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Jun Oppa e il dopo di noi di Keum Suk Gendry-Kim

Dopo Le malerbe, vi dico subito che anche Jun di Keum Suk Gendry-Kim è da cinque stelle nella mia personale classifica. Non so decidermi su quale dei due preferisca, l’unica cosa certa è che ora dovrò recuperare tutti i lavori precedenti di quest’autrice e aspettare che escano quelli nuovi! Ma chi è Jun? Ora vi racconto tutto.

Trama 

Jun nasce nel 1990. A due anni e mezzo ancora non parla e i medici dicono ai genitori che è autistico. Dopo aver tentato di aiutarlo in ogni modo, decidono di lasciargli frequentare la scuola, ma lo sguardo degli altri non è benevolo, su di lui. Da sempre sensibile ai suoni e ai rumori, Jun scopre la musica e, quando ormai tutti in famiglia erano rassegnati, avviene qualcosa di prodigioso: Jun finalmente parla, canta, suona il piano, la chitarra, la batteria, impara il canto tradizionale Pansori. Registra album, compone centinaia di brani. Fiorisce. La storia è raccontata dal punto di vista della sorella minore Yunsun, e il suo sguardo semplice e senza pregiudizi fa sorridere, e a tratti commuovere spontaneamente il lettore, come solo i bambini sanno fare. E Jun.

L’autismo, una storia vera (e ricorrente)

Fino a pochi anni fa, viveva nel mio palazzo una famiglia con un figlio autistico non autosufficiente. Chiaramente anche questa famiglia viveva le problematiche di una disabilità grave in casa, ma a volte mi fermavo a pensare alla sorella, che la mamma mi aveva detto essere tornata in casa perché loro, i genitori, non riuscivano più da soli a gestire la situazione. Liti e urla erano pane quotidiano, si percepiva la sofferenza di questa ragazza. Leggere la storia di Jun e della sorella Yunsun mi ha riportato alla mente quella famiglia. Chissà se saranno riusciti a trovare una parvenza di equilibrio. La storia di Keum Suk Gendry-Kim è molto realistica e parla al cuore. Racconta la scoperta del problema, i tentativi anche goffi di risolverlo con guaritori miracolosi, l’accettazione della condizione e una strada, un piccolo spiraglio, che si apre in modo imprevedibile. Ma in famiglia i punti di vista sono diversi: se per i genitori l’attenzione verso Yun è totalizzante, la sorella avrebbe diritto a vivere spensierata e non può, perché è nata immersa in questa bolla creata dai suoi per proteggere il figlio e loro stessi dalla maldicenza, dagli sguardi curiosi o spaventati. Da un mondo ostile senza appello. 

Il dopo di noi

Keum Suk Gendry-Kim racconta le vicende di questa famiglia con piglio diretto, senza girarci intorno. Se succede una disgrazia come questa, la vita prende una piega inaspettata e non ci sarà nessuno disposto ad aiutare. Ecco, forse questo è l’aspetto che mi ha colpito di più. La famiglia è sola, completamente sola, ad affrontare un problema più grande di lei. Anche due frasi dette da Yunsun e la sua mamma mi hanno fatto riflettere parecchio e mi tornano in mente ancora adesso, a libro chiuso. Yunsun a un certo punto afferma che non si farà mai una famiglia, perché chi guarderebbe Jun? I genitori hanno proposto una soluzione, ma lei non vuole pensarci: “farò come Jun, che vive solo il momento presente“. L’altra, è una frase terribile della mamma: “spero solo di poter vivere un solo giorno più di Jun“. Sopravvivere al proprio figlio è qualcosa che nella mente di un genitore non dovrebbe neanche esistere. Eppure, la mamma di Yun ha un pensiero fisso in testa: il dopo di noi. Chi lo gestirà? In base a quali criteri? Il dopo di noi, argomento dibattuto anche da noi: dopo la morte dei genitori, come assicurare una vita dignitosa alle persone non autosufficienti? 

Triste? Assolutamente no

Da questa mia descrizione, penserete di trovarvi di fronte a un graphic novel tristissimo. Invece no, la matita di Keum Suk Gendry-Kim non scade mai nel pietismo e nella commiserazione, né nella celebrazione di doti eccezionali. Jun ha trovato un suo posto nel mondo, anche se microscopico, e la famiglia un certo equilibrio. Possono, forse, fare delle prove di felicità, finalmente. Anche questa storia, come Le Malerbe, si chiude per me con un sentimento di speranza. Yun e Yunsun ce la faranno, perché è l’amore il loro fattore X e la loro forza. Mi dispiace che nella versione italiana sia saltato Oppa, credo che sia fondamentale per capire il legame tra i due.

Anche stavolta, mi sento di consigliarvi questo racconto e di lasciarvi come chicca questa intervista all’autrice, dove spiega perché ha deciso di non disegnare al computer ma a mano libera e come ha trovato una sua voce per distinguersi come artista. Io credo che ci sia riuscita, unendo esperienze di vita, capacità tecniche e di ascolto non indifferenti, nonché una buona dose di curiosità giornalistica. Un mix potente, vedrete.

Il problema, ora, sarà trovare graphic novel all’altezza. Mi date qualche dritta? Aspetto i vostri suggerimenti e riflessioni! 

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Le malerbe di Keum Suk Gendry-Kim

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Il mistero del London Eye – Siobhan Dowd

Mi piacerebbe poter dire “hei, ragazzi, questa è un’autrice da tenere d’occhio per il futuro!”. Purtroppo non è possibile, perché Siobhan Dowd se n’è andata troppo, troppo presto. Per fortuna, ha fatto in tempo a lasciarci un’eredità di libri per ragazzi strepitosi. Il mistero del London Eye è il primo che ho letto, non il migliore, dicono. Immagino gli altri, allora. Perché Ted, Kat e compagnia mi hanno tenuto incollata alle pagine fin dall’incipit.

Trama

Ted ha un cervello in cui gira un sistema operativo diverso da quello delle altre persone. Ha la fissa della meteorologia e dei numeri e vive a Londra con i genitori e  sua sorella Kat. Ted non sa dire bugie ed esaspera i genitori e la sorella. Un giorno arriva una lettera che annuncia l’arrivo della zia di Ted, “l’uragano Gloria”, e di suo figlio Salim, i quali resteranno da loro per qualche giorno prima di trasferirsi a New York. Decidono di fare un giro della città e i cugini lo portano sul London Eye. Salim sale prima di loro perché gli è stato regalato un biglietto da un uomo che dice di soffrire di claustrofobia. Ma quando Ted, che ha seguito il percorso della capsula per tutto il tempo, e Kat lo aspettano all’uscita, non lo vedono arrivare. Mentre la polizia lo cerca, i due fratelli decidono di condurre da soli le indagini…

Il mondo di Ted 

Io e mia sorella Kat abbiamo portato nostro cugino Salim al London Eye, la grande ruota panoramica di Londra, perché non c’era mai stato. Lunedì 24 maggio alle 11.32 lo abbiamo visto salire. Lunedì 24 maggio alle 12.02 la sua capsula ha finito il giro, le porte si sono aperte e tutte le persone sono uscite. Tranne Salim, che si è volatilizzato. 

Ted non è come gli altri. Ted ha un cervello che lavora a modo suo. Il ragazzino ha la sindrome di Asperger, che nel romanzo non viene mai nominata. Forse perché è lui stesso a raccontarci i fatti così come si sono svolti secondo lui e secondo gli altri. O forse perché non è così importante. L’unica cosa che conta è ritrovare Salim e capire che fine abbia fatto. E’ stato rapito? E’ scappato?

Diverso non è peggiore, né migliore

In duecento pagine, Siobhan Dowd è riuscita a farmi entrare nel mondo di Ted. A capire cosa c’è dietro alcuni suoi comportamenti inspiegabili, a osservare il mondo da un punto di vista differente. A seguire dei ragionamenti che stanno in piedi. Eccome, se funzionano! Avete presente gli attacchi che subisce Greta Thunberg a causa del suo aspetto? A Ted succede lo stesso.  Pensate che il mondo sia tollerante con chi non può nascondere la sua diversità? Ovviamente no. Ma Salim ha rispetto per il cugino, lo considera un ragazzino intelligente. E Ted lo è davvero, solo che nessuno lo ascolta. Nessuno tranne una poliziotta, che pur di risolvere il caso sarebbe disposta a raccogliere indizi da chiunque, soprattutto gli unici testimoni della sparizione. In questo caso, due fratelli che sono come cane e gatto, perché quando in famiglia ci sono problemi di questo tipo, a soffrirne sono soprattutto i fratelli. Ma i fratelli sono anche la nostra forza per affrontarlo, questo mondo. Ne sono un esempio la madre e la zia dei piccoli protagonisti, che si ritrovano proprio grazie a questa vicenda. 

Per capire, basta mettersi nell’angolo opposto

Alla fine proprio la poliziotta ci dà la chiave del romanzo: tutti possono dare il loro contributo nel mondo, basta saper ascoltare e aprirsi agli altri, anche a quelli che sono lontani anni luce da noi. In fondo, la radice del bullismo e della delinquenza non è la paura del diverso? Non si alimenta con la forza del gregge? Anche Salim è un diverso, è mezzo indiano. E ha dovuto imparare a difendersi e a farsi rispettare dal gregge. Forse per questo tra lui e Ted si crea subito una corrente sotterranea. Insomma, un romanzo “per ragazzi” che consiglio soprattutto a loro, ai ragazzi sopra i 12 anni, e anche agli adulti, perché non è mai troppo tardi per imparare a variare angolazione, nella vita. Perché, come dice giustamente Simonetta Agnello Hornby nella prefazione, “siamo tutti sullo spectrum autistico – chi piú, chi meno“. 

Altri libri sull’autismo

La mia voce arriva dalle stelle – Hugo Horiot

“A scuola dicono che sono lento di cervello. Non sanno come vanno veloci le immagini nella mia testa. Dentro di me, perché è vietato rispondere davvero ai professori, dico che io sono un aquilone, cosa aspettano a lasciarmi andare? Cerco di trascorrere il maggior tempo possibile dentro la mia testa, e questo agli altri non piace. Io sogno da addormentato e sogno da sveglio. Sono un sognatore, dicono. E il mondo non ama i sognatori.” 

Altri libri per ragazzi