Pensate che l’unico buco della serratura da cui spiare Roma sia sull’Aventino? Inauguro oggi la nuova rubrica Romancè segreta per romancèrs curiosi. Questo è il primo contributo: due sentieri in piena città, per farvi scoprire o riscoprire la capitale da una prospettiva diversa. Soprattutto perché tra illusioni ottiche e uditive vedrete Roma come non l’avete mai vista! Quindi, allacciamo le scarpe e partiamo. Oggi andiamo alla scoperta di Farnesina e Monte Mario, due trafficatissimi colli della parte nord di Roma, conosciuti più per la presenza del Ministero degli Esteri, stadio e osservatorio astronomico che per l’aspetto naturalistico e storico. In realtà, in passato erano un crocevia molto frequentato e anche ora, inerpicandosi all’interno, è possibile quasi sentire i passi degli antenati. Che non sarebbero contentissimi di come li gestiamo, ma questo ve lo racconto all’interno.
Sentiero Colli della Farnesina
Gli ingressi sono due: si può entrare da via dei Colli della Farnesina, come ho fatto io, o da via dei Casali di Santo Spirito, accanto al cimitero militare francese. Il percorso è ad anello, quindi sostanzialmente non cambia nulla, dipende solo da quale giro preferite fare. Entrando da via dei Colli della Farnesina, il primo pezzo è in salita e vi consiglio di fare attenzione. Il parco, infatti, è ciclabile con mountain bike e la strada è stretta, quindi è facile incontrare dei pazzi lanciati a tutta birra che non prendono in considerazione gente che sale a piedi. C’è da dire che il parco non è frequentatissimo, almeno in determinati orari, quindi è probabile che la maggior parte delle volte i ciclisti riescano a fare i loro allenamenti senza incontrare anima viva. E anche che le guide dicono di fare il giro in senso orario, ma io non le ho lette e ovviamente l’ho fatto in senso antiorario 😉
Cimitero militare dei Francesi
Orario o antiorario che sia, mi sono ritrovata dentro un bosco, che finisce in via dei Casali di Santo Spirito, davanti al Cimitero militare dei Francesi. Il cimitero era chiuso, ma anche da fuori è possibile avere una prospettiva del luogo in cui riposano 1888 militari deceduti tra il 1943 e il 1944 in guerra. Un altro monumento dedicato ai soldati francesi caduti in battaglia, stavolta contro la Repubblica Romana del 1849, si trova al Gianicolo.
Lo Stadio Olimpico
Accanto al cimitero, parte il secondo pezzo di sentiero, quello che porta a una specie di terrazzo panoramico, allestito con panchine spartane, presumo dai frequentatori, essenzialmente padroni dei cani che qui circolano liberamente. Da qui, il panorama comprende lo Stadio Olimpico, il Foro italico e il Tevere dal centro alla sinistra e Monte Mario con Villa Madama a destra. Qui è fantastica l’illusione ottica, perché Stadio e Foro Italico sembrano vicinissimi e molto grandi, quando in realtà sono abbastanza distanti! Prima che costruissero la copertura dell’Olimpico, infatti, i tifosi senza biglietto si radunavano qui per seguire la squadra del cuore anche da lontano.
Il rientro
Il giro sostanzialmente finisce qui, a meno che non vogliate allungare verso la Valle di Farneto, dove io però non sono arrivata. Non resta che tornare indietro e ripercorrere l’anello in direzione contraria. Verso la fine, un’altra sorpresa “illusionistica”, stavolta uditiva. Alla fine dell’anello, proprio nei pressi del cancello di via dei Colli della Farnesina, il frastuono delle macchine che percorrono la trafficata Tangenziale est sottostante, mi dicono che sono arrivata. Ma girando per l’ultima discesa prima dell’uscita, miracolosamente i rumori cessano e torna il silenzio del bosco!
Riserva di Monte Mario: la collina dell’osservatorio
Questo percorso è di circa 1 chilometro e dura 40 minuti. È possibile entrare da Viale del Parco Mellini o da piazzale Maresciallo Giardino, come ho fatto io. Il sentiero della riserva di Monte Mario è percorribile tutto l’anno, perché rispetto all’altro è meno “selvaggio” e quasi tutto asfaltato, ma salite e discese sono ripide, perché raggiunge i 139 metri di altezza. Anche se viene chiamato Monte, è in realtà un colle, che al tempo degli antichi romani ospitava le ville residenziali di poeti e nobili, che qui trovavano refrigerio dall’umidità del fiume sottostante. Era anche attraversato dagli eserciti di ritorno dalle campagne militari. La stessa strada che più tardi percorsero i pellegrini che si recavano a Roma, perché questo è di fatto l’ultimo tratto della via Francigena, con l’arrivo a San Pietro.
Tornanti e scalette
Entrando ci sono due possibilità: o affrontare i tornanti, o abbreviare salendo le scalette che portano in cima. Dipende dal tempo che avete: io ho fatto i tornanti all’andata e mi sono affrettata per le scalette al rientro, perché i cartelli di avviso del pericolo cinghiali e il buio incombente mi hanno spinto ad accelerare il passo! Comunque di cinghiali, o altri animali, neanche l’ombra. Anche se il sito viene segnalato per le caratteristiche uniche del territorio e per la sua particolare flora e fauna. Sembra, infatti, che Monte Mario custodisca tracce di epoca preistorica e quindi segni di insediamenti umani fino all’epoca romana, dove svolse ruolo di avamposto commerciale. Diventato terra di coltivazione nel medioevo, durante il Rinascimento è oggetto di diversi interventi edilizi, fino al quasi abbandono dei giorni nostri.
Villa Mazzanti
Fu costruita alla fine del XIX secolo dall’ingegnere Luigi Mazzanti su un preesistente edificio appartenuto alla famiglia Barberini. Espropriata nel 1967, è diventata parco pubblico di quartiere. Originariamente, il parco della villa si estendeva fino a viale Angelico, dove c’era un vivaio, Piazzale Maresciallo Giardino e via Gomenizza, dove c’era una zona coltivata a orto. Lo stile è quello di un parco all’inglese con roccaglie, ripidi vialetti e fontane rustiche a scogliera di tufo. Quando fu costruita, c’era la moda di imitare le ville storiche nobiliari e questo è chiaramente visibile fin dagli esterni. Da un punto di vista architettonico, infatti, la villa non è grandissima ma fonde elementi dell’architettura rinascimentale e classica con temi fantasiosi, simbolici o dal sapore esotico. Una bella copia, insomma.
Villa Mellini
Si trova quasi alla sommità del parco ed è una delle poche ville quattrocentesche superstiti. Fu fatta costruire dal cancelliere perpetuo del Comune Mario Mellini durante il pontificato di Sisto IV (1471-1484). Sembra che Wolfgang Goethe amasse passeggiare nel parco Mellini e descriverne le bellezze naturali. Come Wordsworth, che gli dedicò il sonetto “The Pine of Monte Mario at Rome”:
I saw far off the dark top of a Pine
Look like a cloud—a slender stem the tie
That bound it to its native earth—poised high
‘Mid evening hues, along the horizon line,
Striving in peace each other to outshine.
But when I learned the Tree was living there,
Saved from the sordid axe by Beaumont’s care,
Oh, what a gush of tenderness was mine!
The rescued Pine-tree, with its sky so bright
And cloud-like beauty, rich in thoughts of home,
Death-parted friends, and days too swift in flight,
Supplanted the whole majesty of Rome
(Then first apparent from the Pincian Height)
Crowned with St Peter’s everlasting Dome.
I pini domestici e la vista su Roma dovevano piacere moltissimo agli artisti, se anche William Turner fece un disegno intitolato “Stone Pines on Monte Mario, with a View of Rome from near the Villa Mellini”.
Nel 1935 la villa divenne sede dell’Osservatorio Astronomico di Monte Mario e del Museo Astronomico e Copernicano: il primo comprende due cupole principali dove si trovano gli equatoriali per l’osservazione degli astri e una Torre Solare entrata in funzione nel 1958. L’Osservatorio è rimasto in funzione fino al 2000, poi l’attività di osservazione si è trasferita a Monte Porzio Catone. Oggi, è sede della dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
La Terrazza dello Zodiaco e il Vialetto degli innamorati
Questo è il mio grande dispiacere. Avrebbe dovuto essere il punto d’arrivo della camminata, quello più romantico, al tramonto, mentre le luci si abbassavano su una vista spettacolare. E invece, la vista spettacolare più o meno c’è, ma che peccato vedere incuria e abbandono dove un tempo c’erano vita e coccole! Il ristorante Lo Zodiaco, famosissimo, e il bar adiacente sono infatti chiusi da due anni per fallimento e, da allora, tra crollo alberi e mancata manutenzione, direi che di romantico è rimasto ben poco. Vale comunque la pena di arrivare fin quassù per il panorama che si apre sul Tevere, quando le luci della città si abbassano e restano quelle di lampioni, macchine e case. Il momento è sicuramente suggestivo e so che vi piacerà. Attenzione però! Sbrigatevi a scendere prima che faccia buio per tornare indietro, perché quando calano le luci il parco diventa la casa dei cinghiali!
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