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Agostino, Alberto Moravia e le prime volte

Agostino di Alberto Moravia è uno di quei libri che di solito assegnano come lettura per l’estate e che uno tende a scegliere più per la brevità che per altri motivi. Lo avevo già letto durante l’adolescenza e l’ho trovato tra gli audiolibri che ultimamente sto saccheggiando. Perché non rileggerlo?, ho pensato. E così ho fatto, trovandoci molte implicazioni che alla prima lettura mi erano sfuggite.

Trama

Agostino è la storia di un’iniziazione sessuale. Da una parte, un ragazzo di tredici anni che è ancora un bambino; dall’altra la madre, vedova, ancora fiorente e desiderosa di vivere. Durante una vacanza al mare i rapporti tra il figlio e la madre cambiano, si corrompono d’inquietudine. Per il ragazzo sarà necessario approdare a un’autentica crisi, una lacerazione che gli consentirà di ripartire poi a ricomporre il mondo. 

Atmosfera pigra e sonnolenta

Agostino di Alberto Moravia è uno di quei romanzi letti durante l’adolescenza di cui ricordavo poco o nulla. Mi era rimasta in testa, però, l’atmosfera di calura estiva, quel senso di sonnolenza e pigrizia che spinge le persone a osservare distese, più che a muoversi. Ed è esattamente l’atmosfera che ho ritrovato scegliendo di ascoltare l’audiolibro di Raiplaysound, letto dall’attrice Alba Rohrwacher. Come era successo anche con Utz, letto da Lino Guanciale, ho faticato a entrare nella storia con la sua voce, che ho trovato efficace nel finale, nel trasmettere i pensieri di Agostino, ma molto meno nel rendere il gruppo di ragazzi e gente del posto con cui Agostino si trova a doversi confrontare.

L’estate delle prime volte

Già, perché quella di Agostino è l’Agosto (da qui il nome del protagonista) delle prime volte. La prima volta in cui si trova fuori dal suo ambiente agiato, la prima volta in cui si scopre non più bambino, la prima volta in cui capisce che la madre è una donna, con le esigenze di qualsiasi donna e che vanno oltre la maternità, la prima volta in cui le pulsioni sessuali si fanno sentire prepotenti. Potremmo dire che, ancora oggi, Agostino incarna l’archetipo del preadolescente: non è più bambino, ma non è ancora uomo. Né carne né pesce, come diremmo oggi. E senza una figura paterna con cui confrontarsi.

Un romanzo di formazione

In una rilettura moderna, lascerei in secondo piano la vicenda del rapporto con la madre, che è il motivo del successo e dello scandalo che hanno accompagnato l’esordio di questo romanzo quando è stato pubblicato negli anni ’40. All’inizio, infatti, ne fu impedita la distribuzione dalla censura fascista e solo due anni più tardi, nel 1945, venne dato alle stampe in tiratura più estesa. Oggi penso che dovremmo considerarlo un romanzo di formazione: all’epoca, potevano forse suscitare scandalo i riferimenti alla sessualità della madre, il bagnino omosessuale, il tentativo di andare con una prostituta. Oggi, direi che potremmo far rientrare il tutto nel complesso di Edipo, nella sua fase più delicata, la consapevolezza. Non sappiamo come finirà per Agostino, i personaggi di Alberto Moravia finiscono quasi sempre per ripiegarsi su se stessi, pur di non affrontare la vita. Indifferenti, in un certo senso. A me piace pensare che Alberto Moravia ci abbia lasciato in sospeso per lasciare Agostino libero di crescere ancora un po’, prima di affrontare la sua fatidica, prima volta. E che lasci libera la madre di rifarsi una vita, di trovare qualcuno da amare dopo una storia estiva che li ha cambiati entrambi, come è giusto che sia.

Voi che ne pensate? Agostino riuscirà a liberarsi dai suoi tormenti? 

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Elogio alla bruttezza – Loredana Frescura

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Liala per il book club di Novembre. Leggi con noi?

E’ Liala la protagonista del BookcClubPec di Novembre. E allora, cominciamo a parlare di questa scrittrice italiana, la decana di tutte le scrittrici romance. Lo facciamo partendo da un documentario della Rai che ha inaugurato proprio con Liala la nuova stagione de Il segno delle donne. In tv, Liala è stata interpretata da Giuliana De Sio e la somiglianza tra le due è davvero impressionante!

Liala

Amalia Liana Negretti Odescalchi ha scelto il più facile Liala come pseudonimo grazie a Gabriele D’Annunzio. Gliel’aveva fatto conoscere il suo editore, Arnoldo Mondadori, con il quale aveva appena pubblicato il suo primo libro, Signorsì. Mai pseudonimo fu più azzeccato. D’Annunzio, infatti, riteneva che nel nome dovesse celarsi il termine “ala”. Perché? Perché il grande amore di Liala fu un ufficiale della Regia Aeronautica, morto precocemente in un incidente aereo. Anche se oggi qualcuno mette in dubbio questa storia, ritenendola un po’ romanzata e sfruttata ad arte da Liala per arricchire la biografia. Comunque sia, gli amori di Liala, ufficiali e non, furono tutti militari, tanto che un militare è sempre presente in ogni storia da lei scritta.

I libri che stiamo leggendo

Per ora, i romanzi che stiamo leggendo nel bookclub sono tre: Trasparenze di pizzi antichi del 1948, Passione lontana del 1955 e L’addormentato cuore del 1962. Guardate le copertine, non sono bellissime? Se anche voi avete un romanzo di Liala in casa e volete leggerlo con noi, scrivetemi nei commenti il titolo e lo aggiungiamo.

LIALA-PASSIONE-LONTANA-CINO-DEL-DUCA trasparenze di pizzi antichi Liala addormentato cuore book club

Le trame

Trasparenze di pizzi antichi

La giovane e bellissima Yvelise posa come modella di un nudo per pittori famosi, come il conte Antonello Drago, il quale però la considera un oggetto senz’anima buono solo per venir ritratto. Quando si tratterà di scegliere tra due uomini che l’amano entrambi, anche se di diverso amore, Yvelise potrà dimostrare tutta la sua capacità di sentimento.

Passione lontana 

Giulietta, allieva del Teatro alla Scala, è pronta per una brillante carriera di prima ballerina, ma l’amore per Vik Gildas, prestigioso giocatore di calcio, avrà la meglio sui suoi sogni d’ambizione. Vik è legato al ricordo di una donna da lui mai dimenticata, morta in circostanze misteriose….

L’addormentato cuore

Adolfo e Ulrico Brea, fratelli, sono proprietari di un grande albergo a Nizza. Adolfo si è innamorato di Désirée, una drogata che lo sta portando su quella strada. Ospite dei Brea vi è Soledad, la cugina spagnola, che capisce il pericolo che corre Adolfo e sarà la sola capace di aiutarlo. 

Che ne dite? Vi piacciono i titoli che abbiamo scelto? Per ora iniziamo a leggere, vi do appuntamento alla prossima settimana con la prima analisi, le ambientazioni di Liala.

Buona lettura!

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Per il Book Club PeC leggiamo: Liala

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Per il Book Club PeC leggiamo: Liala

Liala è la protagonista del prossimo appuntamento con il Book Club PeC, probabilmente l’ultimo dell’anno perché poi entriamo in atmosfera natalizia e dindondan. Perché proprio Liala? Intanto, perché dopo essere andati a zonzo per Stati Uniti, Asia e Inghilterra, ci fermiamo per un momento in Italia prima di ripartire. Poi, perché qualche giorno fa è andato in onda un documentario super interessante che le rende giustizia. Finalmente, direi! Poi, perché…voglio sapere che ne pensate voi e vi propongo un piccolo esperimento.

Il titolo lo decidete voi

Stavolta, ognuno potrà leggere il titolo che preferisce. Liala è abbastanza facile da trovare, nelle case e al mercatino, ma è inutile perdere troppo tempo con un romanzo preciso. Meglio una panoramica su di lei, come ha fatto il documentario. E proprio da lì partiremo. Voi, intanto, procuratevi uno dei suoi romanzi e scrivetemi nei commenti quale avete scelto. Intanto, io vi dico qualcosa sul documentario, per iniziare a conoscere questa storica e famosissima scrittrice italiana. Alla prossima settimana con altre curiosità su Liala e il primo dibattito!

Il documentario 

Autrice di oltre 80 libri che solo in Italia hanno venduto più di 10 milioni di copie, è stata una delle scrittrici più apprezzate del suo tempo. Amalia Liana Cambiasi Negretti, in arte Liala – alla quale dà voce e volto Giuliana De Sio nella conversazione “impossibile” con Elena Stancanelli – è la protagonista de “Il segno delle donne”, la coproduzione Rai Storia – Anele, che Rai Cultura propone su Rai Storia.
Giuliana De Sio fa rivivere il carattere e la personalità della scrittrice rispondendo alle domande di Elena Stancanelli con parole realmente usate da Liala in lettere, diari, colloqui con giornalisti e discorsi pubblici, portati alla luce dagli autori, con la consulenza della storica Silvia Salvatici. 
Per ripercorrere le tappe della sua vita e della sua carriera, il racconto propone immagini inedite, filmati di repertorio e interviste a testimoni illustri, come la nipote Donata Bellani, lo scrittore Tony Golia, il saggista e drammaturgo Luca Scarlini e la linguista Patrizia Violi.

Vi ho incuriosito? La prossima settimana inizieremo a guardare insieme il documentario. Per ora, fatemi sapere nei commenti, quale romanzo avete scelto?

Vuoi partecipare? 

Sei capitato qui per caso, ma vorresti saperne di più? Se anche tu vuoi partecipare al Book Club PeC leggi qui come farlo. Unico requisito: tanta voglia di leggere.

A.A.A. cercasi lettori per Club di lettura P&C. Ecco come partecipare!

Chi sono i traditori di tutti di Scerbanenco?

Giorgio Scerbanenco è uno di quegli autori in lista da un po’, se non altro perché considerato il padre del noir all’italiana. Ho trovato Traditori di tutti in un mercatino ed è da questo libro che inizio la mia conoscenza dell’autore. Ma chi sono i traditori di tutti?

Trama

Notte di nebbia a Milano. Una macchina ferma sull’orlo del Naviglio: all’interno un uomo e una donna, di una certa età, hanno mangiato e bevuto troppo, lui specialmente. Una ragazza spinge la macchina piano…un tonfo, qualche spruzzo, neanche una bollicina. Per Duca Lamberti, ex medico e investigatore a mezzo tempo, tutto comincia una mattina di primavera: sulla porta, un giovanotto, lo manda l’avvocato Sompani… Ma Sompani non è quello annegato due giorni fa nel Naviglio?

Duca Lamberti

Traditori di tutti è il secondo numero della serie che vede come protagonista Duca Lamberti, un collaboratore della polizia a dir poco inusuale. Purtroppo non ho letto i libri in ordine, avrei dovuto iniziare dal primo, Venere privata. Solo che ho trovato prima questo ed ero troppo curiosa di leggere questo autore, di cui avevo tanto sentito parlare. La lettura non è stata per niente deludente, anzi. Diciamo che scelgo raramente questo genere di poliziesco duro e crudo, però ogni tanto passare dall’altro lato del fiume, rispetto ai romance, fa bene.

Buoni e cattivi

A proposito di fiume, il fiume e la campagna , eppure quello che rimane è la descrizione di Milano, una città tanto indaffarata quanto tortuosa nel suo sottobosco e con la quale Scerbanenco era dovuto scendere a patti quando si era trasferito da Roma con la madre. Duca Lamberti incarna, probabilmente, lo spirito di giustizia dell’autore stesso, che chissà quante volte avrà anelato la possibilità di farsi giustizia da solo. Cosa che non è possibile, su questo la morale del romanzo è chiara, come è altrettanto netto il sentimento che a Duca fa dividere le persone in buoni e cattivi: il rispetto, o una persona riesce a guadagnarselo, o finisce nella lista nera. Ma non è che basti il rispetto per far chiudere un occhio alla polizia, sia chiaro. Qui siamo di fronte a uomini tutti d’un pezzo.

Gli anni settanta sono già qui

Mi è piaciuto. Mi hanno convinto i personaggi, le atmosfere, una Milano che anticipa gli anni settanta (il libro è stato scritto nel 1966), il finale. Forse, un po’ troppi dialoghi da gangster anni trenta e quello che io considero sempre un errore, dare per scontati alcuni particolari, rimandando ad altre uscite delle serie la soddisfazione della curiosità. Se per Duca, e Scerbanenco, due personaggi sono importanti, e lo sono, ci deve raccontare di più, a costo di ripetere tra un volume e l’altro. Ma a parte queste piccole note di contorno, un romanzo che sicuramente consiglio ai nostalgici dell’hard boiled alla Chandler.

Ma chi sono i traditori di tutti? 

“…non si può, non si può, la legge proibisce di ammazzare le canaglie, i traditori di tutti, anzi specialmente questi che devono avere sempre un avvocato difensore, un processo regolare, una regolare giuria e un verdetto ispirato alla redenzione del disadattato, mentre invece si può, senza alcun permesso, innaffiare di proiettili due carabinieri di pattuglia, o sparare in bocca a un impiegato di banca che non si sbriga a consegnare le mazzette di biglietti da diecimila, o mitragliare in mezzo alla folla, per scappare, dopo una rapina, questo si può, ma dare un buffetto sulla rosea gota al figlio di baldracca che vive di canagliate, questo no, la legge lo proibisce, è male, non avete capito niente di Beccaria, no, lui, Duca Lamberti, non aveva capito niente Dei delitti e delle pene, era un grossolano e non aveva speranza di raffinarsi, ma gli sarebbe piaciuto incontrare quelle canaglie, lui glieli avrebbe dati, i buffetti sul viso.”

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La luna e i falò, i rimpianti e il saluto di Cesare Pavese

E’ un periodo un po’ strano, questo. Sarà la primavera che non sboccia, o il momento che viviamo. Mi stanno capitando film e libri pesantissimi. Non nel senso che faccio fatica a finirli, piuttosto per le tematiche che portano dentro. Qualche giorno dopo aver finito An elephant sitting still, l’opera prima e ultima di Hu Bo, ho chiuso anche l’ascolto dell’audiolibro La luna e i falò, di Cesare Pavese. Anche per lui l’ultima opera, il suo saluto.

Trama 

Il protagonista, Anguilla, all’indomani della Liberazione torna al suo paese delle Langhe dopo molti anni trascorsi in America e, in compagnia dell’amico Nuto, ripercorre i luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza in un viaggio nel tempo alla ricerca di antiche e sofferte radici. 

La solitudine del mondo

La luna e i falò è considerato il romanzo più bello di Cesare Pavese, quello in cui le tematiche a lui care vengono portate finalmente a compimento. E’ una lettura venata di nostalgia, quella che il lettore si trova a vivere. Nostalgia per il tempo passato, per le cose non dette, per gli amori non corrisposti. Per un uomo che sente la sua solitudine nel mondo, di non appartenere a nessun posto, di aver vissuto un’atrocità senza precedenti, la seconda guerra mondiale, senza riuscire a trovare in uno dei due schieramenti la caratura morale di cui sente il bisogno.

Nuto

Una caratura morale impersonata dall’amico Nuto. Un uomo retto, che si fa raccontare di mondi lontani anche se non si è mai allontanato dal paese. Mentre Anguilla non ha mai trovato pace, è andato via, in America, poi è tornato. Ma non si sente benvoluto né in America, né in Italia. Non erano cambiati. Io, invece, ero cambiato. “Hai avuto coraggio”, gli dice Nuto. “Non era coraggio, sono scappato”. Scappato e poi tornato, come l’autore, la metafora di un uomo che rinuncia all’impegno civile e storico per la rabbia di non essere nessuno. Fa fortuna e poi torna, solo per rendersi conto che molti non ci sono più. che tutto è cambiato, che lui non troverà la felicità da nessuna parte.  “Ero tornato,ero sbucato, avevo fatto fortuna…ma le facce, le voci e le mani che dovevano toccarmi e riconoscermi, non c’erano più”. 

Anguilla

Non sappiamo come finirà per Anguilla, di quest’uomo Cesare Pavese ci dice solo il soprannome. Sappiamo solo che andrà via di nuovo. Dove, non si sa. Forse da nessuna parte. Ma lascia a Nuto la custodia di un infelice come lui, sapendo che Nuto farà come sempre quello che deve fare: il brav’uomo.

Vite che sopravvivono nei ricordi

Triste, ma forse lo dico influenzata da quello che so. Cesare Pavese, infatti, mise fine alla sua vita pochi mesi dopo l’uscita di questo romanzo. Triste non solo per la fine dell’autore, ma anche per la vena di malinconia che avvolge le vite di questa piccola provincia di un piccolo Paese come l’Italia. Vite che sopravvivono solo nei ricordi di chi resta. Finché resta. Cesare Pavese, in fondo, non sta descrivendo la condizione umana?

Di tutto quanto, della Mora, di quella vita di noialtri, che cosa resta? Per tanti anni mi era bastata una ventata di tiglio la sera, e mi sentivo un altro, mi sentivo davvero io, non sapevo nemmeno bene perché. Una cosa che penso sempre è quanta gente deve viverci in questa valle e nel mondo che le succede proprio adesso quello che a noi toccava allora, e non lo sanno, non ci pensano. Magari c’è una casa, delle ragazze, dei vecchi, una bambina – e un Nuto, un Canelli, una stazione, c’è uno come me che vuole andarsene via e far fortuna – e nell’estate battono il grano, vendemmiano, nell’inverno vanno a caccia, c’è un terrazzo, tutto succede come a noi. Dev’essere per forza così. I ragazzi, le donne, il mondo, non sono mica cambiati…E non sanno che un giorno si guarderanno in giro e anche per loro sarà tutto passato. 

Ogni casa, ogni cortile, ogni terrazzo, è stato qualcosa per qualcuno e, più ancora che al danno materiale e ai morti, dispiace pensare a tanti anni vissuti, tante memorie, spariti così in una notte senza lasciar segno. O no? O magari è meglio così, meglio che tutto se ne vada in un falò di erbe secche, che la gente ricominci. 

Avete letto questo romanzo di Cesare Pavese? Anche voi pensate che tutto finisca in un falò? Scrivetemi nei commenti il vostro parere 🙂

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