Lemon, di Kwon Yeo-Sun. Chi è l’assassino?

Kwon Yeo-Sun con Lemon dà vita a un giallo non giallo, nel senso che gli indizi per scoprire cosa sia successo alla povera Kim Hae-On ci sono. Ma non è questo che la scrittrice coreana vuole raccontarci veramente. No, quello che vuole metterci davanti è lo specchio dell’età adulta, in cui nessuno dei personaggi si riconosce più. Venite che vi racconto.

Trama

Kim Hae-On muore il giorno dopo la finale dei mondiali di calcio in Corea del Sud. Il suo corpo, vestito solo di un abito giallo, viene ritrovato in un parco. La polizia individua subito due sospetti tra i compagni di scuola: il rampollo Shin Jeong-Jun, sulla cui macchina la ragazza è stata vista salire la sera del delitto, e Han Ma-nu, che afferma di averla incrociata di ritorno da una consegna in motorino. Ma i due hanno un alibi e così il caso si chiude senza un colpevole. C’è però qualcuno che non si arrende. Qualcuno convinto che la soluzione si nasconda proprio nei segreti degli studenti. Qualcuno talmente sconvolto dalla morte della ragazza da modellare il volto e il fisico fino ad assomigliarle. Il suo nome è Da-On: Hae-On era sua sorella, e la sua ricerca non avrà termine fino a quando non avrà scoperto la verità.

La custode di mia sorella

Il contesto euforico dei mondiali di calcio in Corea del Sud nel 20o2, Kim Hae-On, Shin Jeong-Jun, Han Ma-nu, Tae-Rim e Sang-Hui sono tutti compagni di classe, alle prese con sentimenti assoluti di amicizia, rabbia, gelosia, che i festeggiamenti per l’evento sportivo amplificano. Il globo segue le dirette televisive calcistiche, mentre un gruppo di adolescenti continua a muoversi nel suo piccolo mondo. A seguire questo piccolo mondo in diretta c’è Dae-Hon, la sorella minore di Hae-Hon e, in un certo senso la sua custode. Custode con un rapporto di amore-odio verso la sorella, tanto che la morte della ragazza avrà sulla sua vita e sul suo futuro un impatto ancora più devastante.

Salt continui di spazio e tempo

In realtà, però, quella di Dae-Hon non è l’unica voce che sentiamo. Sono tre i punti di vista, non vi dico di chi per non rovinare la lettura, perché almeno su uno dei tre potreste avere dei dubbi. E va bene così, Kwon Yeo-Sun spariglia le carte con salti temporali e salti di voce, meccanismo che potrebbe mandare in leggera confusione chi legge. Per quanto mi riguarda, è forse l’aspetto che mi è piaciuto di più. Insieme all’analisi psicologica di Dae-On, della quale ho sentito tutta la sofferenza. Con una sorpresa finale.  

Più di un punto di domanda

Sugli altri, invece, rimaniamo in superficie. Troppo. Di alcuni non sappiamo quasi niente, anche se sarebbe fondamentale per capire il contesto in cui è avvenuto l’omicidio. E fare un’ipotesi che sia un po’ più che campata per aria. Perché alla fine Kwon Yeo-Sun ci lascia con più di un punto di domanda. Quello che questo romanzo centra veramente è la riflessione sull’impatto che la morte ha sulle nostre vite. A volte, semplicemente impedisce di andare avanti, soprattutto se il dolore e il trauma avvengono in età adolescenziale. Gli adulti all’epoca dei fatti da questa narrazione sono esclusi o quasi, eppure ancora ci sono. Perché?

Lasciamo stare Parasite

Libro che mi è piaciuto e che, secondo me, merita una seconda lettura di alcuni passaggi per cogliere gli indizi che Kwon Yeo-Sun sparge a piene mani. Libro che piacerà a chi frequenta il mondo asiatico, forse un po’ meno agli altri. Libro che, fossi un regista, prenderei in mano per farne un buon film, lasciando stare Parasite. Citato per marketing, ma completamente assente nelle dinamiche e nella storia.

Curiosità

Questo è il primo romanzo di Kwon Yeo-Sun tradotto per il mercato internazionale e nasce come un racconto, pubblicato nel 2016 con il titolo “You Do Not Know”. Con lo stesso titolo, il racconto è stato anche trasposto a teatro. 

Voi che mi dite? Conoscete quest’autrice? Vi piace?

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Altri romanzi coreani

Helmut Newton Legacy, nudi e vestiti in mostra

Spettacolare questa mostra del fotografo Helmut Newton, a Milano fino al 25 giugno. Non potevo aspettare che arrivasse a Roma e, quindi, ho fatto una piccola deviazione durante il viaggio nelle capitali della cultura Brescia e Bergamo per vederla. D’altra parte, sempre di cultura si tratta, no? Magari pop, come va di moda dividere il mondo oggi, ma se uno vuole imparare a fare arte, è dai grandi che deve imparare. Anche quelli pop. Venite che vi racconto cosa ho visto.

La mostra 

Promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Marsilio Arte, in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino, l’esposizione è curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti e ripercorre attraverso 250 fotografie, riviste, documenti e video l’intera carriera di uno dei fotografi più amati e discussi di tutti i tempi. Accanto alle immagini che tutti più o meno conosciamo o abbiamo visto almeno una volta nella vita, c’è anche una serie di scatti inediti, presentati per la prima volta in Italia, che svelano aspetti meno conosciuti dell’opera di Helmut Newton. Un focus specifico è stato dedicato ai servizi di moda più anticonvenzionali. Polaroid e provini fotografici permettono di comprendere il processo creativo che si cela dietro ad alcune delle sue foto più famose, oltre naturalmente a pubblicazioni speciali, materiali d’archivio e video del fotografo all’opera, che  consentono  di immergersi nel contesto unico nel quale era immerso. 

Capitoli cronologici

Il percorso è articolato in capitoli cronologici, che attraversa tutte le fasi ed evoluzioni della vita e della carriera di Newton, dagli esordi fino agli ultimi anni di produzione. Ho visto le collaborazioni con Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld degli anni Sessanta, la serie (forse la più famosa) “Naked and Dressed” del 1981, e le grandi commissioni degli anni Novanta, tra cui Chanel, Thierry Mugler, Yves Saint Laurent  e Wolford. Il materiale che ha lasciato è impressionante, basti considerare che ancora oggi è il fotografo più pubblicato. 

Cosa ne penso

Mi è piaciuta molto, mi sono immersa in un mondo dove gli influencer erano professionisti, lavoravano duramente per un prodotto iconico, perfetto in ogni dettaglio, da tramandare ai posteri. Niente era lasciato al caso, il rapporto tra occhio fotografico e soggetto era fondamentale per creare quel feeling unico che ancora oggi ci osserva dalle cornici appese. Forse incredulo per essere stato messo da parte. In particolare, vi consiglio di guardare il video che viene proiettato, con Helmut Newton all’opera. Inutile dire che gli scatti con Claudia Schiffer venivano immediatamente come lui voleva, si legge nello sguardo della super modella la capacità di calarsi immediatamente nella “parte” che le viene assegnata. Fantastica. Ovviamente, tutti o quasi sono passati dalla sua macchinetta: Gianni Versace, celebre il suo nudo, Ava Gardner, Charlotte Rampling, Catherine Deneuve, Romy Schneider, Raquel Welch, Sigourney Weaver, Margaret Thatcher, solo per fare qualche nome.

Donna degradata?

Helmut Newton è un fotografo che ha fatto discutere in vita e ha spaccato la critica in due: genio o misogino? Penso che una risposta precisa non ci sia, ma a giudicare dalla quantità di gente che si è prestata alla sua idea di ritratto, direi che tra adulti consenzienti i limiti possano anche essere esplorati. In ogni caso, la sezione nudo non rientra tra le mie preferite. Anzi. Corpi statuari e affascinanti, ma una certa freddezza che li rende respingenti. Forse, è proprio questo che voleva. La verità sulla sua concezione della donna, forse, è in uno scambio di vedute tra lui e la moglie, riportato in uno dei pannelli della mostra.

Liza featuring Helmut

Grazie a dei giochi di riflesso sui vetri delle cornici, mi sono divertita a combinare le immagini sul muro, dandogli un significato tutto mio. Che ve ne pare? Siate buoni, criticate ma con ironia! Hahaha!

Tour nei musei italiani ed europei

Se non riuscite a vederla a Milano, non disperate. Grazie agli accordi con la Helmut Newton Foundation, per la mostra è previsto un tour in importanti musei europei e internazionali. In Italia, sarà esposta anche a Roma, al Museo dell’Ara Pacis dal 6 ottobre 2023 all’11 febbraio 2024, e a Venezia, nel nuovo centro di fotografia Le Stanze della Fotografia sull’Isola di San Giorgio Maggiore, nella primavera del 2024.

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Le Sette sorelle: terzo libro, Star

Mentre il mondo aspetta trepidante la fine della serie, io sono ancora nel mezzo del cammin, alle prese con il mistero di Star e Flora. Star è la più silenziosa e schiva delle sorelle, sempre all’ombra della più spumeggiante Cece. Le sue origini l’aiuteranno a trovare la sua vera voce? Ora vi racconto.

Trama

Silenziosa ed enigmatica, appassionata di letteratura e cucina, Star è la terza delle sei figlie adottive del magnate Pa’ Salt e vive da sempre nell’ombra dell’esuberante sorella CeCe. Fin da piccole le due sono inseparabili: hanno un linguaggio segreto che comprendono solo loro e hannoviaggiato per il mondo, guidate dallo spirito indomito di CeCe, di cui Star è abituata ad assecondare ogni desiderio. Ma adesso, a solo due settimane dalla morte del padre, CeCe decide che per entrambe è arrivato il momento di fissare un punto fermo nelle loro vite e mostra a Star il magnifico appartamento sulle rive del Tamigi che ha intenzione di comprare per loro. Per la prima volta nella sua vita, Star sente che quel rapporto simbiotico rischia di soffocarla. E’ ora di trovare la propria strada, cominciando dagli indizi che Pa’ Salt le ha lasciato per metterla sulle tracce delle sue vere origini: una statuetta che raffigura un gatto nero, il nome di una donna misteriosa vissuta quasi cent’anni prima e il biglietto da visita di un libraio londinese. Ma cosa troverà tra i volumi polverosi di quella vecchia libreria antiquaria? E dove vuole condurla realmente Pa’ Salt?

Un filo allentato tra le sorelle

Dei tre romanzi letti finora, questo è quello che mi è piaciuto di più. Un po’ per l’ambientazione, tra Londra e la campagna, che chiaramente a Lucinda Riley risulta familiare, e per il tema libri e librerie, che per un lettore accanito ha sempre il suo innegabile fascino, anche se un po’ abusato nella letteratura di genere. Un po’ perché penso che la scrittrice inglese con questo terzo libro della serie abbia finalmente preso le misure di questo grande progetto di fantasia. Intanto, c’è un continuo rimando tra presente e passato che prima non c’era. In secondo luogo, il presente quasi si equivale, Star ha molto più spazio rispetto a Maia e Ally. Quello che continua a mancare, a mio parere, è proprio il rapporto tra sorelle. Come mai nessuna di loro sente il bisogno di stringersi alle altre in un momento così doloroso come la morte dell’adorato padre? E’ come se fossero state tenute insieme solo da lui, e che questo filo si sia allentato. Ma devo andare avanti, per ora non posso sapere cosa ha in serbo Lucinda Riley per noi.

Forse, qualcuna/o di voi che ha già letto tutto può scrivere nei commenti su questo aspetto? Magari senza spoiler, grazie 🙂

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La saga delle sette sorelle: tutti i titoli

  1. Le sette sorelle. La storia di Maia, 2015
  2. Ally nella tempesta, 2016
  3. La ragazza nell’ombra, 2017
  4. La ragazza delle perle, 2018
  5. La ragazza della Luna, 2019
  6. La ragazza del Sole, 2020
  7. La sorella perduta, 2021
  8. Atlas: la storia di Pa’ Salt, 2023?

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Brescia, una Leonessa Capitale tutta da scoprire in 10 tappe

Per fortuna la Leonessa è diventata capitale della cultura 2023, così mi sono ricordata di questa cittadina da visitare. Purtroppo l’Italia è così, talmente ricca di luoghi meritevoli, che si finisce per andare in quelli più raggiungibili. Brescia non è di passaggio, quindi bisogna programmare bene la visita. Perché allora non approfittare per fare il paio Brescia/Bergamo? Cioè le due città che condividono lo scettro di capitale della cultura 2023? Iniziamo da Brescia: vi dirò quello che sono riuscita a vedere in weekend Brescia-Bergamo. E anche quello che potreste scoprire se avete più tempo a disposizione. Pronti? Partiamo!

Pinacoteca Tosio Martinengo con David LaChapelle 

Entrare alla pinacoteca, è come fare un viaggio cronologico accelerato dal tardo-gotico al primo Ottocento, con un’incursione nel contemporaneo. Confesso che non è per Raffaello, Foppa, Savoldo, Moretto, Romanino, Lotto, Ceruti, Hayez o Canova che sono entrata. Ma per David LaChapelle, che fino al 12 novembre sarà presente con la mostra di fotografie David LaChapelle per Giacomo Ceruti. Nomad in a Beautiful Land. A Brescia presenta un’opera inedita ispirata alla produzione pauperistica di Giacomo Ceruti. La Pinacoteca Tosio Martinengo, infatti, conserva il più alto numero di opere di Ceruti nel mondo e ha deciso di ospitare questo scatto per narrare gli “ultimi”, come faceva il pittore, attraverso il linguaggio fotografico. Insieme alla serie Jesus is my homeboy del 2003, che avevo già visto a Roma, la nuova fotografia di LaChapelle, Gated Community (2022), mette in scena una lunga tendopoli di senzatetto che occupa il marciapiede a ridosso del LACMA (Los Angeles Country Museum of art).

Gated community

Le tende da campeggio sono state rivestite dal fotografo con i loghi dei più noti marchi di moda. Ecco che vediamo Gucci, Louis Vuitton, Chanel e altri sfilare di fronte al prestigioso museo, che all’epoca dello scatto aveva appena concluso una milionaria raccolta fondi per il suo ampliamento. Dopo essere stato fotografo privilegiato di celebri artisti, David LaChapelle si fa portavoce da anni delle contraddizioni e delle disuguaglianze che permeano la società moderna. Non a caso ha scelto come set la California, dove si registra il più alto numero di senzatetto degli Stati Uniti. Se il contemporaneo non vi interessa e volete rimanere sul tradizionale, la collezione di tele, sculture, oggetti di oreficeria, smalti, medaglie della pinacoteca Tosio Martinengo è di tutto rispetto. Il percorso espositivo è organizzato in 21 sale scenograficamente allestite. Oppure, potete spostarvi al Museo di Santa Giulia per Miseria&Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecentouna grande retrospettiva che da luglio verrà esposta dove? Al Getty Museum di Los Angeles, per chiudere il cerchio. Di questa mostra vi parlo subito dopo. Intanto, vi dico che l’unica pecca nell’esposizione del fotografo è nei riflessi provenienti dalle grandi finestre della sala. Piena di luce, tanto da non riuscire a schermare a sufficienza il riflesso sul vetro delle foto. Assolutamente da vedere, tuttavia, se amate i colori e gli eccessi cui ci ha abituato David LaChapelle. 

Il Museo di Santa Giulia

Altro posto imprescindibile è il Museo di Santa Giulia, che andrebbe visitato con calma e a lungo. Cosa che purtroppo non ho avuto modo di fare, anche perché c’è una sequela di biglietti a seconda di quello che uno deve fare, che non è proprio il massimo della chiarezza. Non capisco perché non fare un biglietto unico e via. Comunque, nel Complesso di Santa Giulia da vedere assolutamente è la Croce di Desiderio del IX secolo. Ci sono poi gli affreschi del Coro delle Monache, i resti delle antiche Domus romane e gli interni della Basilica di San Salvatore. Insieme all’area archeologica del Capitolium e al complesso monastico di San Salvatore, il museo è stato dichiarato sito UNESCO. È anche sede di importanti mostre temporanee. Io però non ho visto niente di tutto questo, perché mi sono concentrata sulla mostra Miseria&Nobiltà, Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento, di cui vi parlerò in maniera approfondita.

Miseria&Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento

Avete poco più di un mese per vederla e vi consiglio di fare l’accoppiata David LaChapelle (vedi sopra) – Giacomo Ceruti. La dimostrazione che il passato parla a chi ha voglia di ascoltarlo e riviverlo. Ceruti rappresenta un connubio interessante: pittore degli ultimi e ricercato ritrattista dell’aristocrazia, cioè con ogni probabilità il suo vero interesse da un lato e il bisogno di mettere il pane in tavola dall’altro. In questa mostra, il parallelo con LaChapelle funziona. Pure con riferimento alle luci, che anche qui avrebbero bisogno di essere dislocate diversamente per far apprezzare maggiormente le opere esposte. Come ritrattista, ha successo fin dall’inizio, anche per il suo stile essenziale, senza orpelli. Il suo intento sembra quello di far emergere gli occhi e il carattere del soggetto ritratto, evitando qualsiasi distrazione nello spettatore. Questa caratteristica è ancora più efficace quando ritrae le persone del popolo, i lavoratori. Con il passare degli anni, i ritratti diventano più sorridenti e luminosi. Forse, con l’età si è rasserenato anche lui e l’ha mostrato nei dipinti. 

Parco archeologico Brescia Romana 

Altro sito Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il sito UNESCO comprende l’area archeologica con Piazza del Foro, il Capitolium, il Santuario repubblicano, l’antico teatro, la Basilica romana e il complesso monumentale di San Salvatore – Santa Giulia. Posto spet-ta-co-la-re. Incredibile, magnifico. Ormai sapete che sono peggio degli inglesi in quanto ad adorazione degli antichi romani e qui, ve lo dico subito, abbiamo un assaggio della loro grandezza. Il sito è conservato benissimo, anche perché è rimasto sempre sottoterra fino alla sua scoperta nel 1823. Gli esterni sono liberamente visitabili, mentre l’interno è a pagamento. Il complesso museale comprende il Tempio Capitolino, il teatro ed alcuni resti del foro cittadino, che sono visibili anche dall’esterno dei cancelli. Con il biglietto, si accede a un tour guidato contingentato, con ingresso iniziale in una stanza di acclimatamento, per evitare che i resti all’interno vengano deturpati dallo scambio con i “viventi”. Nella visita guidata vera e propria, invece, è possibile vedere i resti sotterranei del Santuario Repubblicano (I secolo A.C.). La pavimentazione a mosaico e pareti affrescate sono conservate benissimo, con motivi decorativi che ricordano Pompei. Verrebbe voglia di rimanere per ore e ore in mezzo alla bellezza, ma i tempi sono molto stretti e la Vittoria alata ci attende.

La Vittoria alata 

La Vittoria alata è un’enorme statua di bronzo, che riproduce una figura femminile, voltata leggermente verso sinistra e vestita con una tunica fermata sulle spalle e un mantello che avvolge le gambe. La posizione della figura, con una gamba leggermente sollevata e le braccia avanzate, si spiega con la presenza in origine di un elmo di Marte, su cui doveva poggiare il piede, e uno scudo, che doveva essere sorretto dal braccio sinistro, sul quale erano incisi il nome e le gesta del vincitore. L’origine della statua è tuttora incerta.  Per anni si è pensato che la statua fosse stata trasportata a Roma per volontà di Augusto dopo la morte di Cleopatra nel 29 a.C. e da questi donata alla città di Brescia, ma questa ipotesi è stata poi smentita dalle ricerche successive. LA sua maestosità è veramente impressionante, tanto che anche Giosuè Carducci l’ha cantata nell’ode Alla Vittoria, mentre Gabriele d’Annunzio e da Napoleone III ne vollero una copia. 

Il castello

Grande fortezza costruita sul Colle Cidneo tra il ‘300 e il ‘500 in posizione strategica con vista dominante sulla città, il Castello di Brescia è ancora oggi frequentatissimo da turisti e bresciani a passeggio. Se volete passeggiare nel verde e godervi il panorama bresciano dall’alto, questo è il posto che fa per voi. Tra l’altro, il castello ospita il primo osservatorio astronomico pubblico d’Italia, plastici ferroviari e il Museo delle Armi Luigi Marzoli. Volendo, si possono anche visitare le segrete. Io sono rimasta bloccata nel tunnel d’entrata da una pioggia improvvisa e scrosciante ed è stato divertente fare due chiacchiere coi bresciani che erano andati lì a passeggiare. Tutti insieme, abbiamo applaudito un corridore che, sprezzante dell’acqua, è entrato nel castello mentre tutti attendevamo la fine dell’acquazzone, per fare un giro di corsa e riuscire.

Piazza Paolo VI

Conosciuta anche come Piazza Duomo, Piazza Paolo VI racchiude gli edifici simbolo del potere civile e religioso della città medievale. Tra questi il Broletto, sede della Prefettura e di alcuni uffici comunali e delimitato dalla storica Torre del Pégol, e il Duomo Vecchio, esempio di architettura romanica a pianta circolare con opere artistiche del Romanino, Moretto, Cossali. Al centro della piazza si erge il Duomo Nuovo, costruito a partire dal 1604 e completato nel 1825 dal Vantini. La piazza è anchecircondata di locali e localini per fermarsi a riposare e a scambiare due chiacchiere.

Piazza Loggia

Entrata a Piazza Loggia, mi è sembrato di essere catapultata all’imporvviso in una città orientale. Caratterizzata da una netta impronta veneziana, Piazza Loggia è una delle piazze più trafficate di Brescia. Sul lato ovest è dominata da Palazzo Loggia, costruito fra il 1492 e il 1570 con contributi di Palladio e Sansovino e sede dell’amministrazione comunale. A est la Torre dell’Orologio con l’antico orologio astronomico segna lo snodarsi degli eleganti portici fulcro dello shopping in città. Sul versante sud, verso Piazza Vittoria, il Monte di Pietà, sulle cui facciate spiccano inserti lapidei di epoca romana.

Antico quartiere del Carmine 

Praticamente dietro Piazza Loggia, il Carmine è uno dei quartieri antichi preferito dai ragazzi per passare la serata, anche perché servito dalla metro. Il quartiere è ricco di chiese, edifici storici, ristoranti e locali per il dopocena. Di giorno, è una delle zone preferite dagli universitari.

Piazza Vittoria

Terza grande piazza di Brescia insieme a Piazza Loggia e Piazza Paolo VI, di stampo rettangolare con portici ai lati, su Piazza Vittoria si affacciano il Palazzo delle Poste e a ovest uno dei primi grattacieli d’Italia. Qui fanno un mercato, ma non ho fatto in tempo a vederlo. Quando sono arrivata sulla piazza, però, spirava un vento freddo e ho iniziato a sentirmi molto stanca, con la scarpinata per tornare in albergo davanti. Allora mi sono fermata in questo locale sulla piazza, Ramen & Street Food. Mi ritrovo nel mondo degli anime, con le cameriere vestite come nei bar giapponesi e opening anime come sottofondo musicale. Non avevo previsto di fermarmi a cena in un posto così, e forse nel diario di bordo dovrei parlarvi solo di cucina locale, però le ragazze sono state molto gentili, il ramen di miso mi ha rinfrancato e il conto era adeguato alle porzioni. Sono uscita ristorata e la scarpinata verso l’albergo non mi è più sembrata impossibile. Quindi, ve lo consiglio per una cena senza troppe pretese.

Teatro Grande e Il Caffè del Teatro

Costruito nel 1810 in sostituzione dell’Accademia degli Erranti, è considerato uno dei più importanti teatri d’Italia. Di grande pregio la sala neoclassica con cinque ordini di palchi e loggette affrescate arricchite da stucchi e dorature. Alla sala centrale si aggiunge il Ridotto, riccamente decorato da affreschi, stucchi dorati e specchi e tra i più pregevoli esempio di Rococò bresciano. Purtroppo non sono riuscita a vederlo, ma per fortuna ho trovato aperto il Caffè del teatro. Sul lato settentrionale del Ridotto, dopo aver oltrepassato un corridoio trasversale aperto affrescato nel 1765, ci hanno fatto entrare, dopo aver atteso all’entrata per circa un quarto d’ora, in una saletta nella quale si possono osservare i dipinti ornamentali eseguiti dal maestro Francesco Tellaroli e risalenti al 1787. In pratica, siamo entrati nella Buvette del teatro per un caffè. A prezzi assolutamente normali. La fila si crea per non avere assembramento in attesa che si liberi un posto ai tavoli, così una volta entrati non c’è l’occhio di chi ti guarda con occhio obliquo sperando che ti alzi in fretta. Se avete pazienza di attendere un poco in fila, vi consiglio di non perderlo. A patto che passiate il sabato o domenica, unici due giorni della settimana in cui è aperto. Qui i giorni e gli orari completi.

Chiesa di San Francesco d’Assisi 

Costruita nel ‘200, con facciata tardo-romanica e il grande rosone al centro, è a tre navate, con opere di Moretto e Romanino. Famosa per il chiostrino della Madonnina e il chiostro grande con colonnine in marmo rosso di Verona, a Natale ospita un presepe meccanico gestito da frati francescani.

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Il principe serpente di Elizabet Hoyt cerca vendetta

Lentamente, ma arrivo. Con Il principe Serpente chiudo la trilogia Princes trilogy di Elizabeth Hoyt. Che in italiano diventa Il principe e il tormento. Anche in questo caso, nessun principe, però torniamo ai nobili, un visconte. Che incontra il suo angelo mentre medita vendetta. Saranno di nuovo scintille. Vi racconto tutto, seguitemi. 

Trama

Sul sentiero deserto che conduce dalla cittadina di Maiden Hill a Craddock-Hayes House, nel Kent, la splendida e generosa Lucinda s’imbatte nel corpo riverso per terra di un giovane uomo, gravemente ferito ma bello come un dio. Uno scontro tra malfattori? Tutto il contrario. Simon, sesto visconte di Iddesleigh, è rimasto vittima di un agguato e ha avuto la peggio. Ben presto Lucy scopre in lui un fascino irresistibile, ma il loro idillio è destinato a durare ben poco perché l’acerrimo nemico di Simon intende chiudere in fretta la partita. A qualsiasi costo, e calpestando ogni sentimento.

Stessa ambientazione

Anche in chiusura siamo sempre in Inghilterra, sempre nello stesso anno, il 1760. Abbiamo una donna che rischia di non riuscire a sposarsi, anche perché continua a rifiutare pretendenti. E un uomo assetato di sangue e vendetta. Cieco, in preda ai suoi fantasmi. Ma non così cieco da non accorgersi di aver incontrato una donna eccezionale.

Elizabeth Hoyt

Considerando che questa è la trilogia di debutto di questa scrittrice, confermo che mi piace molto, anche se purtroppo in italiano leggiamo una versione tagliata e questo inevitabilmente va a discapito della qualità generale dei romanzi. Che è comunque intuibile, i personaggi non sono scontati, le battute brillanti e una morale che chiude degnamente la storia raccontata. Stavolta, la favola che intramezza la storia vera è raccontata da Simon, il protagonista. Nome che fa andare il pensiero va ai Bridgerton, che stanno tra l’altro per tornare.

Nel principe leopardo viriamo sul mistery

Nel principe serpente Elizabeth Hoyt mette da parte il mistery che aveva dominato Il principe leopardo per buttarsi nella vendetta pura. Simon fa in modo di incontrare strategicamente i suoi nemici per farli fuori, uno a uno. Quando avrà termine questa spirale di vendetta? Quando la sete di sangue sarà sopita? Potrebbe essere troppo tardi, allora.

Consigliato

In ogni caso, confermo che quest’autrice merita una chance. Come vi ho già detto dopo le precedenti letture, è adatta a chi cerca una lettura d’amore non impegnativa con scene di eros non troppo spinto.

— Tua madre era una donna, non un ideale. — Il capitano sospirò. In quel momento, in piedi con la camicia da notte e il berretto, appariva vecchio, ma anche severo e deciso. — Le persone sbagliano, gli ideali no. Credo che sia la prima lezione da imparare, in ogni matrimonio.

Leggi anche gli altri libri della serie: 

Il principe corvo di Elizabeth Hoyt strega Anna

Il principe leopardo viene stanato