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Chi sono i traditori di tutti di Scerbanenco?

Giorgio Scerbanenco è uno di quegli autori in lista da un po’, se non altro perché considerato il padre del noir all’italiana. Ho trovato Traditori di tutti in un mercatino ed è da questo libro che inizio la mia conoscenza dell’autore. Ma chi sono i traditori di tutti?

Trama

Notte di nebbia a Milano. Una macchina ferma sull’orlo del Naviglio: all’interno un uomo e una donna, di una certa età, hanno mangiato e bevuto troppo, lui specialmente. Una ragazza spinge la macchina piano…un tonfo, qualche spruzzo, neanche una bollicina. Per Duca Lamberti, ex medico e investigatore a mezzo tempo, tutto comincia una mattina di primavera: sulla porta, un giovanotto, lo manda l’avvocato Sompani… Ma Sompani non è quello annegato due giorni fa nel Naviglio?

Duca Lamberti

Traditori di tutti è il secondo numero della serie che vede come protagonista Duca Lamberti, un collaboratore della polizia a dir poco inusuale. Purtroppo non ho letto i libri in ordine, avrei dovuto iniziare dal primo, Venere privata. Solo che ho trovato prima questo ed ero troppo curiosa di leggere questo autore, di cui avevo tanto sentito parlare. La lettura non è stata per niente deludente, anzi. Diciamo che scelgo raramente questo genere di poliziesco duro e crudo, però ogni tanto passare dall’altro lato del fiume, rispetto ai romance, fa bene.

Buoni e cattivi

A proposito di fiume, il fiume e la campagna , eppure quello che rimane è la descrizione di Milano, una città tanto indaffarata quanto tortuosa nel suo sottobosco e con la quale Scerbanenco era dovuto scendere a patti quando si era trasferito da Roma con la madre. Duca Lamberti incarna, probabilmente, lo spirito di giustizia dell’autore stesso, che chissà quante volte avrà anelato la possibilità di farsi giustizia da solo. Cosa che non è possibile, su questo la morale del romanzo è chiara, come è altrettanto netto il sentimento che a Duca fa dividere le persone in buoni e cattivi: il rispetto, o una persona riesce a guadagnarselo, o finisce nella lista nera. Ma non è che basti il rispetto per far chiudere un occhio alla polizia, sia chiaro. Qui siamo di fronte a uomini tutti d’un pezzo.

Gli anni settanta sono già qui

Mi è piaciuto. Mi hanno convinto i personaggi, le atmosfere, una Milano che anticipa gli anni settanta (il libro è stato scritto nel 1966), il finale. Forse, un po’ troppi dialoghi da gangster anni trenta e quello che io considero sempre un errore, dare per scontati alcuni particolari, rimandando ad altre uscite delle serie la soddisfazione della curiosità. Se per Duca, e Scerbanenco, due personaggi sono importanti, e lo sono, ci deve raccontare di più, a costo di ripetere tra un volume e l’altro. Ma a parte queste piccole note di contorno, un romanzo che sicuramente consiglio ai nostalgici dell’hard boiled alla Chandler.

Ma chi sono i traditori di tutti? 

“…non si può, non si può, la legge proibisce di ammazzare le canaglie, i traditori di tutti, anzi specialmente questi che devono avere sempre un avvocato difensore, un processo regolare, una regolare giuria e un verdetto ispirato alla redenzione del disadattato, mentre invece si può, senza alcun permesso, innaffiare di proiettili due carabinieri di pattuglia, o sparare in bocca a un impiegato di banca che non si sbriga a consegnare le mazzette di biglietti da diecimila, o mitragliare in mezzo alla folla, per scappare, dopo una rapina, questo si può, ma dare un buffetto sulla rosea gota al figlio di baldracca che vive di canagliate, questo no, la legge lo proibisce, è male, non avete capito niente di Beccaria, no, lui, Duca Lamberti, non aveva capito niente Dei delitti e delle pene, era un grossolano e non aveva speranza di raffinarsi, ma gli sarebbe piaciuto incontrare quelle canaglie, lui glieli avrebbe dati, i buffetti sul viso.”

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Basket, iI match decisivo di Nelly Taggart

Un romance ambientato nel mondo del basket, con l’amore che va a canestro tra un allenatore e una giornalista. Ormai da classificare come vintage, è uscito nel 2007, e non proprio soddisfacente.

Trama

Antonia Phillips odia il basket e tutti quelli che hanno a che fare con questo sport. È una sentenza definitiva e senza appello, fino al giorno in cui deve intervistare il misterioso e affascinante allenatore di una famosa squadra di pallacanestro. Giovane e indipendente, Antònia, detta Nia, deve fare i conti con un matrimonio fallito e con l’amarezza lasciatale dai continui tradimenti del suo ex marito, giornalista sportivo. Ovvio che lei non voglia più avere a che fare con quel mondo, ma il suo capo è intenzionato a farle fare un servizio su Daniel Strahan: bello, scapolo, vive per lo sport e detesta i giornalisti. Le difese di entrambi vengono messe a dura prova, ma forse l’amore e la fiducia sono solo…questione di allenamento! 

Aspettative disattese 

Un romanzo breve, che si legge in poche ore e che non offre nessuna sorpresa. Ho cercato di rintracciare notizie su quest’autrice, ma non ho trovato nulla. Come non ho trovato niente cercando con il titolo originale in inglese. Strano, credo che sia una di quelle uscite in serie scritte probabilmente da un pool di persone. Comunque, a parte questa nota di curiosità personale, la trama prometteva quello che la realizzazione ha poi disatteso. Lui, un allenatore di basket un po’ filosofo, lei, scottata da un matrimonio in cui il marito preferiva il basket, e le altre donne, a lei. Tutti e due indipendenti e orgogliosi, le premesse per piacermi c’erano tutte. Poi, lei si trasforma nella solita donna dimessa, che per amore deve fare rinunce e, ovviamente, l’articolo non passa in secondo, passa in penultimo piano. Tanto che la soluzione finale è abbastanza assurda. Lui, uomo tutto d’un pezzo, che studia per crearsi un futuro, non riesce a trovare una soluzione di mezzo che accontenti entrambi. E poi, il vicino anziano che lei ama tanto e che neanche accompagna in ospedale quando ne ha bisogno…Insomma, senza svelare altri particolari, la scintilla stavolta non è scoccata.

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Daniela Amenta e La ladra di piante di Monteverde vecchio

Daniela Amenta è una giornalista romana di lungo corso, esperta di musica rock e politica, due mondi che sembrano lontani anni luce, ma che in comune hanno la passione. La stessa passione che muove i protagonisti: per le piante lei, per la musica lui. In mezzo, un delitto, un’inchiesta, un informatore e una Roma immersa in una cappa d’afa. E non solo.

Trama

Quell’estate a Roma faceva molto caldo. E quando Roma si arroventa perde la sua grande bellezza e si trasforma in una città dura, arrogante, coperta da un vapore insopportabile, segnata da odori di sangue e mentuccia. Qui c’è chi sopravvive rubando piante dagli androni dei portoni, chi cura gatti randagi e chi ascolta jazz e rock’n’roll. Una giovane donna dai capelli rossi, un cronista esausto a caccia di tenerezze e un vecchio giornalista che sta perdendo la memoria si incrociano ai margini della scena di un crimine. Dove sfilano badanti, redattori di giornali che inseguono scoop, giardinieri che conoscono la vita segreta delle orchidee, Bill Evans, i Clash e Pasolini. È la Roma del quadrante sud, quella che guarda il mare attraverso il percorso del Tevere. Un pezzo di metropoli trasformato in una mappa di luoghi e sentimenti dove, nonostante l’afa, crescono ancora le Aspidistre. E piccoli sogni di resurrezione e d’amore.

Amo et odio

Daniela Amenta ama e odia Roma. Si vede, si sente, si respira in ogni pagina di questo romanzo. Daniela Amenta, evidentemente, è una romana d.o.c., perché è così che si sente un romano. Ostaggio di una città e della sua bellezza. Una bellezza di cui si riempie la bocca “solo chi vive in certi quartieri e la vede da certe terrazze”. Tutti gli altri, devono trovare un modo per sopravvivere ai suoi tentacoli. E ad affitti in nero in case microscopiche. Ecco che, allora, un terrazzo può diventare un giardino botanico di piante dal salvare, un vinile l’unica ancora di salvezza nella vita, i gatti, un motivo per uscire di casa e riscoprire una coscienza civile.

Sopravvivere alla città

C’è Anna dai capelli rossi, ma chissà se le piacerebbe essere chiamata così, dato che anche il personaggio più famoso di lei lo odiava. Anna vive una vita sospesa, come tanti trentenni di oggi. Anna ha un mezzo contratto, a pochi soldi, e deve farselo piacere in qualche modo. Per sopravvivere, ruba piante. Sì, è lei la ladra di piante, preferibilmente quelle mezze smorte abbandonate negli androni dei condomini, che lei tenta disperatamente di salvare. C’è Riccardo, giornalista esperto. Lui si che ha un bel lavoro, ma non lo fa più con passione. E’ stanco delle notizie copia-incolla, stanco di direttori che non capiscono niente e seguono logiche di mercato che poco hanno a che fare con la qualità dell’informazione. C’è Lanfranco, un vecchio informatore, che vecchio lo sta diventando sul serio e sente che la memoria inizia a vacillare.

Sono entrata in questo orto, nel mio Getsemani pensile, all’ottavo piano di un palazzo perbene. C’è di tutto, qui. Piante sbilenche, rigogliose, piante con le flebo, piante mezze morte, malconce, c’è un tappeto di Aspidistre, ci sono quelle stronze di acidofile, le camelie e un rododendro che mi fa impazzire, ci sono le gardenie amatissime e piante di cui non so il nome. 

Certe atmosfere

Daniela Amenta conosce bene Roma, i personaggi che la popolano, è stata cronista di nera, e certe atmosfere che l’avvolgono in estate. E’ forse questa la parte più godibile del racconto, quella che mi ha conquistato. Se volete leggere di una Roma non da copertina, ma neanche criminale, che oggi le polarizzazioni vanno tanto di moda, questo romanzo vi offrirà una prospettiva diversa e affascinante, suo malgrado. Se amate le piante, non potrete non riconoscervi nell’opera pia che mette in piedi Anna, ma quale ladra? E, soprattutto, come sto facendo io in questo momento, nel cercare di capire quale parte del seme di avocado vada in acqua. Se vi piace la musica rock, quella senza autotune, troverete spunti interessanti. La storia di Daniela Amenta scorre via con facilità e si legge con piacere. A patto di sorvolare su qualche stereotipo di troppo, il vivaista contadino che assume solo stranieri “perché lavorano di più”, per esempio, la violenza di genere che viene infilata un po’ a forza, e francamente non necessaria e neanche approfondita a dovere, e su un giallo che parte troppo tardi e si risolve troppo presto.

“E secondo te, Valdesi, ci avrebbe fatto schifo qualche altro giorno di suspense…? Ecco, anche io sono d’accordo con il direttore, per una volta: qualche altra pagina di suspense non ci avrebbe fatto schifo.

Un’altra polarizzazione

Rimangono le descrizioni vivide di una città che non è come la squadra, che si ama e basta. Roma, se la ami, la ami e la odi, non c’è spazio per le vie di mezzo. Un’altra polarizzazione, a ben pensarci.

La casa era un ex lavatoio, ma in compenso aveva uno spazio esterno «sublime», come aveva detto la signorina Natalia facendogli firmare una stipula di comodato d’uso gratuito per 18 mesi. Per gratuito s’intendevano 800 iuros in nero, cash. Però il panorama valeva la pena e, in qualche modo, anche la truffa. Da lì prendeva forma la periferia dissennata di Roma che iniziava da Trastevere: una fila di parabole e cemento, treni e mattoni si allungava verso viale Marconi. Oltre s’ergeva, sferica e di salnitro, la torre del Gazometro. Si vedevano le pendici di Garbatella che, a un tratto, perdeva i toni pastello dei tetti per diventare di acciaio all’Eur. Si vedeva la cappa d’afa su Portuense e il verde spento dei platani ad accompagnare il viaggio del Tevere. E in certi giorni speciali la facciata d’oro di San Paolo brillava come una medaglia sul petto di questa città sfacciata. 

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Un giorno a Roma per innamorarsi – Mark Lamprell

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L’Open vinto da Andre Agassi, aspettando Berrettini

E mentre aspettiamo con una certa trepidazione la finale di domani a Wimbledon di Matteo Berrettini, mai nessun italiano come lui, il pensiero vola come Pindaro a un campione del passato. Uno che si è rifiutato di giocare a Wimbledon perché non accettava le severissime regole sull’abbigliamento. Uno che in carriera ha vinto tutto, pur odiando lo sport che era stato scelto per lui dall’altrettanto severissimo padre. Ladies and gentlemen, His Majesty Andre Agassi.

Trama

Costretto ad allenarsi sin da quando aveva quattro anni da un padre dispotico ma determinato a farne un campione a qualunque costo, Andre Agassi cresce con un sentimento fortissimo: l’odio smisurato per il tennis. Contemporaneamente però prende piede in lui anche la consapevolezza di possedere un talento eccezionale. Ed è proprio in bilico tra una pulsione verso l’autodistruzione e la ricerca della perfezione che si svolgerà la sua incredibile carriera sportiva. Con i capelli ossigenati, l’orecchino e una tenuta più da musicista punk che da tennista, Agassi ha sconvolto il mondo del tennis, raggiungendo una serie di successi mai vista prima.

Botta e risposta tra padre e figlio

L’avevo già detto quando ho commentato il libro del padre di Agassi, Open e Indoor sembrano una specie di botta e risposta tra padre e figlio. L’autobiografia del figlio è stata, ed è tuttora, un grande successo di vendite e di pubblico. Il perché è da rintracciare prima di tutto nella capacità del giornalista J. R. Moehringer, non a caso premio Pulitzer, di cogliere gli aspetti essenziali del racconto di Andre Agassi. Poi, soprattutto, nella capacità di Andre di aprirsi completamente, di raccontare le ombre dietro le luci dello sport professionistico, la fatica, l’odio che sale per la fatica stessa, le sconfitte e i rimpianti. Oltreché, naturalmente, le cose belle dello sport e della vita. Molti hanno interpretato Open come un j’accuse nei confronti del padre, Mike Agassi, per averlo costretto a giocare a tennis fin dalla più tenera età, ma io non credo che fosse questo l’intento.

Le debolezze di un uomo

Penso, piuttosto, che Andre Agassi sia sempre stato sincero, quando giocava era un aspetto che qualsiasi detrattore gli avrebbe riconosciuto. Sincero quasi sempre, tranne quando ha tentato di nascondere la calvizie incipiente. Debolezza di uomo, quella. Che ci fa sentire ancora più vicini al grande campione. Come mi ha divertito leggere dei suoi primi approcci con la dea vivente del tennis, Steffi Graf. Cioè colei che diventerà sua moglie e la madre dei suoi figli.

A bordo campo inizia a a radunarsi una piccola folla che ci fissa a bocca aperta. Qualche fotografo scatta istantanee. Mi chiedo perché. E’ la rarità di un uomo e una donna che si allenano? O è perché sono catatonico e sbaglio una palla sì e due no? Da lontano si ha l’impressione che Steffi stia dando una lezione a un ebete a torso nudo.

Il lato oscuro della forza

La parte più interessante, per gli sportivi e per chi non lo è, rimane quella in cui descrive il suo turbolento rapporto con la sua professione. Sì, perché a certi livelli lo sport smette di divertire, di appassionare, di far stare bene e diventa una lunga, lunghissima nel suo caso, battaglia contro la fatica, i dolori, la noia e la difficoltà di essere sempre i primi, sempre i migliori, sempre al meglio, sempre sorridente. Andre Agassi ha il grande merito di aver aperto (Open) un varco verso il lato oscuro della forza. Non è tutto oro quello che luccica, il grande circo può distruggere e se Agassi ne è uscito vincente un po’ è merito suo, un po’ delle persone che lo hanno accompagnato, un po’ diciamolo, è che ci vuole tanta, tanta fortuna.

Dico ai tennisti: sentirete un sacco di applausi in vita vostra, ragazzi, ma nessuno sarà tanto importante per voi quanto l’applauso…dei colleghi. Spero che ciascuno di voi lo senta, alla fine. 

Intanto noi domani, comunque vada, applaudiremo Matteo Berrettini. Non sarà importante come l’applauso dei colleghi, ma per quello c’è tempo.

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Indoor: la nostra storia, Dominic Cobello con Mike Agassi

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Margaret Millar e l’assassinio di Miranda

Margaret Millar, la regina del suspense, porta a passeggio i suoi lettori circumnavigando il globo prima di dare risposta alla domanda iniziale: dov’è finita Miranda? Non so voi, ma quando arriva l’estate i gialli sulla mensola si moltiplicano. E gli scrittori del passato fanno sempre la parte del leone.

Trama

Dov’è Miranda Shaw? Era appena rimasta vedova e il suo avvocato ha bisogno della sua firma per l’omologazione del testamento, ma la sua villa è vuota e due giovani donne confuse, Cordelia e Juliet, indossano i suoi gioielli. È scappata? Con Grady, il bagnino del suo club, che manca anche lui? Sta schivando il suo avvocato? O è stata uccisa…?

La scrittrice si diverte a portare a spasso i lettori

Con questa commedia nera, come viene definita, Margaret Millar si diverte, ah! ci scommetto che si sia divertita!, a portare a spasso il lettore per 2/3 del romanzo. Che fine ha fatto Miranda? Mentre l’investigatore privato Tom Argon, questo è il secondo libro della serie n.d.r., viene mandato sulle sue tracce, Margaret Millar infarcisce pagine e pagine di quelli che apparentemente sono dettagli, cioè le vite oziose e noiose dei ricchi frequentatori del Country Club da cui tutto parte: un alcolista che scrive lettere anonime, un bagnino bello e avido, la segretaria e il direttore del Club, un delinquente in erba arrabbiato col mondo, una disabile di pessimo carattere e suo marito, un ammiraglio in pensione e le loro figlie, due donne adulte con la mente di bambine. E Argon, dov’é? Argon chiude la sua indagine abbastanza agilmente e, ahimè, è proprio in questo momento che il giallo prende vita, anche se lui sparisce!

La soluzione finale salva il giallo

Alla fine, purtroppo, il romanzo finisce per annegare nella noia, anche il lettore comincia a sentirsi come questi ricchi annoiati. Che fare? Andare avanti, questo ve lo consiglio. Perché la soluzione finale del giallo non è male: alla fine l’assassinio c’è, ma di Miranda o di qualcun altro? O di nessuno? O forse ce n’è più di uno, in un certo senso? C’è anche un processo…insomma, da un certo punto in poi la velocità triplica e tutto diventa più interessante. In testa alla fine mi rimarrà proprio il finale e una domanda che vorrei fare a Margaret Millar se fosse ancora viva: come fa un custode a mangiare gelati in una casa senza luce elettrica (tranquilli, non è uno spoiler)?

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