Piacevole vendetta – Julia James

Julia James con Piacevole vendetta mi ha risolto una di quelle serate in cui tutto quello di cui ho bisogno è una lettura piacevole e poco impegnativa, adatta a rilassarmi dopo una giornata faticosa. Il romanzo è breve e l’ho trovato dentro una raccolta Harmony Premium, Le due facce dell’amore, ancora disponibile in ebook. La storia mi è piaciuta e i protagonisti pure. Ora vi racconto…

Trama

Mentre la spia in quell’esclusivo ristorante londinese, Angelos Petrakos sa benissimo che Thea Dauntry non è l’elegante super modella che vuole far credere di essere. E per Thea vedersi comparire di fronte Angelos proprio in quel momento è un vero e proprio disastro. Il suo fidanzato le sta per chiedere di sposarlo e di tutto avrebbe bisogno, tranne che di qualcuno in grado di farle ricordare la ragazza che era un tempo. Angelos però non ha alcuna intenzione di scordare il modo in cui lei l’ha usato ed è deciso a vendicarsi. O almeno questo è quello che crede. 

Un po’ di sano sospiro 

Romanzo breve e costruito bene quello di Julia James, che è specializzata in protagonisti greci. Angelos è un maschio alpha quanto basta, un po’ duro ma eticamente molto corretto. Thea è un bel personaggio, tonda e abbastanza dura anche lei, soprattutto a causa di un’infanzia non proprio leggera. I due sono fatti l’uno per l’altra, si vede lontano un miglio. Eppure, vi dirò che mi è piaciuto molto il fatto che nessuno dei due abbia voluto cedere fino alla fine e che si siano scontrati fino alle battute finali. Insomma, un po’ di sano sospiro che da quando guardo i kdrama mi piace sempre di più. L’unica cosa che non mi ha convinto è il modo in cui Julia James risolve il problema dell’aguzzino. Mi è sembrato un po’ troppo facile, avrebbe potuto aggiungere un po’ di problemi a Thea/Kate, ma evidentemente le ha voluto semplificare la vita. Comunque, una buona lettura per chi cerca una serata o due di relax romantico.

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Quando chiama una sconosciuta – Margaret Millar

Margaret Millar è la moglie di Ross MacDonald ed è anche considerata la più grande scrittrice di suspense di tutti i tempi. Anche perché, come una volta le disse Agatha Christie, ha scritto sempre libri diversi. Cosa che lei considerava un gran complimento. Quando chiama una sconosciuta è il primo titolo che leggo e vi dico che mi ha tenuto avvinta fino all’ultima pagina con una storia giocata su un sottile gioco psicologico…

This lie is true, yes, this is a very true lie

Questa bugia è vera, sì, questa è una bugia molto vera

Trama

Helen Clarvoe ha appena trent’anni, ma è già una donna sola. Dopo la morte di suo padre, da cui ha ereditato un ingente patrimonio, ha lasciato la madre e il fratello per rinchiudersi in una suite del Monica Hotel, a Hollywood, tagliando i ponti col mondo. In una sera come tante, il suo telefono squilla. All’altro capo del filo c’è una donna, Evelyn Merrick, che dice di essere una sua vecchia amica e mostra di sapere tutto di lei. Helen, al contrario, non si ricorda di Evelyn, anzi è atterrita dal tono sempre più ostile e rancoroso della donna, che sostiene di vedere in una sfera di cristallo un sanguinoso incidente di cui l’altra sarà vittima. Sconvolta, la giovane riattacca, e da quel momento la sua vita cambia. Helen si rivolge disperata all’avvocato Paul Blackshear. Sarà lui a scoprire l’identità della sconosciuta e al tempo stesso un terribile segreto.

Vi do un indizio

Margaret Millar costruisce una storia come quelle che piacciono a me: per set una camera d’albergo e un gioco psicologico che coinvolge tre attori principali, Helen, Evelyn e Blackshear, e comprimari abili a distogliere l’attenzione del lettore giallista ora su un particolare, ora su un altro. Oppure, a fornire involontariamente degli indizi. Il rompicapo è costruito bene e il gioco psicologico che Margaret mette in scena funziona e mi ha tenuto incollata fino all’ultima pagina. Peccato solo che abbia avuto una rivelazione, che poi si è rivelata azzeccata, a 3/4 del romanzo. Senza svelare troppo sulla trama, perché vi toglierei sadicamente tutto il gusto della lettura, vi do un indizio: c’è un particolare, quasi all’inizio, che Margaret piazza per far capire la chiave ai suoi lettori, dimostrando di essere onesta nei nostri confronti. Lì per lì non ci farete caso, forse, ma è un passaggio fondamentale. Buona lettura! 🙂 

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Assassinio alla BBC – Val Gielgud & Holt Marvell

Bambini nel tempo – di Ian McEwan

Il 1° settembre 2004 Denise Pipitone scomparve mentre giocava con i cuginetti sul marciapiede di casa, a Mazara del Vallo, in Sicilia. La piccola non aveva ancora compiuto quattro anni. I colpevoli della sua scomparsa non sono mai stati trovati. Come non è mai stata trovata lei, che tra poco più di un mese compirà 19 anni. Che fine ha fatto Denise? Può una bimba scomparire così nel nulla? E’ l’incipit di un romanzo che ho appena finito: Bambini nel tempo, di Ian McEwan. Che mi ha fatto pensare a Denise e ai tanti bambini come lei che lasciano un vuoto enorme nelle loro case. 

Trama 

Stephen Lewis, autore di fortunati libri per bambini, padre e marito felice, un giorno si reca al supermercato con sua figlia Kate, e mentre è intento a svuotare il carrello alla cassa si accorge di aver perso la bambina. Rapita? Uccisa? Fuggita? Ogni cosa intorno a lui da quel momento sembra precipitare. Il vuoto doloroso che lascia la sparizione di Kate dà il via a una serie di azioni e reazioni che porteranno Stephen a rivedere tutta la sua vita. Le sue tante certezze incrollabili si mostreranno deboli; abitudini e atteggiamenti mai messi in discussione riveleranno il loro lato più fastidioso. Senza mai perdere di vista il suo protagonista, McEwan racconta il viaggio di un uomo messo di fronte all’inaccettabile, facendoci percepire la precarietà e la fragilità in cui viviamo, e nello stesso tempo restituendoci la nostra umana e indistruttibile speranza.

Un incipit che inganna

Quando ho iniziato questo libro pensavo di trovarmi di fronte a una storia diversa da quella che poi ho letto. Perché la scomparsa di Kate è solo l’incipit; soltanto la ruota che fa muovere l’ingranaggio dell’argomento di cui Ian McEwan vuole davvero parlare. Il titolo originale, non a caso, è Bambino nel tempo, al singolare. Ian McEwan esplora il mondo del fanciullo con gli occhi di chi quel mondo l’ha dovuto abbandonare e che, forse, non si ricorda più com’era. O di chi vorrebbe tornarci a tutti i costi, in quel mondo, soffrendo le pene dell’inferno perché non può. Oppure, il mondo di chi ha dato vita a un bimbo o una bimba e ha fatto del suo meglio? Lo voleva davvero, questo figlio? Forse sì, o forse no. Ecco che allora la scomparsa di Kate diventa la metafora del trascorrere del tempo, di una condizione effimera e passeggera. La condizione dell’uomo, che è destinato a rimanere solo e a morire, qualsiasi cosa abbia fatto nella vita.

Piera Maggio e tutti gli anni di battaglia

Tinte fosche e cupe per tutto il romanzo, anche se Ian McEwan decide di aprire la porta alla speranza nel finale. Un finale che mi ha convinto poco, come del resto tutta la costruzione precedente. I dubbi maggiori li ha provocati la moglie, con un comportamento per me incomprensibile. Come ho digerito poco la scomparsa di Kate, ma non quella del primo capitolo, quella di tutti gli altri. Dov’è Kate? Chi la cerca? Dove potrebbe essere? Ecco perché ho messo Denise nella foto, perché leggere questo romanzo mi ha fatto pensare a Piera Maggio e a tutti gli anni di battaglia per ritrovare la figlia. Lo so, non c’entra molto con il romanzo, né con il messaggio che l’autore probabilmente voleva dare. Solo che è questo che porto a casa, la consapevolezza che bambini scomparsi rimangono Bambini nel tempo. Per loro non c’è possibilità di crescere, di diventare adulti e di invecchiare. Loro, rimarranno bambini per sempre. Ed è una condizione orribile, che ognuno di noi dovrebbe combattere per far sì che non accada mai (più). 

Il sito di Chi l’ha visto