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Una ragazza fuori moda – Louisa May Alcott

Ed ecco un’altra proposta per la calza della befana, che mi piace pensare contenga anche qualcosa da leggere mentre i bimbi – e non – sgranocchiano dolci. Louisa May Alcott non ha bisogno di presentazioni, anche perché le sue Piccole donne stanno anche tornando al cinema in una nuova versione. Polly, la sua ragazza fuori moda, non è famosa come le quattro sorelle, ma rimane una bella lettura anche oggi. Anzi, soprattutto oggi, visto che sembriamo quasi tutti eredi della famiglia Shaw.

Trama

Con la sua allegria, la quattordicenne Polly, figlia del pastore di una piccola congregazione di campagna, arriva in città ospite della ricca famiglia dell’amica Fanny Shaw. E per gli Shaw la ragazzina è come un raggio di sole, che entra nella loro casa portando quel calore che per tanto tempo era mancato. A sei anni dalla prima visita, Polly torna in città come insegnante di musica e riprende i contatti con Fanny. Grazie alla sua educazione e ai suoi profondi valori morali, sarà in grado di aiutare l’amica ad affrontare un grave rovescio economico, diventando per tutta la famiglia un importante punto di riferimento e, forse, anche qualcosa di più.

Tenero, coinvolgente, con una morale semplice che fa bene al cuore

Pur non avendo la stessa forza espressiva di Piccole donne, questo romanzo era uno dei miei preferiti da piccola e lo rimane anche oggi. Anche se la visione dicotomica della Alcott rischia a un certo punto di far apparire Polly un po’ antipatica. Dice e fa sempre la cosa giusta! “Perché è stata educata bene dalla mamma”, dicono di lei. Oggi diremmo che è stata educata bene da chi l’ha cresciuta. All’inizio, infatti, ci sono due mondi che si scontrano: Polly da una parte, modesta e molto centrata, i ragazzi Shaw dall’altra, più orientali all’apparenza e a godersi la vita. Via via che il romanzo scorre, però, i due opposti si attraggono e iniziano piano piano a mescolarsi. Gli anni passano, alcuni personaggi vengono a mancare, ma i nostri quattro continuano a frequentarsi e a trovare sostegno l’uno nell’altro. La frivolezza, i soldi, i vestiti alla moda hanno fatto posto agli affetti, al lavoro, alla gioia di stare insieme. Finché arriva il lieto fine anche per la nostra Polly. Tenero, coinvolgente, con una morale semplice che fa bene al cuore. Se trovate una calza un po’ grande, un regalo che le vostre puffe apprezzeranno.

“La vita, fratelli, assomiglia a un plumcake. In alcuni le uvette restano quasi in superficie e noi le mangiamo senza farci caso per accorgerci poi che, ahimè, verso il fondo, scarseggiano o addirittura mancano. In altri le uvette sono proprio alla fine, e noi le cerchiamo invano, o le troviamo troppo tardi per poterle gustare. Ma nei plum-cake fatti a regola d’arte l’uvetta è ben distribuita dappertutto, e allora ogni boccone è un piacere. Per concludere, gentili ascoltatori, siamo noi stessi a confezionare i nostri plum-cake, e spetta a noi che siano fatti bene, cotti a puntino nel forno e gustati con sano appetito”. 

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Prigioniera dei tuoi occhi – Sheila Holland

Sheila Holland, più conosciuta con un altro dei suoi pseudonimi, Charlotte Lamb, è stata una prolifica autrice inglese di romance. Prigioniera dei tuoi occhi è uno dei suoi titoli, scritto nel 1972 e pubblicato nella collana Rose rosse dei Fratelli Fabbri. Quando Linda decide di aiutare la giovane Tracy, non sa che dovrà arginare il suo tempestoso fratello…

Trama 

La tranquilla esistenza di Linda viene scossa quando si imbatte in una ragazzina in preda agli effetti della droga. Di colpo, e suo malgrado, si trova coinvolta nella storia di due giovani teneri, sinceri, anticonformisti. Daniel è un cantautore folk un po’ capellone, Tracy è piena di slanci, curiosa della vita. Linda comprende che insieme potrebbero essere felici. Ma c’è di mezzo Robert, il duro, enigmatico, intransigente fratello di Tracy. A Venezia, dove si recano le due ragazze, compaiono altri personaggi…e l’amore, più vivo che mai, finirà per travolgere anche Linda, la saggia infermiera.

Tra Venezia e la campagna inglese 

Un romance classico, tranquillo, in cui si intrecciano due storie d’amore, con qualche personaggio che tenta di intromettersi qui e là. In una delle due storie la nostra protagonista Linda è il messaggero di pace, nell’altra è ovviamente l’eroina per cui tifiamo. Mi sono piaciute sia la scrittura sia la storia, che mi ha portato in giro per l’Italia e nella campagna inglese, sempre uno scenario perfetto per il periodo natalizio che chiude il romanzo. Robert, il protagonista, è quello che oggi chiameremmo maschio alfa e che negli anni ’70 era il protagonista tipo di ogni romance: bello, forte e ricchissimo. La protagonista, Linda, naviga invece in brutte acque, finanziariamente parlando, ma per fortuna ha un mestiere ed è in grado di mantenersi senza problemi. Due aspetti in particolare mi hanno divertito: l’ironia di lei nei confronti di un uomo tutto d’un pezzo e la visione, leggermente distorta!, dell’autrice nei confronti degli italiani. Andiamo, quale ristoratore toscano offrirebbe coca cola ghiacciata, pesce fritto con patate o tè all’inglese a due turisti che si fermano a pranzo? 🙂 In ogni caso, l’autrice è molto conosciuta e i suoi romanzi sono sempre una piacevole lettura. Consigliato, quindi, alle amanti del romance, qualora riescano a trovarlo.

Canto di Natale – Charles Dickens

Un classicone di quelli che a Natale non possono proprio mancare. Canto di Natale di Charles Dickens è uno di quei racconti da leggere e rileggere appena si avvicinano le festività. E anche fuori, se possibile. Primo, perché è un bel racconto. Secondo, perché ci ricorda che l’egoismo e l’avidità portano in un’unica direzione: la solitudine. Canto di Natale è anche il mio primo consiglio di quest’anno per un libro da mettere sotto l’albero o dentro la calza della Befana.

Trama

Ebenezer Scrooge, un ricco e avaro uomo d’affari, disdegna tutto ciò che non sia legato al guadagno. La vigilia di Natale, irritato dalle festività, perché secondo lui portano ozio e un inutile dispendio di soldi, rifiuta in malo modo di fare un’offerta per i poveri, fa lavorare fino a tardi il suo impiegato, caccia il figlio di sua sorella, che era venuto per invitarlo al pranzo di Natale, e per la strada risponde sgarbatamente agli auguri che gli vengono rivolti. Quando arriva a casa, gli appare lo spettro del suo defunto socio, Jacob Marley. Questi lo ammonisce sulla sua condotta di vita e lo invita a ravvedersi per non essere costretto a vagare come lui per l’eternità, portandosi appresso il peso delle catene che si era guadagnato con la sua aridità e brama di denaro. Per questo a Scrooge faranno visita tre Spiriti. Nell’ordine: lo Spirito del Passato, lo Spirito del Presente e lo Spirito del Futuro.

Ciò che conta è lo spirito

Scrooge è un personaggio famosissimo, l’essenza stessa dell’anti Natale. A renderlo così celebre ha contribuito non poco il film Disney. Con una sottile, ma non troppo, differenza. Nel film, Scrooge si ravvede perché terrorizzato da quello che vede. Nel racconto, si ravvede perché capisce che i fantasmi gli hanno mostrato la strada giusta da seguire. Il motto che Charles Dickens vuole trasmettere ai lettori, a quelli giovani e a quelli meno giovani, è che non importa cosa avrai fatto nella vita e quanto denaro avrai accumulato. Non importa neanche che morirai, perché prima o poi succederà a tutti. Ciò che conta, in fondo, è il tuo spirito, quello che lasci a chi rimane e al mondo che ti ha ospitato per un po’.

Consigliato perché

E’ un racconto avvincente e pieno di suspense, che ti spinge a girare pagina per scoprire cosa succederà al povero Scrooge. Che non riesce a essere antipatico, perché dotato di un’ironia notevole. Se quest’arguzia venisse messa a servizio del bene comune, la terra sarebbe certamente un posto migliore. Un racconto immortale, scritto da un autore immortale, che ci spinge a riflettere sulla povertà (lui sì, che era un esperto) e su chi, cosa, provoca le disuguaglianze nel mondo. Come avrete capito, un tema attualissimo quasi 200 anni dopo che il racconto è stato scritto. Nonché, ma non c’è neanche bisogno di specificarlo, un ottimo esercizio per lettori in erba.

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Ossigeno – Carol Cassella

Il libro d’esordio di Carol Cassella, un’autrice americana che è anche un medico anestesista. Ed è proprio un’anestesista la tormentata protagonista di questo romanzo. Marie è sempre stata scrupolosa e coscienziosa nel suo lavoro. Può davvero aver commesso un errore tanto grave da essere costato la vita a una bambina?

Trama

Marie Heaton, una stimata anestesista in una delle cliniche più importanti di Seattle, vive della grande passione per il suo lavoro. Ma un giorno, durante un banale intervento, una piccola paziente di nome Jolene muore per un inspiegabile arresto cardiaco. Disperata, la madre della bimba decide di far causa all’ospedale per negligenza. Da quel momento la vita di Marie viene sconvolta: la compassione, mista al sospetto dei colleghi, mina la sua autostima, lo sguardo della madre di Jolene la ossessiona, le pressioni sempre crescenti dei superiori la spingono ad allontanarsi dal lavoro. Solo l’ex fidanzato Joe cerca di consolarla. Ma Marie non si dà pace e poco a poco inizia una sua privatissima indagine: che cosa ha realmente provocato la morte di Jolene quel giorno? E possibile che abbia commesso un errore tanto grave?

L’anestesista, questo sconosciuto

Parto da quello che mi è piaciuto di questo romanzo. La figura dell’anestesista è sempre evanescente, quando si tratta di operazioni. Se ci pensate, tutti conosciamo il nome del chirurgo che opererà, ma quanti sanno come si chiama l’anestesista? Eppure, il risveglio dall’anestesia è uno dei momenti più importanti e pericolosi di qualsiasi operazione. Non solo, è una conquista della medicina, che impedisce al paziente di morire di dolore prima che della malattia di cui soffre. Carol Cassella descrive perfettamente questa figura medica semisconosciuta, anche perché lei stessa appartiene alla categoria.

La protagonista nel cloroformio

Quindi, all’inizio ho partecipato al suo dramma quando, dopo migliaia di operazioni perfettamente riuscite, qualcosa va storto e una bimba muore sotto i ferri. Cosa è successo? Stress da super lavoro che le ha fatto commettere un errore madornale? Oppure…? Ecco, è nell’oppure che il thriller perde mordente, incentrandosi più sui sensi di colpa di Marie, per carità comprensibilissimi, e sulle difficoltà familiari della protagonista, che sul fatto in sé. Come è morta questa povera Jolene? E’ questo che voglio sapere. Invece, la vita privata e i tormenti di Marie a un certo punto prendono il sopravvento. Lei, così razionale, non si accorge di quello che a un certo punto più che un sospetto diventa una certezza. Verrebbe da entrare nel romanzo e scrollarla: “vai!”, “controlla i documenti!”, “c’è un alleato che possa aiutarti?”.

Quando muore un paziente

A un certo punto della storia, quasi alla fine, Marie finalmente sente le voci dei lettori e si rimette a indagare. Scoprendo che…questo ve lo lascio capire da soli. Dico solo che, pur essendo il tutto un po’ improbabile, compresa la motivazione dei problemi con il padre di Marie, mi piace la conclusione ultima di tutta la vicenda. Ovvero, che quando muore qualcuno non è mai colpa di uno solo.

Il paradiso degli orchi – Daniel Pennac

Nell’ultima visitina a Parigi, avendo ormai finito le principali mete turistiche, ho girato a zonzo per Belleville, la periferia multietnica per eccellenza. Non potevo non completare l’opera iniziando la saga di colui che a Belleville abita e cresce un nutrito gruppo di fratelli e nipoti. Il Malaussène di Daniel Pennac, il capro espiatorio in odore di santità.

Trama

“Se davvero volete sognare, svegliatevi…”Un eroe, Malaussène, che come lavoro fa il “capro espiatorio”. Una famiglia senza mamme e papà, con fratellini geniali, sorelle sensitive, una “zia” maschio protettrice di vecchietti, ladri e travestiti brasiliani, una “zia” femmina supersexy, ritratto irresistibile del giornalismo alla “Actuel”, una misteriosa guardia notturna serba, un cane epilettico. Questa esilarante banda di personaggi indaga su una serie di oscuri attentati, sull’orrore nascosto nel Tempio del benessere, un Grande Magazzino dove scoppiano bombe tra i giocattoli e un Babbo Natale assassino aspetta la prossima vittima. Un’altalena tra divertimento e suspense, tra una Parigi da Misteri di Sue e una Parigi post-moderna dove proliferano i piccoli e grandi orchi che qualcuno crede estinti. 

Divertimento puro

Ben è un ragazzo di non precisata età che si ritrova a fare da mammo e papà per una schiera di fratelli, e nipoti in arrivo, che farebbe invidia a un emiro arabo. Anche lui non dovrebbe avere più di vent’anni e qualcosa, visto che la mamma vera è ancora abbastanza giovane. Eppure si carica questo fardello sulle spalle con e per amore, accettando di fare il “capro espiatorio” al centro commerciale per cui lavora. Che fa il capro espiatorio? Si prende le colpe di tutto, si addossa le lamentele dei clienti e fa in modo che la proprietà non debba sborsare altri soldi. Ecco perché è la vittima predestinata per un bombarolo alla Unabomber che provoca attentati al grande magazzino. Perché lo fa? E perché ha scelto questo povero ragazzo capofamiglia tra tutti? Vi scoprirete a leggere di gusto mentre cercate di scoprire l’enigma. Che non è difficile, ma bisogna fare attenzione ai dettagli. La metafora che domina il racconto è una sola: le persone che credono ciecamente a un’ideologia sono pericolose, tornano bambini che giocano con il fuoco. Il problema è che non fanno male solo a se stessi, ma soprattutto alle vittime innocenti che incontrano sulla propria strada. A decidere ci pensa la storia, dice uno dei personaggi. Peccato che non sempre la storia vede abbastanza per fare giustizia.

Una famiglia tragicomica 

Nel mezzo, le storie tragicomiche di questa famiglia strampalata messe in scena da Pennac mi hanno conquistato. Non ho ancora deciso chi sia il mio preferito. Forse Ben, che ha suo malgrado la responsabilità di tutti? Oppure il povero Julius, al quale spero proprio che nel secondo episodio facciano un bel bagno? O il Piccolo, l’unico per ora a non combinare guai? Lo scoprirò tra poco e, ovviamente, ve ne parlerò. Perché una serie iniziata è una serie da finire. Siete d’accordo?

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