Tutti gli articoli di Liza M. Jones

Sono contrario alle emozioni – Diego De Silva

Sono contrario alle emozioni, terzo volume della saga Malinconico di Diego De Silva. Stavolta, il nostro avvocato si ripiega su se stesso, sulle sue emozioni, alle quali dice di essere contrario. Lasciando da parte la vivacità che aveva caratterizzato le prime due storie di Malinconico. Quasi un interludio, più che una prosecuzione delle vicende dell’avvocato. Tanto da far esclamare al lettore: che fine ha fatto Malinconico?

Trama

Quando Malinconico fa l’avvocato di se stesso si difende come può, ubriacandosi di domande e avvalendosi della facoltà di non rispondere. Formula teoremi, aforismi, variazioni sul tema dell’amore, dell’emotività e dei sentimenti; improvvisi interrogativi su parole che a un tratto perdono di senso; recensioni estemporanee di vecchie canzoni, di strani film, di eventi e persone. Nei suoi tentativi di analisi fai da te per ricomporre il senso di una storia finita, Vincenzo nasconde se stesso e il suo problema, per parlarci della sua visione del mondo. 

Che fine ha fatto Malinconico?

Non so come interpretare questo romanzo di Diego De Silva. Esilarante a tratti, e per questo tutto sommato godibile. Però, però…dove avete nascosto Malinconico? Che ne è stato delle sue vicende amorose, qui solo accennate? E la suocera, si è ripresa? I figli, Nives, che fine hanno fatto?
Insomma, avrebbero dovuto chiarire in copertina che si trattava di un interludio, piacevole, ma niente a che vedere con i due precedenti. Anche perché più che l’avvocato Malinconico, durante lo scorrere delle pagine sembra di ascoltare un soliloquio dell’autore, Diego De Silva. E’ la sua visione del mondo che leggiamo, le canzonette che a lui piacciono e di cui vuole parlare, le vicende della sua vita che rilegge in chiave ironica. Non quelle di Malinconico, che di fatto c’è solo nel titolo. Viene quasi il sospetto che la saga dell’avvocato sia finita al secondo romanzo e nessuno ha il coraggio di dircelo?

Voi avete letto questa serie? Che ne pensate? Quale dei libri vi è piaciuto di più?

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Elizabeth George e un Agguato sull’isola

Elizabeth George è uno di quei casi in cui sarebbe meglio non farsi fuorviare troppo dalle entusiastiche recensioni costruite in anni di eccellente carriera. Perché il mio primo approccio con lei si è rivelato non felicissimo. Venite che vi racconto.

Trama

È una nebbiosa mattina di dicembre quando, su una spiaggia nell’isola di Guernsey, viene ritrovato il cadavere di Guy Brouard, ricco uomo d’affari e benefattore della comunità. La polizia ferma China River, una fotografa californiana arrivata da poco sull’isola con suo fratello Cherokee per consegnare dei progetti architettonici a Brouard. China chiede aiuto all’amica di un tempo, Deborah, moglie di Simon St. James, esperto della Scientifica. Nella loro indagine privata, i St. James scaveranno nei segreti degli isolani, alla ricerca del colpevole…

Niente ispettore Linley

Mi accingo un po’ titubante a commentare questo romanzo, che purtroppo si è rivelato una grandissima delusione. Dopo aver sentito parlare dell’autrice in termini lusinghieri, ho scelto di iniziare a conoscerla con un libro che non appartenesse alla serie dell’ispettore Linley, con cui ha raggiunto la notorietà.

Trama esile

Mai scelta si  rivelata meno azzeccata. Il romanzo è scialbo, noioso, scontato. La trama esile, inconsistente. Pagine e pagine colme dei pensieri contorti degli innumerevoli personaggi, protagonisti senza spessore, a tratti quasi infantili, soprattutto Deborah.

Auto challenge 

Confesso, l’ho terminato solo per il mio auto challenge di novembre. Altrimenti l’avrei abbandonato senza neanche arrivare a metà. Mi dispiace molto, ero convinta che Elizabeth George potesse almeno avvicinarsi alla mia amatissima Agatha Christie, ma siamo lontani anni luce! Mi fermo qui per non spoilerare e rovinare la lettura a chi la pensa diversamente e ama i suoi thriller. Su Goodreads darò qualche particolare in più.

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Il segreto della bambina sulla scogliera – Lucinda Riley

E’ il primo romanzo di Lucinda Riley che leggo e l’ho scelto perché sono stata attratta dall’ambientazione irlandese, sempre piacevole per me, e dal mistero che aleggia sulla figura di questa bambina. E poi preferivo partire da un romanzo singolo piuttosto che dalla serie che la sta rendendo famosa, la saga de Le sette sorelle. Ma, ahimè, dovrò fare un altro tentativo con questa scrittrice…

Trama 

Mentre la tempesta infuria sulle coste di Dunworley Bay, Irlanda, una bambina a piedi scalzi è immobile sull’orlo di una scogliera a picco sul mare. Ipnotizzata di fronte a quella strana apparizione, Grania Ryan, una scultrice di successo appena tornata da New York per riprendersi da un brutto trauma, scoprirà ben presto di non aver sognato. Sua madre Kathleen non ha alcun dubbio: la piccola è Aurora Lisle, che ha perso la mamma in circostanze drammatiche proprio in quel luogo. Grania è irresistibilmente attratta dall’incredibile vitalità di Aurora e non può fare a meno di affezionarsi a lei e a suo padre. Ma per quale motivo sua madre non riesce a nascondere la propria ostilità nei confronti dei Lisle? La risposta potrebbe celarsi in un plico di lettere gelosamente custodite da Kathleen.

Più una favola che un romanzo d’amore e mistero

Il romanzo di Lucinda Riley si riscatta nel finale, ma direi che somiglia più a una favola che a un romanzo d’amore e mistero. L’ambientazione irlandese è sempre suggestiva, quindi su questo non mi ero sbagliata in fase di scelta. A patto, però, di sorvolare sulle tante incoerenze disseminate ovunque. E, soprattutto, sulle continue coincidenze, che alla lunga finiscono per annoiare il lettore tanto risultano incredibili. Infine, mi perdonerete questa chiusura personale, ma solo Patrick Swayze può permettersi di rispondere “idem” a una dichiarazione d’amore. A meno che l’omaggio non sia chiaramente espresso. 

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Brema, L’ultima bracciata – Francesco Zarzana

Un documentario su RaiStoria mi ha fatto riprendere in mano questo libro sulla tragedia di Brema.  Libro che ogni tanto riapro per guardare le loro foto. E piangere.

Brema 28/01/1966. L’Italia sta cantando le canzoni del Festival di Sanremo, quando arriva una notizia spaventosa. E’ caduto un aereo della Lufthansa a Brema. Brema? I nostri nuotatori stavano andando lì, insieme all’allenatore e a un cronista Rai. Non è il loro aereo, vero?

Nessun sopravvissuto

Un’intera generazione di giovani atleti spazzata via in un attimo.

Francesco Zarzana ne L’ultima bracciata ripercorre quei terribili momenti, ci racconta chi erano quei ragazzi, quali sogni avevano, cosa avevano già vinto e quali traguardi avrebbero potuto raggiungere se all’ultimo minuto la Federazione non avesse deciso di prendere l’aereo per farli arrivare riposati alla gara internazionale che si sarebbe tenuta a in Germania, a Brema appunto, una tappa importante della stagione.

Amedeo, Bruno, Carmen, Chiaffredo, Daniela, Luciana, Sergio, hanno i volti sorridenti e gli occhi luminosi della loro età. Li vedremo sempre così, in eterno, perché non hanno potuto diventare vecchi e guardare in tv gli atleti arrivati dopo di loro. E Nico, Paolo, il giornalista e l’allenatore che li accompagnava, gente che credeva nel nuoto e che li aveva visti crescere e diventare forti, fortissimi, tanto da poter competere coi grandi a livello europeo.

Atleti veri

Un libro e una vicenda che assumono per me un significato particolare. Noi giovani nuotatori siamo tutti cresciuti nel loro ricordo e ho avuto la fortuna di conoscere personalmente la mamma di uno di loro, Bruno Bianchi. Un’anziana signora, o almeno a me così sembrava all’epoca, che partecipava alle nostre gare di bambini e che ci incitava a fare del nostro meglio. Perché il nuoto, e lo sport in generale, è proprio questo: una disciplina che insegna a sacrificarsi, a lottare ad armi pari, facendo del proprio meglio per mettere la mano davanti, e a stringere la mano di quello che l’ha messa davanti in caso di sconfitta. Come aveva fatto il figlio Bruno, che lavorava come operaio alla Fiat e che oltre agli allenamenti trovava anche il tempo per frequentare l’università. Uno scenario un po’ di diverso da quello delle stelle dello spettacolo che vediamo oggi in tv, no?

Una lettura triste, commovente e intensa allo stesso tempo, da affrontare col fazzoletto in mano. Il sottotitolo recita: “Brema, 1966: la tragedia dimenticata della Nazionale di nuoto”.

Io cambierei il sottotitolo in “La tragedia Indimenticata (e indimenticabile)“.

***

Dal libro “L’ultima bracciata”

Dino Buzzati “I puri”

“…quando a Superga si fracassò l’aereo che portava la squadra del Torino, l’impressione fu enorme. Erano i più forti calciatori d’Italia.
Questi qui di Brema fanno più pena e più pietà.
De Gregorio, Bianchi, Rora, Chimisso, la Massenzi, la Longo e la Samuele non erano famosi, anche se erano i più bravi. Chi in Italia si interessa di nuoto? Abbiamo il mare da tutte le parti, ma semplicemente tenersi a galla è una specie di rarità. Non erano famosi e neanche ricchi. Anche se avessero vinto tutte le gare non avrebbero guadagnato un soldo. Erano i puri, gli asceti dello sport, i candidi e generosi, con la faccia ancora da bambini. Niente divertimenti e baldorie come tutti gli altri ragazzi. Ma disciplina, dieta, esercizi, fatica. Con in fondo il miraggio di una gloria minuscola che sarebbe durata ventiquattrore nella migliore delle ipotesi…”

Francesco Zarzana – L’ultima bracciata

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Il nuoto per master e amatori, di Fabio Bettazzoni

“Grossoni” con esubero e spezie

Di una semplicità disarmante. Finora, non ho trovato ricetta migliore per smaltire gli esuberi mostruosi che mi ritrovo ogni volta che salto una panificazione con mother. Lei si offende, blobba e a me dispiace sprecare cibo. E’ mio dovere avvisarvi: questi “grossoni” vanno via in un nanosecondo.

Ingredienti (per circa 15 grossoni):

  • pasta madre, 350 gr
  • acqua, 35 gr
  • olio evo, 30 gr
  • farina di semola di grano duro rimacinata, 175 gr
  • spezie e aromi vari (curcuma, origano, timo, rosmarino, …)
  • sale, 1 pizzico

Procedimento: 

In img_5284una ciotola sciogliete la pasta madre con l’acqua e l’olio finché è tutta liquida. Aggiungere le spezie e la farina e mescolare. Alla fine, aggiungete un pizzico di sale. Passate sulla spianatoia e lavorate l’impasto brevemente, finché lo vedete diventare liscio e omogeneo. Formate una palla e lasciatela riposare per 5 minuti. Riprendete l’impasto e con una spatola o un coltello tagliatelo a fette spesse.

 

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Dividete ogni fetta in due e arrotolatela con entrambe le mani. Deve diventare molto lunga e fina.

Poi utilizzate il punto mediano del filoncino come capo della treccia e intrecciate i due fili fino all’estremità. Accendete il forno a 210°.
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Adagiate i grossoni su una teglia e infornate per 15 minuti, se volete che restino morbidi. In cottura tenderanno a gonfiarsi e diventeranno giganti, da qui il nome che ho dato loro. Se il grado di cottura non vi soddisfa, rimettete in forno per qualche altro minuto.

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Note: 

  • suggerimento di presentazione. Prendete una tazza grande, rivestitela con un tovagliolo di carta colorato e adagiateli in piedi, perché gli ospiti possano sfilarli dal mucchio. Più ne fate e più sembreranno tante spighe di grano;
  • potete utilizzare le spezie e gli aromi che volete, provando diversi abbinamenti;
  • essendoci olio e spezie, mi sono limitata a un pizzico di sale. Se vi piacciono più salati, ma io vi consiglio di limitarne l’uso il più possibile, aggiungetene qualche grammo;
  • se non usate la pasta madre, usate i convertitori online per bilanciare gli ingredienti con il lievito che usate.

Altre ricette:

Ricette di lievitati