Cime tempestose non è una storia d’amore né la storia di un amore malato. Per me è un racconto di solitudine e isolamento…
…l’ho letto, finora, con lo stesso atteggiamento di chi ascolta un bugiardo mentre racconta la sua verità. Mi immagino, cioè, che ci sia sempre, ancora, qualcosa che possa emergere, qualcosa di “non ancora raccontato”…
…l’odio e l’amore sono le due facce di una stessa medaglia ed a volte ci si ama così tanto e in maniera così furiosa e appassionata da odiarsi…
…Più che un amore malato, io ci vedo amore che si è trasformato in un odio così forte da distruggere soprattutto chi lo sente…
…Nessuno di loro è felice, eppure non si allontanano. Chi lo fa, lo fa perché spinto dalla sua diversità e dalla non accettazione degli altri…
…Penso che siano tutti legati dalla solitudine…che però è più una condizione che una scelta di vita…
Cime tempestose sta suscitando sentimenti contrastanti e forti nei partecipanti alla lettura di gruppo del bookclubPeC. Siamo ormai alle ultime battute, mancano pochi capitoli e leggeremo la parola FINE. Come vi sentite al pensiero? Tristi o sollevati? In attesa dei commenti sul romanzo nel suo complesso, vi lascio l’ultima curiosità sul romanzo di Emily Brontë.
Il fratello nell’ombra
Nonostante il mistero che circonda la figura del fratello delle sorelle Brontë, scusate il gioco di parole, secondo i critici più accreditati, tra cui Daphne Du Maurier che nel 1960 ha scritto una sua biografia. Emily e Bramwell avevano un rapporto strettissimo, tanto che i problemi del ragazzo si riversavano inevitabilmente nella sorella. Emily, malata, ha resistito fino alla morte del fratello, morto di tubercolosi, aggravata dall’alcolismo e dal delirium tremens che spesso lo coglieva. La sorella Emily, che viveva in funzione dei suoi stati d’animo, dopo la sua morte ha perso la sua ragione di vita, finendo per lasciarsi morire anche lei. Questa storia non vi ricorda niente? Heathcliff, soprattutto, potrebbe essere una persona realmente esistita e magari vicinissima alla scrittrice? “A volte proviamo pietà per le creature che non provano nulla per se stessi né per gli altri“. Di chi parla Nelly/Emily? Di Heathcliff o Bramwell?
Aspetto i vostri commenti: avete finito? State per finire? Stavolta commentiamo Cime tempestose nel suo complesso. Fatemi sapere cosa pensate di questo capolavoro eterno!
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Io vorrei sottolineare la maestria con cui l’autrice fa andare di pari passo condizioni atmosferiche e vicende umane per tutto il romanzo. Alla fine, arrivano il sole e la primavera…
Verissimo…e quante poche volte e quanto poco dura il sole…
Con una punta di dispiacere, sono arrivata alla fine del libro.
Mi sia concessa una digressione: fin da subito mi è tornata in mente la canzone di Kate Bush, Wuthering Heights. Bella, a me piaceva tanto, eppure oggi ha un sapore diverso: la trovo una spirale infinita, ripetitiva nel testo e nella musica, seppure evocativa di sentimenti forti; così vedo le azioni di Heatcliff, ripetitive, ossessive, crudeli.
Le azioni, non Heatcliff.
Ho atteso, nella lettura, che qualcosa me lo rendesse meno cattivo, meno misantropo, meno crudele di quanto sia stato descritto. Sbagliando, attendevo un finale ‘a sorpresa’, invece tutto era già scritto fin dall’inizio.
Heathcliff è solo, fin dal primo momento e rimane solo fino all’ultimo respiro, accompagnato da un desiderio di vendetta fortissimo, per questa solitudine imposta dagli eventi e resa concreta sia dal fratello, che gli impone una solitudine materiale, sia da Catherine, la solitudine di un amore negato.
Una solitudine talmente dolorosa da voler cercare di annientare le due famiglie, gli Earnshaw ed i Linton, per vendetta. La strada è una: impossessarsi dei loro beni, delle loro esistenze, dei loro sentimenti, lasciandoli liberi di provare solo odio nei suoi confronti, ma conscio di essere stato lui stesso la prima vittima, il primo ad aver sofferto.
Lo lascia intendere, alla morte di suo fratello Hindley:
”Ora, caro ragazzo (Hareton), sei mio. Vedremo se un albero non crescerà storto come un altro con lo stesso vento che lo piega”. Proprio Hareton, invece, sarà il minuscolo granello di sabbia che lo spingerà in fondo, nei meandri della sua mente, senza trovare più la forza di risalire, fino a morire.
Hareton è stata la sua vera sconfitta: capace di uscire dalla rozzezza, desideroso di imparare, capace di amare, incapace di odiare (“la sua indole onesta, sensibile, affettuosa ed intelligente allontanò rapidamente l’ignoranza e la degradazione in cui era stato allevato).
Hareton era tutto quello che lui non era stato capace né di fare, né di essere.
La morte è solo l’ultimo atto, necessario, per poter ritrovare la pace vicino a Catherine.
Né Nelly, né il signor Lockwood, né io siamo stati in grado di dir altro se non che “i morti riposano in pace, non si deve parlar di loro con leggerezza”.
Grazie Liza, mi hai fatto conoscere davvero un bel libro!
Grazie a te, Anna, per aver partecipato, lasciando commenti d’indubbia profondità. Solo la morte riporta pace a queste anime inquiete, anche se c’è chi dice di vedere i due spiriti vagare nella brughiera. Io, che in quei posti ci sono stata, posso dire con certezza che la natura è così selvaggia e dominante che…tutto è possibile.
Ho finito proprio adesso e butto giù a caldo qualche impressione. Nel complesso, un romanzo che va letto almeno una volta nella vita, a mio parere. Nonostante i personaggi, perché non ne salverei neanche uno. Forse solo il vicino di casa impiccione, che si fa raccontare tutto prima di tornare di corsa in città. Il fattore che muove le vicende, infatti, è la solitudine e l’isolamento, che non fanno per niente bene all’uomo.
Sicuramente la solitudine e l’isolamento hanno condizionato i personaggi per tutta la vita, tanto che è uno dei primi aspetti rimarcati dal nuovo affittuario in apertura del romanzo. Sono d’accordo, va assolutamente letto almeno una volta nella vita.