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Baltica 9, est Europa con Daniele Benati e Paolo Nori

Quella di Daniele Benati e Paolo Nori non è una guida di viaggio, almeno non nel senso classico del termine. Avere in tasca “Baltica 9”, però, aiuta sicuramente chiunque voglia addentrarsi nell’Europa orientale. Diciamo centro-nord-orientale, perché il viaggio degli autori inizia in Austria e non si sa dove finisce. Il testo si ferma a San Pietroburgo, posto per sua natura sospeso nel tempo.

Più che una guida è un diario

Più che una guida è un diario, dove le sensazioni prevalgono sui fatti narrati ed è per questo che averla in tasca è consigliabile. Chi ha letto “Baltica 9”, infatti, non ci troverà solo informazioni preziosissime e difficili da trovare in una guida classica, ma se saprà acquisire la leggerezza, il disincanto e la capacità di volgere sempre al positivo qualsiasi esperienza degli autori-viaggiatori saprà vivere il proprio viaggio come un’esperienza. Come un vero viaggiatore, per il quale non conta né la meta né la strada, conta l’occhio con cui guardi ciò che ti circonda e chi incontri.

Involontariamente al centro di una polemica 

Leggere il racconto di un viaggio che arriva in Russia compiuto da Daniele Benati e Paolo Nori in questo periodo storico, con quest’ultimo che è stato involontariamente al centro di una polemica nata in seguito alla decisione (poi rientrata) dell’università Bicocca di bloccare le sue lezioni su Dostoevskij, è ancora più interessante. C’è tanto est-europa post sovietico (il libro è del 2008, quindi quasi a metà tra la caduta del muro di Berlino e l’epoca attuale), tantissima Russia, ma anche una prospettiva di viaggio che sembra legare in maniera inevitabile la Russia con l’Ucraina e che sicuramente fa effetto oggi molto più di quanto non potesse farlo quando il libro è stato scritto.

Non è una guida di viaggio, ma è un viaggio guidato

Non è una guida di viaggio, ma è un viaggio guidato, quello che compiono Daniele Benati e Paolo Nori (che nella terza di copertina si identificano rispettivamente con codice fiscale e partita iva), partendo dall’Austria. Guidato dal loro istinto, dalla loro capacità di adattamento, da tanti compagni di viaggio più o meno casuali e dalla particolarità dei posti attraversati. Un viaggio che passa per gran parte attraverso la via Baltica, strada europea E67 che ha origine a Praga e termina a Helsinki attraversando Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia.

Baltica 9

Baltica 9, però, è una birra che non va assolutamente mischiata con la vodka, sennò i russi si offendono. Daniele Benati e Paolo Nori lo capiscono solo una volta arrivati a San Pietroburgo, passando attraverso posti dove il nord è più verde del sud, dove le dogane ti fanno passare prima attraverso mancate modelle polacche e poi attraverso simpatiche ma troppo curiose doganiere lituane, tra episodi “che molti scrittori di guide si vergognano a raccontare di queste cose o non se ne vergognano affatto ma non le metterebbero mai in un libro”. Perché “delle volte certi inconvenienti creano delle situazioni che poi rimangono in mente per sempre anche se non avviene niente”.
Il viaggio fino a San Pietroburgo è avvincente, perché ogni paese attraversato ha la sua peculiarità. Una volta arrivati nella ex Leningrado, che ogni tanto qualcuno chiama ancora così, la narrazione cambia. Tra tombe di poeti con nomi di leggendari portieri di calcio, pezzi teatrali di Bulgakov e giardini che somigliano a quello decritti nell’incipit del Maestro e Margherita, la casa di Jurij Gargarin, donne al volante, un padrone di casa amico finché non esci dal suo seminato, gli autori vivono i loro “giorni bianchi” con una prospettiva più Neva che Nevski. Scorre lenta come il fiume che attraversa la città, tra tassisti senza tassametro di cui non puoi fare a meno quando il giorno diventa notte bianca, col bianco che ha il colore della vodka (da non mischiare alla Baltica 9) e delle tasche dopo una notte al Casinò. Il tempo resta sospeso e l’importante non diventa più né il viaggio in sé, né tantomeno il ritorno a casa. Il racconto, infatti, s’interrompe quando gli autori pensano di aver trovato una risposta a una domanda che non si erano posti all’inizio, ma strada facendo.

Andare avanti, fino alla fine

Merita di essere letto con attenzione fino alla fine, anche se nella parte centrale a un certo punto ho avuto l’impressione di non capire se e come il viaggio sarebbe finito, quasi come se l’arrivo a San Pietroburgo implicasse finire fuori strada. Il suggerimento però è quello di approcciarsi a questo testo nell’unico modo possibile, cioè lo stesso da usare con uno stile molto particolare. Un flusso di coscienza che può disorientare, anche se è rivolto proprio all’oriente. Andando avanti, però, “a un certo punto allungherete il passo e non c’è modo di dissuadervi dal farlo”.

Ultimo consiglio

Non seguite “Baltica 9” come una guida di viaggio. Potreste ritrovarvi a vivere le stesse avventure di Daniele Benati e Paolo Nori. Non è detto che sappiate affrontarle come loro, ma difficilmente saprete raccontarle come loro. E in ogni caso, portatela con voi, perché vi aiuterà a scoprire che a volte il bello sta proprio in ciò che fa paura.

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L’armata perduta di Valerio Massimo Manfredi

L’armata perduta è il primo libro che leggo di Valerio Massimo Manfredi e arriva subito dopo un’altra armata perduta, quella di Cambise di Paul Sussman. Con questo romanzo, Valerio Massimo Manfredi ha vinto il premio Bancarella 2008 e prende spunto dall’Anabasi di Senofonte, che proprio lui aveva studiato e tradotto negli anni ’80. 

Trama

Una delle più epiche avventure dell’età antica: la lunghissima marcia, attraverso incredibili pericoli e peripezie, che diecimila mercenari greci dopo la disfatta del principe persiano Ciro, sotto le cui insegne si erano battuti, contro il fratello Artaserse alle porte di Babilonia – compiono per tornare in patria. È l’impresa gloriosa e tragica documentata nel IV secolo a.C. da Senofonte nell'”Anabasi”, che proprio Valerio Massimo Manfredi ha studiato e tradotto negli anni ’80. Ma in questo romanzo le atrocità della guerra e l’eroismo di ogni soldato, il fasto e le crudeli bizzarrie della corte persiana, le insidie di una natura selvaggia e le amicizie più indissolubili sono narrate in una prospettiva completamente inedita: dalla voce di una donna, la bellissima siriana Abira, che per amore di Xenos lascia ogni cosa e condivide il destino dei Diecimila. Attraverso gli occhi di Abira, le donne diventano le protagoniste della grande st

La parte storica…

Valerio Massimo Manfredi ci descrive un fatto storico avvenuto oltre 2500 anni fa con dovizia di particolari, almeno per come sono arrivati a noi.
E la parte storica contiene tutti i personaggi che hanno partecipato a quest’impresa eccezionale. Su questa parte non c’è nulla da dire, anche se Senofonte non ci ha detto proprio tutto, qualcosa l’ha sicuramente tenuto per sé.

…e quella romanzata 

Sulla parte romanzata, ho qualche dubbio su quello che dice Valerio Massimo Manfredi, cioè che i fatti raccontati siano comunque vicini alla realtà.  Pensare che una giovane donna come Abirla, che fugge dal suo villaggio con un guerriero di cui si è innamorata a prima vista (Xenos), diventi in seguito il personaggio principale di questa impresa, con tutte le difficoltà che il ruolo di donna aveva a quei tempi, è un po’ difficile. E’ mai possibile che iniziative così audaci possano essere state compiute da una giovane donna inesperta della vita fuori dal suo villaggio? Se fosse vero, le sarebbe spettata una laurea ad honorem!

(Possibile spoiler)

Ma la parte commovente di questo racconto, a mio avviso, è quella in cui riportano il cavallo a Xenos. Cavallo che egli aveva venduto per necessità. Il ritorno di Halys, questo il nome dell’animale, è pieno di gioia, soprattutto da parte del cavallo. Gli animali hanno sentimenti più forti di noi umani; infatti, sono convinta che a parti invertite Halys non avrebbe mai abbandonato Xenos.

Voi che ne pensate? Siete d’accordo? Vi è piaciuto il romanzo?

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Paul Sussman, L’armata perduta di Cambise

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Altri premi Bancarella

Paul Sussman, L’armata perduta di Cambise

Paul Sussman confeziona un buon libro, e ben scritto. Partendo da una storia vera, avvenuta nel 523 a.C. e raccontata per la prima volta da Erodoto, l’autore forse esagera un po’ nel cercare forti sensazioni, ma nel complesso il tutto funziona bene. Ora vi racconto.

Trama

Nel 523 a.C. l’imperatore persiano Cambise spedì un esercito nel deserto egiziano per distruggere l’oracolo di Amon. Ma la spedizione fu sorpresa da una tempesta di sabbia che la seppellì completamente. 2500 anni dopo una serie di delitti sembra ricollegarsi a quei lontani avvenimenti, e a un misterioso reperto che permetterebbe di localizzare l’armata perduta. Sulle tracce dell’assassino si mettono l’ispettore Khalifà e Tara Mullray, figlia di un archeologo scomparso, che si ritrovano coinvolti in una feroce vicenda di complotti internazionali, terrorismo e spionaggio.

La parte storica… 

La storia riguarda un evento vero accaduto circa 2500 anni fa, di cui ce ne da testimonianza Erodoto. Bisogna tenere presente però, che egli stesso venne a conoscenza dell’evento 80 anni dopo il verificarsi di quell’evento, e quindi quello che ha saputo allora potrebbe essere un po’ esagerato. Anche se scavi recenti sembrano confermare la vericidità di quei fatti. E fin qui la parte storica.

…e quella romanzata 

Ora quella romanzata, piuttosto movimentata e che coinvolge servizi segreti, terroristi, polizia egiziana e altri loschi personaggi. Tutti alla ricerca dei reperti dell’armata perduta, che a quanto pare finalmente il deserto ha permesso di far riaffiorare, confermando così l’evento accaduto migliaia di anni fa.
Questa ricerca scatena la lotta senza esclusioni di colpi per impadronirsi del bottino di quei personaggi sopra citati. Gli unici a cercare con altri fini sono l’ispettore Yusuf Khalifa e Tara Mullray, figlia di un archeologo scomparso. Il finale di questa storia sorprenderà un po’, ma vale pena di arrivarci.

Nota a parte per l’ispettore

Una nota a parte la meritano l’ispettore Yusuf Khalifa e la sua tenacia alla ricerca della verità. È vero che non si può fare di tutta l’erba un fascio, ma vedere un funzionario di polizia che disobbedisce agli ordini superiori di tenersi fuori da questa vicenda, mettendo a rischio la promozione proposta, la propria carriera e la tranquilla sicurezza della famiglia per seguire la strada della giustizia, è sorprendente. Tutto ciò, inevitabilmente ha richiamato alla mente la vicenda di Giulio Regeni, torturato e ucciso e che, probabilmente, non avrà mai giustizia. O anche quella di Patrick Zaki, adesso in stato di libertà vigilata dopo mesi di prigionia. Oppure,  vogliamo parlare dei villaggi turistici dove si consiglia di non oltrepassare i recinti? Insomma, una storia del passato vera, un po’ romanzata, che fa riflettere molto sulle vicende di oggi. Cosa chiedere di più a Paul Sussman?

Elizabeth Ferrars e Un atroce dubbio

Con Atroce dubbio faccio la conoscenza di Elizabeth Ferrars e finisco il secondo dei #libridaombrellone di quest’anno. Sì, lo so, sono in forte ritardo. Ma vi dirò, con questo caldo anche solo il pensiero dell’ombrellone mi fa sentire più caldo! E anche nel villaggio di Rollway, vicino Londra, ci sono giorni di caldo anomalo, monete antiche che valgono molto e un assassino che si aggira nell’ombra. 

Trama

La vita del professor Alistair Dirke è sempre stata piuttosto serena. Almeno fino a quando un atroce dubbio non comincia ad assillarlo: possibile che sua moglie Rose lo tradisca con Paul Eckleston? La vacanza dei due coniugi a Montecarlo sembra fatta aposta per favorire un riavvicinamento, se a guastarla non ci si mettesse Henry Wallbank, direttore del Museo Pursiem e loro amico, con la richiesta di uno strano favore. Alistair e Rose povrebbero incontrare in sua vece un sinistro collezionista di monete greche per un affare vantaggioso? Questione di un paio d’ore al massimo. Ma è subito chiaro che l’impegno è molto più di una scocciatura: di mezzo c’è un omicidio, e l’assassino potrebbe non essere lontano…

In trappola

Era una splendida sera di luglio, un’altra splendida sera. Uscendo per la consueta passeggiata, che da casa sua lo portava al Maybush, il professor Dirke pensò che il bel tempo non sarebbe durato ancora a lungo.
A dire la verità, la cosa non lo interessava poi molto. Di lì a tre giorni sarebbe andato in vacanza nel Sud della Francia; ma per chi restava, senza dubbio, era meglio che quella siccità finisse.

Gli elementi del giallo classico ci sono tutti: tipico villaggio inglese, vacanze nel sud della Francia, una coppia un po’ annoiata, monete antiche e un assassinio. Il filone giallo è appassionante: i sospettati sono tanti, e ciclicamente sembrano uscire o rientrare nella lista, le motivazioni s’intuiscono e il colpevole anche, ma per tutta la lettura non c’è nessun calo di tensione.

Vita di coppia turbolenta

Anche la parte “domestica”, mettiamola così, viene affrontata bene da Elizabeth Ferrars. La coppia protagonista ha qualche problema nella vita di coppia. Problemi che entrambi affrontano con il tipico british style, cioè senza grandi drammi e una flemma invidiabile. C’è quindi anche questo filone, oltre al giallo vero e proprio, che contribuisce a mantenere alta l’attenzione, perché il risentimento e l’insoddisfazione crescono piano piano e potrebbero sfociare in…un altro assassinio? Chissà, lascio ai lettori la scoperta.

In definitiva, direi una lettura leggera, ottima per qualche pomeriggio di relax in vacanza. 

Voi che mi dite? Vi piacciono i gialli classici all’inglese in vacanza? Avete qualche suggerimento? 🙂 

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Le Sette sorelle: primo libro, Maia

Le Sette sorelle e un Pa’. L’idea di base mi ha attirato fin da subito: sette sorelle adottate dai quattro angoli del pianeta, ognuna con una storia complessa alle spalle, ognuna con un nome astrale. Cosa si cela dietro queste adozioni di un uomo, Pa’ Salt, così venerato dalle figlie e che morendo ha lasciato degli indizi? Mistero, avventura, amore. Gli ingredienti per piacermi ci sono tutti. Quindi, visto che manca solo un romanzo alla fine, mi sono decisa a iniziare. E sono partita da Maia, l’unica delle sorelle ad abitare ancora con il padre.

Trama 

Bellissima, timida e solitaria, Maia è l’unica delle sue sorelle ad abitare ancora con il padre ad Atlantis, lo splendido castello sul lago di Ginevra. Ma proprio mentre si trova a Londra da un’amica, giunge improvvisa una telefonata: Pa’ Salt è morto. Quel padre generoso e carismatico, che le ha adottate da bambine raccogliendole da ogni angolo del mondo e dando a ciascuna il nome di una stella, era un uomo di cui nessuno, nemmeno il suo avvocato e amico di sempre, conosceva il passato. Rientrate precipitosamente nella villa, le sorelle scoprono il singolare testamento: una sfera armillare, i cui anelli recano incise alcune coordinate misteriose. Maia sarà la prima a volerle decifrare e a trovare il coraggio di partire alla ricerca delle sue origini. Un viaggio che la porterà nel cuore pulsante di Rio de Janeiro. Con l’aiuto dell’affascinante scrittore Floriano, Maia riporterà alla luce il segreto di un amore sbocciato nella Parigi bohémienne degli Anni ’20, inestricabilmente legato alla costruzione della statua del Cristo che torreggia maestosa su Rio. Una vicenda destinata a stravolgere la vita di Maia. 

Un mix che funziona

La storia di Maia mi è piaciuta, è stato coinvolgente seguire le ricerche sul suo passato, incontrare personaggi realmente vissuti, con un mix tra fantasia e verità che funziona. Solo che ho trovato Le sette sorelle un po’ sbilanciato sul passato. D’accordo che Maia sia alla ricerca del suo passato, però ha anche un presente da vivere. La storia d’amore che stravolge la sua vita, si svolge molto in fretta. Troppo, secondo me.  Perché dare tutto quello spazio a Izabela, quasi niente alla figlia e pochissimo alla bisnipote? Soprattutto, perché liquidare una rivelazione sulla vita passata di Maia in un nanosecondo? Ma come! Sembra piazzata lì in modo quasi strumentale, avrebbe meritato più di spazio. Come forse più spazio avrebbe meritato il filo conduttore, di cui alla fine del primo libro sappiamo molto poco. Perché, in fondo, l’amore della vita e il mistero delle origini sono proprio quello che ci interessa sapere. Comunque, andiamo avanti col secondo libro, la storia di Ally. Vi farò sapere se Lucinda Riley scopre più carte o no.

E voi amanti di Lucinda Riley? Qual è finora il libro del vostro cuore? Le Sette sorelle o un altro? Scrivetemi nei commenti! 

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Il segreto della bambina sulla scogliera – Lucinda Riley

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Le Sette sorelle, Lucinda Riley annuncia una novità

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