Zwetschkenröster, come fare la composta di prugne tradizionale viennese

Zwetschkenröster, in senso letterale prugne arrostite, o composta di prugne come è in realtà, è un nome che probabilmente non vi dice niente. Ma se avete assaggiato almeno una volta il Kaiserschmarrn viennese, cioè Il casino del Re in gergo, allora sapete che è fondamentale per la buona riuscita di questo casino così delizioso. Venite che vi racconto come si fa, è semplicissima, vedrete. Se volete andare direttamente alla videoricetta, cliccate qui.

E se non avete mai assaggiato il Kaiserschmarrn, bè, chi sono io per non dirvi di provare la mia ricetta semplificata?

Ingredienti per una porzione di Kaiserschmarrn

  • prugne, 250 gr.
  • zucchero di canna, 2 cucchiai
  • cannella, una stecca
  • vaniglia, una stecca

Procedimento

La Zwetschkenröster si fa velocemente in questo modo. Togliete il torsolo alle prugne e tagliatele grossolanamente a pezzi. Mettetele in una pentola con la stecca di vaniglia e quella di cannella, lo zucchero e un sorso d’acqua. Fate bollire  a temperatura media, mescolando di tanto in tanto. Per questa quantità basteranno 30 minuti. Regolatevi secondo aspetto e consistenza. E’ pronta quando assume un colore rosso prugna, appunto, e la salsa rimane sul mestolo invece di scivolare via. La composta è pronta. Fate raffreddare e servite con il Kaiserschmarrn caldo. E ditemi se: 

  1. non è divina anche da sola;
  2. la sua asprezza non si sposta divinamente con la dolcezza del Kaiserschmarrn.

Note: 

  • la quantità indicata si riferisce a una porzione per quattro persone di Kaiserschmarrn.  Se avete un albero di prugne e volete conservarla per l’inverno, aumentate il tempo di cottura, la dose di zucchero, sterilizzate dei vasetti e conservatela in luogo fresco, fino a quattro mesi;
  • in aggiunta a vaniglia e cannella, potete usare scorza e succo di limone, se li trovate senza pesticidi;
  • la dose di zucchero è pensata per lasciare il gusto asprigno della frutta. Se vi piace più dolce, o meno dolce, mettetete una piccola quantità e assaggiate, ricordando che la frutta durante la cottura rilascerà i suoi zuccheri. Non esagerate.

Che dite? Vi va di provarla? Fatemi sapere nei commenti com’è venuta!

Leggi anche: 

Ricette tradizionali dal mondo

 

 

Non è stagione, Rocco, eppure nevica

Non è stagione, eppure nevica. Non è Roma, Rocco, eppure  qualcuno l’ama. Non è Marina, eppure…Non è un incidente, né un allontanamento volontario. E’ la terza avventura di Rocco Schiavone, il fortunato personaggio creato da Antonio Manzini. Stavolta, le cose si complicano. Venite che vi racconto.

Trama

Un camion con targa falsa e due disgraziati sopra finisce in un fosso. La questura indaga. I Berguet, ricca famiglia di industriali valdostani, hanno un segreto, Rocco Schiavone lo intuisce per caso. È scomparsa la figlia Chiara Berguet, studentessa molto popolare tra i coetanei. Inizia così per il vicequestore una partita giocata su più tavoli: scoprire cosa si cela dietro la facciata irreprensibile di un ambiente privilegiato, sfidare il tempo in una corsa per la vita, illuminare l’area grigia dove il racket e gli affari si incontrano. Intanto cade la neve ad Aosta, ed è maggio: un fuori stagione che nutre il malumore di Rocco. E come venuta da quell’umor nero, un’ombra lo insegue per colpirlo dove è più doloroso.

Scende la neve ed è silenzio

Non è stagione è il terzo romanzo di Antonio Manzini che leggo, dopo Pista nera e La costola di Adamo. Se il secondo mi aveva dato l’idea di un finale soprendente ma non convincente, stavolta la trama si fa più complessa. Temi e situazioni diverse si intrecciano, si torna a parlare meno dell’ispettore e più dei casi che si presentano in questura. La situazione sentimentale sembra sempre più impantanata e nel caos, quella lavorativa pure. Ecco che, allora, scende la neve, bianca e fresca, ad attutire il rumore della solitudine e dei rimorsi. Stavolta, quello che domina sono le coincidenze, che rischiano di far perdere la vita a qualcuno. Curioso, come l’ultimo libro di cui vi ho appena parlato.  E il malaffare, o l’avidità come volete chiamarlo, che ci sta seppellendo tutti. Ma non sotto la neve.

“Ogni volta che hai a che fare con questa gente, con questa merda, diventi merda anche tu. Sappilo. A poco a poco, sempre di più, e arriverà un giorno in cui ti guarderai allo specchio e dirai: ma chi è quest’uomo che ho davanti? E non c’entra la vecchiaia, Italo, io sto parlando di una cosa qui dentro. Muore ogni giorno con questo schifo. Con questo fango. Non ce la faccio più a buttarmi dentro ‘sta fogna”. 

Antonio Manzini chiude il caso, senza sbavature, e ci dà come antipasto una vista sulla prossima storia, con battute un po’ hollywoodiane, ma ci passiamo sopra. E, allora, che prossima storia sia. A presto con la quarta uscita, Era di maggio.

I romanzi di Rocco Schiavone, in ordine di uscita 

  • Pista nera (2013)
  • La costola di Adamo (2014)
  • Non è stagione (2015)
  • Era di maggio (2015)
  • 7-7-2007 (2016)
  • Pulvis et umbra (2017)
  • Fate il vostro gioco (2018)
  • Rien ne va plus (2019)
  • Ah l’amore l’amore (2020)
  • Vecchie conoscenze (2021)
  • Le ossa parlano (2022)
  • ELP (2023)
  • Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America? (2023)
  • Il passato è un morto senza cadavere (2024)

Patrizia Marzocchi e Le coincidenze necessarie

Patrizia Marzocchi e una dimostrazione in diretta delle coincidenze necessarie in cui crede la sua protagonista, Jolanda Marchegiani. Ho trovato questo romanzo a prezzo stracciato in un supermercato e l’ho preso, attirata dalla trama. Ma il nome dell’autrice mi diceva qualcosa: e infatti era lì, tra i miei contatti facebook, anche se credo non ci siamo mai parlate. Coincidenze? Forse. Necessarie? Sicuramente. Venite che vi racconto.

Trama

Jolanda Marchegiani è un’investigatrice sui generis: ha un’agenzia low cost e di solito indaga su fedifraghi, figli ribelli, inquilini inquietanti.
Quando viene chiamata per la scomparsa di un rappresentante di biancheria intima in un paese della Bassa di cui non sospettava l’esistenza capisce che si trova di fronte a qualcosa di inedito. L’intuizione è confermata dal fatto che nei paraggi è stata uccisa una dottoressa. Questo omicidio sembra collegato a quello di uno psichiatra, sul quale sta indagando lo sgradevole commissario Tommaso Pedroni a Bologna.
Come distinguere i nessi logici tra gli eventi dalle semplici coincidenze? 

Sulle tracce di…Agatha Christie

Dico subito che quello di Patrizia Marzocchi è un giallo ben architettato e ben costruito. In effetti, la premessa viene soddisfatta: non è stato facile distinguere i nessi logici e le semplici coincidenze. Questo perché Patrizia Marzocchi ha seminato indizi qui e là, buttato frasi per sviare l’attenzione, mandato in campo esperti e pivellini, per arrivare a una conclusione che così scontata non è.

Tesi tutta da dimostrare

O meglio, per gli amanti di Agatha Christie i colpevoli da un certo punto in poi sono abbastanza chiari. Cosa che era sicuramente nelle intenzioni dell’autrice, visto che a un certo punto è la stessa Jolanda a essere mezzo e messaggero degli elementi utili. Quello che è difficile, è dimostrare la tesi. La cosa più importante è che l’attenzione rimane fino alla fine, il finale non si perde, come ahimè spesso succede in questi casi, e tutti i personaggi sono funzionali alla riuscita, come un buon giallo deve essere. Quindi, lettura consigliata per chi vuole cimentarsi in un giallo cervellotico.

Sotto una coltre di nebbia

Eh sì, forse avrei dovuto dirvelo all’inizio: qui tra psichiatri, psicologi e detective in autoanalisi, c’è veramente da chiedersi se il male si nasconda davvero sotto il sole, come diceva il buon Hercule. O se, in fondo, sotto una coltre di nebbia si nascondano i pensieri più nascosti dell’umanità. L’unica cosa che spero dal profondo del cuore è che il povero Sassi non incontri mai Rocco Schiavone: alla prima parola su Roma finirebbe pure lui dritto dritto ad Aosta!

Leggi anche: 

Esmahan Aykol, Kati Hirschel e un omicidio all’Hotel Bosforo

 

Kit per fare la baguette, non ho resistito

A Parigi ho visto questo kit per fare la baguette e non ho resistito, l’ho comprato. Sì, lo so che vi ho già dato la ricetta della baguette, infatti non vi ridò la ricetta con tutti i passaggi e i tempi di lievitazione, ma solo il procedimento, che potrete replicare anche a casa. Vi faccio però vedere come funziona questo kit e come viene il pane. Venite che vi racconto. Se volete passare subito al video, eccolo qui.

Il kit 

Il kit per fare la baguette contiene: 

  • 1 busta di farina con lievito;
  • un foglio di carta forno; 
  • e ovviamente la ricetta.

Il procedimento

Insomma, definirla ricetta è un po’ azzardato. Diciamo che c’è il procedimento. Che è il seguente: aprire la busta e versare il contenuto in una ciotola. Lasciare da parte un cucchiao di miscela per la fase finale. Usare la stessa busta, ormai vuota, per riempirla d’acqua fino al punto indicato. Nel mio caso, ho poi scoperto che ne sarebbe servita un po’ di più. Aggiungere il sale e impastare per circa 5 minuti, fino a formare un panetto solido e liscio. La ricetta non lo diceva, ma io ho aggiunto due serie di pieghe intervallate da 30 minuti ciascuna. Al termine, assottigliare il panetto creando un rettangolo di circa 25×20 centimetri. Prendere un lembo e arrotolarlo. Poi, chiudere la baguette, con la chiusura rivolta verso il basso, nella carta forno in dotazione. Lasciar lievitare 1 ora. Al termine, anche qui la ricetta non lo diceva, ho aperto il pacchetto ed eseguito 3 tagli obliqui sulla parte superiore del pane. A questo punto, se non l’avessi dimenticato, avrei dovuto spolverare la superficie con la farina tenuta da parte. Ho richiuso il pacchetto e infornato, a 230° per circa 20-25 minuti, controllate verso la fine (la ricetta diceva 30 minuti).  A cottura ultimata, lasciare in forno spento per 5 minuti.

Et voilà les jeux sont faits! La vostra baguette è pronta per essere gustata. Io l’ho abbinata a una omelette e un bicchiere di vino. La felicità…

Che ne dite? Vi piace il kit per la baguette? Non vi ho ancora detto la cosa più importante, siate orgogliosi delle vostre creazioni, sempre! Anche quando utilizzate un kit pronto!

Notice_FRENCH_BAGUETTE_COLOR_V5_page-0001

Leggi anche:

La quiche lorraine che scalda l’anima 

Il video della baguette 

 

Omelette baveuse per sognare Parigi

Sedevano a un piccolo tavolo di ferro battuto, circondati da un minuscolo giardino all’inglese. L’aria era piacevolmente fresca. La cuoca, Marie, portò omelettes alle erbe fini,una baguette e un riesling ghiacchiato. Eve staccò un pezzetto di pane e lo spalmò di burro. 

Vi ho già parlato di Lorna Graham e del suo libro, La ragazza del Greenwich Village. Qui ripresento la ricetta dell’omelette baveuse, aggiornata e migliorata rispetto a quella che avevo preparato subito dopo aver letto il libro. Ricetta perfetta per un brunch, un picnic o un pranzo tra amici. Venite che vi spiego il procedimento. Se volete andare direttamente alla videoricetta, cliccate qui.

Ingredienti per una omelette grande:

  • 3 uova;
  • latte,  1/3 di bicchiere;
  • erbette fini, mix;
  • burro, una noce;
  • sale e pepe, q.b.

Procedimento per le omelettes

Per la base, rompete le uova in una ciotola e mescolatele pochissimo, quel tanto che basta per far amalgamare rossi e bianchi. Aggiungete un pizzico di sale, una spolverata di pepe e il mix di erbette (già pronto o composto da voi con un mix fresco di timo, maggiorana, dragoncello, basilico…o quello che avete). Fate sciogliere una noce di burro in una padella. Mi raccomando, una noce, io ho esagerato e il burro a mio parere si sentiva troppo.  Appena sfrigola, versateci il composto, facendolo cuocere qualche minuto.  Girate continuamente la padella, per rendere la cottura uniforme. Quando i bordi dell’omelette iniziano a staccarsi e l’interno è ancora liquido, alzate la padella dal fuoco e mescolate brevemente, per far rapprendere l’interno lasciandolo però umido, “baveuse” come direbbero più finemente i francesi. Piegate l’omelette a metà e servitela ben calda, accompagnata da una fragrante e appena sfornata baguette.

Note: 

  •  l’omelette è buona calda e appena spadellata.
  •  è già buona così, da sola. Se volete farcirla potete sbizzarrirvi: gli accompagnamenti più tipici sono con salumi e formaggi freschi (non mozzarella).