Il viaggio letterario sta finendo. L’ultima mattina, al John Bartleycorn di Goring, ci aspetta una colazione pantagruelica e una conversazione vivace con i nostri vicini di tavolo, che incuriositi dalla presenza di stranieri sono meno reticenti dei padroni di casa a chiederci cosa ci facciamo da queste parti. Noi ci limitiamo a rispondere che siamo di passaggio prima di tornare a casa. Loro vengono dal nord dell’Inghilterra e fanno trekking, infatti all’inizio ci avevano scambiato per camminatori. Noi ridiamo e ribattiamo che no, in teoria non facciamo trekking, ma che le scogliere della Cornovaglia ci hanno obbligato a macinare chilometri. Alla parola Cornovaglia la signora si fa sognante, mi dice che c’è stata una volta sola ma che vorrebbe tanto tornarci. Io sono appena andata via e la penso esattamente come lei. Subito dopo, però, la sorridente signora inglese raffredda i miei entusiasmi per la tavola rotonda e Camelot, liquidando Winchester in una battuta: “ah, sì, in tutta l’Inghilterra ci sono posti dove dicono di possedere quella vera, ma non è mai così”. Addio, Camelot, è stato bello illudersi per un giorno.
Prima di andare via, ci fermiamo a ringraziare il proprietario. Di buon mattino è loquace e ha voglia di fermarsi a fare due chiacchiere. Approfitto per chiedergli notizie da insider su George Michael. Sembriamo vecchi amici, io con gli avambracci poggiati sul bancone del bar mentre lui mi racconta che lo conosceva e che era una persona amabile, educata e gentile. Salutava tutti, soprattutto quando usciva a passeggiare lungo il fiume, ma in realtà nessuno nel villaggio può dire di averlo conosciuto davvero. Mi sembra sinceramente triste per quanto gli è accaduto e le sue parole rafforzano in me la convinzione che avesse scelto questo luogo remoto per essere lasciato in pace. E che quanto accaduto il giorno di Natale possa anche non essere casuale. Purtroppo, è tristemente vero che ai vivi rimangono solo le domande…
via Londra
Ora però è davvero tempo di andare via. Direzione, Londra. Complice una bella giornata e traffico scorrevole, arriviamo in aeroporto prestissimo. Dall’autostrada, i segnali che indicano Heathrow ci guidano senza sforzo e addirittura a un certo punto appare la corsia riservata a chi deve lasciare la macchina a noleggio. Perfetto. La macchina è un po’ infangata, ma non c’è neanche un graffio. Un pulmino ci porta al terminal giusto per il nostro volo, fanno tutto loro. Fantastico, staccare il cervello qui si può. Entrati nel terminal, ci guardiamo ed è un attimo. Il volo è tra qualche ora, la fermata della metropolitana è nel terminal, la macchinetta automatica per i biglietti pure…Pink Floyd, arriviamo!
Pink Floyd Exhibition
Al Victoria & Albert Museum è in corso la mostra Pink Floyd: Their Mortal Remains, la loro anima rimane. Arrivare è semplicissimo, la fermata della metropolitana e l’entrata del museo sono separate da un tunnel. La fila c’è ma e quasi ora di pranzo di un giorno feriale, quindi fattibile. Esauriti i convenevoli, ci fanno entrare dotando ognuno di una cuffia. Il percorso, infatti, è sensoriale, visivo, acustico e tattile. Ci tuffiamo in un mondo ovattato, dove centinaia d persone si aggirano per le sale in silenzio, mentre si attivano al passaggio video e canzoni, che insieme a testi originali, fotografie e strumenti musicali ripercorrono le tappe principali del percorso artistico e musicale della band, dagli esordi negli anni ’60 fino allo scioglimento. Anche se li seguo da una vita, è stato interessante cogliere alcuni dettagli che non conoscevo o conoscevo poco, soprattutto per quanto riguarda il loro incontro nella facoltà di architettura, l’influenza dei loro studi sulle scenografie dei concerti, che curavano personalmente, o la sperimentazione tecnica sui suoni, oppure quanto fossero diversi dagli altri artisti emergenti perché provenivano da una classe sociale elevata e puntavano sulla raffinatezza dei testi e dei suoni fin dall’esordio. Mi sono anche divertita a giocare con il mixer sulle note di “Money“, ma ho capito solo ripassando lì davanti che l’impianto è collegato alle cuffie e quindi chi si diverte con il mixer fa sentire la sua versione a chi passa lì vicino! Spero tanto di non aver massacrato orecchie sensibili! La fine della mostra, poi, è grandiosa. In una sala circolare, puoi sdraiarti, metterti seduto o rimanere semplicemente in piedi a gustarti loro, che dai video a tutta parete suonano dal vivo, immerso chiaramente in luci psichedeliche.
This is the end
Riuscite a immaginare finale diverso e migliore per questo straordinario viaggio letterario? Se potessi, lo rifarei mille e mille volte e chissà che non sia possibile tornare davvero sulle scogliere ventose, in compagnia di un orizzonte sterminato e delle profondità dell’anima. Perché mentre andavo Sulle tracce delle grandi scrittrici, l’ho afferrata e le ho raccontato qualcosa di me. Lei già sapeva, ma mi ha ascoltato paziente, pronta a mettere in valigia percezioni e turbamenti prima di riprendere il viaggio.
p.s.
Spero che questa lunga narrazione vi sia piaciuta e vi abbia tenuto compagnia. Se vi ho incuriosito e state pensando di organizzare un viaggio in queste terre meravigliose, scrivetemi nei commenti e sarò felice di rispondere a tutte le curiosità.
Intanto, finisco in dolcezza anticipando il titolo del prossimo Diario di bordo:
A presto!