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15 aprile 2019, Notre-Dame in fiamme!

A Notre-Dame la mattina del 15 aprile 2019, solo qualche ora prima che iniziasse a bruciare. Ora è uscito il film Notre-Dame in fiamme che racconta quei drammatici momenti. Ma è solo un monumento, direte voi. Si ricostruisce. Sì certo, non è morto nessuno, ed è questo che conta. Ma lì per lì, con le colonne di fumo ben visibili in lontananza, che fosse un incendio non è passato in testa a nessuno. Attentato!, diceva la testa. Ora vi racconto cosa mi è successo in quella giornata così particolare. Cosa si prova a essere, tre anni dopo, una delle ultime persone ad aver visto Notre-Dame dall’interno?

Ore 11:00, dentro Notre-Dame 

La mattina sembra tutto tranquillo. E’ esattamente come descritto nel film Notre-Dame in fiamme, ci sono anch’io in mezzo alla folla di turisti che fanno la fila per entrare dentro Notre Dame. Anzi, mi capita di pensare che i controlli siano piuttosto blandi, per una capitale che dovrebbe stare in guardia contro eventuali attacchi terroristici. Dentro c’è folla, ma neanche tanta. E’ sempre piacevole entrare dentro questa cattedrale, sempre molto criticata eppure tanto amata. Ora ogni tanto ci penso, sono stata una delle ultime a vederla e i prossimi potranno farlo solo nel 2024!

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Ore 18:oo, 15 aprile 2019

Il pomeriggio è dedicato a Monmartre e al Café des 2 Moulins. Café des 2 Moulins è un nome che penso vi dica qualcosa. Esatto, è il café-brasserie del quartiere Pigalle che è stato usato nel film Il favoloso mondo di Amélie come posto di lavoro della ragazza. Il nome fa riferimento al Moulin-Rouge e al Moulin de La Galette, che si trovano nelle vicinanze. Quando è stato scelto come location del film, era in grande difficoltà economiche e si è risollevato proprio grazie al pellegrinaggio dei fan del film, che ancora oggi continua senza sosta. Io lo ammetto, ci sono passata solo perché era di strada sulla salita per andare a Montmartre e ne ho approfittato per togliermi la curiosità.

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Ore 18:50, 15 aprile 2019

Dalla salita di Montmartre, dove mi trovavo, abbiamo sentito degli scoppi. Abbiamo subito pensato a un attentato e ci siamo precipitati in cima alla collina. Davanti alla Basilica del Sacro Cuore e il sottostante parapetto, si era già radunata una piccola folla che, smartphone alla mano, riprendeva la scena, con le alte colonne di fumo ben visibili anche da così lontano. Dietro di me, sono apparsi dal nulla due militari che imbracciavano mitra. Ma è davvero un attentato? Abbiano iniziato a fare un calcolo di cosa ci convenisse fare: rimanere sulla collina, con il rischio di rimanere bloccati lì e che la metropolitana chiudesse, o arrischiarci a prendere la metropolitana non sapendo cosa fosse successo? So che questi ragionamenti ora vi faranno ridere, ma vi assicuro che se trovarsi in una situazione del genere con il cellulare scarico e in mezzo a una folla di sconosciuti, non è per niente bello. Comunque, da internet, e dai nostri vicini di appostamento, hanno cominciato ad arrivare quasi subito notizie rassicuranti e ci siamo un po’ rasserenati, anche se il pensiero è subito corso a chi era in quel momento all’interno, come noi solo poche ore prima!

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Ore 22:00, 15 aprile 2019

Poche ore dopo, al sicuro nel micro appartamento che ho affittato nel quartiere La Villette, vedere la guglia crollare è un colpo al cuore, ma per fortuna gli edifici si ricostruiscono. Nessuna vittima, dice il telegiornale. Ed è l’unica cosa che conta. 💔

Ore 09:00, 16 aprile 2019

Il giorno dopo torno sul luogo del delitto. C’è una confusione indescrivibile, il traffico è impazzito, le persone si accalcano per sbirciare, polizia e pompieri ovunque. Ho visto arrivare l’ex primo ministro e il nuovo prefetto per verificare la situazione. Non so ancora quale sia la conta dei danni, ma so di donazioni per centinaia di migliaia di euro. E, soprattutto, lì dentro non è morto nessuno, mentre avrebbe potuto trasformarsi in una strage. Che fortuna!
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A voi è mai successo di assistere a un evento straordinario mentre eravate in vacanza? Raccontatemi nei commenti!
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Perdersi a New York tra libri, tramonti e gospel

New York. Dicono che per ritrovarsi bisogna perdersi. E dove farlo se non in una Grande Mela? Vedo e sento troppe persone preoccupate di “cosa fare” a New York. Io vi dico: il problema non si pone! Perdetevi e lasciatevi trasportare da questa megalopoli così viva ed entusiasmante. Qui vi do solo qualche cenno di quello che potreste fare. Prendete spunto, però ricordatevi: in posti come questo, programmare il meno possibile e perdersi tra le vie, è l’unico modo per assaggiare, perché il tempo è troppo, troppo poco. Non vi parlerò delle mete classiche, quelle le scoprirete da soli. Vi racconto alcune chicche che ho scoperto mentre cercavo di perdermi. Alcune, vi assicuro, sono imperdibili. Altre, come il Tour di Sex and the City, indimenticabili. New York è una città senza mezze misure: o si ama o si odia. Inutile dirvi io da quale parte sto. Buon viaggio!

A piedi nudi nel parco

Central Park
John Lennon

Impossibile andare a New  York e non passare per questo parco. Vi consiglio una bella e lunga passeggiata all’interno. Io sono entrata dalla parte dello Strawberry Fields Memorial, dedicato alla memoria di John Lennon. Il nome si ispira naturalmente alla canzone Strawberry Fields Forever dei Beatles. Indirizzo: W 72nd St. In realtà si tratta di un mosaico posato a terra che si trova nei pressi del Dakota Building, il palazzo in cui il cantante viveva a New York con la moglie Yoko Ono e all’entrata del quale venne ucciso nel 1980. Il mosaico si trova vicino all’entrata e lo riconoscerete perché c’è un menestrello che canta le canzoni dei Beatles, quasi sempre seguito in coro dai fan che lasciano un fiore o fanno foto ricordo. Curiosità: sempre da quell’entrata, se guardate le panchine ne vedrete una dedicata a Bruce Paltrow, regista e padre di Gwineth.  

Loeb Boathouse 

Da lì, potete spostarvi in diverse direzioni, le possibilità sono infinite. Per esempio, potreste finire nei presi della Loeb Boathouse, soprattutto se siete a caccia di un posto unico per pranzare. Si affaccia su un laghetto all’interno di Central Park ed è il ristorante in cui Carrie e Mr. Big di Sex & the City si incontrano a pranzo dopo la fine del matrimonio di lui  e della relazione di lei con Aidan,  ma cadono entrambi nell’acqua per l’imbarazzo di salutarsi. E’ molto scenografico e si presta per belle foto ricordo, anche perché sicuramente l’avrete visto in mille film.

Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir

Oppure, per un colpo d’occhio senza pari, potreste avvicinarvi al Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir, in origine un bacino idrico per la distribuzione dell’acqua ormai in disuso. Se vi piace correre, è il posto che fa per voi, perché qui c’è un anello di circa 2,5 km intorno a cui allenarsi. E’ stato dedicato a Jacqueline Kennedy perché era una sua abitudine correre intorno al laghetto e perché poteva vederlo da casa sua, sulla Fifth Avenue. Lasciamo da parte l’invidia per un momento e andiamoci anche noi a gustare, nel nostro piccolo, questo gioellino di ingegneria. 

The Mall & Literary Walk

Non c’è neanche da dirlo, ma ve lo dico lo stesso. Qui ci dovete assolutamente passare, direi che è obbligatorio. Intanto, per la scenografia degli immensi olmi americani che costeggiano la passeggiata, la Promenade, come la chiamano i newyorchesi. Ma soprattutto, per l’atmosfera che si respira, di chiacchiericcio, passeggiate senza fretta, sport, vita all’aria aperta, flora e fauna spettacolare, sopratuttto con i colori autunnali. Il tutto, condito dai richiami letterari delle statue che osservano tutto questo viavai senza battere ciglio. Viavai che dura da secoli, perché in origine questo era l’unico tratto rettilineo del parco ed era stato pensato per conserire all’élite cittadina di scendere dalle carrozze e passeggiare a piedi fino a raggiungere la Bethesda Terrace, dove i cocchieri andavano a riprenderli. Se affittate una carrozza, potreste rivivere un po’ di questa magia.

Bethesda Terrace

Anche questa tappa è imprescindibile. Bethesda Terrace è il cuore pulsante del parco, perché qui si incrociano le strade e i sentieri. La terrazza è strutturata su due livelli, una piazza circolare con una fontana al centro,  Bethesda Fountain, collegata a una terrazza tramite due scalinate. Dalla terrazza si gode di un bel panorama sul lago e le barche a remi, che chiunque può affittare e che solcano pigramente le acque.

Bryant Park

E’ il parco pubblico più centrale di New York. Se passate da New York prima di Natale (da autunno inoltrato) troverete un villaggio molto carino, pista di pattinaggio inclusa. Anche se piccolino rispetto agli altri, è il mio preferito, anche perché si trova a due passi dalla New York Public Library, LA biblioteca di cui vi ho già parlato e di cui vi riparlo sotto. Infatti ci sono sempre molti studenti che sfacchinano sui libri. Ovviamente, proprio perché così vicino al tempio della lettura pubblica, non potevano non esserci richiami letterari. Il parco, infatti, si chiama così perché è intitolato al poeta e giornalista William Cullen Bryant (1794-1878). All’interno,oltre a una statua eretta in suo onore, ci sono anche i busti di Goethe e Gertrude Stein. Passateci, anche solo per un caffè.

Washington Square Park

Il motivo per cui adoro New York? La gente. Come il signore che mi ha fermato in questo parco per scambiare due chiacchiere e raccontarmi cose interessanti. Per esempio, che negli anni ’50 Jimi Hendrix veniva a suonare qui. Che negli anni ’90 Washington Square Park è diventato il centro del rap e che, vicino alla fontana, in certe sere possono esserci anche venti gruppi che suonano nello stesso momento. E che qui sarebbe nato il frisbee. Prendo tutto con le molle, sarebbero informazioni da verificare, ma capite che fortuna poter bere notizie da guide improvvisate incontrate per caso? Se sapete di più su questi fatti, scrivetemi nei commenti, mi raccomando! 

Messa gospel

Harlem

La messa gospel è un’esperienza da fare, se rimanete in città abbastanza per vivere una domenica diversa dal solito. Ci sono diversi tour che la propongono. Io ho scelto quello del mio albergo, che mi ha portato prima a vedere la Columbia University e poi a fare una passeggiata per Harlem, partendo dall’Apollo teather, un monumento per chi ama la musica. Da qui, siamo arrivati alla Memorial Baptist Church. Devo dire che mi aspettavo un’esperienza completamente diversa, più “turistica” diciamo. Invece, mi sono ritrovata all’interno di una messa vera, guidata da un pastore donna (giuro che non lo sapevo!) che i fedeli sentono completamente, fino quasi a cadere in tranche. Le scene sono ancora vivide, come lo sguardo della parrocchiana che mi ha guardato malissimo perché ho solo azzardato il gesto di tirare su la macchina fotografica. Vi diranno, infatti, che fotografare è proibito, come è proibito mescolarsi alla folla che assiste alla messa, i turisti rimangono infatti in un’area riservata, e che è possibile assistere solo alla prima parte della funzione. I fedeli rimarranno lì tutto il giorno e mangeranno insieme. Peccato, mi sarebbe piaciuto rimanere fino alla fine. Quando siamo risaliti sul pullman, una delle bambine che ha partecipato al tour era visibilmente turbata. Tenetelo presente se viaggiate con minori, chiedete informazioni precise agli organizzatori del tour.

Fare due tiri

Madison Square Garden

A me il basket non piace, mi direte. Male 😉 A parte gli scherzi, non è importante che siate appassionati di sport. Vi consiglio comunque di comprare un biglietto e andare a vedere una partita. Perché lo spettacolo non è in campo, ma fuori, tra gli spettatori e le attività che vengono organizzate per intrattenerli. Passare la domenica a vedere una partita, infatti, è un’attività pensata per tutta la famiglia, non come in Europa, dove spesso è un piacere solitario. Negli Stati Uniti diventa, né più né meno, come una gita fuori porta. Quindi, l’evento è pensato in funzione di questo, con diversi momenti di pausa, una durata più lunga di quella cui siamo abituati, e tanti spettacolini per divertire il pubblico. Non potete farvi mancare un’esperienza del genere, comprate il biglietto, acquistate il primo (di tanti) hotdog e mettetevi seduti. Divertimento assicurato.

Barclays Center di Brooklyn

Se al Madison Square Garden non c’è posto, o se nel vostro giro fate tappa a Brooklyn, per la serata sport potreste optare per il Barclays Center di Brooklyn, che io ho visto solo da fuori, anche se sono sicura che dentro ci sia il mondo. Un pomeridiano con i Brooklyn Nets e poi via, a guardare il tramonto. 

Guardare il tramonto

Brooklyn Heights Promenade

Se andate a New York con l’intenzione di dichiararvi, questo è il posto che fa per voi. Romantico? E’ dire poco. Se mi avete dato ascolto e avete camminato sul ponte di Brooklyn e poi vi siete fatti una passeggiata per il quartiere, magari arrivando a Dumbo (vedi sotto), cercate di calcolare bene i tempi per trovarvi qui subito prima del tramonto. Potrete gustarvi coppie, modelli o studenti che fanno fotografie, potrete sorseggiare un bell’aperitivo e perdere oziosamente tempo osservando i fotografi che sistemano i cavalletti e fanno prove di scatto. Cos’ha di speciale questo posto? Da qui potrete godere di una vista magnifica della parte sud di Manhattan e dello skyline. Il sole tramonterà dietro la Statua della Libertà e, da quel momento in poi, cominceranno ad accendersi le luci dei grattacieli, una dopo l’altra, fino a formare un reticolato di luci sfavillanti. Se amate la fotografia, potrete scattare una serie di foto via via che l’illuminazione artificiale e il buio naturale salgono. E’ molto suggestivo, fidatevi. E pieno di baretti dove ordinare una birra, o quello che volete, prima di rimettervi in marcia. Andateci e poi scrivetemi nei commenti se ne è valsa la pena, ci conto!

Andare per mercatini

Chelsea

Per il mio ultimo viaggio a New York, ho scelto come quartiere-base Chelsea, che secondo me unisce uno spirito vivace e fresco a un buon rapporto qualità-prezzo per gli alloggi, con una prevalenza di case basse a mattoni rossi che io adoro e che fanno molto vecchia New York. Chelsea Market si trovava a due passi dal b&b in cui ho dormito e riposato e sono riuscita ad andarci un paio di volte. Il Mercato sorge sull’antica fabbrica della Nabisco (National biscuits company), che ha tra i marchi Oreo, Oro Saiwa e Ritz, per citare i più conosciuti, che aveva stabilito qui il suo stabilimento nell’Ottocento per approfittare dello strutto di maiale. All’epoca, infatti, i treni della High Line servivano i macellai all’ingrosso che fiancheggiavano le strade sotto i binari e raffreddavano le loro provviste con blocchi di ghiaccio del fiume Hudson. L’architettura odierna richiama il passato e si armonizza perfettamente con gli edifici circostanti. Vale la pena di farci un salto, magari per pranzo, c’è una scelta varia, non solo di cibo, e i negozi sono tutti piacevolmente allestiti. L’atmosfera glamour è garantita anche dai visitatori, che magari si mettono a disegnare nella hall o a leggere il giornale seduti davanti a un caffè. 

Soho

Il SOHO Market si trova al 435 di Broadway ed è come i mercati che sono di moda anche in Europa. Vestiti, cosmetici,  attrezzature per la rasatura e di tutto un po’. Potrete trovare qualche souvenir originale da portare a casa, o semplicemente divertirvi a girare tra i banchi e i rivenditori.

Cadman Plaza e Columbus Park

Tra Cadman Plaza e Columbus Park c’è un mercato di frutta e verdura a prezzi più che ragionevoli. Se dopo qualche giorno vi sentite stanchi di mangiare schifezze super lussuriose, affacciatevi. Scoprirete che mangiare sano a New York non è poi così difficile. Potrete poi proseguire la passeggiata dentro il Columbus Park, uno dei preferiti dalle coppie per le foto di fidanzamento. Oltre alla riva del fiume, naturalmente. 

A caccia di libri

Strand

E’ la mia libreria preferita, senza alcun dubbio. Quegli scaffali esterni dove potenzialmente trovare di tutto, sono una droga. E’ molto fornita anche all’interno, ma spulciare i libri all’esterno, con la gente che ti passa accanto frettolosa, non ha prezzo, anche perché le gemme a poco prezzo è qui che si trovano. Sul marciapiede, ho trovato una copia di Anna di Tetti verdi e di Fragments di Marilyn Monroe a un prezzo ridicolo. Consigliatissima.

Public Library

La New York Public Librarnon è una biblioteca. E’ LA biblioteca. Non solo per l’immensità dell’edificio, che comunque colpisce, ma anche per la vastità dei titoli che si possono trovare. E’ un servizio che veramente mi fa invidiare i cittadini newyorchesi. Avete presente i film in cui il protagonista si mette a fare ricerche per conto suo? Ecco, se mi capitasse un fatto del genere è proprio lì che vorrei andare. Se ci passate, e ve lo consiglio caldamente, fermatevi davanti a un computer e digitate un titolo a caso, non serve iscrizione. Lo troverete.

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Books are magic

Se passate dalle parti di Brooklyn, e lo farete se seguirete il consiglio che vi ho dato sopra sul tramonto, date un’occhiata alla libreria di Emma Straub Books are magic, che sembra molto carina e attiva! Chi è Emma Straub? E’ la figlia del più famoso Peter Straub, che tutti gli amanti di letture horror conoscono molto bene, e anche la scrittrice di un romanzo che ho commentato qualche tempo fa, I vacanzieri

Scene da film

Katz Deli (Harry ti presento Sally)

Sono passati 33 anni dall’uscita di Harry ti presento Sally e quella scena è ancora nella mente e negli occhi di tutti gli appassionati di commedie romantiche. E’ assolutamente obbligatorio fare una capatina da Katz Deli e sperare che il tavolo di Sally e Harry sia libero. Perché chi riesce a rifare la scena dell’orgasmo messa in piedi da Meg Ryan, mentre Billy Crystal la guarda sconsolato, e “raggiunge” la stessa intensità 🙂 vince un applauso! Ma cosa aveva preso Sally? Un semplice panino col tacchino. Dice il proprietario che se avesse scelto il panino col pastrami non avrebbe finto…haha! Io ci sono stata e ho preso proprio il panino col pastrami. Non ho avuto reazioni eccessive, ma che merita è vero. Quindi, passateci. Indirizzo: Katz Deli, 205 East Houston Street (angolo Ludlow St)

Dumbo

Se state pensando all’elefantino Disney, siete fuori strada. In realtà si dovrebbe scrivere D.u.m.b.o., perché è l’acronimo di Down Under Manhattan Bridge Overpass, cioè Giù sotto il cavalcavia del ponte di Manhattan. Se siete fan di Noodles e di C’era una volta in America, siete “costretti” ad ammassarvi in mezzo alla strada,  all’incrocio tra Washington St. e Water St., come decine di altre persone, per catturare in una foto la famosissima locandina del film di Sergio Leone. Sperando che qualcuno attraversi improvvisamente la strada con falcata decisa. 

CUVIA__

A parte il film che l’ha reso celebre, Dumbo è una buona tappa per mille motivi. Innanzitutto, per la sua architettura, composta prevalentemente di ex fabbriche e magazzini che ne denunciano l’origine come quartiere industriale. E poi per le piccole gallerie d’arte e negozietti che lo caratterizzano. Tornando ai film, qui gli appassionati di boxe troveranno anche la Gleason’s Gym, la palestra fondata nel 1937 in cui si sono allenati praticamente tutti i campioni mondiali di questo sport, tra cui Mohammed Alì, Jake LaMotta, il «Toro Scatenato» sempre di Robert De Niro, Mike Tyson, Roberto  Duran, Larry Holmes, Hector Camacho, Julio Chavez, Tommy Hearns. 

Se ci andate nel pomeriggio, verrebbe bene l’accoppiata Dumbo e Brooklyn Heights Promenade (vedi sopra “Guardare il tramonto”).

Daily Bugle Building

I fan avranno già capito: Spiderman. New York è un set vivente, camminando e guardandovi intorno, penserete a ogni incrocio, ogni parco, ogni semaforo e ogni palazzo, “questo l’ho già visto”. E sicuramente l’avrete visto in qualche film o serie. Questa per me è stata una foto e una scoperta casuale, mi piaceva il panorama e ho scattato. Solo dopo ho capito cosa mi aveva attirato: è l‘edificio utilizzato per gli uffici del Daily Bugle nei film di SpiderMan. In realtà, si chiama Flatiron e si trova nel Flatiron District. E’ stato costruito all’inizio del XX secolo e completato nel 1902.

Broadway

Una cosa divertente che rifarò, come NON farebbe David Foster Wallace, è presentarmi al bottheghino last minute in Times Square per un musical, fare la fila e vedermi chiudere la serranda in faccia “sorry, stiamo chiudendo”…con la gente in fila! Poco male, un po’ più avanti mi ha avvicinato un bagarino e, dopo una serrata trattativa, ho strappato un prezzo più che accettabile per Il fantasma dell’Opera di Andrew Lloyd Webber per la sera stessa. Che dirvi, un musical a Broadway va visto almeno una volta nella vita, c’è l’imbarazzo della scelta. Se poi non avete tempo, non vi piace, non parlate inglese abbastanza bene da seguire uno spettacolo, c’è questo delizioso ristorante, sempre a Times Square, dove i camerieri sono cantanti/ballerini e intrattengono le persone sedute al tavolo in maniera scherzosa e piacevolissima. Oltre a essere molto bravi, è quasi inutile specificarlo. Si chiama Ellen’s Stardust Diner ed è arredato in stile anni ’50. Infatti, quando ci sono stata io, la coppia di camerieri ha intonato una canzone di Grease. Divertente, ve lo consiglio. Lì vicino, c’è anche Junior’s, dove fanno un’ottima New York Cheesecake. Loro dicono la migliore, ma chi non lo direbbe? Se siete girandole e non avete proprio tempo di fermarvi a mangiare qualcosa seduti, c’è sempre Gray’s Papaya, l’hotdog più buono di New York

Exit & The City

Coney Island

In autunno a Coney Island c’è il deserto. Ed è proprio per questo che ve la consiglio. Se vi capita una giornata di sole, fatevi lasciare dalla metropolitana nell’ultima fermata utile (ci vorrà circa 1 ora per arrivare) e concedetevi una bella passeggiata rilassante su una spiaggia immensa e completamente libera. I divertimenti sono lasciati in pausa e potrebbero mettere anche una sorta di malinconia, un po’ come descrive Loredana Bertè nella sua “Il mare d’inverno”, ma l’effetto relax è garantito. Quando ci sono andata io, ho potuto contare le persone sulle dita di una mano, due o tre hanno approfittato per sdraiarsi a prendere il sole, gli altri a passeggio sulla battigia. Vi consiglio questa breve fuga se rimanete abbastanza giorni per allontanarvi da Manhattan o se non è la prima volta che visitate New York.

Wave Hill

Questa è una gita fuoriporta inusuale, ma se vi piacciono i giardini e avete in programma, che so, di visitare il Bronx o lo Yankee Stadium, potreste allungarvi per un po’ e andare a visitare questa tenuta. Io ho scelto un giorno pessimo, pioggia a catinelle, ma mi è piaciuto lo stesso. Anzi, forse l’acqua ha dato quel qualcosa in più all’atmosfera. Wave Hill offre una vista magnifica sul fiume Hudson dal belvedere, un bell’edificio in pietra, in passato affittato per l’estate da gente come Roosevelt, Mark Twain, Arturo Toscanini, un giardino botanico con specie rare, un museo privato, un caffè che vende prodotti biologici, un piccolo negozio per portare a casa semi come souvenir. Una bella passeggiata nella natura, se il tempo a disposizione lo consente. Magari prima di una partita di baseball.

Staten Island

Il traghetto per Staten Island è una delle furbate di chi non vuole perdere troppo tempo per salire sopra la Statua della Libertà, ma vuole comunque fotografarla da una buona prospettiva, cioè dal traghetto gratis che fa la spola a tutte le ore del giorno e, parzialmente, della notte. Già che c’ero, ho approfittato per allungare il giro e arrivare al Museo di Meucci e Garibaldi, che nel periodo americano hanno coabitato in questa casa, si può dire sperduta? Ancora oggi, arrivarci non è proprio facilissimo, tanto che per trovarlo mi sono dovuta affidare all’autista dell’autobus, che mi ha detto “forse ho capito dov’è”. Dopo mezz’ora e più di tornanti e signore di colore curiosissime che m’invitavano a sedermi accanto a loro ridendo, per sapere dove caspita stessi andando con la mia macchina fotografica al collo e l’aria smarrita, bè, ammetto di avere avuto seri dubbi. E invece, l’autista sapeva il fatto suo e mi ha scaricato davanti al Museo…chiuso per riposo settimanale! Nooo, non potevo crederci, così mi sono attaccata al campanello. Incredibile, mi hanno aperto, tutti felici che qualcuno cercasse il museo e sì, insomma, è il giorno del riposo settimanale, ma ormai è arrivata fin qui…è per momenti come questi che amo New York. I cimeli non sono tantissimi, ma d’altra parte non sono molti neanche al Museo della Repubblica romana di Roma, quindi che pretendere? E’ comunque una visita interessante per i trascorsi dei due. L’entrata è libera, con offerta, sempre libera. Se volete mantenerlo in vita, fateci un salto.

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Il giardino d’inverno di Bomarzo

Il giardino di Bomarzo è sacro o mostruoso? Questo è il dilemma che affligge da anni i visitatori di questo museo così particolare. E’ proprio il caso di ribadire che tutto dipende da come guardi il mondo. Il perché ve lo spiego subito, venite con me a scoprire Bomarzo e i suoi misteri, ideali per una breve scappatella invernale.

Voi che per il mondo andate errando…

Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder meraviglie alte et stupende venite qua dove son faccie horrende, elefanti, leoni, orsi, orche et draghi” è la frase che accoglie chi visita il Parco dei Mostri di Bomarzo. A leggerla oggi, la frase suona ironica. Caro Vicino Orsini, è proprio perché non posso errare per il mondo che sono giunta fino a te! La strada per arrivare al parco era immersa nella nebbia e un tantino lugubre. All’ingresso, hanno anche controllato il greenpass, pur essendo un luogo completamente all’aperto e che favorisce il distanziamento naturale. “E’ perché siamo considerati museo”, mi spiegano alla cassa. E anche un tantino esoso come museo: 13 euro che dovrebbero, e sottolineo dovrebbero, servire a manutenere il giardino in ottimo stato. 

Sacro o dei mostri?

Finite le critiche, ora vi racconto la passeggiata, che è stata molto piacevole. Vi dicevo all’inizio che la “critica” si spacca in due. Chi lo considera mostruoso, chi lo considera sacro. Da che dipende? Dipende dalla prospettiva con cui osserviamo la costruzione. Se il visitatore è religioso, troverà ispirazione religiosa, se si fa prendere dall’atmosfera esoterica, lo troverà “mostruoso”. In realtà, la tesi più accreditata oggi è che gli elementi del parco siano null’altro che dipendenti dalla volontà del suo possessore e che rappresentino, visti nel complesso, una sorta di “autobiografia” per immagini. Il che, se ci pensate, è un’idea affascinante: secoli dopo, noi giriamo per il bosco, cercando di farci un’idea del suo ideatore.

Chi era Vicino Orsini?

Pier Francesco Orsini, detto Vicino come vezzeggiativo familiare, era il figlio di Giancorrado e della seconda moglie, Clarice Orsini, che però si allontanò da casa quando i figli erano ancora piccoli. Vicino sposa Giulia Farnese e subito dopo il matrimonio si dedica alla carriera militare fino al 1557, quando si ritira a vita privata nel suo palazzo di Bomarzo, dopo aver girato in lungo e largo per l’Europa. E’ in questo momento della sua vita che decide di progettare il Sacro bosco, progetto che riceve nuova spinta dalla morte della moglie e dalla delusione per le vicende politiche in cui si era ritrovato come militare. E’ un po’ come se il bosco fosse per Vicino un suo buen retiro dalla società e dalla vita pubblica. Complice anche la contemporanea costruzione del cugino ricco, Alessandro Farnese con la sua sfarzosa dimora di Caprarola, Vicino probabilmente volle un luogo seminascosto da cui osservare dal basso gli opulenti possedimenti di quel ramo della famiglia. 

Arte o inganno? 

Tratteggiare, anche velocemente, la personalità di Vicino è fondamentale per cercare di capire quello cui ci troviamo di fronte. Forse ci sta prendendo in giro? All’ingresso, una sfinge reca questa scritta: “Tu ch’entri qua pon mente / parte a parte /e dimmi se tante /maraviglie / sien fatte per inganno / o pur per arte”. Dove finisce l’inganno e inizia l’arte? Pensateci, di solito è un tema che emerge quando si discute di arte moderna. In questo caso, il tempo ha dato risposta? Me lo direte voi. Per quanto mi riguarda, direi di aver trovato la mia risposta. Il bosco è un’allegoria della vita e delle esperienze di Vicino, niente di più e niente di meno. La compagnia e il nascondiglio che il nobile ha riservato ai suoi ultimi anni di vita. Un po’ come fa uno scrittore quando scrive un libro, trasfigura le sue esperienze e dà loro forma. Vicino l’ha fatto con la natura e creazioni dell’uomo, dando vita a un unicum nel suo genere. Se osservate statue, animali e costruzioni in quest’ottica, potrete idealmente vedere Vicino passeggiare accanto a voi. E forse ridere di qualche espressione sconcertata.

L’itinerario

Il percorso all’interno del Bosco sacro di Bomarzo non è obbligato, ma abbastanza indirizzato dalla mappa che consegnano alla cassa. Ci sono 40 elementi e ora vi darò una rapida panoramica di quelli che mi hanno colpito di più. Poi sarete voi nei commenti a dirmi quali vi sono rimasti impressi e perché.

Il fier gigante

Un gigante anche nelle dimensioni, ritratto mentre sbatacchia a terra un avversario. Vicino in una sua lettera lo chiama Orlando, facendo presupporre con ragionevole certezza che abbia tratto ispirazione proprio dai versi dell’Ariosto: “Ma quel (Orlando) nei piedi, ché non vuol che viva, / lo piglia… / e quanto più sbarrar puote le braccia, /le sbarra sì, ch’in duo pezzi lo straccia”.

La casa pendente 

Potrebbe sembrare il frutto di una stravaganza architettonica di Orsini. Invece, un po’ come è successo alla Torre di Pisa, la pendenza è semplicemente frutto di un cedimento del terreno, nessuna ipotesi fantasiosa è concessa. Quale avrebbe dovuto essere la funzione di una casetta così ridotta, è invece ancora oggi un mistero. Forse, un luogo di riposo o di svago per gli ospiti del giardino, o per il padrone stesso. Comunque, è possibile entrarci, ma attenzione perché se soffrite di vertigini si faranno sentire.

L’orco

L’orco è abbastanza impressionante, tanto più che con quella bocca spalancata e gli occhi vuoti, ti invita a salire le scalette per entrare all’interno. E tu lo farai, certo che lo farai. Gli studiosi hanno pensato per anni che fosse un riferimento all’Inferno di Dante. Invece no, oggi sembra più rifarsi alle maschere tragiche della classicità, o a quelle etrusche della zona di Cerveteri, poco distante dal viterbese (anch’io ho una collana da qualche parte). Una volta dentro, vi troverete in una stanza con una tavola al centro e i sedili scolpiti nella pietra. “Ogni pensier vola“, la scritta incisa sul labbro superiore, mi ha fatto pensare a un posto dove perdersi, senza pensare a niente. Magari con una bottiglia di vino, da qui la necessità di un tavolo. Ma sono solo mie fantasticherie, nulla più.

Cerere, Nettuno e la ninfa dormiente 

Su questo trittico, altro che il pensiero vola. Ho proprio creato un romance. Allora, in una piazza quadrata si trovano Nettuno a capotavola, Cerere all’altro capo, spostata su un angolo, e la ninfa dormiente fuori dalla piazza, nei pressi di Nettuno ma seminascosta, con un cane a farle compagnia e da guardia. Ovviamente, con la fantasia galoppante che mi ritrovo, per quanto mi riguarda rappresentano Vicino, la moglie Giulia e la giovane amante di Vicino, che esisteva veramente e gli fu accanto dopo la morte della moglie. Oppure, potrebbe essere Adriana dalla Roza, una giovane romana conosciuta a Venezia in gioventù e di cui si era innamorato. Chissà. Che ne pensate di questa libera interpretazione delle tre statue?

Vi piace l’idea di visitare il Bosco di Bomarzo? Conoscete altri giardini o boschi interessanti da visitare? Datemi suggerimenti nei commenti!

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Buda e il bar dove si rifugiava Sissi

State guardando Sissi, la miniserie su Canale 5? In sintesi, la serie racconta gli anni dell’adolescenza della futura imperatrice. La giovane e spensierata duchessa Elisabetta, “Sissi“, in Baviera si innamora di Franz Joseph I D’Austria e lo sposa. È elogiata come la donna più bella d’Europa, ma si sente sempre più sola e rinchiusa alla corte imperiale di Vienna. E cosa faceva Sissi quando si sentiva persa e sola? Vi stupirà sapere che faceva quello che fanno milioni di donne in tutto il mondo! Continuate a leggere e vi racconterò questa storia semisconosciuta su una delle nobili più iconizzate della storia cinematografica.

Il castello reale di Gödöllœ

Nel mio ultimo viaggio a Budapest, Viaggio nei caffè letterari di Budapest, sono tornata a Buda, che è indubbiamente il mio posto preferito nella capitale magiara, perché guardare il tramonto dall’alto, con i colori arancio-rosa del cielo che si riflettono e si fondono con il castello, i ponti e il Danubio, per me è qualcosa di unico e andrebbe visto almeno una volta nella vita.

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Ma non divaghiamo e torniamo a Sissi. Proprio a Buda si trova il castello reale di Gödöllœ, il più grande e sfarzoso edificio barocco d’Ungheria, dono d’incoronazione del popolo ungherese ai sovrani d’Asburgo. Anche conosciuto come la “Versailles ungherese”, anche se personalmente odio non poco questi paragoni, era la residenza estiva dei sovrani e la preferita di Sissi. Gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, è stata restaurata e aperta al pubblico alla fine degli anni novanta. Sissi e la famiglia vi trascorrevano diversi mesi all’anno e, col tempo, Gödöllœ diviene il rifugio di Sissi. Se state seguendo la fiction, saprete che Sissi soffriva terribilmente le imposizioni di corte. Qui, invece, era lasciata più libera. 

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Ruszwurm cukrászda

Ma dove andava l’imperatrice quando non ne poteva più? Si rifugiava nel Ruszwurm cukrászda, o Confetteria Ruszwurm, per mangiarsi in santa pace un pezzo di torta, accompagnato da una cioccolata calda.

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Proprio così donne, Sissi una di noi. Si dice che a volte sparisse e qualcuno della corte andasse a cercarla lì, per riportarla indietro, costringendola a lunghe sedute di ginnastica per rimettersi in forma. Altre storie, meno edificanti, dicono che Sissi soffrisse di problemi alimentari e che fosse lei stessa a punirsi, o che avesse un amante e comprasse dolci per lui.

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Perché sceglieva proprio questa caffetteria? L’ambiente è più spartano rispetto agli altri caffè di moda di cui vi ho parlato nel post precedente, come potete vedere nelle foto. Forse, Elisabetta sceglieva questa confetteria perché più riservata, ma famosa per le sue leggendarie paste alla crema. Che secondo me comprava per se stessa, solo per riprendere fiato da una vita stressante. Chi di noi ogni tanto non prova questa sensazione di soffocamento? Un angoletto per se stessi spesso è la soluzione agognata.

budapest sissi caffè

Voi che ne pensate? Vi convince come teoria? Sia come sia, vi consiglio di passarci e giudicare voi stessi se le paste meritano o no 😉

SiSi Day 4

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Viaggio nei caffè letterari di Budapest

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Un caffè letterario a Budapest: le terme di Széchenyi

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Viaggio nei caffè letterari di Budapest

Ero già stata a Budapest anni fa, mentre studiavo, e mai avrei pensato, per N motivi, di farvi ritorno. E’ proprio vero che non bisognerebbe MAI dire MAI nella vita. Eccomi di nuovo qui a Budapest, a girare per una città profondamente cambiata. In meglio, da quello che posso vedere con gli occhi superficiali di un turista da weekend. Non vi racconterò il giro classico, un po’ perché non ho avuto il tempo materiale di farlo, un po’ perché vorrei lasciarvi qualche chicca da segnare se il vostro è un viaggio di più giorni, oppure se più semplicemente siete alla ricerca di qualcosa di diverso da chiese e monumenti (che comunque vi consiglio di visitare!). Questo è il mio secondo viaggio letterario, dopo quello in Inghilterra Sulle tracce delle grandi scrittrici. L’ho chiamato “Un caffè letterario a Budapest”. Come diceva Sándor Márai Non c’è letteratura senza un Caffè. Ed è lì che vorrei condurvi, alla scoperta dei caffè della capitale magiara in qualche modo collegati alla letteratura e agli scrittori. Con qualche incursione nel mondo delle principesse, dello street food e delle terme. Insomma, un melting pot, come sempre. Pronti? Partiamo, che il tempo fugge!

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Városliget

La Ruota del Tempo

La più grande clessidra d’Europa si trova in un parco di Budapest, Városliget, che si trova vicino a Piazza degli Eroi ed è considerato uno dei luoghi principali della città in cui rilassarsi. Il Timewheel è di otto metri di diametro, pesa 60 tonnellate, è costruito in vetro, acciaio e granito per durare nei secoli. E’ di fatto una gigantesca clessidra, che ha sostituito una statua di Lenin: la ruota contiene infatti 7 tonnellate di sabbia, che scende dall’alto verso il basso. Il 31 dicembre di ogni anno viene girata a mano per far ricominciare il deflusso. Anche se ha la forma di una clessidra e si chiama Ruota del Tempo, non ha la funzione di misurare il tempo che passa, ma di testimoniare la sua monumentalità e l’eterno movimento. Davanti, c’è un’iscrizione con una frase di Sant’Agostino: “cos’è il tempo. Se nessuno me lo chiede, lo so. Se devo spiegarlo, non lo so“. L’installazione è stata realizzata nel 2004, per supportare l’entrata dell’Ungheria nell’Unione Europea.

Castello Vajdahunyad

Oltre alla ruota, al centro del parco c’è il Castello Vajdahunyad, che come set fotografico non è male, soprattutto al tramonto. E’ in realtà un complesso di 21 edifici e diversi stili architettonici, costruito per ripercorrere la storia dell’architettura ungherese. Sembra un po’ il castello delle fiabe, con tanto di laghetto artificiale annesso. Considerando la centralità del parco, sicuramente vale una sosta, magari dopo aver visto i monumenti di Piazza degli Eroi o mentre andate/tornate dalle terme di Széchenyi, che sono sempre dentro il parco.

Terme di Széchenyi

Di queste terme vi ho già parlato in un altro post. Qui mi limiterò a sottolineare che non si può andar via da Budapest senza aver visitato almeno una volta le terme. Sono famosissime e c’è un motivo. Assolutamente non potete perderle.

Massolit bookstore & cafe

Un’insegna minuscola e una vetrina poco appariscente per un locale tutto da scoprire. Si trova nel quartiere ebraico e ha una clientela variegata: studenti con il pc o libri, giovani alternativi, mamme con bebè a passeggio e perfino professori che correggono tesi. Insomma, un’allegra confusione da godersi con calma. L’atmosfera è assolutamente informale, ci sono tavolini in legno, qualche poltrona e scaffali dove pescare libri usati, per leggerli o comprarli, con un giardinetto sul retro. A libri nuovi e usati si affianca una caffetteria semplice, con caffè macinato al momento, tè verde o nero, infusi, fette di torta, quiche o biscotti per accompagnare. Tu scegli il posto, ordini e i ragazzi al bancone chiamano quando è pronto per il ritiro. Io ho ordinato cappuccino e Zserbó, un dolce delle feste ungherese ripieno di marmellata, noci e zucchero e ricoperto di glassa al cioccolato. Tutto ottimo, nessuno ti mette fretta ed è un posto alternativo, con avventori curiosi che valgono da soli la sosta. Il locale ha anche una tessera per il coworking, se abitassi a Budapest non mi dispiacerebbe affatto scrivere al Massolit. Non potevo, ovviamente, uscire senza un libro in mano: ho scelto My Sergei, un ricordo del marito scomparso scritto dalla famosa pattinatrice russa Ekaterina Gordeeva.

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New York Cafè

Purtroppo quando sono arrivata davanti alla vetrina, ho trovato una fila infinita. Nonché prezzi altissimi per Budapest. I due fattori combinati mi hanno fatto desistere, però c’è da dire che il New York Café fa parte da sempre dell’anima di Budapest. All’inizio del XX secolo si chiamava New York Kávéház ed era frequentatissimo da artisti, scrittori ed editori, anche perché ai piani soprastanti c’erano le redazioni dei giornali più influenti dell’epoca. Si dice che Ferenc Molnár, I Ragazzi della Via Paal vi dice qualcosa?, abbia gettato le sue chiavi nel Danubio, per essere sicuro che non chiudesse mai. E avrebbe scritto proprio su uno dei tavoli del NY Cafè il suo leggendario romanzo. Favola o verità? Chissà. Fatto sta che a un certo punto è stato costretto a chiudere. Dopo la seconda guerra mondiale, cadde in rovina e diventò un negozio di articoli sportivi. Riaprì poi nel 1954, con il nome di Hungária, ma solo nel 2006 è stato riportato al suo splendore originale. Oggi fa parte di un albergo, il New York Palace, e serve dolci e piatti tradizionali. Se avete voglia di una pausa elegantissima, è il posto giusto per voi. 

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Café Párisi (ex Book Cafe Lotz Terem) 

Questo è un locale spettacoloso, che purtroppo io ho trovato chiuso per restauro, ma in cui vi consiglio di avventurarvi perché dopo la ristrutturazione, e varie vicende societarie, ha riaperto ed è molto affascinante, con uno stile legato alla Belle-Époque, affreschi delpittore ungherese Károly Lotz, specchi enormi e oro ovunque. Tra l’altro, si trova nella via principale dei negozi, Andrassy Ut, quindi non faticherete a trovarlo. Ora ha riaperto con il nome di Café Párisi, come l’ex grande magazzino che portava lo stesso nome. Nel XIX secolo il caffè nasce come casinò, che nel 1911 viene trasformato nel grande magazzino “Art Nouveau di Parigi”, il primo centro commerciale della città. Ancora oggi, sull’insegna sulla facciata sotto la quale si entra nell’edificio si legge Párisi Nagy Áruház (“Grandi Magazzini di Parigi”). Nella parentesi book cafè, l’edificio al piano superiore ospitava la libreria Alexandra. 

Buda e il bar di Sissi

A Sissi e al caffè in cui andava a rifugiarsi, il Ruszwurm, ho dedicato un post a parte.

Ospedale nella roccia

Questa è una tappa che ovviamente non c’entra nulla con caffè e letteratura, però se cercate un indirizzo che esula dal classico giro turistico di Budapest, questo posto fa per voi. L’ospedale nella roccia si trova nelle grotte sottostanti il Castello di Buda, quindi dopo aver preso un caffè nel bar di Sissi, potete proseguire fin qui. L’ospedale ha avuto un ruolo importante per Budapest: inizialmente come struttura di pronto intervento sia nella seconda guerra mondiale sia in occasione della rivoluzione del 1956. Nel periodo della guerra fredda, è diventato un rifugio antiatomico e la struttura è stata mantenuta segreta fino al 2002. Entrando nel museo, ho potuto visitare i veri alloggi di fortuna in cui medici, infermieri e volontari, senza sosta cercavano di aiutare i feriti, con una ricostruzione realistica, e anche in qualche modo impressionante, delle difficoltà con cui dovevano arrangiarsi sia loro sia i pazienti. La fondazione che lo gestisce dal 2015 è indipendente e ha aperto il museo con lo scopo di dimostrare che “anche in guerra e in dittatura si può scegliere di comportarsi da persone, scegliendo il bene. I veri eroi sono quelli che restituiscono la vita, non quelli che la tolgono”. Emozionante, da vedere. 

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Caffè Gerbeaud

Se Ruszwurm rappresentava il rifugio solitario di Sissi, il Gerbeaud era il caffè ufficiale delle visite con il marito. L’ambiente rococò, elegantissimo, e la posizione super centrale ne facevano un punto di ritrovo dell’élite cittadina e straniera. E anche oggi, con prezzi non proprio abbordabili, è un indirizzo da considerare se volete concedervi uno stravizio, in tutti i sensi. Io ho ordinato, infatti, una selezione delle torte classiche più famose servite dalla pasticceria: la Dobos torte, inventata dal pasticcere ungherese J. Dobos, con ricetta rimasta segreta fino al suo ritiro dall’attività. La torta è composta da 6 strati di pan di spagna e 5 strati di crema di cioccolato e burro, con un topping al caramello. La Eszterházy torte, che prende il nome da una casata nobiliare, composta da crema al burro aromatizzata con cognac e spalmata su quattro strati di pasta di meringa e mandorle grattugiate. La torta è ricoperta da una glassa fondente e decorata con un caratteristico motivo a strisce di cioccolato. E come farmi mancare la Gerbeaud torte? Una cosetta leggera: sei strati di pan di Spagna, su cui viene spalmata una crema di cioccolato e burro, con la cima ricoperta da uno strato sottile di caramello. Il bordo è ricoperto di nocciole macinate, castagne, noci o mandorle. Talmente mediocri che la foto è stata scattata appena in tempo, prima di spazzolare anche il piatto! 😀 Dopo questo tris, una sosta alle terme direi che è d’obbligo

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Il Szimpla Kert e i Ruin pub

Anche qui siamo lontani dalla letteratura, però un po’ di svago ci vuole. I ruin pub, o ruin bars come vengono anche chiamati, sono un must prima di lasciare Budapest. La cosa migliore, sempre se avete tempo, sarebbe girarne diversi, magari nella stessa notte. Io sono stata in uno dei più conosciuti dagli stranieri, ma forse non il più “sincero”,  il Szimpla Kert. Purtroppo non ho avuto tempo di vederne altri, ma qui trovate l’elenco completo, così potete farvi un’idea e una mappa ideale del giro a seconda di cosa vi ispira di più. Poi fatemi sapere nei commenti quali avete scelto e se vale la pena, così la prossima volta a Budapest ci andrò! 

Street Food Karaván

In Ungheria lo chiamano “la mecca dello street food” e la definizione mi sembra azzeccata. Attaccato a Szimpla, è uno spazio all’aperto dove sono posteggiati numerosi camion servono street food take away o  da consumare sul posto in uno dei tanti tavolacci di legno. C’è veramente di tutto, piatti tradizionali, internazionali e vegetariani, la scelta non manca. Io ho preso un dolce super, super buono, il kürtoskalács. Un dolce tipico ungherese conosciuto anche come “chimney cake”, “torta camino”, per la sua forma. Intanto, te lo preparano sul momento, quindi è divertente seguire il procedimento. Stendono la pasta fino a farla diventare una sfoglia sottile, poi l’allungano fino a farla diventare un cordone lunghissimo, che avvolgono su un apposito mattarello. L’appiattiscono per unire i filamenti e passano questa spirale cilindrica nello zucchero, che rimane attaccato. Poi, lo cuociono sulla brace e, caldissimo, lo passano velocemente su cannella, o cacao, cocco, vaniglia, a scelta del fortunato che lo mangerà. Lo lasciano riposare un minuto, il tempo di riuscire a staccarlo dalla forma, et voilà, una robina deliziosa e caldissima scivola nelle tue mani. Mi raccomando, non perdetevelo, sarebbe un peccato. 

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Caffè central

Il Caffè Central era un altro dei ritrovi culturali della capitale, frequentato da scrittori, poeti e intellettuali per tutto il diciannovesimo e ventesimo secolo. Ed è stata l’ultima tappa prima di tornare a casa. Dopo varie vicissitudini, alla fine posso dire che le sorti dei Caffè fanno toccare con mano quale disastro sia stata la guerra per l’Ungheria, è stato ristrutturato nel 2000 assumendo l’aspetto che ha ancora oggi. Devo dire che mi è piaciuto molto bere qui il mio tè con pasticcini finale e partecipare al giochino del sottopiatto di carta. Scrivi la tua poesia usando queste parole e, accanto, uno cornice dentro cui sbizzarrirsi. La mia poesia è questa, che ve ne pare?  

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Dove mangiare a Budapest?

Se siete arrivati a leggere fin qui, avete diritto a un premio. Dove mangiare a Budapest? Vi lascio quest’indirizzo, fidatevi e prenotate per tempo, che è sempre pieno: Hungaricum Bisztró. Il locale è delizioso, il personale è gentile e il cibo molto buono. Il grande valore aggiunto, secondo me, è il suonatore di cimbalom, uno strumento musicale suonato in Ungheria, che ha reso l’atmosfera ancora più gradevole. A fine serata, per ringraziare il suonatore ho comprato il cd. La cena è iniziata con pane e panna acida con paprika e finita con palinka, liquore tipico, entrambi offerti dalla casa. Il menù è tradotto anche in italiano, quindi non avrete problemi.

Che ne dite? Vi ho convinto a partire per un weekend di relax totale a Budapest? 

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