che trova nei sogni la libertà. È autistico, affetto da una forma grave della sindrome di Asperger. Poi un giorno, Hugo decide di farla finita con Julien, il suo vero nemico, che non gli permette di essere libero. Hugo diventa imperatore di se stesso e si guida fuori dall’isolamento. E oggi racconta cosa vuol dire dominare l’autismo.

Difficile dare una definizione

Difficile dare una definizione di questo libro, che mi aspettavo completamente diverso. Credevo desse una prospettiva “visto dall’altra parte” dell’autismo e in un certo senso è così. Solo che per il 90% il libro appare come l’auto celebrazione di un esaltato, per la serie “mi comporto così, perché voi non capite nulla”.
Sospetto che l’autore abbia sofferto di una forma lieve di autismo e che essere nato in una famiglia benestante abbia agevolato non poco la risoluzione della problematica. Ovviamente non conosco la sua storia, quindi posso solo basarmi sulle sensazioni scaturite da un romanzo che non mi ha convinto.

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1Q84 – Haruki Murakami

Haruki Murakami, lo scrittore che spacca a metà i lettori: o lo amano, o lo odiano. Io sono decisamente nella prima categoria, i suoi viaggi onirici mi piacciono moltissimo. Sulla riuscita di 1Q84, però, ho qualche perplessità. E ora vi spiego perché. 

Trama

1984, Tokyo. Aomame è bloccata in un taxi nel traffico. L’autista le suggerisce, come unica soluzione per non mancare all’appuntamento che l’aspetta, di uscire dalla tangenziale utilizzando una scala di emergenza, nascosta e poco frequentata. Negli stessi giorni Tengo, un giovane aspirante scrittore dotato di buona tecnica ma povero d’ispirazione, riceve uno strano incarico: un editor senza scrupoli gli chiede di riscrivere il romanzo di un’enigmatica diciassettenne così da candidarlo a un premio letterario. Intanto Aomame osserva perplessa il mondo che la circonda: sembra quello di sempre, eppure piccoli, sinistri particolari divergono da quello a cui era abituata. Finché un giorno non vede comparire in cielo una seconda luna e sospetta di essere l’unica persona in grado di attraversare la sottile barriera che divide il 1984 dal 1Q84.

Opera riuscita a metà

Amo così tanto Haruki Murakami da averli letti quasi tutti. Tuttavia, credo che questa trilogia sia un’opera riuscita a metà. Sicuramente il tentativo di alzare ulteriormente lo standing dello scrittore, forse per raggiungere il tanto sospirato Nobel?

Un romanzo unico, anziché una trilogia, sarebbe stato più idoneo a centrare l’obiettivo, perché troppo spesso la storia sembra allungata ad arte, senza reale sostanza. I personaggi, poi, troppo spesso ripetono esattamente la frase detta dal loro interlocutore, dando quasi la sensazione di essere un po’ lenti. Oppure, è giudicato lento il lettore, dipende dai punti di vista. Peccato, perché come sempre sono tratteggiati con occhio fine (Fukaeri su tutti).

Tre stelle, ovviamente, per la maestria di Haruki Murakami. Fosse stato uno “normale” ne avrebbe prese quattro.

Curiosità da bibliofili

Il titolo è un omaggio a 1984 di George Orwell. La lettera Q del titolo ha la stessa pronuncia del numero 9 in giapponese e vuole simboleggiare il ?, question mark in inglese.

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