Passione lontana di Liala è l’esempio perfetto per spiegare quanto faccia bene partecipare a un book club. Come sapete, Liala è stata la protagonista del nostro penultimo appuntamento libroso nel Book Club PeC, in cui abbiamo scelto di leggere il romanzo preferito o quello che avevamo in casa. Uno (o una) dei partecipanti ha letteralmente “distrutto” Passione lontana: “i due protagonisti non mi piacciono, lo finirò solo perché l’ho iniziato“. Ovviamente facendo scattare immediatamente in me la voglia di leggerlo. Cosa che ho fatto appena ne ho trovato una copia al mercatino. Ora vi racconto se sono d’accordo con l’altra lettrice/lettore o no…
Trama
Giulietta, allieva del Teatro alla Scala, è pronta per una brillante carriera di prima ballerina, ma l’amore per Vik Gildas, prestigioso giocatore del Milan, avrà la meglio sui suoi sogni d’ambizione. Vik è però legato al ricordo di una donna morta in circostanze misteriose…
Un dark romance
Intanto, questo romanzo di Liala oggi sarebbe classificato come dark romance ed è probabilmente il motivo per cui non è piaciuto nel book club. Vik è tutto tranne che un cavaliere e Giulietta è una ragazza in cerca di una vita agiata. Oggi sarebbe la classica storia tra calciatore e velina, all’epoca Liala ha dato una veste più consona ai tempi collocando Giulietta come ballerina della Scala, ma la sostanza non cambia. Giulietta è anche una ragazza moderna, tenuta a freno solo dalla madre, molto più rigorosa e tradizionalista. Quando conosce questo giocatore svedese, per lei è amore a prima vista, ma l’ombra di una storia passata di Vik impedisce ai due di amarsi come vorrebbero.
Vik imperdonabile
E da qui, il via a una serie di vicende che li porteranno prima ad allontanarsi e poi, fortunatamente, a ritrovarsi. Devo dire che alla fine sono d’accordo, i protagonisti (e, ahimé, anche i coprotagonisti) non brillano per simpatia e quello che ha fatto Vik non solo è imperdonabile, ma il tentativo di tutti di trovargli una giustificazione è oltremodo fastidioso. E altrettanto fastidioso è il modo in cui quasi tutti giudicano Giulietta per le sue scelte di vita. Per non parlare del fatto che tutti diano per scontato che debba lasciare la sua professione una volta sposata. Se decidete di leggerlo, mi raccomando, mettetevi gli occhiali di una società anni ’50 arretrata. E’ l’unico modo per non chiudere prima della fine!
A voi piace Liala? Qual è il vostro titolo preferito?
Siamo sempre in Spagna con Sophie Kinsella e il suo Vacanze in villa, il titolo che abbiamo scelto per l’ultimo Book Club prima della pausa estiva. La scorsa settimana abbiamo parlato dell’ambientazione andalusa, condividendo un po’ di delusione per le descrizioni scarne degli ambienti. Se si eccettua la villa, che sta fagocitando i protagonisti e portando ancora più scompiglionelle loro vite. Ma non dovevano riposarsi e ricaricarsi? E’ già, ma purtroppo le cose non sempre vanno come vogliamo noi. Guardiamoli più da vicino, questi personaggi. Chi sono? Cosa fanno nella vita e nel romanzo? Vi farò notare una particolarità, vediamo se anche voi l’avete notata…
I personaggi
Due coppie si ritrovano forzosamente a condividere uno spazio per le vacanze. Sono:
Chloe Harding, 37enne sarta. Convive con Philip, è sopraffatta dal lavoro e dal momento familiare non facile. Ha due figli, Sam e Nat;
Philip Murray, il compagno di Chloe. Sta attraversando un momento complicatissimo, rischia di perdere il lavoro e questo gli sta facendo perdere il contatto con la realtà e con la sua famiglia;
Hugh Stratton, direttore di una banca d’affari. Vecchia conoscenza di Chloe, ma gli altri non lo sanno. E’ sposato con Amanda e hanno due bambine, Octavia e Beatrice;
Amanda, la moglie di Hugh. Fa la mamma a tempo pieno e ristruttura perennemente casa.
Si ritrovano in questa villa a causa di Philip, un comune amico, che forse si è sbagliato offrendo a entrambe le coppie la stessa settimana. O forse no. Amanda ha portato Jenna, una tata australiana, per aiutarla con le bambine.
Amanda come?
E qui veniamo all’aspetto che volevo evidenziarvi. C’è un elemento che accomuna tutte le protagoniste di Sophie Kinsella: sono donne che hanno un lavoro o una professione che le rende indipendenti. Quindi, le scelte che fanno sono dettate dall’amore e nient’altro. Fateci caso: Chloe è Chloe Harding. Amanda è…Amanda. Eppure, Amanda lavora moltissimo e regge da sola un peso familiare di cui Hugh non vuole farsi carico. Perché di lei non sappiamo il cognome? Chloe, invece, è così determinata che rischia di sottovalutare lo stato psicologico del marito. Mentrew Hugh…bè, su di lui mi riservo di dire qualcosa più avanti. A parte che il nome mi fa pensare a lui come ispirato a Hugh Grant, c’è da dire che questo parallelo tra le scrittrici britanniche impazza, non credo che mollerei Philip per uno come lui.
E voi? Cosa pensate di Chloe e gli altri?
Come vi ho già detto, sentitevi liberi di commentare sotto il post le vostre sensazioni, perplessità, emozioni, e tutto ciò che il libro di Sophie Kinsella vi sta dando, o non vi sta dando. Io vi aspetto per commentare e vi do appuntamento alla prossima settimana, per parlare della storia che stiamo leggendo.
Aspetto i vostri commenti qui sotto!🙂
Se volete recuperare o aggiungere qualcosa sull’ambientazione, cliccate qui:
Finché il caffè è caldo, “caso letterario” del 2020, finisce casualmente nelle mie mani e io, senza sapere quasi niente, inizio a leggerlo. Qualche minuto dopo, rialzo la testa perplessa: ma, ma…è un romanzo o una sceneggiatura? Ora vi racconto.
Trama
In Giappone c’è una caffetteria speciale. Si narra che finché il caffè è caldo sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l’unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere. Ma c’è una regola da rispettare: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato. Qualcuno si siede su una sedia con davanti una tazza fumante. Fumiko, che non è riuscita a trattenere accanto a sé il ragazzo che amava. Kòtake, che insieme ai ricordi di suo marito crede di aver perso anche sé stessa. Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella. Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre. Ognuna di loro ha un rimpianto. Ma tutte scoprono che il passato non è importante, perché non si può cambiare. Quello che conta è il presente che abbiamo tra le mani. Quando si può anco decidere ogni cosa e farla nel modo giusto. La vita, come il caffè, va gustata sorso dopo sorso, cogliendone ogni attimo.
Titolo hot della zona rossa
Intanto, ragionando come farebbe un asiatico, mi chiedo se sia un caso che abbia finito il romanzo proprio il 6 giugno, giorno in cui un doodle ricorda la nascita nel 1851 di Angelo Moriondo. E chi è, direte voi? Un torinese, l’inventore della macchina da caffè espresso moderna, presentata all’Expo 1884 di Torino. Questo è un periodo in cui, per caso o anche no, mi capitano serie e libri su questo argomento. Sarà perché ne bevo troppo? Haha! Può darsi. Tornando a noi. Finché il caffè è caldo è stato uno dei titoli hot, è proprio il caso di dire, del 2020. Quando altrove impazzava il Dalgona coffee, in Italia le persone confinate in casa impazzivano per questo titolo Garzanti. Qual è il motivo di tanto successo?
Le ragioni del successo
Provo a capire. Innanzitutto, una copertina e un titolo accattivanti. Un tema che fa sempre presa: poter tornare nel passato e correggere gli errori. Un’ambientazione che piace sempre: un bar dove succedono cose fantastiche. E le regole da seguire per riuscire nel proprio obiettivo, incontrare qualcuno che si è già incontrato in precedenza lì. In verità, le regole sono tante e un po’ stringenti. Artefizio probabilmente necessario a far sì che si accorciasse la platea degli interessati. Il tavolo in cui potersi sedere, infatti, è uno solo e ci si può sedere solo in rari momenti in cui non è occupato da una donna misteriosa.
Come la sceneggiatura di un film
Quello che non funziona, secondo me, è il modo in cui Toshikazu Kawaguchi, al suo esordio come scrittore, decide di far svolgere gli eventi. Cioè come se Finché il caffè è caldo fosse la sceneggiatura di un film o, peggio, un soggetto un po’ più esteso. I personaggi e gli accadimenti si muovono come se fosse un canovaccio sul quale poi innestare una scena. Niente di più. Non c’è pathos, non c’è calore, a parte il fumo che esce dal cafffè. Dei personaggi non sappiamo quasi niente, alcune storie vengono troncate, altre non partono proprio (chi è la donna che legge? Temo che non lo sapremo mai), in quella finale c’è un’eccezione alla regola, ma forse neanche lo scrittore se n’è accorto. O c’è un motivo? Non conoscevo nulla dell’autore di Finché il caffè è caldo e, dopo qualche pagina, sono andata a controllare. Effettivamente è uno sceneggiatore e sulla base di questo romanzo è stato realizzato un film nel 2018 (il romanzo è datato, del 2010). Indovinate come s’intitola il film? Café Funiculi Funicula, così, senza accento finale. Evito di commentare, ma se volete lasciare un commento fate pure 🙂
Un grande potenziale
Finché il caffè è caldo posso dirlo: un grande potenziale non sfruttato, credo che la mia incursione in questa serie finisca qui. Sì, perché nel frattempo ne sono stati pubblicati altri due, sempre sullo stesso argomento. Il successo non si discute, se piace ai lettori piace a tutti. Probabilmente, il fascino di una possibilità di redenzione, di tornare nel passato (o nel futuro) per parlare con una persona cara, supera di gran lunga i difetti stilistici e narrativi. Il consiglio che mi sento di darvi, però, è questo: se vi piace la letteratura asiatica, sappiate che troverete una profondità e una ricerca linguistica senza pari. Cercate altro, perché troverete delle gemme preziose. Alcune cerco e cercherà di presentarvele qui, se avrete pazienza di leggermi. Iscrivetevi alla newsletter per non perdere gli aggiornamenti, è facile (box in homepage in alto a destra) e non stresso più di una volta al mese.
Intanto ditemi: a voi Finché il caffè è caldo è piaciuto? E perché?
Agostino di Alberto Moravia è uno di quei libri che di solito assegnano come lettura per l’estate e che uno tende a scegliere più per la brevità che per altri motivi. Lo avevo già letto durante l’adolescenza e l’ho trovato tra gli audiolibri che ultimamente sto saccheggiando. Perché non rileggerlo?, ho pensato. E così ho fatto, trovandoci molte implicazioni che alla prima lettura mi erano sfuggite.
Trama
Agostino è la storia di un’iniziazione sessuale. Da una parte, un ragazzo di tredici anni che è ancora un bambino; dall’altra la madre, vedova, ancora fiorente e desiderosa di vivere. Durante una vacanza al mare i rapporti tra il figlio e la madre cambiano, si corrompono d’inquietudine. Per il ragazzo sarà necessario approdare a un’autentica crisi, una lacerazione che gli consentirà di ripartire poi a ricomporre il mondo.
Atmosfera pigra e sonnolenta
Agostino di Alberto Moravia è uno di quei romanzi letti durante l’adolescenza di cui ricordavo poco o nulla. Mi era rimasta in testa, però, l’atmosfera di calura estiva, quel senso di sonnolenza e pigrizia che spinge le persone a osservare distese, più che a muoversi. Ed è esattamente l’atmosfera che ho ritrovato scegliendo di ascoltare l’audiolibro di Raiplaysound, letto dall’attrice Alba Rohrwacher. Come era successo anche con Utz, letto da Lino Guanciale, ho faticato a entrare nella storia con la sua voce, che ho trovato efficace nel finale, nel trasmettere i pensieri di Agostino, ma molto meno nel rendere il gruppo di ragazzi e gente del posto con cui Agostino si trova a doversi confrontare.
L’estate delle prime volte
Già, perché quella di Agostino è l’Agosto (da qui il nome del protagonista) delle prime volte. La prima volta in cui si trova fuori dal suo ambiente agiato, la prima volta in cui si scopre non più bambino, la prima volta in cui capisce che la madre è una donna, con le esigenze di qualsiasi donna e che vanno oltre la maternità, la prima volta in cui le pulsioni sessuali si fanno sentire prepotenti. Potremmo dire che, ancora oggi, Agostino incarna l’archetipo del preadolescente: non è più bambino, ma non è ancora uomo. Né carne né pesce, come diremmo oggi. E senza una figura paterna con cui confrontarsi.
Un romanzo di formazione
In una rilettura moderna, lascerei in secondo piano la vicenda del rapporto con la madre, che è il motivo del successo e dello scandalo che hanno accompagnato l’esordio di questo romanzo quando è stato pubblicato negli anni ’40. All’inizio, infatti, ne fu impedita la distribuzione dalla censura fascista e solo due anni più tardi, nel 1945, venne dato alle stampe in tiratura più estesa. Oggi penso che dovremmo considerarlo un romanzo di formazione: all’epoca, potevano forse suscitare scandalo i riferimenti alla sessualità della madre, il bagnino omosessuale, il tentativo di andare con una prostituta. Oggi, direi che potremmo far rientrare il tutto nel complesso di Edipo, nella sua fase più delicata, la consapevolezza. Non sappiamo come finirà per Agostino, i personaggi di Alberto Moravia finiscono quasi sempre per ripiegarsi su se stessi, pur di non affrontare la vita. Indifferenti, in un certo senso. A me piace pensare che Alberto Moravia ci abbia lasciato in sospeso per lasciare Agostino libero di crescere ancora un po’, prima di affrontare la sua fatidica, prima volta. E che lasci libera la madre di rifarsi una vita, di trovare qualcuno da amare dopo una storia estiva che li ha cambiati entrambi, come è giusto che sia.
Voi che ne pensate? Agostino riuscirà a liberarsi dai suoi tormenti?
Vacanze in villa, di Madeleine Wickham, alias Sophie Kinsella, per il Book Club Pec che ci traghetterà verso l’estate. Finita la prima settimana di lettura solitaria, fino a lunedì prossimo ci confronteremo sull’ambientazione scelta dalla scrittrice inglese per questo romanzo. I monti della Spagna e una villa completamente accessoriata, frigorifero stracolmo e piscina compresa: vi viene in mente qualcosa di più vacanziero? Mettiamo su musica spagnola e iniziamo a leggere!
Tutto e cielo azzurro e sole
E’ Sophie Kinsella stessa a raccontarci come le è venuta l’idea di Vacanze in villa: “penso che di tutti i libri che ho scritto, Vacanze in villa abbia la mia ambientazione preferita. È ambientato in una grande villa sulle montagne spagnole con piscina, alberi di limoni e uliveti e trovo che sia assolutamente idilliaco. Ho sempre voluto scrivere un libro vacanziero, e scrivere questo romanzo è stato quasi come essere in vacanza, perché è tutto cielo azzurro e sole. Mi sono davvero divertita e ho persino messo su musica spagnola per chitarra pur di mettermi dell’umore giusto!”
Vacanze in una villa sulle montagne
Personalmente, mi è piaciuta la costruzione scelta da Sophie. Vacanze in una villa sulle montagne. Se avesse scelto il mare, il tutto sarebbe stato meno credibile. Invece, ho già letto quasi 100 pagine e tutto fila liscio. La storia tra Chloe e Hugh mi intriga molto, ma ancora non ha rivelato nulla. L’ambientazione scelta, invece, automaticamente mi ha rilassato. Quindi sì, direi che per lei scriverlo è stato quasi come essere in vacanza e per me lo è leggerlo!
Curiosità
Le due famiglie protagoniste di Vacanze in villa rimarranno in Spagna solo una settimana, ma tra le mete preferite dei britannici che espatriano, c’è sicuramente il Sud del Paese. In Andalusia, la comunità britannica è la più numerosa di tutta la zona. Tant’è che è stato coniato il termine Guiri per indicare i turisti del Nord Europa. Gli inglesi si stabiliscono in genere a Marbella, Benahavis, Puerto Banus e nella provincia di Malaga. Ad attirarli, in prima battuta ci sono clima e costo della vita.
Via ai commenti!
E per voi? Parliamo, allora, di ambientazione. Vi ritrovate in qualcuna delle caratteristiche di cui abbiamo parlato? La ritrovate nel romanzo? Sophie Kinsella come descrive l’ambiente in cui si muovono i suoi personaggi? Vi sentite anche voi come se fossero iniziate le vacanze? Se decideste di trasferirvi, dove vi piacerebbe andare? In un posto caldo o freddo? Raccontatemi i vostri pensieri nei commenti!
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