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Pelè non c’è più. Pelè: Io, l’unico Re

Pelè non c’è più, oggi il mondo gli darà l’estremo saluto. Il Brasile è una terra di storie e non vale la pena raccontare una storia se non ha tante versioni diverse. Pelè ne racconta tante e spesso si assicura di mantenere sempre un’aura di mistero e di leggenda intorno a ognuna di esse. E’ la sensazione che trasmette “Pelè – Io, l’unico Re”, l’autobiografia di O’Rey scritta con i giornalisti Orlando Duarte e Alex Bellos, pubblicata nel 2006.

I tre cuori

Si comincia proprio con una leggenda. Quella dei tre cuori, che riguarda la località in cui è nato Pelè. Tres Coracoes, a nord di Rio de Janeiro. Un omaggio alla cappella “Sacri cuori di Gesù, Maria e Giuseppe”, voluta dall’esploratore portoghese che per primo vi arrivò, alla delusione amorosa di tre cowboy che non riuscirono a sposare tre ragazze del luogo, o a un’ansa del Rio Verde che ha la forma di tre cuori? La soluzione l’ha trovata la mamma, Dona Celeste (ancora viva), e così Pelè ha tre cuori: uno per la famiglia, uno per gli amici, uno per i nemici.

Pelè, Bilè

Pur tenendo vive le tre versioni sull’origine del suo soprannome, quella è l’unica leggenda sulla quale tiene a specificare la verità. Ha accettato quel soprannome, storpiatura di “Bilè”, che era un portiere al quale veniva paragonato quando si metteva in porta, ma non gli è mai piaciuto. Era orgoglioso di essere stato chiamato Edson in onore di Edison, l’inventore della lampadina. E spesso nelle cartoline si firma “Pelè” da una parte e “Edson Arantes do Nascimiento” dall’altra. Due facciate, oltre ai tre cuori, che usa anche come scusa quando George Best lo invita a bere alcolici: “Non posso, ho tre cuori, mi sentirei male il triplo”. Si è dedicato molto a campagne contro alcol e droga, ma poi ha dovuto affrontare la condanna per traffico di droga capitata al figlio Edinho (che oggi l’ha scontata e fa l’allenatore). Non nasconde i suoi dolori né i suoi errori nel racconto della sua vita scritto a sessantasei anni e “con ancora tante cose da fare”. Ha continuato a farne, ma in questo libro c’è già tantissimo.

Sorriso da copertina

Le parti più importanti della carriera vengono ricostruite minuziosamente, la passione per il calcio è il grande filo conduttore, anche se l’entusiasmo che si percepisce nel racconto della sua infanzia fatalmente scema un po’ con lo scorrere delle pagine. C’è più entusiasmo nel parlare degli amici d’infanzia piuttosto che degli incontri con John Lennon e Bill Clinton. Il tutto sempre con quel sorriso che si vede in copertina e che ha accompagnato praticamente ogni sua apparizione pubblica. Pelè vuole porsi come una figura positiva, è grato a ciò che la famiglia ha fatto per lui e a Dio per avergli salvato la vita tre volte.

tre coppe

Gli avversari? Compagni di viaggio

Rende merito agli altri grandi campioni che ha incontrato nel suo percorso, vede gli avversari non come tali ma come compagni di viaggio, non sembra portare rancore a chi gli ha fatto del male. Al massimo si concede un: “Ci rimasi molto male”. Sicuramente dice qualche bugia, come ad esempio quando racconta di ritenersi “amico” di Maradona. Poche righe dopo, però, spiega perfettamente perché le discussioni sul “più grande di sempre” non hanno senso. Così la sensazione è che quel sorriso diventi un filtro che ti impedisce di conoscerlo fino in fondo. E’ anche un suo motivo di orgoglio, come racconta lui stesso parlando del medico della Nazionale brasiliana. Era un dentista, ma non l’ha mai frequentato per i denti, perché non ne ha avuto bisogno. Ne ha avuto bisogno ai Mondiali del 1962, uno dei tre che ha vinto (ancora oggi nessuno nella storia del calcio ha fatto altrettanto), ma non da protagonista, perché un infortunio gli impedì di vivere le fasi decisive. Lì va un po’ oltre il “ci rimasi molto male”. Voleva scappare, lo convinsero a rimanere, applaudì Garrincha. Ogni volta che i due hanno giocato insieme, il Brasile non ha mai perso.

Il Brasile del ’58

Già, il Brasile. Il più forte per la somma di individualità, secondo Pelè, era quello del 1958. Quello più “squadra” era quello del 1970. O’Rey dissemina le sue idee sul calcio qua e là e stupisce quando racconta quella che lui ritiene la sua dote migliore. Non il dribbling, non il fisico, non la potenza, ma una dote che emerse fin da giovanissimo: la capacità di prevedere i passaggi dei compagni di squadra. Così riusciva a giocare tanti palloni e a non farsi anticipare, perché si faceva sempre trovare. Era il più cercato, essendo il più bravo, ed ecco che tutto il resto viene abbastanza facile.

Pelè e Papa Ratzinger 

Facile è anche la scrittura, e di conseguenza la lettura, di un libro che fatalmente regala più di una suggestione a poche ore dalla sua scomparsa. La morte torna spesso, nel racconto. Vi sfuggì da piccolo, la vide nel volto di un pilota morto dopo la caduta di un aereo (e così smise di sognare di voler fare, appunto, il pilota), racconta di aver sentito morire una parte di sé dopo aver smesso di giocare (e per questo di aver ricominciato, con i Cosmos New York). Sarà sepolto esattamente dove aveva indicato in questo libro, nelle cui ultime pagine racconta anche del suo incontro con Papa Benedetto VI. Ovunque siano ora, magari si sono appena incontrati di nuovo.

pele ratzinger incontro

***

“C’era stata una ragazza, tra le prime, di cui ero veramente cotto, ma suo padre mise subito fine alla storia. Un giorno venne all’uscita della scuola e le fece una predica perché stava con me. “Cosa fai con questo negrinho?” urlò. Credo sia stata la prima volta in cui ho sperimentato direttamente il razzismo, e fu davvero scioccante. La mia ragazza era bianca, ma non mi era mai venuto in mente che qualcuno potesse avere un problema per questo, tanto meno nei miei riguardi.”

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Giorno di neve, di Komako Sakai

Komako Sakai e l’arte di  avvicinare i cuccioli alla poesia con le immagini, prima ancora che con le parole. Un libricino tenero e delicato, come i fiocchi di neve che scendono e accendono la fantasia. Altro consiglio per la calza della befana dei piccolissimi.

Trama

Oggi mi sono svegliato e la mamma mi ha detto che posso restare ancora a letto perché non c’è scuola. Il pulmino della scuola è rimasto bloccato per neve. La neve? Non ho voglia di restare a letto! Voglio subito vestirmi e andare a giocare fuori! Sfortunatamente mamma me lo vieta. “Uscirai quando avrà smesso di nevicare, altrimenti ti prendi il raffreddore”. Posso solo fare una piccola uscita sul balcone. Tutto è tranquillo, non ci sono automobili né passanti. Ascoltiamo il silenzio della neve che cade e si ha l’impressione di essere soli sulla terra. A mezzogiorno, la neve cade ancora e anche all’ora della merenda. Solo a sera, proprio quando è l’ora di andare a letto, la nevicata si ferma e sotto le stelle posso finalmente giocare nella neve con la mamma.” 

Una storia tenera e delicata

Una storia tenera e delicata, da leggere con mamma, papà, zii, nonni o chi volete voi, mentre fuori nevica. O immaginando che nevichi, perché non tutti sono così fortunati da incontrare la neve. Il silenzio permea le illustrazioni, sembra quasi di essere lì con il coniglietto e la sua mamma. Il tratto è gentile, i colori soffusi. Una storia da leggere insieme come una carezza. Il finale commuove, vi avviso. Komako Sakai è un’autrice specializzata in storie per bambini che illustrano scene di vita quotidiana. Niente di eccezionale: solo la calda, rassicurante infanzia, con i suoi piccoli piaceri e le sue scoperte. Piacerà a piccoli e meno piccoli. 

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La piccola principessa di Frances Hodgson Burnett

La piccola principessa è uno degli ultimi lavori di Frances Hodgson Burnett e anche uno di quelli di maggior successo. C’è tutto: posti esotici, rovesci della situazione, mistero, buoni sentimenti. Chi dice che i bambini di oggi non apprezzino i classici di una volta, non ha mai letto Frances Hodgson Burnett, è evidente. E allora il mio consiglio di oggi per la calza della Befana è proprio “La storia di Sara Crewe”, che dal lontano 1905 verrà a trovare qualche bimbo fortunato il 6 gennaio. 

Trama

Sara Crewe è una bambina rimasta orfana che viene costretta a lavorare nello collegio di Londra che la ospitava per pagarsi vitto e alloggio: la perfida Miss Minchin la trasferisce in soffitta assegnandole le mansioni più umili, ma lei, grazie al suo cuore generoso, è sempre pronta ad aiutare le sue piccole amiche, dimostrando grande nobiltà d’animo. La soffitta diventa così un luogo magico dove compaiono stravaganti e simpatici personaggi e dove le storie narrate dalla bambina aiutano lei e le sue compagne a non perdersi d’animo.

Bambini “moderni”

La forza di Frances Hodgson Burnett è senza dubbio quella di saper tratteggiare bambini comuni, coi loro pregi e difetti. Se ne Il giardino segreto Mary è viziata, scontrosa e decisamente antipatica, qui Sara è sicuramente di buon cuore, ma perde le staffe con una certa facilità e, come si direbbe oggi, quando si arrabbia non le manda certo a dire. Per questo i romanzi di Frances Hodgson Burnett hanno superato la prova del tempo e sono diventati dei classici. Tutti possiamo ancora riconoscerci e partecipare alle vicissitudini di questa piccola orfana. 

Le ciambelle

La parte del romanzo che si svolge al panificio, con la moglie del fornaio e la mendicante Anna, è la mia preferita. Frances Hodgson Burnett ha scritto questo romanzo dopo un viaggio in Europa con la famiglia. Sicuramente ha visto mendicanti bambini a ogni angolo, come ci ha raccontato Charles Dickens, e avrà ascoltato la storia di Maria Antonietta, che Sara nomina come esempio di forza contro il mondo. Per questo, forse, sceglie le ciambelle, con punto di vista enormemente e meravigliosamente bambino, come metafora per sfamare chi ha bisogno. 

 Una storia attuale

Una storia ancora oggi godibilissima e attuale, che fa riflettere i piccoli lettori sull’importanza di essere e rimanere generosi. Perché per quanto possiamo stare male, c’è sempre qualcuno che ha più bisogno di noi. E le nostre opere buone, torneranno indietro con gli interessi. Poi, nella vita reale questo non sempre accade, e forse nessuna scimmietta indiana verrà a trovarci, ma perché non fantasticare?

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Altri suggerimenti per la calza della Befana 

La penna di Britta Teckentrup per volare come la Befana

Britta Teckentrup e il suo libro illustrato sulle…penne, apre la serie di suggerimenti per la calza della befana 2022. L’albo è pensato per bambini dai 6 ai 10 anni ed è un’opera a metà tra un’enciclopedia e un libro d’arte su uccelli e penne. Ora vi racconto cosa ne penso.

Dopo l’uovo, la penna

Britta Teckentrup è già conosciuta per il suo bestseller L’uovo, nel quale l’autrice guarda con il suo occhio di artista un oggetto semplice eppure molto complesso. La penna è uscito nel 2022 e ricalca lo stesso stile: è sempre un libro illustrato divulgativo e, insieme, un viaggio nella varietà e nello splendore del regno animale. L’autrice si muove, quindi, sulla falsariga del suo lavoro precedente, rendendo più accesi i colori delle illustrazioni, pur rispettando la delicatezza del tratto.

Per bimbi curiosi

La penna di Britta Teckentrup è un libro adatto a bimbi curiosi, che vogliono esplorare il mondo naturale partendo dall’osservazione di piccoli elementi. Lo immagino come un punto di partenza per un’esplorazione sul campo. Dopo aver letto quanti e quali voli esistano in natura, perché non affacciarsi all’aperto per osservare che tipo di volo amano i passeri? O i piccioni? O i gabbiani? O qualsiasi uccello passi sopra le nostre teste? E l’aereo, come vola?

Una penna per scrivere o per andare sulla Luna

Questo è solo uno spunto per utilizzare questa mini enciclopedia sulle penne di Britta Teckentrup. L’autrice ci parla anche di come gli esseri umani, che da sempre vorrebbero avere le ali, utilizzano le penne dei volatili, come già ci avevano mostrato i disegni di Leonardo sulle macchine volanti (richiamati nel libro). Perché non costruire una bella penna per scrivere? O per verificare la teoria di Galileo sulla velocità senza resistenza dell’aria sulla Luna per aspiranti astronauti?

Come fa la Befana a volare?

Insomma, un testo da cui partire per sviluppare la fantasia. E’ sempre possibile limitarsi ai bei disegni illustrativi e ai testi didascalici che li accompagnano, ma temo che in quel caso rischi di non piacere ai piccoli esploratori. I quali potrebbero sempre chiedervi: come fa la Befana a volare senza penne? Preparate una risposta convincente! 🙂

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Natale, New York, Henry Kane e i gioielli rubati

Henry Kane è uno di quegli autori anni ’50 specializzati in hard boiled e riscoperti da queste serie di gialli che per fortuna li fanno conoscere anche a noi. Penna brillante e ironica, un protagonista sagace e una sfilza di belle donne che gli girano intorno. Metteteci New York, la neve, la sera di Natale e l’atmosfera giusta è servita. Mancano giusto copertina e bicchiere in mano, ma a quello, caro lettore, devi pensare da solo. E poi mettiti comodo a gustare questa bella lettura. Magari in buona compagnia, come il nostro Peter Chambers.

Trama

Peter Chambers, l’investigatore privato con un debole (ricambiato) per le belle donne, non può resistere alla richiesta della sua affascinante collega Gene Tiny di occuparsi di una piccola faccenda al posto suo. La detective era stata assunta dal gangster Barney Bernandino perché gli procurasse un misterioso incontro “d’affari” con Sheldon Talbot, uno scienziato che si supponeva fosse morto tempo prima in un incidente e che invece vive sotto falso nome. Ma la vigilia di Natale, subito prima di quell’appuntamento, Gene Tiny è stata arrestata per guida in stato d’ebbrezza e si rivolge a Chambers affinché mantenga i contatti con i due uomini fino all’udienza per il suo rilascio. In fondo si tratta di un incarico poco impegnativo, ben remunerato e da sbrigare in poche ore, ma… Appena l’investigatore mette piede nell’appartamento dello scienziato, scopre che il finto morto stavolta è morto per davvero e si trova implicato in una vicenda che ruota intorno ad antichi gioielli rubati. 

La faccenda scotta 

Gene Tiny era davvero straordinaria, ed era la vigilia di Natale, ed eravamo soli nel mio appartamento, vicini e comodi, con la neve che si accumulava sul davanzale, e il parco tutto bianco e la stanza silenziosa e tranquilla, e quel non so che, che mi bolliva dentro…” non crea un’atmosfera fantastica? Peccato che “Eravamo insieme e immischiati entrambi in una faccenda che s’inquadrava con un morto dalla barba rosso vino, un mucchio di gioielli e l’amara delusione per la perdita di un guadagno di venticinquemila dollari“. Gli elementi ci sono tutti e Henry Kane li riassume quando la storia dei gioielli comincia a scottare. E non solo quella…

Henry Kane, ironia e immagini efficaci

La storia è godibile, gli elementi per divertirsi ci sono tutti e la scrittura di Henry Kane è ricca di immagini efficaci. Sembra proprio di essere lì, a New York, sotto la neve, a indagare con l’investigatore privato. E’ anche ironico, il che non guasta: “Il povero caro non era più lui. O aveva proprio bisogno di dormire come si deve, o aveva bisogno di uno psichiatra. Il sonno costava meno. Tornai a dormire“. Se avessi un caminetto, è questa l’immagine del lettore tipo che mi salterebbe in testa, sdraiato sul divano vicino al fuoco a cercare di districarsi tra tutti i possibili colpevoli. Chi avrà ucciso barba rosso vino? Se state attenti ai passaggi, lo capirete prima della fine. Dovrete però fare molta attenzione, perché quel furbetto di Henry Kane tenterà in tutti i modi di sviarvi, facendo girare a vuoto Pete Chambers come se non sapesse dove andare a parare. Invece lo sa bene, oh se lo sa! Ma se voi siete giallisti esperti, riderete sotto la barba rosso vino. Se non lo siete, vi divertirete un mondo.

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Chi sono i traditori di tutti di Scerbanenco?

“Vi prego, non fraintendetemi. Le donne sono splendide creature. Possono fare tutto quello che fanno gli uomini, e molte cose anche meglio. Certe donne. Altre no. Sono imparziale; ma non voglio cadere nella trappola più vecchia del mondo: quella di commettere la parzialità di essere imparziale. Magari a proposito del modo di guidare una macchina. Gene Tiny al volante di una carretta mi dava le palpitazioni. Non riuscivo a sopportarlo. Ero troppo stanco e avevo bisogno di pace. Guidai io”.