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Templestay, due giorni nella vita di un monaco coreano

Templestay, un viaggio nel viaggio. Due giorni nella vita di un monaco buddista che ha scelto di ritirarsi in un tempio. Trappola per turisti o esperienza per chi vuole trovare se stesso, come recita il sito ufficiale? Vi racconto tutto sulla mia esperienza nel tempio di Beomeosa, a Busan.

Appuntamento alle 14

Sono arrivata al tempio il sabato pomeriggio, con un autobus che mi ha lasciato a circa un km dal tempio. Il resto, tutto a piedi, in mezzo a una stupenda foresta con i colori dell’autunno.

templestay bosco logo

Appena arrivata nel tempio, la coordinatrice e interprete del programma templestay, volontaria come il resto dello staff, mi ha accolto nella parte degli alloggi riservati a chi decide di vivere quest’esperienza. Mi ha consegnato il cartellino con il mio nome in hangul e alfabeto e la divisa color glicine da indossare per la durata del soggiorno. Poi, ci hanno dato un po’ di tempo per girare nei dintorni, prima dell’incontro con il monaco. Nel frattempo, con gli altri partecipanti al templestay ci siamo un po’ studiati. Quasi tutti coreani, alcune famiglie, una coppietta di francesi e una signora svedese a rappresentare l’Europa.

templestay partecipanti logo

Il monaco si presenta

Dopo un’oretta siamo arrivati tutti e finalmente arriva il monaco. Si presenta subito dicendo di essere un monaco novizio, appena ordinato. Dice anche di essere cresciuto negli Stati Uniti e di essere tornato in Corea del Sud per scegliere la strada della religione subito dopo. Poi, passa a darci le informazioni pratiche sul templestay. Prima di tutto, cosa fondamentale!, come sedersi a gambe incrociate senza rimanere bloccati al momento di alzarsi. Secondo, un accenno sui riti buddisti e su cosa ci aspetta di lì a poco. Informazione che rassicura tutti all’istante, nessuno è obbligato a fare niente. La partecipazione è completamente libera, in tutti i sensi. Quindi, prostrazioni e meditazione sono a discrezione del partecipante, se per motivi ideologici o di salute non può partecipare, è libero di non farlo. Sembra banale, ma vi assicuro che nel corso dell’esperienza, ne capirete l’importanza. Continuate  a leggere e vi darò un assaggio. Finita questa breve introduzione, ci ha accompagnato in un tour di gruppo del tempio.

Il tour del tempio

Il templestay prevede come prima cosa il tour del tempio. La visita è iniziata dal punto più basso, dove ci ha fatto osservare i caratteri “下馬 “, cioè “smonta cavallo” incisi su un pilastro, che in passato indicava agli ospiti che arrivavano a cavallo il punto per lasciarlo.

templestay smonta cavallo logo

Abbiamo proseguito attraverso le quattro porte d’ingresso del tempio: la prima, sostenuta da quattro pilastri di pietra, la seconda contenente quattro feroci guardiani del tempio, la terza che rappresenta il concetto buddista di non dualità e l’ultima, che sorregge un intero edificio. 

primo cancello logo guardiani templestay logo terzo cancello logo

Siamo così arrivati al cortile principale del tempio, da dove con una rampa di scale fino a Daeungjeon, la sala centrale, anche detta “sala del Dharma”.

templestay sala logo

Nonostante sia la sala principale, i due edifici alla sua sinistra e destra sono in realtà i preferiti dai visitatori: a sinistra, un piccolo edificio dietro un’enorme pietra incisa risale ai tempi pre buddisti. Dedicato al dio della montagna, è l’unico posto a Beomeosa dove ai devoti è permesso portare alcol come offerta sull’altare. A destra, Gwaneumjeon Hall è il tempio più popolare poiché è lì che Avalokitesvara, il Bodhisattva della compassione, risponde ai desideri delle persone. La disponibilità del nostro accompagnatore nel rispondere alle nostre curiosità mi ha molto colpito. Come immaginerete, la domanda più ricorrente è: perché? Perché una persona abbandona il mondo e gli affetti per diventare un eremita? Lui ci ha confessato candidamente che la religione non è quasi mai il motivo, o l’unico motivo, per cui una persona decide di farsi monaco. Anzi, sono spesso le vicende della vita, o le difficoltà del percorso, che fanno propendere per una scelta così radicale. Sembrava quasi di avere di fronte il monaco del kdrama Naui Ajusshi, lo ricordate? 

dhandmonk

La cena

Alle 17 scatta l’ora della cena, il barugongyang, cioè il pasto vegetariano dei monaci buddisti. Molto presto, perché prima di andare a dormire è prevista un’altra parte del programma, come vi dirò tra poco. Comunque, questa è la parte del programma a mio avviso in cui sarebbe bene arrivare preparati, perché può trasformarsi in un momento molto imbarazzante. Dovete sapere, infatti, che per i monaci il pasto non è un momento conviviale, come per la maggior parte delle persone. Al contrario, è anch’esso un processo di meditazione. Ragione per cui, non solo il pasto va consumato in rigoroso silenzio, ma anche in fretta! Il tempo ci è stato dato all’inizio, solo quindici minuti per finire tutto. Ora, dovete sapere che io mangio con una lentezza esasperante. Figuratevi, quando ho sentito che ci avrebbero praticamente cronometrato, mi è quasi venuto un colpo. Ero talmente agitata, che non ho sentito la raccomandazione chiave: finite tutto, senza lasciare neanche un avanzo, tranne la radice gialla. Che ho fatto secondo voi? Ho mangiato pure quella! Allora loro, carinamente, ne hanno data una seconda a me e a un altro paio di persone che l’hanno mangiata. E io ho pensato: “che gentili, ne hanno poche e le danno alla straniera”. Quando hanno visto che prendevo le bacchette per inforchettare, l’assistente è arrivata di corsa “stop! stop!”, rompendo il silenzio. Non potete capire come mi ha guardato il monaco. La radice gialla, infatti, serve a sgrassare i piatti a fine pasto e a favorire la digestione. Quindi va mangiata per ultima, dopo un complicato rito di pulizia e impilaggio delle ciotole in un ordine prestabilito.  Hahahahah! Non avevo capito niente! Comunque, subito dopo siamo andati a pulire i piatti in modo tradizionale, con il sapone. Quello lo so fare 🙂

Musica

Dopo cena, scatta la serata danzante. Prima, ci hanno fatto assistere a un’esibizione di tamburi: una squadra di monaci sale su un’apposita torretta, dove è montato un tamburo gigante centrale e suona, dandosi il cambio, o suonando a coppie, senza mai far cessare la musica. E’ stato un momento molto suggestivo, ma anche questo breve, perché prima di andare a dormire i monaci fanno esercizio fisico.

108 prostrazioni

E’ il momento delle 108 prostrazioni. Avete visto il kdrama Vincenzo? A un certo punto Vincenzo e il funzionario si ritrovano nella sala del tempio e gli occupanti del palazzo prima e i due monaci dopo li trovano a genuflettersi.

Che ci fate qui?
Facciamo i 108 inchini.
Così all’improvviso? Perché?
Per liberare i nostri cuori dall’avidità e dall’egoismo.

Nella fase di accoglienza ci avevano spiegato perché sono proprio 108, il numero degli illuminati del buddismo, e ci hanno fatto vedere come farle, avvertendoci che non è necessario farle tutte, perché bisogna sempre rispettare il fisico e i suoi limiti. Un po’ il principio dello yoga, non a caso le prostrazioni ricordano il saluto al sole. Che ve lo dico a fare, non sarei uscita di lì senza averle fatte tutte e 108, ma sono stata uno dei pochi. La maggior parte ha preso il tappetino, ne ha fatta qualcuna e poi ha atteso tranquillamente che finissimo. Nel frattempo, un tamburo e i canti dei monaci davano il ritmo all’esercizio. Considerate che il tempio rimane aperto fino a tardi, quindi noi eravamo mescolati ai fedeli. In questo e in altri templi ho visto che a volte le persone si fermano, fanno tre prostrazioni ed escono (penso sia come l’acqua santa e  il segno della croce per i cattolici).

A nanna

E’ ora di andare a letto, anche se l’atmosfera si è fatta molto intima e piacevole. Le persone sono andate via, regna il silenzio e il buio ha preso possesso del complesso.

templestay notturno logo

C’è il tempo per una doccia e poi tutti a dormire, su un futon steso a terra, gli uomini in una sala e noi donne in quella dell’accoglienza mattutina, perfettamente pulita per accogliere dodici donne. Accanto a me, la signora svedese. Devo dire che ho fatto fatica ad addormentarmi, anche se non ci sono stati rumori molesti. Per la sveglia del mattino ci hanno dato due opzioni: alle 04:15 per una nuova sessione di tamburi o alle 5 per la colazione. Sono masochista, lo so, ma ho scelto le 04:15, non volevo perdere neanche un secondo dell’esperienza.

templestay letto logo

Sveglia alle 04:15 

Dopo aver passato la notte in dormiveglia, quando hanno svegliato le volontarie all’ora convenuta, sono scattata subito in piedi. Dormire per terra l’ho trovato comodo, ma avevo paura di non riuscire a svegliarmi. Fuori è ancora buio e c’è talmente tanto silenzio che il rumore dei passi sulla ghiaia sembra quello degli assassini nei film thriller. Ci avviciniamo alla torretta della sera precedente e assistiamo a una nuova performance dei monaci suonatori di tamburo. Se possibile, è ancora più suggestiva di quella della sera precedente. Non so, è come se chiamassero a raccolta le forze dell’universo. Subito dopo, entriamo nel tempio per le prostrazioni. Non 108 come la sera prima, solo tre. Se la sera precedente l’attività fisica era seguita alla meditazione, al mattino il rito è a al contrario. Prima l’attività fisica, poi la massima concentrazione.

Meditazione

Questa è stata una delle prove più dure del templestay, forse più impegnativa delle 108 prostrazioni. Venti minuti immobili, a gambe incrociate, con gli occhi chiusi, nella posizione yoga del loto. Il monaco ci ha dato il là, chiedendoci di riflettere su questa domanda: chi ero io prima di nascere? Io ho usato un cuscino per stare più comoda e, dopo un po’, in parecchi mi hanno imitato. Sembrano pochi, ma venti minuti in quella posizione ucciderebbero chiunque, se non sei abituato. Avevo già fatto sessioni di meditazione durante le lezioni di yoga, quindi più o meno sono riuscita a portare a termine il compito. Dietro di me, però, è successo di tutto. I più giovani, i coreani figli di chi li ha trascinati lì, si sono alzati e sono usciti. A un certo punto, la sveglia di un telefono a iniziato a squillare ad altissimo volume. Il monaco non si è mosso di un centimetro e neanche i partecipanti, all’inizio. Poi, la ragazza francese ha preso in mano la situazione e, sbuffando, è andata nello spogliatoio per spegnerlo, seguendo il suono. Ovviamente la colpevole si è guardata bene dallo scusarsi per l’interruzione. Come faccio a sapere che era una donna? Perché dopo la meditazione l’ho sorpresa furtivamente a guardare il telefono rosso che la ragazza aveva in mano! Ora so per certo che la signora coreana di solito si sveglia alle 6 di mattina, perché a quell’ora più o meno stavamo meditando. Mentre il telefono squillava, ho aperto un occhio per vedere se qualcuno si alzava per spegnere e, non ci crederete, qualche coreano aspettava tranquillamente seduto con lo specchio in mano. Non c’è niente da fare, ossessionati dall’estetica in ogni contesto.

La meritata colazione

La giornata dei monaci inizia in maniera movimentata, come avete visto. La colazione arriva dopo e più o meno è uguale alla cena, anche se un po’ meno varia. Giusto il tempo di lavare i denti e poi via, verso il secondo tour del templestay.

L’hermitage 

Nel secondo giro, il monaco ci ha portato a fare una breve escursione in uno degli undici eremi situati sulle colline che circondano Beomeosa. Sono dei piccoli templi, in cui i monaci si ritirano durante il periodo invernale. Noi abbiamo visto quello di Cheongnyeonam, che è caratterizzato da un enorme Buddha dorato circondato da statue, che rappresentano animali, personaggi ed elementi del buddismo coreano. Mentre facevamo foto, il posto è davvero molto bello, il religioso ci ha spiegato che i monaci vivono nel tempio inferiore durante la bella stagione e si ritirano in meditazione solitaria durante l’inverno. In questo periodo, passano lunghe giornate senza parlare con nessuno e meditando, anche per venti ore di seguito. Riuscite a immaginarlo? La vita del monaco non è così semplice come potremmo pensare. 

templestay alba logo

Tè con il monaco

Siamo alle battute finali, il templestay sta per terminare. Tornando alla base, ci fanno rilassare dandoci i pallini per costruire il nostro braccialetto buddista di legno e, subito dopo, sgomberiamo la sala per prende il tè con il monaco senior. Davanti a una tazza di tè coreano e due dolcetti colorati, il monaco si presta a rispondere alle nostre curiosità. E’ stata una conversazione un po’ difficile da seguire, perché i partecipanti coreani si sono ovviamente dimostrati più curiosi e hanno articolato le domande in modo complesso, tanto che a un certo punto la traduzione è stata certamente più semplificata rispetto alla conversazione. Ma è stata comunque piacevole da seguire. 

tè col monaco logo

Lo consigli?

Assolutamente sì, il templestay è un’esperienza unica e sincera. A patto che abbiate voglia e un minimo di preparazione per affrontarla. I ragazzi francesi sono andati via prima del termine, evidentemente annoiati. I ragazzi coreani hanno sofferto e anche qualcuno degli adulti. Per tutti gli altri, sono sicura che sia stata un’esperienza entusiasmante, come lo è stata per me. Non ci sono mezze misure, o la amate o la odiate. Solo noi conosciamo noi stessi, sconsiglio di farla come gita turistica senza voglia di riflettere, questo sì. Se invece avete voglia di entrare in un mondo così diverso da quello a cui siamo abituati, vi lascerà qualcosa d’importante.

Allora? Che ne pensate del templestay? Vi incuriosisce come esperienza? La fareste?

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Viaggio in Corea del Sud: Train to Busan

Immaginatevi la scena: Halloween, buio, una banchina deserta e un segnale orario luminoso con la scritta “Train to Busan”. Le premesse per un viaggio horror ci sono tutte…

busan trainE invece niente. A bordo niente zombie, ma soprattutto niente Gong Yoo, ahimè. In 47 minuti il treno arriva da Dagu a Busan con un viaggio super tranquillo. Dato che le città coreane sono organizzate tutte nello stesso modo, anche qui metropolitana e arrivo in albergo quasi senza problemi. Dico quasi perché stavolta una minima conoscenza dell’hangul, l’alfabeto coreano, mi ha salvato, altrimenti non avrei riconosciuto il nome dell’hotel, scritto solo in coreano. Comunque, alla fine ce l’ho fatta a districarmi tra le stradine, dove impazza lo street food. Il mio albergo, infatti, si trova vicino al mercato del pesce di Jagalchi, il più grande della Corea del Sud. Non potete venire a Busan e non passarci.

Il mercato del pesce di Jagalchi

E infatti è proprio da qui che parto, anche se in realtà non è la prima cosa che ho visto. Il mercato mi dà una sensazione strana: da una parte mi piacciono i colori, le ajumma che vendono, la straripante varietà di pesce. Non avevo mai visto un mercato del pesce di questa grandezza. Dall’altra, non posso che provare pietà per questi poveri animali, ancora vivi nelle loro vasche. Come anche nei ristoranti, qui il pesce viene scelto dal cliente, prelevato dalle vasche e consumato immediatamente. Un’abitudine che non posso e non voglio giudicare, ma che mi porta a prendere le distanze. A un certo punto, un venditore, pensando sicuramente che la turista avrebbe gradito, si è messo a giocare con un pescetto, che gli è sgusciato tra le mani cadendo sul pavimento. Da vedere? Assolutamente sì. Ci tornerei? No.

logomercatojagalchi

Gamcheon Culture Village

Al Gamcheon Culture Village, invece, tornerei anche domani. E’ un villaggio in collina che durante la guerra consentì a molte persone di rifugiarsi negli anni. Poi era caduto un po’ in disuso, finché è stato oggetto di una ristrutturazione complessiva. Oggi è abitato in prevalenza da artisti, le casette sono state dipinte di un bel celeste e tutti i turisti ci passano per farsi una foto con il piccolo principe, posizionato in zona panoramica. Io vi consiglio invece di farvi un bel giro per tutto il villaggio e magari pure la foto con il piccolo principe, se c’è poca fila. Cosa che penso succeda solo all’alba. Passate all’ufficio turistico e fatevi dare la mappa. Nella mappa c’è un giochino: se raggiungete determinate tappe, troverete un timbro da apporre sulla mappa. Una volta davano un regalo al completamento dei timbri, ora non più. Ma voi fatelo lo stesso. Vi servirà per esplorare il villaggio come mai fareste senza. E guardatevi intorno con attenzione. Io mi sono divertita tanto, ho scoperto degli angoli impossibili, delle installazioni artistiche notevoli, degli scorci particolari. E’ impegnativo, non lo nascondo, perché il percorso è quasi tutto in salita/discesa. Ne vale la pena, però.  In una delle tappe, per esempio, ho spedito una cartolina a me stessa. Nel chiosco, infatti, puoi comprare la cartolina e scrivere a te stesso, decidendo se vuoi riceverla dopo un mese o dopo un anno. Io ho scelto un anno e giustamente mi è arrivata dopo un mese :D. Ma è stato comunque divertente e anche strano. Il giro completa dura minimo due ore, ma anche di più, a seconda di quanto deciderete di fermarvi in ogni tappa.

logogamcheon

BIFF Square

La lettera a te stesso non sembra una cosa da film? E infatti siamo nella città giusta. Busan negli ultimi anni si è imposta nel panorama del cinema mondiale grazie all’organizzazione del Festival Internazionale del Film di Busan (BIFF). Da qui il nome di questa strada, BIFF Square, in cui per circa 500 metri è possibile andare alla ricerca degli attori e registi preferiti che hanno lasciato l’impronta del loro palmo sull’asfalto, in una sorta di walk of fame. E’ un’area in cui vi imbatterete sicuramente anche per caso, poiché si trova in una zona trafficatissima di shopping, street food e passeggio. Vedo anche, a sorpresa, l’impronta italianissima di Ennio Morricone.

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busan morriconelogo

I templi: Haedong Yonggungsa e Bomosa

I templi buddisti che varrebbe la pena vedere se visitate Busan sono due, Haedong Yonggungsa e Bomosa. Del secondo vi parlerò più diffusamente in questo articolo, perché è quello che ho scelto per vivere la pazzesca esperienza del templestay, di cui vi spiegherò tutto per bene, così potrete decidere se fa al caso vostro o no.

Due templi, dicevamo. Se avete poco tempo a disposizione, vi suggerisco Haedong Yonggungsa, perché ha una particolarità. Invece di essere incastonato in qualche montagna difficilmente raggiungibile, si affaccia sul mare  dell’Est, verso il Giappone, da qui il nome “Tempio del mare” ed è facilmente raggiungibile in autobus. Vi consiglio di visitarlo in serata perché si svuota, come del resto tutti i templi che ho visitato durante il viaggio. All’entrata c’è una ruota a protezione dei guidatori (!) e poi ci sono 108 scalini, fiancheggiati da lanterne di pietra, da scendere per arrivare quasi al livello del mare e godere di un panorama meraviglioso. Sembra che questo tempio abbia il potere di far realizzare almeno un sogno di coloro che lo visitano, per questo è così trafficato. Se sbagliate orario potrebbe sembrarvi caotico, quindi seguite il mio consiglio. Io mi sono soffermata soprattutto sul Buddha in preghiera che offre le spalle al mare. Tra le onde che s’infrangono sugli scogli, le persone che pregano in silenzio, l’aria tersa e lo sguardo che si perde nell’orizzonte d’acqua, non sarei mai voluta risalire. Anche perché fare i 108 gradini al contrario non è una passeggiata! :p Anzi, approfitto di voi: se qualcuno andrà al tempio, vi prego, contate i gradini per me. Perché io ne ho contati 109, ma sarà stata la stanchezza?

logotempiosulmare

Le spiagge: Songdo, Dadaepo, Haeundae

Al tempio di Haedong Yonggung vi consiglio di abbinare la spiaggia di Haeundae, che è uno dei posti in cui i coreani vanno a divertirsi. Non sarebbe male passare la giornata in spiaggia, se il tempo lo consente, e poi andare al tempio, lì a poca distanza. Quando l’aria è limpida, dalla collina si vede la costa del Giappone, mentre la sera, quando si accendono le luci della città, diventa un luogo romantico. E’ pieno di locali, alberghetti e ristoranti, anche perché spesso organizzano eventi musicali sulla spiaggia.

Songdo beach skywalk 송도해수욕장

E’ la spiaggia che mi è piaciuta di più. Purtroppo anche qui sono arrivata in serata e non ho potuto fare il giro con la funicolare aerea perché era troppo tardi e avrei rischiato di non tornare indietro. Secondo me però, se andate di giorno, un giretto lo merita. La vista sull’oceano e sullo skyline di Busan è comunque fascinosa. Un po’ meno fascinoso il signore in pigiama seduto sulla panchina, ma anche lui ha meritato una foto. La parte migliore è una passerella curva sul mare che porta a uno scoglio con due statue, di un marinaio e una sirena distanti che cercano di toccarsi con le braccia alzate. Romantico, non trovate?

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Dadaepo

Sempre in tema di romanticismo, questa è una chicca che vi do, soprattutto se avete deciso di dichiararvi a Busan. Dadaepo è una spiaggia un po’ fuori mano, si trova al capolinea della metro e poi bisogna camminare per un po’. I locali la usano per fare picnic e per sfuggire alla folla che assalta le più famose. Arrivando, ho notato una panchina con un grande anello di fidanzamento. I coreani non lasciano nulla al caso: fatela sedere sulla panchina, inginocchiatevi e tirate fuori l’anello. Insomma, fate le cose perbenino, hahaha!

logo Anello fidanzamento Busan

L’articolo finisce qui, ma la visita a Busan no. Come già anticipato, vi parlerò della mia notte al tempio di Bomosa e di un mercato un po’ particolare…(continua)

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Viaggio in Corea del Sud: Winter Sonata a Chuncheon

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Viaggio in Corea del Sud: il Tempio di Haeinsa

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Templestay, due giorni nella vita di un monaco coreano

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Viaggio in Corea del Sud: Winter Sonata a Chuncheon

Chuncheon (춘천, pron. Ciuncion), che significa: fiume che scorre quando arriva la primavera. Curioso: il nome rimanda alla bella stagione, eppure questa cittadina è conosciuta per l’atmosfera innevata che il kdrama Winter Sonata ha saputo creare e far ricordare nel tempo. Se volete scappare per un po’ dalla cappa di polveri sottili che avvolge Seoul, e ripercorrere i passi dei protagonisti del kdrama, non c’è di meglio. L’ho visitata in autunno e posso dire con certezza che è romantica tutto l’anno.

Cosa fare a Chuncheon

Cosa vedere a Chuncheon dipende essenzialmente dal tempo che avete a disposizione. L’ideale sarebbe fermarsi per una notte, ma trovandosi a poco più di un’ora di treno da Seoul, volendo è ottima anche come escursione di un giorno. In ogni caso, sarebbe utile decidere prima di andare su cosa soffermarvi, perché di posti interessanti ce ne sono diversi, ma forse non tutti possono corrispondere ai vostri interessi. Di seguito vi faccio una panoramica delle possibilità che offre.

Il lago

In autunno la vista del lago è mozzafiato. Il colore rosso e giallo degli alberi è predominante e l’atmosfera del bosco trasmette una calma quasi innaturale. La passeggiata che costeggia l’acqua è piacevole e potenzialmente consente di fare tutto il giro, spostandosi fuori città. Chi ama il trekking lo troverà molto interessante. Io mi sono limitata a un giro panoramico per scattare foto. Volendo, è possibile affittare delle anatre pedalò, che sicuramente avrete visto in qualche kdrama e che sono molto amati dalle giovani coppie di coreani.

lago1 lago2

Myeongdong Street 

chuncheon2E’ lo stesso nome della via centrale di Seoul. E sembra una sua copia in miniatura. La cittadina è piccola e questa strada ricalca quella della capitale, circondata com’è di negozi di ogni genere. All’entrata del dedalo di strade, le statue di bronzo dei due protagonisti di Winter Sonata danno il benvenuto, ancora oggi super famose e meta di pellegrinaggio per questa location. Chuncheon, infatti, è diventata meta turistica solo dopo la messa in onda del drama. Sono state messe lì, perché in quel punto si svolge una delle scene fondamentali della serie. Praticamente, questo è il kdrama che ha dato il via a tutto. Se volete vedere un drama vintage, ma molto vintage, ve lo consiglio. E’ del 2002 e con uno stampo diverso da quelli che vediamo oggi. Non c’è consegna a domicilio, non ci sono pasti pronti, non c’è caffè liofilizzato. C’è il tè!, servito in tazze di porcellana su vassoio quando arriva l’ospite. C’è anche una mentalità tradizionale, soprattutto della protagonista. E poi, c’è l’atmosfera invernale di Chuncheon. Lei vorresti ammazzarla ogni due minuti, ma bisogna un po’ calarsi nella situazione di una ragazza che è destinata a lavorare fino al matrimonio e poi stop. Peccato che un amore adolescenziale, finito tragicamente, faccia scendere in lei un velo di tristezza senza consolazione. Finché, un giorno, non le sembra di vedere un uomo che somiglia al suo perduto amore in modo straordinario. Ma lei sta per sposarsi…

Il Dalgona candy

E poi, agli angoli delle stradine che si intersecano, i venditori di street food con il loro carretto. E’ qui che ho assaggiato per la prima volta il Dalgona candy, un dolce molto popolare tra i bambini coreani e ora famosissimo dopo il successo di Squid Game. Spesso, infatti, le mamme o i papà lo comprano all’uscita da scuola, per merenda. Viene venduto infilato in un bastoncino e con un disegno creato all’interno con una formina. Il gioco consiste nel mangiarlo spezzettato lasciando per ultima la formina. Io non ci sono riuscita, la formina finisce inevitabilmente per spezzarsi, e sono anche tornata indietro per comunicarlo alla ajumma che me l’ha venduto 🙂

chuncheonquadro

chuncheon ajumma

Dakgalbi 

Sempre un’ajumma mi ha servito il Dakgalbi, il piatto tipico di questa regione, cioè pollo molto piccante saltato in padella. Ci sono tre intere strade dedicate solo a questo piatto e vi posso dire che i ristoranti sono pressoché equivalenti, almeno dalle informazioni che ho preso. Ho scelto quindi il posto che mi ispirava di più come atmosfera a Myeongdong Dakgalbi Street, una delle tre. E non credo di aver sbagliato. In questo ristorantino coreano tradizionale, senza sedie e tre donne a preparare e servire, mi sono molto divertita a osservare le padrone di casa e i pochi presenti. Soprattutto studenti, all’apparenza. Le ajumma pesano gli ingredienti e poi vengono al tavolo a cucinarlo, allontanandosi e tornando ogni tanto per girarlo. Il piatto, infatti, viene servito in gran quantità a prezzo abbordabile. Per questo, era all’inizio molto popolare tra i soldati, in questa zona c’è un distaccamento militare, e gli studenti. La sua popolarità, cominciata da un solo, piccolo ristorantino oltre cinquant’anni fa, è cresciuta fino a diventare uno dei piatti tipici coreani. Non potete non assaggiarlo almeno una volta durante il vostro viaggio.

dakgalbi dakgalbi2

Chuncheon Romantic Market

Questo è il mercato più conosciuto di Chuncheon e ha cambiato nome nel 2010. Prima si chiamava semplicemente Mercato centrale. E’ qui che la madre della protagonista di Winter sonata ha un banco. Non mi ha particolarmente colpito, ma nelle serate molto fredde costituisce un buon riparo e sicuramente c’è un’atmosfera “calda” e allegramente confusionaria.

Il festival del Jeon

La parola Jeon indica genericamente le frittelle, un po’ come i nostri “fritti misti”, anche se all’apparenza sembra più una frittata, che prende nomi diversi a seconda dell’ingrediente fritto nella pastella. Nei ristoranti coreani in Italia troverete spesso la versione con frutti di mare, Pajeon. Appena arrivata a Chuncheon, mi sono imbattuta in questa “sagra del jeon”, con i proprietari dei banchetti che facevano a gara per farmi avvicinare e assaggiare. Che ve lo dico a fare, ho dato soddisfazione a tutti. Ma proprio a tutti. Ne avrò assaggiati una trentina, di ogni ingrediente e colore. Stupendi. Accompagnati da Makgeolli, sempre offerto da loro. Stupendi già l’ho detto? Allora lo ripeto. Dopo essermi saziata, mi sono gustata il concerto della festa e poi via, verso il centro città.

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Altre attrazioni 

Purtroppo, a Chuncheon non mi sono trattenuta abbastanza per fare altro. Ma volendo, ci sono diverse possibilità, che mi limito qui a elencare, nella speranza di poter vedere il resto un giorno.

Gubongsan Mountain Observatory

E’ un punto panoramico con vista sul centro città. In pratica, hanno costruito un’intera strada di Caffè a tema, dove ogni bar costituisce un osservatorio.

Uiamho Lake Skywalk

Altro punto panoramico dove fermarsi a fare foto, a metà della pista ciclabile. Lo skywalk è costruito con un pavimento in vetro trasparente, a circa dodici metri sopra l’acqua. Secondo l’opuscolo turistico, chi cammina sul ponte prova sia la sensazione di camminare sulle nuvole sia l’inquietante ansia di poter cadere in acqua da un momento all’altro.

Nami Island

Per i fan di Winter Sonata e non solo, è un must. Talmente must, vi avviso, che le file si sprecano. Motivo per cui a malincuore ho dovuto rinunciare. Si trova a circa mezz’ora di distanza da Chuncheon ed è stata pensata per promuovere sogni e speranze nei bambini e amore e ricordi nelle coppie. Non mi voglio sbilanciare, sicuramente bella e poetica, ma forse un po’ troppo turistica? Scrivetemi nei commenti cosa ne pensate se ci siete stati. 

Casa delle letterature di Kim You-jeong 

Conosciuto come uno dei principali romanzieri coreani di racconti, Kim You-jeong (1908-1937) è nato nel villaggio di Silla, a Chuncheon. Il restauro della sua casa natale fa parte di uno sforzo per trasformare l’intero villaggio in un villaggio della letteratura in onore del romanziere. 

Come raggiungere Chuncheon 

In treno

Chuncheon si trova alla fine della Gyeongchun Rail Line, che collega la città alla stazione di Cheongnyangni a Seoul (a cui è possibile accedere tramite la metropolitana di Seoul, linea 1). Il costo è di circa W5,500 per prendere il treno da Seoul alla stazione di Chuncheon, 190, Geunhoe-dong, Chuncheon-si. A Chuncheon ci sono due stazioni: Chuncheon Station, alla fine della linea Gyeongchun, e Namchuncheon Station (precedentemente chiamata Seongsan Station), che è la stazione principale e si trova a circa 2 km dal centro città. Da qui non ci sono autobus che portano al centro città, bisogna prendere un taxi o camminare per circa mezz’ora. 

In autobus

Gli autobus partono dal terminal degli autobus Express di Seoul o dal terminal Sangbong fino al terminal degli autobus di Chuncheon e impiegano circa 90 minuti. Dall’aeroporto di Incheon, puoi prendere un autobus direttamente per Chuncheon. Gli autobus costano circa W13.700. 

In macchina

Chuncheon è sulla direttrice settentrionale dell’autostrada Jung-ang (strada 55), che attraversa Wonju e prosegue verso sud fino a Busan. 

Allora? Come vi sembra questo primo assaggio di Corea? Avete domande? Curiosità? Scrivetemi nei commenti e cercherò di rispondervi 🙂

Intanto vi dico che nella prossima puntata andremo alla scoperta del Codice coreano. Cos’è? Presto lo saprete 😉

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Autumn in Korea: Corea del Sud, il Paese del Calmo Mattino

Questo post è un work in progress, pensieri in ordine sparso come se fosse un diario di viaggio. Viaggiate con me su e giù per la Corea del Sud: informazioni pratiche, curiosità e tutto quello che serve per convincervi che il Paese del Calmo Mattino è una meta che saprà stupirvi. E non poco!

Informazioni pratiche 

I trasporti

Organizzare un viaggio in Corea del Sud in autonomia è semplicissimo. Il Paese ha infrastrutture all’avanguardia e un senso razionale e logico che rende facile qualsiasi spostamento abbiate in mente di fare. Ho preso aerei, treni, pullman, autobus, metropolitane e tutta la rete ha mostrato lo stesso livello di efficienza. Dall’aeroporto di Seoul vi consiglio la metropolitana: è accessibile senza uscire dal perimetro dell’aeroporto e per prenderla vi basterà comprare una T Money. La carta è molto utile, consente di prendere qualsiasi mezzo di superficie e non semplicemente ricaricandola alle macchinette di ricarica presenti in tutte le stazioni. La cosa fantastica è che non serve solo per la città in cui vi trovate, ma potete usarla in tutto il Paese. Io l’ho usata anche a Busan e Jeju, per esempio. Il prezzo è accessibile, circa 0,70 euro per tratta, a cui dovete aggiungere un’inezia in più all’uscita se fate un percorso lungo più di dieci km. Metro e autobus viaggiano abbinati. Se uscite dalla metro e prendete l’autobus dovete comunque timbrare, ma non verranno scalati soldi.

La lingua 

I coreani parlano pochissimo inglese e quasi mai con una pronuncia corretta, ma vi assicuro che non avrete problemi. Sono di una gentilezza estrema, faranno di tutto per venirvi incontro e per trovare un punto di contatto. Usando il traduttore automatico non ci saranno problemi. L’unica accortezza che vi suggerisco, siate preparati. Portate sempre con voi mappa, vocabolario o guida. Non vi daranno mai indicazioni sbagliate, semmai perdete un po’ di tempo nel farvi rispiegare se non siete sicuri di aver capito bene.

Gli alloggi

Quanto volete spendere? In Corea del Sud ci sono alloggi per tutte le tasche. Se non siete particolarmente esigenti o schizzinosi, vi consiglio i cosiddetti “Love Hotel”. Sono degli alberghi a tutti gli effetti, che i coreani utilizzano per i loro incontri d’amore. Spulciando online tra gli annunci, potreste non distinguerli dal resto dell’offerta, però osservate bene le regole della struttura, soprattutto se viaggiate con minori. Alcuni, infatti, non accettano minorenni. Perché ve li consiglio? Perché rappresentano un buon compromesso tra comodità e prezzo. La pulizia è ovunque stratosferica e il personale gentilissimo, forse contento di avere clientela di tipo diverso ogni tanto. Qualche volta, di notte, potrebbe esserci un concerto :), ma non è detto. Nella maggior parte dei casi, avrete risparmiato qualche soldino per allungare di un giorno o due la vacanza.

I voli

Ho viaggiato con Korean Air per il volo principale e con Asiana Airlines e Jeju Air per quelli interni. Mi sono trovata bene con tutti, con Asiana in particolare. Korean Air effettua voli diretti da Roma con orari comodissimi e fornisce un kit di benvenuto con pantofole, spazzolino, dentifricio e mascherina per dormire. Asiana per un volo interno inferiore a un’ora ha offerto bevande a bordo. Jeju Air solo acqua, ma è una low cost.

Carte e contanti

Le carte di credito sono accettate ovunque, bancomat e carte ricaricabili dipende dalla situazione. Vi suggerisco di tenere a portata di mano una riserva di contante, che potrà servirvi per le piccole spese e nel caso la carta non dovesse funzionare. Personalmente ho avuto pochi problemi e solo con i piccoli negozi e alcuni bancomat a circuito interno. La cosa migliore è cambiare soldi nei bancomat dell’aeroporto e con i won in tasca affrontare il duro lavoro di assaggiatori dello street food locale.

Le vaccinazioni

Le vaccinazioni per un viaggio in Corea del Sud non sono obbligatorie e potete fare riferimento al sito Viaggiare sicuri per l’elenco aggiornato. Io posso dirvi che dopo averlo consultato ho deciso di non farle, considerando la stagione fredda e le informazioni che ho recuperato sul livello d’igiene complessivo. Certo, sta a voi decidere cosa è meglio in base al vostro stato di salute e il percorso che intendete fare. Al momento in cui scrivo, sul sito viaggiare sicuri è presente questa raccomandazione: “Vaccinazioni, nessuna. Previo parere medico, valutare l’opportunità di procedere alla vaccinazione contro l’epatite virale tipo B e contro l’encefalopatia giapponese (questa solo per i bambini) talvolta presente durante la stagione delle piogge (estate) e alla vaccinazione antitifica”.

Ok, grazie per le informazioni, ma che giro hai fatto?

E adesso passiamo alla fase più bella, quella del viaggio vero e proprio. Ecco le mie tappe: sono atterrata a 서울 Seoul, dove sono rimasta due giorni. Mi sono spostata in treno a 춘천 Chuncheon (Ciuncion la pronuncia in italiano), località a est di Seoul, sempre per due giorni. Successivamente, sono tornata a Seoul per quattro giorni, prima di lasciare la capitale in direzione 대구 Daegu (Degu in italiano) e tempio di 해인사 Haeinsa. Da lì, visita al tempio e via verso 부산 Busan,  la città portuale più grande della Corea del Sud. A Busan, o Pusan, sono rimasta tre notti, compresa una per partecipare al programma templestay del tempio 범어사 Beomeosa (Bomosa in italiano). Quindi aereo interno e altri tre magici giorni nell’isola di 제주 Jeju, poi di nuovo Seoul, per un’ultima notte in giro per la capitale. Questa è la panoramica del tour: ora con calma vi racconto tappa per tappa. D’altronde, sono o non sono nel Paese del Calmo Mattino?

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Malati di kdrama? Guardiamoli mangiando il Bibimbap!

Bibimbap. Bibim significa “misto”, Bap significa “riso”. Ed ecco che il Bibimbap, piatto simbolico non solo della cucina, ma di tutta la cultura coreana, ha la sua descrizione già nel nome. Una base di riso al vapore e un misto di verdure, carne, uovo fritto e gochujang, immancabile salsa piccante coreana, naturalmente sostituibile con un’adeguata dose di peperoncino. Occhio a non esagerare, sennò diventa un Bibimpep e si potrebbero perdere i tanti sapori che concorrono a comporre questo piatto buono e completo. Le verdure si possono scegliere in base alla stagione, l’importante è che nel piatto ci siano i cinque colori (verde, rosso, giallo, bianco e nero) che rappresentano i cinque elementi (acqua, fuoco, legno, metallo e terra) che formano l’universo.

Ingredienti per 2 persone

  • carne di straccetti di manzo, vitello, maiale o pollo, 200 gr.
  • verdure di stagione, quelle che avete in casa o trovate al mercato (vedi in basso, una composizione per colori)
  • riso basmati, 300 gr.
  • acqua, 600 cl.
  • uova, 2
  • spicchi d’aglio, 3 di cui uno tritato
  • pasta chili (Gochujang)
  • lime o limone, 1 scorza
  • lime o limone, 1/2 succo
  • salsa di soia, 3 cucchiai
  • olio di sesamo, 1 cucchiaino
  • zenzero fresco
  • un pizzico di zucchero grezzo
  • olio di semi, q.b.
  • sale e pepe q.b
  • semi di sesamo, q.b.

Procedimento

Iniziate dalla carne, che ha tempi di cottura più lunga. Che sia maiale, manzo o pollo, se volete essere rigorosamente coreani preparate in precedenza una marinatura in cui lasciarla riposare per un paio d’ore con salsa di soia, zucchero di canna, semi di sesamo, zenzero fresco, olio, limone o lime e aglio tritato. Se non ne avete il tempo non vi preoccupate, preparate un soffritto con olio e aglio e mettete la carne a cuocere finché non sarà sufficientemente morbida. Tagliatela a striscioline e cuocetela.

Nel frattempo, lavate le verdure, tagliatele finemente e mettetele a cuocere in padella separatamente. Essendo estate, ho usato melanzane, zucchine, carote, peperoni e alghe acquistate al supermercato coreano, che potete tranquillamente sostituire con verdura di stagione come una normalissima cicoria.

Mentre carne e verdura fanno il loro dovere, potete dedicarvi al riso. Lavatelo sotto acqua corrente, versatelo in una casseruola e aggiungete acqua per il doppio del suo volume. Per capirci, per 300 grammi di riso, usate 600 cl di acqua. Salate a piacere, coprite la pentola e fate cuocere a fuoco medio, controllando e mescolando costantemente. Sarà pronto quando l’acqua  sarà tutta assorbita. Se vedete che fa troppo in fretta, aggiungetene un po’. Se va troppo lenta, tenete a portata di mano un panetto di burro che può essere utile per amalgamare alla fine della cottura.

Assemblate il piatto

Adesso iniziate ad assemblare il piatto, ma prima mettete a cuocere in padella un normalissimo uovo al tegamino e preparate cinque piccole ciotole con le verdure che non utilizzerete per comporre il piatto, ma che servirete comunque in tavola. Vi servono altre tre ciotole, una per la salsa piccante (o per i peperoncini), una per il riso (che non userete per il piatto), una per uno spicchio d’aglio, che in un pasto coreano non manca mai.

Disponete il riso alla base del piatto. Poi, sopra, le verdure, in cinque spicchi uguali, lasciando libero il centro. Lì dovrete mettere la carne. Una volta pronto l’uovo, tiratelo fuori dalla padella e mettetelo sopra a tutto in maniera tale che il tuorlo sia al centro e l’albume copra parzialmente le verdure.

Il vostro Bibimpap è pronto. Aggiungete la salsa piccante, o il peperoncino, in base alla vostra tolleranza al piccante e mescolate il tutto con due bacchette per iniziare a mangiarlo. Le ciotoline che circondano il vostro piatto vi saranno utili se vorrete aggiungere riso o verdure a piacere.

Accompagnate il tutto con birra, quella coreana non è facile da trovare, ma anche quella italiana non ha nulla in meno!

Note: 

  • le verdure devono essere saltate in padella e, oltre che mischiate col riso, vanno anche servite ognuna in una piccola ciotola affinché se ne possano aggiungere a piacere;
  • dell’aglio potete fare a meno, l’aglio coreano è molto diverso dal nostro e molto meno “impattante” sul nostro palato e sull’olfatto di chi ci sta vicino, benché sia comunque di grande aiuto per la digestione;
  • l’ideale sarebbe servirlo nella “dolsot“, ciotola di pietra calda che continua a far cuocere il riso mentre lo si mangia; si trova nei supermercati orientali più forniti;
  • ci sono tante storie sull’origine del Bibimbap, secondo la più accreditata si tratta del cibo più usato dai contadini che lavoravano nei campi e che mescolavano gli ingredienti più nutrienti in un’unica terrina per avere un pasto veloce e sano. Questa origine mi ricorda un po’ il cornish pasty della Cornovaglia. L’ideale è servirlo nella “dolsot”, ciotola di pietra calda che continua a far cuocere il riso mentre si mangia;
  • se non trovate la pasta chili Gochujang, o se non amate i sapori fortemente piccanti, omettela;
  • se avete carne, riso o verdure avanzate, il Bibimbap si trasforma in un ottimo svuotafrigo, a patto di chiudere un occhio sulla sequenza dei colori 😉
  • se riuscite a trascinare i vostri compagni/mariti in Corea del Sud, sappiate che questo piatto è un’ottima ancora di salvezza per le persone allergiche o restie a provare cibi insoliti o molto piccanti. Con il Bibimbap, anche i più tradizionalisti riusciranno a sopravvivere degnamente.

E adesso ditemi, che drama state guardando in questo momento? 🙂

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