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Cime tempestose, un paradiso del perfetto misantropo

Per il Book Club, stiamo leggendo Cime tempestose, di Emily Brontë. Dopo i primi giorni di lettura solitaria, iniziamo parlando insieme dell’ambientazione. Ormai sapete come funziona, sentitevi liberi di commentare sotto il post le vostre sensazioni, perplessità, emozioni, e tutto ciò che il libro della scrittrice inglese vi sta trasmettendo, in positivo o in negativo.

Il romanzo inizia nel 1801 

La storia ha inizio nel 1801, quando nel casale di Thrushcross Grange arriva un nuovo inquilino, Mr. Lockwood.  E sono sue le impressioni che ci introducono all’atmosfera che si respira in casa del proprietario. La Tempestosa, quando il nuovo arrivato va a fargli una visita di cortesia. “Credo che in tutta l’Inghilterra non avrei potuto trovare un luogo così discosto da ogni rumore mondano. Un vero paradiso del perfetto misantropo: e il signor Heathcliff e io siamo fatti apposta per dividerci tanta solitudine.” Ci troviamo nella brughiera inglese, che rappresenta uno specchio perfetto delle violente emozioni dei personaggi. 

Yorkshire

La scrittrice Emily Brontë e le sorelle Charlotte e Anne vissero sempre Haworth, un piccolo paese dell’Inghilterra settentrionale, vicino alle cittadine di Halifax e Bradford, sopra Londra e a circa 30 chilometri da Leeds. Immerse in un paesaggio che Emily amava molto, come dice sua sorella Charlotte: “Mia sorella Emily era innamorata della brughiera; …la sua mente sapeva trasformare in un Eden la più tetra valletta affossata sul livido fianco di una collina. Nella squallida solitudine trovava le più rare delizie; e certamente, non ultima, anzi, la più amata, la libertà”.  E quale anima contemplativa non amerebbe la solitudine della brughiera? In Cime tempestose, quindi, siamo immersi in un’atmosfera che la scrittrice conosceva benissimo e che ci ha descritto superbamente.

Ponden Hall e la camera da letto

Ponden Hall a Sansbury, nello Yorkshire occidentale, è la dimora risalente, pensate, al 1541 che ha ispirato Emily Bronte e che alla fine dell’anno scorso è stata messa in vendita per un milione di sterline, dopo essere stata usata per anni come b&b dagli attuali proprietari. Le sorelle Emily e Anne si sono imbattute per la prima volta in Ponden Hall da bambine, durante il Crow Hill Bog Burst, una frana di fango avvenuta in seguito a forti piogge nel settembre 1824. Le sorelle hanno poi continuato a frequentare la casa, che è poi diventata fonte di ispirazione sia per Cime tempestoew sia per La signora di Wildfell Hall, scritto da Anne. La biblioteca di Ponden, considerata una delle più belle del West Yorkshire e che vanta un primo portfolio di Shakespeare, era particolarmente attraente per i Brontë, che si fermavano spesso a usarla.
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fonte: BBC

“Quando fui entrato in quella camera, ed ebbi richiuso l’uscio, mi guardai attorno in cerca del letto, – descrive Mr Lockwood all’inizio del romanzo. –  L’intero mobilio consisteva in appena una sedia, un armadio, e una gran cassa di quercia con due tavole quadrate tagliate nelle pareti a guisa degli sportelli di una carrozza. Avvicinatomi a quel cassone, vi guardai dentro; mi ricordai allora di quei singolarissimi, antichi letti, foggiati ad arte per risparmiare ai componenti di una famiglia di avere una camera ciascuno. Formava infatti come uno stanzino e l’assicella che stava sotto a un finestrino nell’interno serviva da tavolino”. Che dite? Somiglia o no alla vera camera di Ponden Hall?

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fonte: Tripadvisor 

Proprio da qui, quindi, partiamo coi commenti: Emily  Brontë come descrive il paesaggio? Siete riusciti a immergervi nella brughiera inglese attraverso le sue parole? Vi è sembrato di essere con lo spaesato Mr. Lockwood a La Tempestosa? Abitereste mai in un posto del genere o preferite le città animate?

Sono solo alcuni suggerimenti. Sentitevi liberi di riportare frammenti di testo e le vostre parole. Non ci sono quelle giuste, né quelle sbagliate. Qui quello che importa sono sono le nostre emozioni. Avete voglia di provare? Aspetto i vostri commenti sotto a questo post! Abbiamo tutta la settimana per commentare e leggere, poi passeremo ai personaggi.

p.s. ovviamente se l’avete già letto, o se capiterete in futuro su questo post, i vostri pareri sono benvenuti 🙂

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Per il Book Club PeC leggiamo: Cime tempestose, di Emily Brontë

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Per il Book Club PeC leggiamo: Cime tempestose, di Emily Brontë

Cime tempestose di Emily Brontë è il quarto libro che leggeremo per il Book Club PeC. C’è aria d’autunno e torna la voglia di leggere storie di passione e nebbia, castelli e brughiera, magari in compagnia di una tazza di tè fumante. In poche parole, dopo la pausa estiva torniamo alle nostre sane abitudini di lettura condivisa con un grande classico. E dopo l’ambientazione americana e asiatica, stavolta atterriamo in Europa. Vi piace l’idea di leggere insieme? Intanto vi dico come procuravi il libro e poi iniziamo!

Dove trovare il romanzo? 

Se non avete il romanzo in libreria, vi do qualche link per riuscire a leggerlo online. Il testo in pdf si trova sul sito della scuola Nino Martoglio, tra i materiali per gli studenti. Oppure, se vi incuriosiscono gli audiolibri, è in versione audio sul sito Raiplayradio, all’interno del programma Ad alta voce. Recuperata la materia prima, siamo pronti a partire. Parleremo dell’ambientazione, dei personaggi, della storia. Ci confronteremo con sensazioni, modi di pensare, idee diverse dalle nostre. Soprattutto, avremo a che fare con una nuova concezione del romanzo, che si sta affacciando in epoca recente e che potrà trovarci d’accordo o meno. Ma di questo avremo tempo di riparlare. Ora vi lascio la trama e qualche dettaglio iniziale sul romanzo che stiamo per leggere. Alla prossima settimana con altre curiosità sul romanzo e il primo dibattito!

Trama

Heathcliff, un orfano, viene accolto da Mr. Earnshaw, ricco gentiluomo proprietario di Wuthering Heights, un castello nelle campagne inglesi. Tra Heathcliff e Catherine, figlia di Earnshaw, nasce un’attrazione che, tra scontri famigliari e dolorose rinunce, sarà fatale per entrambi. 

Cenni sul romanzo

Cime tempestose (Wuthering Heights) è l’unico romanzo di Emily Brontë, scritto fra l’ottobre 1845 e il giugno 1846. Venne pubblicato per la prima volta l’anno successivo, con lo pseudonimo di Ellis Bell, mentre una seconda edizione postuma fu curata da sua sorella Charlotte nel 1850. Il titolo viene dal nome di una delle tre principali ambientazioni del libro (Wuthering Heights, Gimmerton, Thrushcross Grange) il casale nella brughiera dello Yorkshire originariamente di proprietà degli Earnshaw, dove fu allevato Heathcliff e dove la storia si sviluppa. Il romanzo alla sua uscita non venne accolto bene, anzi. Fu addirittura definito Un compendio di volgare depravazione e orrori innaturali”, da una rivista femminile dell’epoca. 

Vuoi partecipare? 

Sei capitato qui per caso, ma vorresti saperne di più? Se anche tu vuoi partecipare al Book Club PeC leggi qui come farlo. Unico requisito: tanta voglia di leggere.

A.A.A. cercasi lettori per Club di lettura P&C. Ecco come partecipare!

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Anne Mather e il castello di Darkwater

Anne Mather è un’espertissima scrittrice inglese di romance, una delle autrici di punta della casa editrice Harlequin. Due occhi neri a mandorla, Charade in Winter nella versione originale, è un titolo del 1977. E’ la storia di una ragazza che viene assunta come bibliotecaria, formalmente, prima di scoprire che il suo compito, in questo castello remoto e inaccessibile, sarà tutt’altro. Del resto, anche lei non è chi dice di essere…

Trama

Il parco del castello di Darkwater è immerso in una nebbia lattiginosa quando Kyla Thornton giunge davanti al cancello. Non lontano si sentono i cani abbaiare nel silenzio della notte che cala. Che posto sinistro!, pensa lei mentre ricorda che Joan, moglie di Oliver Morgan, il proprietario, è morta in circostanze misteriose. E’ stata pazza a imbarcarsi in quell’avventura per fare un colpo giornalistico. Che tipo sarà questo Oliver Morgan? E quale cupo segreto nasconde tra quelle mura grigie sepolte nel verde? Forse un dolce, tenero segreto con due neri occhi a mandorla?

Non c’è un elemento fuori posto

Che Anne Mather sia un’esperta scrittrice di romance si vede subito. Non c’è un elemento fuori posto e, come tutte le scrittrici inglesi, è brava nelle descrizioni della dimora e dell’ambiente circostante in cui si muovono i personaggi. Sa anche come catturare la curiosità della lettrice con un “mistero” che aleggia intorno al padrone di casa, lo scultore Oliver Morgan, e a una situazione familiare che non si può proprio definire classica.

Oliver e Kyla meno convincenti 

Un po’ meno convincente, a mio parere, la costruzione del rapporto tra Kyla e Oliver. Su cosa si basa, a parte l’attrazione reciproca? Non saprei dirlo. I due rimangono sempre un po’ sulle loro, ci sono poche occasioni d’incontro e tutto si svolge in un battibaleno. Presumo per mancanza di spazio, la novella avrebbe potuto essere allungata e diventare un buon romanzo, più esteso, con una descrizione maggiore delle persone che abitano la casa. Anche il Darkwater che dà il nome al castello, rimane lì, inutilizzato. Eppure, in apertura Oliver l’ha definito “pericoloso”, ma Kyla non lo vede mai. Peccato, Anne Mather avrebbe potuto sfruttarlo meglio. E la Sciarada del titolo (Charade), che senso ha? Questo è uno dei pochi casi in cui il titolo tradotto è migliore dell’originale. Rimane, alla fine, più di una curiosità insoddisfatta. A parte questi piccoli dettagli, la considero comunque una buona lettura per chi vuole rilassarsi e basta, con un vissero felici e contenti che non delude.

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Sandra Oh e The chair, la nuova serie di Netflix

Sandra Oh cambia di nuovo pelle e diventa la direttrice del dipartimento di letteratura inglese della Pembrock University. Ricordo che all’università la mia bestia nera era l’esame di storia moderna, che ho lasciato quasi per ultimo, pur di non affrontarlo. Quando alla fine mi sono decisa a sedermi in aula, ho scoperto che la professoressa sapeva il fatto suo. Lei era considerata un orco a tre teste, le altre due erano quelle degli assistenti. Aveva un pregio, però: lo spetteguless senza freni con cui ci raccontava le vicende storiche che avremmo dovuto imparare. Risultato? 30, grazie a quelle lezioni che erano meglio di Beautiful.

Tra cancel culture e libertà d’espressione

Perché questa lunga premessa? Perché molto di The chair  si gioca su questa contrapposizione tra insegnare e divertire, intrattenere e far imparare, guadagnare con le rette e dare un servizio adeguato alla spesa, sempre in bilico tra cancel culture e libertà d’espressione. Il tutto in sei puntate di mezz’ora l’una, che costruiscono una crazy comedy of errors, una pazza commedia degli errori. Poco, giusto il tempo di buttare lì un argomento per poi passare oltre. Un po’ quello che succede sui social, no? Se la serie vi piace me lo direte voi nei commenti. Intanto, io vi parlo delle citazioni letterarie e dei libri che vengono mostrati. O, almeno, tutto quello che sono riuscita a riconoscere. Se avete altri suggerimenti, scrivetemi e aggiungiamo! LI ho divisi per puntata, così potete orientarvi meglio.

Prima puntata

La prima puntata è stracolma di citazioni, scaffali, libri, scrivanie, paragoni tra scrittori. Cerchiamo di mettere in ordine, anche se nella puntata ce n’è ben poco.

In apertura, Sandra Oh, la professoressa Kim Ji-Yoon, si dirige verso il suo ufficio nell’università di Pembroke (che non è quella veramente esistente in North Carolina) e, quasi subito, vengono inquadrati gli scaffali di una biblioteca del college. Tra i libri ho intravisto titoli a me perlopiù sconosciuti. Per esempio:

  • Technologisches Wörterbuch, Dizionario tecnologico, di Alexander Tolhausen, del 1924, e una
  • Complete french grammar, grammatica francese completa;
  • poi c’è Chronicle of the Conquest Of Granada, di Washington IrvingWashington Irving fu ambasciatore degli Stati Uniti in Spagna tra il 1842 e il 1846. Di origine scozzese, nel 1829 viaggiò tra Siviglia e Granada. Storia della Conquista di Granada (Historia de la Conquista de Granada), e, soprattutto, i famosissimi Racconti dell’Alhambra (Cuentos de la Alhambra), sono il risultato di questi viaggi;
  • un romanzo di Edward Phillips Oppenheim, di cui non si legge il titolo. Fu uno scrittore inglese che scrisse più di cento romanzi di genere tra il 1887 e il 1943;
  • Prescott of Saskatchewan, di Harold Bindloss, altro autore inglese prolifico e molto popolare tra i suoi contemporanei, che scrisse diversi romanzi ambientati in Canada e basati sulle sue esperienze. 
  • The Caxtons: A Family Picture, un romanzo vittoriano del 1849 scritto dall’inglese Edward Bulwer-Lytton e molto popolare all’epoca della sua stampa;
  • J. James Lewis – Gilbert W. Gabriele;
  • Our own kind, di Edward McSorley;
  • Hood’s works illustrated;
  • Life and conversations of dr. Johnson;
  • A lion is in the streets, Adria Locke Langley;
  • The Fair God di Lew Wallace;
  • Shining scabbard, di R.C. Hutchinson;
  • Sartor Resartus, un’opera scritta da Thomas Carlyle a partire dal 1831. 

Subito dopo, un’altra sfilza di libri quando viene inquadrato il particolare di uno scaffale. Si riconoscono:

  • Mark Twain;
  • William Shakespeare;
  • sempre Mark Twain, Life on the Mississipi, Vita sul Mississipi, un’opera autobiografica del 1883 in cui egli ricorda le sue esperienze di navigazione sul fiume Mississipi. A volte viene citato come il primo libro scritto con una macchina da scrivere;
  • Hermann Melville, citatissimo in tutta la serie, con diversi testi: Typee, Short novels, Moby Dick, Billy Budd, Sailor and Other stories;
  • Edith Wharton, con The custom of the Country e The house of Mirth;
  • Francis Turner PalgravePalgrave’s Golden Treasury;
  • Oscar Williams, An anthology of American Verse;
  • Helen Andrews KahinThe College Survey of English Literature;
  • Anthony Trollope, Phineas Pinn;
  • Liddell & Scott, Greek-English Lexicon;
  • Edgar Allan Poe, Tales and Poems;
  • William Wordsworth, Selected poems and prefaces;
  • Walt Whitman, Leaves of Grass;
  • Henry David Thoreau, Walden and Civil Disobedience; 
  • Nathaniel Hawthorne, The scarlet letter, La lettera scarlatta.

La nuova direttrice, per prima cosa, deve affrontare una riunione con i professori, nella quale dovrà dire cose scomode. Per introdurle, usa una frase di Harold Bloom, famoso critico letterario statunitense. Lui ha detto: “le informazioni sono infinitamente disponibili. Ma dove si trova la saggezza?“.

La puntata prosegue con alcune lezioni, tramite le quali iniziamo a conoscere i professori del dipartimento.

Chi ha detto Love is blind, L’amore è cieco? Lo sapete? Io no, non sapevo che il primo fosse stato Geoffrey Chaucer, considerato il padre dell’inglese moderno. Lo dice la professoressa Joan Hambling ai suoi sparuti studenti, per introdurre il concetto di modi di frasi che usiamo comunemente senza sapere che derivano dal 1400. Peccato che i suoi alunni siano totalmente indifferenti a questo richiamo del passato. 

La stessa direttrice fa lezione e dietro le spalle ha una citazione di Gloria E. Anzaldúa, sulla quale spinge i suoi studenti a fare commenti: “I will have my serpent’s tongue – my woman’s voice, my sexual voice, my poet’s voice. I will overcome the tradition of silence.” “Avrò la mia lingua di serpente, la mia voce di donna, la mia voce sessuale, la mia voce di poeta. Supererò la tradizione del silenzio”.

Sempre nella prima puntata, assistiamo a un primo scontro tra il professor Elliot Rentz, l’esperto di Herman Melville, e la giovane professoressa di colore Yasmin McKay. Lei gli dice che chiede ai suoi studenti di twittare le loro frasi preferite di Moby Dick e che vanno forte “Chiamatemi Ismaele” e “Dal cuore dell’inferno, ti trafiggo”. Il professor Rentz replica che lui preferisce che siano assorbiti dalla storia, dalla bellezza del fraseggio. Nonché che ricorrere a questi mezzi per coinvolgere gli studenti gli sembra banale. Confesso che un po’ la penso come lui, ma forse agli universitari servirebbe un giusto mix tra i due approcci.

La puntata si chiude con il professor Bill Dobson che torna in aula per parlare di letteratura durante il periodo fascista. Cos’hanno in comune Albert Camus e Samuel Beckett?, chiede agli studenti. “Hanno combattuto nella resistenza”, risponde qualcuno. “Sì. Per due persone convinte che non esista una cura all’essere sulla Terra, che non ci sia niente da fare, ci hanno comunque provato”.

E poi cita Cesare Pavese, “scrisse che l’unico modo di sfuggire all’abisso è di guardarlo e misurarlo e sondarlo e discendervi” (cit. Il mestiere di vivere). Peccato che anche in questo caso gli studenti siano più interessati a scattare foto col cellulare che ad ascoltare. 

Seconda puntata 

Una studentessa lascia un dolce davanti alla porta del professor Bill Dobson con questo messaggio: “Avrò il coraggio di mangiare una pesca?”. Cita un verso della poesia The Love Song of J. Alfred Prufrock di T. S. Eliot.

A una cena del dipartimento di letteratura inglese, il rettore dice: “Ogni volta che mangio una mini quiche mi sento come Gulliver tra i Lillipuziani. ‘Ancora cibo!'”, una citazione tratta da I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift.

Sempre alla stessa cena, la professoressa Joan Hambling parla con il professor Dobson: “quando ero carina, avevo la testa su Piero l’aratore e The Dream of the Rood”. Piero l’aratore è un libro di William LanglandThe Dream of the Rood è un componimento poetico di 156 versi in antico inglese, di tema religioso, presente nel Libro di Vercelli, risalente a un periodo tra la fine del VIII e l’inizio del IX secolo. Tradizionalmente attribuito a Cynewulf, non è possibile stabilire con certezza assoluta chi sia il suo autore. 

Nella libreria alle loro spalle, spicca Chesapeake, di James A. Michener.

“Sebbene sia piccola, pure è feroce”, Ermione lo dice ne Il racconto dell’inverno, dice il rettore riferendosi a un’affermazione ardita di Sandra Oh.  “No, Elena del Sogno, riferendosi a Ermia”, lo contraddice l’astro nascente dell’insegnamento, la giovane professoressa di colore Yasmin McKay. Autrice di un saggio su Frances Harperun’attivista, poetessa e scrittrice statunitense, promotrice di diverse cause quali abolizionismo, diritti civili e diritti delle donne. Il racconto d’inverno è di William Shakespeare, come Sogno di una notte di mezza estate (ha ragione la professoressa McKay, la frase citata è di Elena, atto III, scena II).

Terza puntata

Nella stanza del professor Dobson, una studentessa si siede e dietro di lei si vedono alcuni dei libri che appartengono al docente. Alcuni titoli sono troppo piccoli, ma si leggono gli autori:

  • William Faulkner;
  • Edgar Allan Poe;
  • O’Keeffe and Stieglitz;
  • Vladimir Nabokov e la sua Lolita;
  • Joseph Heller;
  • Ernest Hemingway, Isles in the stream, Isole nella corrente.

Il professor Dobson va poi a fare da babysitter alla figlia adottiva di Sandra Oh e insieme leggono il libro preferito della bambina. Si tratta di The family of Man, il catalogo di una mostra allestita nel 1955 al Moma di New York, che raccoglieva 503 fotografie da 68 paesi. I fotografi coinvolti furono 273 e i lavori esposti furono selezionati tra 2 milioni di scatti inviati da autori di tutto il mondo. I due, Dobson e la bambina, guardano le foto dedicate alla maternità insieme e affrontano il tema dell’adozione di lei e della moglie deceduta di lui. 

Quarta puntata 

Nella quarta puntata, al termine della lezione, la professoressa Joan Hambling chiede agli studenti di leggere Il racconto dell’indulgenziere, o del Venditore d’Indulgenze, la quattordicesima novella, la seconda del sesto frammento, cantata ne I racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer. 

“Niente indulgenza per i pelandroni”, ironizza la professoressa mentre gli studenti sbuffano. 

Sandra Oh, invece, entra nella stanza del professor Elliot Rentz, l’esperto di Herman Melville, e anche qui ovviamente c’è una libreria, ma sono riuscita a leggere solo il nome di Edgar Allan Poe. Subito dopo, ha un colloquio con il rettore per la docenza onoraria che l’università vuole assegnare a David Duchovny. Esatto, proprio l’attore. Ho scoperto, grazie a questa serie, che è arrivato a quota quattro romanzi come autore e il rettore chiede a Sandra Oh di leggerli tutti e quattro. Sono, in ordine di uscita:

  • Holy Cow (Porca vacca), l’unico, credo, tradotto in italiano;
  • Bucky F*cking Dent;
  • Miss Subways;
  • Truly Like Lightining, uscito quest’anno.

Una delle scene più divertenti della serie si svolge in biblioteca, dove la professoressa Joan Hambling e un tecnico del computer vogliono stanare uno studente fedifrago, seguendolo fino all’uscita. Il tecnico, nell’attesa, tira fuori proprio The Canterbury’s Tales e la professoressa reagisce sorpresa: 

“Tu leggi Chaucer?”

“Sì, ma è come leggere una lingua diversa”.

“Rimarrai sorpreso da come riuscirai ad abituarti velocemente. Se smetti di provare a capire…”

“Come per la programmazione. Ho mollato il controllo e da allora…”

Quello che dice la professoressa allo studente quando infine lo acciuffa è irripetibile, ma gustoso. Credo di non aver sentito mai nessuno prima esprimersi nei confronti di Chaucer in questo modo.

Quinta puntata 

Nella quinta puntata, finalmente vediamo David Duchovny. Sandra Oh va a casa sua e lui vuole sapere a chi altri prima di lui hanno offerto la docenza onoraria. La professoressa Kim Ji-Yoon risponde James Franco ed Ethan Hawke. Entrambi attori, registi e scrittori, come Duchovny. Di Ethan Hawke credo anche di avere un libro a casa, ma in questo momento non ricordo quale.

Sesta puntata

L’ultima puntata si apre con una citazione della poetessa Audre Lorde scritta con il gesso sulla lavagna. The Master’s Tools Will Never Dismantle the Master’s House. Cioè Perché gli strumenti del padrone non smonteranno mai la casa del padrone. La riflessione è sulle pari opportunità. Secondo la poetessa, i padroni potrebbero permettere alle donne di batterli temporaneamente al loro stesso gioco, ma non permetteranno mai di portare un vero cambiamento. E questo fatto è minaccioso per quelle donne che ancora definiscono la casa del padrone come la loro unica fonte di sostentamento.

E si chiude con Emily Dickinson, scelta abbastanza classica e doverosa, direi. Sandra Oh la declama agli studenti riuniti in circolo davanti a lei per la lezione. Anche se nella serie l’accorciano, la poesia completa è questa:

La “Speranza” è quella cosa piumata –
che si viene a posare sull’anima –
Canta melodie senza parole –
e non smette – mai –

E la senti – dolcissima – nel vento –
E dura deve essere la tempesta –
capace di intimidire il piccolo uccello
che ha dato calore a tanti –

Io l’ho sentito nel paese più gelido –
e sui mari più alieni –
Eppure mai, nemmeno allo stremo,
ho chiesto una briciola – di me.

E voi? Che speranza avete nell’anima?

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Vera, di Elizabeth von Armin, tra modernità e ironia la condizione della donna

Vera è il primo romanzo di Elizabeth von Armin che leggo, a detta della stessa autrice quello che meglio la rappresenta. Perché in questa storia di rapporto coniugale c’è molto della sua vita “vera”, anche se la sua scrittura brillante fa emergere fin dall’inizio l’archetipo dell’amore malato. Mi piacerebbe aggiungere “che affliggeva le donne nel passato”, ma in realtà è una condizione ancora ben presente nella società attuale. Di Vera, e delle donne come lei, possiamo leggere tutti i giorni sul quotidiano, il più delle volte per commentare con un rip, aspettando la prossima.

Trama

Lucy Entwhistle, ventiduenne ancora un po’ bambina, e Everard Wemyss, bell’uomo maturo, sono entrambi in lutto quando si incontrano per la prima volta: lei ha appena perso l’adorato padre, lui la moglie Vera. Consolandosi a vicenda, finiscono per innamorarsi e si sposano in fretta. Dopo le nozze vanno a vivere nella casa di lui, un luogo intriso di rituali dove aleggia lo spettro della prima moglie Vera, scomparsa in circostanze misteriose. Ed è fra queste mura che Lucy comincia a chiedersi: cos’è successo davvero a Vera?

Un uomo semplice 

La morte di Vera è stata accidentale, questo Everard racconta a Lucy. E perché lei non dovrebbe crederci? E’ sempre vissuta protetta dal padre, il suo scudo, il suo filtro per capire il mondo. Certo, il padre e i suoi amici facevano discorsi che Lucy non riusciva a comprendere del tutto, se non dopo le spiegazioni dell’adorato papà. Invece, Everard è un uomo semplice, che parla in modo semplice, che è deciso a vivere la vita secondo le sue granitiche convinzioni. Everard è un’ottima spalla cui appoggiarsi, ora che suo padre non c’è più. Perché, però, l’adorata zia, la sorella del padre, arguta come lui, non lo considera un buon partito per la sua preziosa nipote? Anche la zia non saprebbe dire perché, ma c’è qualcosa in quell’uomo che lei proprio non riesce a digerire.

 Semplice e indigeribile

Segnatevi queste parole, se deciderete di leggere il romanzo: semplice e digerire, perché solo la chiave per interpretare lo svolgimento dei fatti. Everard è un uomo tutt’altro che semplice; piuttosto, è “uno scolaro bisbetico, che si comportava da maleducato; ma sfortunatamente, uno scolaro dotato di potere“. E anche se “Lucy scoprì che il matrimonio era diverso da come l’aveva immaginato. Anche Everard era diverso. Tutto era diverso”, c’è ben poco che il/la partner con la posizione più debole possa fare. Soprattutto una ragazza immatura come Lucy, abituata alla gentilezza e alla protezione del suo piccolo mondo familiare. Per una ragazza come Lucy, è facile convincersi di essere nel torto: “Lizzie era via da neanche cinque minuti che Lucy era già passata dall’infelicità e dallo smarrimento al giustificare il comportamento di Everard; nel giro di dieci minuti ebbe ben chiare le buone ragioni per cui si era comportato in quel modo; in capo a un quarto d’ora si era addossata tutta la colpa per gran parte di ciò che era successo.”

I salici (piangenti)

Ora, saremmo tutti portati a dire che la soluzione sia in fondo semplice. Il marito si rivela per quello che è, manipolare, egocentrico, uno che fonda i suoi rapporti sul terrore e la sottomissione, mascherando la dittatura con un linguaggio lezioso e improponibile passati i quindici anni di età (e forse anche prima), esprimendosi a più riprese con cuoricino, gattina, sciocca scemottina, e amenità di questo genere. La residenza di campagna in cui Lucy si ritrova, The willows, I salici piangenti non a caso, è a sua immagine e somiglianza, ci sono delle belle pagine in cui Elizabeth von Armin induce nel parallelismo tra casa e padrone. Padrone, sì, perché ovviamente il proprietario incontrastato è solo lui. Anche i domestici, sono testimoni silenziosi, molto silenziosi, dei suoi atteggiamenti. Perché lui ha il potere, il potere di pagare profumatamente il loro silenzio. Tanto che l’unica alleata per Lucy diventa proprio…Vera, la prima moglie di Everard, che pervade tutta la casa con il suo spirito. Però siamo sinceri, quante donne ancora oggi sopportano in silenzio senza reagire? Oppure reagiscono, e finiscono per essere maltrattare proprio da chi dovrebbe proteggerle? E cosa dovremmo aspettarci da una fanciulla di inizio novecento? Che coraggiosamente divorzi?

Modernità e ironia

Come finirà? Non ve lo dico, gustatevi la lettura. Dico solo che forse il finale non è poi così importante. O forse sì, dipende dai punti di vista. Quello che conta, a mio avviso, è la modernità con cui Elizabeth von Armin affronta un tema da lei probabilmente vissuto in prima persona. Con il coraggio e la forza di uscirne, vivendo una vita piena e indipendente dopo due matrimoni disastrosi. E l’ironia con cui lo affronta, spezzando i toni cupi della tortuosa vicenda matrimoniale. Tipicamente inglese è il suo gusto per i particolari, apparentemente insignificanti, che tratteggiano un’epoca. In alcuni punti, quando a parlare sono i domestici, ho sentito l’eco di Quel che resta del giorno, di Kazuo Hishiguro, scritto decenni dopo. Nell’atmosfera generale, nell’ambientazione e nella figura femminile che dà il nome al romanzo, indubbiamente Rebecca, di Daphne Du Maurier. La quale certamente conosceva questo romanzo, sono sicura, giungendo a conclusioni diametralmente opposte, però. Come sapete, Daphne Du Maurier è stata accusata a più riprese di plagio per Rebecca, ma da Elizabeth von Armin posso dire che ha preso solo spunto, nient’altro. Mentre Elizabeth von Armin conosceva e apprezzava Cime tempestose di Emily Brontë, che fa comparire in braccio a Lucy nel momento più opportuno. Ed era la cugina di Katherine Mansfield: poco ma sicuro che le due cugine sugli uomini la pensassero nello stesso modo!

***
Intanto, chiedo a voi: avete letto qualcosa di Elizabeth von Armin? Quale titolo vi è piaciuto di più?

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