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Non avevo capito niente, caro Diego De Silva

Diego De Silva e il primo libro della serie Vincenzo Malinconico, avvocato napoletano alle prese con una vita che lo affanna ma non lo sconfigge. Un’ex moglie di cui è ancora innamorato, due figli che tenta di capire, un lavoro che tenta di amare. Riuscirà a uscire fuori dal guado? La verità, venite a leggere.

Trama

Vincenzo Malinconico è un avvocato napoletano che finge di lavorare per riempire le sue giornate. Divide con altri finti-occupati come lui uno studio arredato con mobili Ikea, chiamati affettuosamente per nome, come fossero persone di famiglia. È stato appena lasciato dalla moglie, ma cerca con ogni mezzo di mantenere un legame con lei e i due figli adolescenti. Un giorno viene improvvisamente nominato difensore d’ufficio di un becchino di camorra detto “Mimmo ‘o burzone” e, arrugginito com’è, deve ripassarsi il Bignami di diritto. Ma ce la fa, e questo è solo il primo dei piccoli miracoli che gli capitano. Il secondo si chiama Alessandra: la pm più bella del tribunale, che si innamora di lui e prende a riempirgli la vita e il frigorifero. E intanto Vincenzo riflette sull’amore, la vita, la delinquenza, la musica: su tutto quello che attraversa la sua esistenza e la sua memoria, di deriva in deriva.

Un’intera generazione

L’avvocato Malinconico di Diego De Silva rappresenta i cinquantenni italiani irrisolti di oggi: per quanto riguarda il lato privato, è ancora innamorato dell’ex moglie,  incontra la figlia acquisita di nascosto per andare a mangiare schifezze, ha un figlio che non capisce, un lavoro che affronta senza passione e senza impegno. E senza guadagno, soprattutto. Ci sono molti Malinconico in giro, è il caso di dire che il suo sia un nomen omen. De Silva è bravo a tratteggiare un’intera generazione con lo sguardo disincantato di chi attraversa la vita sfiorandola appena e si circonda di personaggi improbabili come lui stesso. “Ho 42 anni, due figli, vivo da solo…guadagno poco, non ho fatto carriera“, la sintesi perfetta del suo curriculum.

Capo-coda-carne in mezzo

Il risultato è un romanzo divertente, pieno di spunti di riflessione senza avere l’aria di voler insegnare qualcosa. Avrei dato cinque stelle per una serie che vorrei proseguire, se non fosse stato per la variazione sul tema capo-coda-carne in mezzo. Diego De Silva infila tutto, ma gli sproloqui filosofici di Malinconico annacquano un po’ la storia, che in fondo andava bene già da sola.

Certe volte penso, ma lo penso veramente, che bisognerebbe piantarla con questa storia del parlare. Perché tanto non serve a niente. Non è questione di capirsi, fare fatica a ritrovarsi nelle cose; non è questo. È che nessuna conversazione regge l’argomento per più di un paio di battute; è la pertinenza, il problema…E’ così che stanno i rapporti tra le persone, anche quelle che si conoscono da una vita, ed è per questo che dire o non dire è la stessa cosa, e la sincerità è un incidente e non è nemmeno che faccia così bene come comunemente si pensa. Parlare non risolve i problemi, semmai gli dà una lisciatina. 

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Divorziare con stile secondo Malinconico

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Forever Amber – Kathleen Winsor

Quello di Kathleen Winsor è il terzo romanzo pubblicato negli anni ’40 di seguito che leggo e confermo l’impressione ricevuta dagli altri due: queste scrittrici del passato hanno una marcia in più.

Trama

Amber Mainwaring è nata nella casa di una coppia di contadini presso la quale si era rifugiata la madre Judith, una nobile morta mettendola al mondo. Sedici anni dopo, nel villaggio arrivano dei cavalieri che si fermano nella locale locanda durante un viaggio verso Londra. Per Amber la vista del loro capo, Bruce Carlton, è un colpo di fulmine. Il giorno dopo, durante l’usuale fiera paesana, lo incontra nuovamente e nonostante Bruce si comporti da galantuomo, lo convince a portarla con sé a Londra. I due convivono per un po’ e Amber scopre di essere incinta. Bruce però è un corsaro e non resta a lungo a Londra, non sopportando l’ozio e gli intrighi della vita di corte.  Con coraggio e determinazione, Amber è invece decisa a farsi avanti.

Una storia che ne nasconde altre due, tre, cento

All’inizio pensavo di trovarmi di fronte a un romanzo storico con sfumature rosa. Niente di più sbagliato: Kathleen Winsor ha confezionato una storia che ne nasconde altre due, tre, cento. E’ la storia d’amore tra Bruce e Amber, ma anche la storia del rapporto tra i sessi in epoche passate, ma anche un pamphlet femminista, ma anche una fedele ricostruzione della vita nell’Inghilterra del 1600. Proprio le vicende storiche rappresentano secondo me la parte più interessante, perché è evidente la mole di ricerche effettuate per raggiungere una qualità eccelsa.

La peste

Vi consiglio soprattutto la parte sulla peste. Sembra, infatti, che il primo marito della scrittrice stesse preparando in quegli anni una tesi su Carlo II e che lei abbia approfondito quel periodo storico per i successivi cinque anni, prima di iniziare a scrivere. Solo la lunghezza, a mio parere, è un tantino eccessiva. Seguire i continui e repentini cambiamenti nella vita di Amber alla fine risulta quasi stancante. Forse era proprio questo che la Winsor voleva ottenere, far percepire al lettore l’energia inarrestabile sprigionata da questa sciocca, ambiziosa, deliziosa arrampicatrice sociale, al grido di “non mi prenderete mai”.

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