Il conte di Montecristo. Un viaggio intrigante nell’animo umano e nell’umana miseria. Spiazzante. Soprattutto per quelli, come me, convinti erroneamente di averlo già letto solo perché conoscono la trama a grandi linee, o perché hanno visto uno dei film tratti dal romanzo. Per fortuna mi sono resa conto dell’errore quando ho cercato in lungo e in largo il libro a casa senza trovarlo. Dovevo assolutamente colmare questa lacuna inaudita e così ho fatto. Ti penti? Chiederebbe sicuramente Edmond, il Conte. No, no e poi no, risponderebbe una novella Haydée. Mi rendo conto di essere criptica e faccio un passo indietro.
La trama
Marsiglia, 1815, anno della Restaurazione Borbonica. Edmond Dantès è un giovane marinaio che sta per essere promosso a capitano e in procinto di sposarsi con l’amata Mercédès. Danglars, anch’egli aspirante alla nomina, organizza una trappola per incastrare Edmond e strappargli l’agognata promozione. Con la complicità di Fernand Mondego, cugino di Mercédès e dichiaratamente innamorato di lei, e Gaspard Caderousse, invidioso vicino di casa di Dantès, Danglars scrive una lettera anonima, dove denuncia Edmond di essere un agente bonapartista. La missiva finisce nelle mani del sostituto procuratore del re Gérard de Villefort. Quest’ultimo lo fa incarcerare a vita nella prigione nel Castello d’If. Qui fa la conoscenza dell’abate Faria, che da anni sta scavando un tunnel sotterraneo nella speranza che lo conduca fuori dalla fortezza. Dopo 14 anni di prigionia Dantès, sotto le mentite spoglie del Conte di Montecristo, ritorna a Marsiglia per vendicarsi di tutti quelli che lo hanno incastrato.
Splendido e terribile
Un romanzo che trasporta chi avrà l’ardire di leggerlo, e la pazienza di dipanare tutte le matasse che Dumas costruisce per confonderlo, in un mondo meraviglioso. Ci sono, infatti, tutti gli elementi giusti per renderlo indimenticabile: avventura, mistero, vendetta, gelosia, amore, passione, rabbia, orgoglio, lussuria, vizio, brama di possesso. E un protagonista di cui innamorarsi perdutamente. Tutt’altro che perfetto, certo, ma splendido e terribile insieme nella sua convinzione di incarnare la mano di Dio tornata per infliggere il castigo ai colpevoli.
Non scoraggiatevi
Milleduecento pagine possono scoraggiare i lettori più incalliti, ma voi non fatelo, non scoraggiatevi. Cimentatevi e abbiate la forza di attendere che tutti i tasselli preparatori di Dumas si inseriscano nel posto giusto, perché dopo le “prime” 600 pagine il ritmo crescerà inesorabilmente e vi ritroverete come me, in subbuglio. Il conte di Montecristo avrei voluto divorarlo. Eppure, eppure l’ho centellinato perché non volevo che finisse!
Da leggere, leggere e rileggere ancora, per assaporare un capolavoro in tutte le sue sfumature. Perché il Conte, ah!, lui sì che ne ha di sfumature, altro che cinquanta.
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