Archivi categoria: Carta

Pattini d’argento o di legno, l’importante è…vincere!

Proprio oggi che iniziano le olimpiadi invernali di Pechino, mi è tornato in mente questo libro letto da bambina, Pattini d’argento, di Mary Mapes Dodge. Una favola invernale, adatta ai bambini ma anche agli adulti che in questi tempi difficili vogliono ritrovare buoni sentimenti e un vissero tutti felici e contenti. Nei prossimi giorni vi parlerò anche di un’altra storia, stavolta vera e senza lieto fine, però oggi rimaniamo sulla bellezza della fantasia. E ai ricordi d’infanzia, che riemergono ogni volta che mi ritrovo davanti a una pista da pattinaggio.

Trama

I due fratelli Hans e Gretel Brinker sognano di partecipare alla gara di pattinaggio che si terrà a dicembre. Il vincitore avrà in premio un paio di pattini d’argento. I ragazzi però sono poveri e hanno solo pattini di legno con cui allenarsi. Il loro padre, inoltre, è molto malato e dovrebbe fare un’operazione costosa, che comporta gravi rischi. La vita non è certo facile per la famiglia Brinker, e saranno necessari dei sacrifici per ritrovare la serenità. Tra i ghiacci dell’Olanda, una storia di amicizia, avventure, coraggio e solidarietà. 

Il destino ci mette lo zampino

Ho scritto nel titolo che l’importante è vincere. Ma non vincere in gara, vincere il destino che sembra accanirsi contro alcuni molto più che con altri. I due fratelli Brinker ne sono l’esempio lampante. In un’età in cui dovrebbero correre e giocare, costruiscono da soli dei pattini con cui vincere una gara per pagare le cure al padre. Il quale padre è malato a causa di un incidente fortuito sul lavoro. Ovviamente i due piccoli Brinker non hanno alcuna possibilità di vincere contro pattini del materiale giusto, che sfrecciano sul ghiaccio. Il destino, però, ci mette lo zampino. Il destino che prende le sembianze di un medico.

Rozzi pezzi di legno

Attuale, non vi pare? La scrittura è datata, Mary Mapes Dodge l’ha scritto a metà ottocento, con il titolo di Hans Brinker o Pattini d’argento, poi rimasto nell’immaginario collettivo con la sola seconda parte. I sentimenti che trasmette, tuttavia, rimangono immutati. Non si può non provare compassione per questi due ragazzini, che hanno costruito “rozzi pezzi di legno affilati e lisciati sul bordo inferiore“, fingendo che siano pattini, e che pure hanno donato loro “molte ore felici sul ghiaccio“. Non si può non tifare per loro, quando in modo del tutto imprevisto riusciranno a procurarsi i mezzi giusti per competere con gli altri. Non si può essere più felici di come finirà questa favola nordica e di cosa deciderà di diventare Hans Brinker. Non si può non trovare interessante la descrizione dell’Olanda, così accurata, da farne ancora oggi un ritratto degli usi e costumi olandesi nell’ottocento

Non posso quindi che consigliarlo, è una buona lettura per grandi e piccini dagli 8 anni in poi, magari durante le serate invernali più fredde. O in previsione di un viaggio in Olanda, o dovunque ci sia una pista di pattinaggio ad aspettare i piccoli/grandi lettori 🙂

Voi che mi dite? Vi piace pattinare? Avete letto questo classico per ragazzi?

Leggi anche: 

Il giardino segreto – Frances Hodgson Burnett

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Charlotte Brontë e il luddismo di Shirley

Charlotte Brontë ha scritto in tutto quattro romanzi completi e uno completato da altri. Shirley è il secondo, pubblicato due anni dopo Jane Eyre. Sapete che Jane Eyre è il suo grande successo e anche il mio romanzo preferito. Shirley, invece? Con questa seconda prova, Charlotte Brontë si avventura nel romanzo sociale, abbandonando le atmosfere gotiche del primo libro. Anche qui, dimostrando tutta la sua maturità come donna e come scrittrice. Venite con me, vi racconto tutto. 

Trama

Yorkshire, inizio Ottocento. Shirley, giovane donna ricca e caparbia, si trasferisce nel villaggio in cui ha ereditato un vasto terreno, una casa e la comproprietà di una fabbrica. Presto fa amicizia con Caroline, orfana e nullatenente, praticamente il suo opposto. Caroline è innamorata di Robert Moore, imprenditore sommerso dai debiti, spietato con i dipendenti e determinato a ristabilire l’onore e la ricchezza della sua famiglia, minati da anni di cattiva gestione. Mentre da una parte Caroline cerca di reprimere i suoi sentimenti per Robert – convinta che non sarà mai ricambiata -, dall’altra Shirley e il suo terreno allettano tutti gli scapoli della zona…

Romanzo sociale 

Così possiamo definire questo secondo romanzo di  Charlotte Brontë. Mentre Jane Eyre era prevalentemente incentrato sulle vicende di Jane e sulla sua ricerca di un posto nel mondo, qui le nostre eroine sono immerse nella dura realtà della vita. Non che Jane non lo fosse, anzi, ma poco sappiamo del contesto sociale in cui si muovono i personaggi. Invece, in Shirley il momento storico fa da motore delle vicende e dei sentimenti umani che Charlotte Brontë ci narra. Il progresso industriale sta portando con sé un’instabilità sociale fortissima. Le macchine si stanno sostituendo agli uomini, famiglie intere rischiano di morire di fame e di non riuscire a ricollocarsi. D’altra parte, gli industriali vogliono produrre di più e a costi inferiori, non sono disposti ad ascoltare le istanze di chi chiede di rallentare. Ancora una volta, la sensibilità e la bravura di questa scrittrice emergono prepotenti. Seguiamo, certo, le vicende di Caroline, Shirley e Robert, ma fraternizziamo anche con gli operai disperati e, un po’ meno ma sì, anche con loro, i proprietari di fabbrica, che si sono accollati un debito enorme per comprare macchinari distrutti dalla furia dei rivoltosi, fenomeno che nei libri di storia è conosciuto come luddismo. 

Shirley e Caroline 

In Shirley, Charlotte Brontë abbandona le atmosfere gotiche di Jane Eyre e abbraccia nuovamente l’idea di donna forte, indipendente e originale che è il suo marchio di fabbrica. Shirley è una giovane donna ricca, che sa il fatto suo. Si interessa delle vicende sociali ed economiche che la circondano, prende parola e dà direttive, è padrona dei suoi averi e del suo tempo. E nei confronti di Caroline si pone come una sorella maggiore. Caroline è un’orfana, accolta in casa da uno zio che non le fa mancare nulla, ma che non le dà amore. Lei sta cercando il suo posto nel mondo e vorrebbe inziare a lavorare come istitutrice, per rendersi indipendente da quello zio così freddo. Solo, non è facile convincere gli altri che una donna può lavorare e mantenersi invece di aspirare al matrimonio. Matrimonio che non prende neanche in considerazione perché disperatamente innamorata di Robert. Non, però, così innamorata da non rendersi conto che la società impone a Robert una scelta basata sulla convenienza economica, che la esclude automaticamente. Shirley, invece, sì che sarebbe un’ottima compagna per lui e lei è disposta a farsi da parte. Ma cosa ne pensano gli interessati?

Forse, con un titolo diverso…

Charlotte Brontë è bravissima a coinvolgere i suoi lettori e anche stavolta il romanzo scorre via in pochissimo tempo. Cosa ne sarà di questo trio? Non posso dirvi troppo per non rovinarvi la lettura, dico solo che se Jane Eyre è il suo romanzo più famoso, e anche il mio preferito, Shirley non è meno interessante. Forse, con un titolo diverso, ma ahimè i nomi femminili all’epoca andavano di moda, avrebbe avuto più successo. In ogni caso, è sicuramente una lettura che vi consiglio.

Magari, se siete anche voi delle accanite (ri)lettrici di Jane Eyre, scrivetemi nei commenti quale dei due preferite e perché! 

Leggi anche: 

Jane Eyre – Charlotte Brontë

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Il caso Jane Eyre – Jason Fforde

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Jun Oppa e il dopo di noi di Keum Suk Gendry-Kim

Dopo Le malerbe, vi dico subito che anche Jun di Keum Suk Gendry-Kim è da cinque stelle nella mia personale classifica. Non so decidermi su quale dei due preferisca, l’unica cosa certa è che ora dovrò recuperare tutti i lavori precedenti di quest’autrice e aspettare che escano quelli nuovi! Ma chi è Jun? Ora vi racconto tutto.

Trama 

Jun nasce nel 1990. A due anni e mezzo ancora non parla e i medici dicono ai genitori che è autistico. Dopo aver tentato di aiutarlo in ogni modo, decidono di lasciargli frequentare la scuola, ma lo sguardo degli altri non è benevolo, su di lui. Da sempre sensibile ai suoni e ai rumori, Jun scopre la musica e, quando ormai tutti in famiglia erano rassegnati, avviene qualcosa di prodigioso: Jun finalmente parla, canta, suona il piano, la chitarra, la batteria, impara il canto tradizionale Pansori. Registra album, compone centinaia di brani. Fiorisce. La storia è raccontata dal punto di vista della sorella minore Yunsun, e il suo sguardo semplice e senza pregiudizi fa sorridere, e a tratti commuovere spontaneamente il lettore, come solo i bambini sanno fare. E Jun.

L’autismo, una storia vera (e ricorrente)

Fino a pochi anni fa, viveva nel mio palazzo una famiglia con un figlio autistico non autosufficiente. Chiaramente anche questa famiglia viveva le problematiche di una disabilità grave in casa, ma a volte mi fermavo a pensare alla sorella, che la mamma mi aveva detto essere tornata in casa perché loro, i genitori, non riuscivano più da soli a gestire la situazione. Liti e urla erano pane quotidiano, si percepiva la sofferenza di questa ragazza. Leggere la storia di Jun e della sorella Yunsun mi ha riportato alla mente quella famiglia. Chissà se saranno riusciti a trovare una parvenza di equilibrio. La storia di Keum Suk Gendry-Kim è molto realistica e parla al cuore. Racconta la scoperta del problema, i tentativi anche goffi di risolverlo con guaritori miracolosi, l’accettazione della condizione e una strada, un piccolo spiraglio, che si apre in modo imprevedibile. Ma in famiglia i punti di vista sono diversi: se per i genitori l’attenzione verso Yun è totalizzante, la sorella avrebbe diritto a vivere spensierata e non può, perché è nata immersa in questa bolla creata dai suoi per proteggere il figlio e loro stessi dalla maldicenza, dagli sguardi curiosi o spaventati. Da un mondo ostile senza appello. 

Il dopo di noi

Keum Suk Gendry-Kim racconta le vicende di questa famiglia con piglio diretto, senza girarci intorno. Se succede una disgrazia come questa, la vita prende una piega inaspettata e non ci sarà nessuno disposto ad aiutare. Ecco, forse questo è l’aspetto che mi ha colpito di più. La famiglia è sola, completamente sola, ad affrontare un problema più grande di lei. Anche due frasi dette da Yunsun e la sua mamma mi hanno fatto riflettere parecchio e mi tornano in mente ancora adesso, a libro chiuso. Yunsun a un certo punto afferma che non si farà mai una famiglia, perché chi guarderebbe Jun? I genitori hanno proposto una soluzione, ma lei non vuole pensarci: “farò come Jun, che vive solo il momento presente“. L’altra, è una frase terribile della mamma: “spero solo di poter vivere un solo giorno più di Jun“. Sopravvivere al proprio figlio è qualcosa che nella mente di un genitore non dovrebbe neanche esistere. Eppure, la mamma di Yun ha un pensiero fisso in testa: il dopo di noi. Chi lo gestirà? In base a quali criteri? Il dopo di noi, argomento dibattuto anche da noi: dopo la morte dei genitori, come assicurare una vita dignitosa alle persone non autosufficienti? 

Triste? Assolutamente no

Da questa mia descrizione, penserete di trovarvi di fronte a un graphic novel tristissimo. Invece no, la matita di Keum Suk Gendry-Kim non scade mai nel pietismo e nella commiserazione, né nella celebrazione di doti eccezionali. Jun ha trovato un suo posto nel mondo, anche se microscopico, e la famiglia un certo equilibrio. Possono, forse, fare delle prove di felicità, finalmente. Anche questa storia, come Le Malerbe, si chiude per me con un sentimento di speranza. Yun e Yunsun ce la faranno, perché è l’amore il loro fattore X e la loro forza. Mi dispiace che nella versione italiana sia saltato Oppa, credo che sia fondamentale per capire il legame tra i due.

Anche stavolta, mi sento di consigliarvi questo racconto e di lasciarvi come chicca questa intervista all’autrice, dove spiega perché ha deciso di non disegnare al computer ma a mano libera e come ha trovato una sua voce per distinguersi come artista. Io credo che ci sia riuscita, unendo esperienze di vita, capacità tecniche e di ascolto non indifferenti, nonché una buona dose di curiosità giornalistica. Un mix potente, vedrete.

Il problema, ora, sarà trovare graphic novel all’altezza. Mi date qualche dritta? Aspetto i vostri suggerimenti e riflessioni! 

Leggi anche:

Le malerbe di Keum Suk Gendry-Kim

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Autumn in Korea: Corea del Sud, il Paese del Calmo Mattino

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Rosamunde Pilcher riempie d’amore una casa vuota

Trovarsi in una casa vuota è esattamente quello che Rosamunde Pilcher non fa sentire ai suoi lettori. Sono di parte perché sapete che è una delle mie scrittrici preferite, ma il senso di calore che emanano i suoi romanzi è veramente merce rara. La casa vuota non fa eccezione. Oravi racconto perché.

Trama

Dopo dieci anni di lontananza, Virginia Keile torna in Cornovaglia. È alla ricerca di una casetta di fronte al mare dove trascorrere l’estate in pace con i suoi due figli. Ma nell’angolo più riposto del suo cuore, la donna nutre la segreta speranza di ritrovare l’uomo che aveva amato e perduto in una magica, indimenticabile estate della sua giovinezza. Virginia sa che solo quell’uomo, solo quell’amore così lontano ma ancora così vivo potrà finalmente colmare il grande vuoto che riempie la sua casa. E la sua vita.

Lasciare una casa vuota per trovare un posto nel mondo 

Aprire un libro di Rosamunde Pilcher significa immergersi in un’atmosfera serena e rilassante. Ed è per questo che la amo tanto. Le sue storie sono sempre piene di significato, personaggi semplici e di buon cuore, paesaggi splendidi, descritti magnificamente. La casa vuota è un titolo del 1973, uscito inizialmente a puntate su una rivista. Parla di una donna ancora giovane, Virginia, che nonostante un matrimonio e due figli deve ancora trovare una sua voce, un posto nel mondo. Tutto quello che possiede sono soldi e una casa vuota, dove non sa se vuole tornare. Ma d’altra parte, ha sempre fatto scegliere altri per lei. Ed è in questo spartiacque della sua vita che incontra di nuovo Eustace, il suo primo amore di adolescente. Eustace possiede una fattoria in Cornovaglia, è un uomo tutto d’un pezzo, ma stranamente non si è costruito una famiglia. Forse aspettava l’impossibile? E Virginia, è pronta a liberarsi delle sue insicurezze per diventare la donna e la madre che ha sempre sognato?

Una casa che si riempie di amore, gioia e risate

Rosamunde di nuovo ci fa sognare con una storia breve, dove ogni pezzo s’incastra nel puzzle, finché una casa vuota si riempie di amore, gioia e risate, tanto che finisci quasi per sentirla, mentre sulla parola Fine spunta la solita, familiare, lacrimuccia. Bello, da leggere per qualche serata in rilassante compagnia.

E così, posso spuntare La casa vuota dalla mia lista, perché ho intenzione di leggerli tutti. E voi? Quanti ne avete letti? Quanti ne leggerete? Fatemi sapere nei commenti, magari prendo spunto!

Leggi anche: 

Rosamunde Pilcher, una vita da romance

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Profumo di timo e d’autunno con la cara Rosamunde

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Le malerbe di Keum Suk Gendry-Kim

“Le malerbe di Keum Suk Gendry-Kim mi è arrivato per Natale e ragazzi, che regalo! In realtà ne ho ricevuti due, questo è il primo che finisco, ma spero di parlarvi molto presto anche del secondo. Intanto, posso dirvi che Le malerbe è da cinque stelle, nella mia personale classifica. Ora vi racconto tutto di quest’autrice che scopro oggi e che dopo un solo libro è già candidata a diventare una delle mie letture ricorrenti.

Trama 

Il graphic novel racconta la storia delle “comfort women”, bambine e donne prelevate a forza durante la guerra per farne delle prostitute, e si basa sulla testimonianza diretta di una sopravvissuta. Molto più di una biografia, Le malerbe è un racconto intimo e sentito, in cui anche la voce della narratrice è riconoscibile e importante, e si intreccia ai racconti, a volte comprensibilmente frammentari, di una donna che sente di non aver avuto un solo istante felice da quando è uscita dal ventre della madre. 

Di questo graphic novel mi è piaciuto tutto

Di questo graphic novel mi è piaciuto tutto: la qualità dei disegni, la storia, il personaggio di 할머니 halmoni (nonnaOkseon, la protagonista, e della narratrice. Ma quello che mi è piaciuto più di tutti, è lo stile giornalistico-investigativo con cui Keum Suk Gendry-Kim ha scelto di trattare una materia così sensibile. Farsi raccontare la storia da nonna Okseon non deve essere stato facile, infatti in alcune pagine Keum Suk Gendry-Kim ha lasciato che il silenzio e il colore nero ci lasciassero immaginare i particolari più crudi, mentre in altre, alcune mezze parole lasciate in sospeso dall’intervistatrice, ci fanno capire che per la sua stabilità mentale, probabilmente nonna Okseon ha colorato di rosa alcuni fatti della sua giovinezza così dura. Non dovete pensare, però, che il racconto sia funereo. Anzi, al contrario, già dal titolo Keum Suk Gendry-Kim chiarisce di cosa stiamo parlando: di fili d’erba, che anche se vengono calpestati, si rialzano e crescono, più forti che mai. Come fanno le donne di questo racconto su una pagina di storia ancora mistificata dalla maggioranza degli appassionati di storia. 

Le “comfort women” non si arrenderanno mai

Questo è il sentimento di speranza con cui chiudo questa graphic novel così speciale. Le donne non si arrendono mai e mai si fermeranno finché non avranno giustizia. Finché non verrà loro riconosciuto e risarcito il danno di un’intera vita spezzata. E’ un sentimento forte, che i libri precedenti letti sull’argomento non avevano fatto emergere in me in maniera così prepotente. Per questo, sono contenta che la casa editrice Bao abbia scelto di tradurre questa storia, lasciando anche sulle tavole un’impronta di hangul graditissima a chi, come noi, ama il coreano.

Ora non mi resta che iniziare l’altro graphic novel, Jun, di cui vi parlerò appena possibile, e sperare che la casa editrice decida di tradurre anche gli altri titoli di Keum Suk Gendry-Kim. Altrimenti farò uno sforzo e li leggerò in coreano! Invece voi ditemi, conoscevate già quest’autrice? Cosa avete letto di suo? E la storia delle “comfort women”? Aspetto suggerimenti e riflessioni! 

Leggi anche:

Figlie del mare – le “comfort women” di Mary Lynn Bracht

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Jun Oppa e il dopo di noi di Keum Suk Gendry-Kim

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

Autumn in Korea: Corea del Sud, il Paese del Calmo Mattino

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"