Archivio mensile:novembre 2017
Listen without prejudice. Da George Michael a Goring-on-Thames
Goring-on-Thames
Piove
George Michael
Careless whisper
Mill Cottage
Un tuffo al cuore
The John Barleycorn
Il viaggio letterario si ferma a Winchester/Camelot, davanti alla tavola rotonda
Ed eccomi giunta alla penultima tappa di questo fantasmagorico viaggio letterario Sulle tracce delle grandi scrittrici. Lasciamo Salisbury al rintocco dell’orologio più antico del mondo e ci spostiamo a Winchester, altra meta centrale nella storia britannica. Dal Wiltshire all’Hampshire. Dalla città in campagna all’ex capitale d’Inghilterra fino al 1066, quando Guglielmo il Conquistatore, sempre lui, decise di spostarla a Londra. Ci sono almeno tre motivi per visitarla: la cattedrale, una delle più antiche del Regno Unito; il Castello con la sua Great Hall, dove è conservata una copia della tavola rotonda, e la tomba di una ben nota conoscenza per noi che amiamo i libri e la lettura.
La Cattedrale
E’ uno degli edifici più importanti della Gran Bretagna, tanto che ha sempre ricevuto donazioni importanti. D’altra parte, prima di spostarsi a Londra la famiglia reale aveva stabilito qui la propria residenza ed era proprio dentro la cattedrale che i re venivano incoronati. L’ingresso costa 8 sterline e comprende una visita guidata in inglese molto accurata. Realizzata in stile gotico, la cattedrale si sviluppa in lunghezza (è una delle più lunghe d’Europa) e dopo aver percorso la navata non è difficile immaginare i re mentre ricevevano l’investitura ufficiale. Mentre camminiamo, ahimè senza ricevere nessuna corona, la guida ci fa notare la sovrapposizione di stili, il magnifico coro dietro l’altare, uno dei più antichi e meglio conservati d’Inghilterra e la tomba, con statua a ricordo, del palombaro William Walker. Questo coraggioso piccolo uomo dal 1906 al 1911 rischiò la vita tuffandosi nell’acqua che invadeva il sottosuolo della cattedrale, per sostituire le fondamenta normanne di legno con altre in cemento. Se la cattedrale oggi è ancora in piedi lo dobbiamo a lui. Dentro c’è anche la tomba del cardinale Beaufort, che mandò al rogo Giovanna d’Arco, ma questo la guida evita accuratamente di dirlo, e fa bene. Dopo aver richiamato la nostra attenzione sui simboli religiosi e non che incontriamo, e sulla vetrata che occupa l’intera facciata, la gentile signora che ci accompagna si ferma sull’attrattiva che sicuramente richiama più turisti in assoluto.
La tomba di Jane Austen
Zia Jane è sepolta qui, pur avendo vissuto gli anni della giovinezza a Bath. In un tentativo disperato di salvarla, la famiglia decise di trasferirla da Chawton a Winchester farla visitare da un medico illustre, ma purtroppo le cure si rivelarono inutili. Jane si spense il 18 luglio 1817 a 41 anni. L’area dedicata alla scrittrice è solenne e curata, gli inglesi hanno rispetto per la memoria e si vede. Fu seppellita nella Cattedrale, sotto il pavimento della navata nord, perché era un edificio che le piaceva immensamente. Il suo funerale, molto modesto, ebbe luogo di mattina presto, prima iniziassero le messe, e parteciparono solo quattro persone. L’iscrizione della lapide parla solo delle sue qualità personali e non cita la scrittura. La fama di Jane come scrittrice è cresciuta nel tempo, ma lei è morta prima di raggiungerla. Nel 1870, suo nipote Edward scrisse un saggio sulla zia e usò i proventi per erigere una placca d’ottone sul muro accanto alla sua tomba. Stavolta, è la sua dote di scrittrice a essere in primo piano: “Jane Austen, conosciuta da molti per i suoi scritti…” Entro il 1900, era abbastanza famosa da “meritare” una targa pubblica in suo ricordo.
La Bibbia
La guida ci lascia davanti alla tomba di Jane, liberi di proseguire la visita. C’è ancora una cosa importante da vedere: l’esposizione del 21° libro della Bibbia, che è conservata per intero nella biblioteca della cattedrale. Fu scritta tra il 1160 circa e il 1180, probabilmente sotto il patronato di Enrico di Blois, vescovo di Winchester per oltre 40 anni. Fu scritta in latino da un solo scriba, mentre sei artisti, reclutati tra i migliori dell’epoca, lavoravano alle lettere maiuscole decorate in oro e lapislazzuli e un illustratore alla copertina. Posso solo immaginare quanto questi amanuensi abbiano lavorato: per realizzarla, furono usati 468 fogli di pergamena di pelle di vitello, costellata da 54 iniziali complete o parzialmente complete. I fogli furono piegati al centro, per far diventare le pagine 936 in tutto. Considerate che le 936 pagine sono l’equivalente di circa 250 vitelli. L’unico scriba usò una piuma d’oca mentre un secondo amanuense, il correttore di bozze come lo chiameremmo oggi, controllava il lavoro e annotava le correzioni ai margini. Ogni pagina veniva regolata in anticipo, per garantire che le righe fossero sempre 54. Prima dell’inizio dell’opera d’arte principale, le lettere iniziali colorate, che raccontavano ognuna una storia, vennero disegnate all’inizio e alla fine di ogni capitolo utilizzando inchiostro rosso, verde e blu. Tutta la Bibbia era originariamente rilegata in due volumi, ma sarebbe stata troppo pesante da spostare. Così, ora è composta da quattro volumi. Solo 48 lettere iniziali sono state finite. Segno che quest’opera monumentale era talmente costosa che il committente probabilmente non ebbe la forza economica per terminarla.
Purtroppo non consentono di fotografare le pagine esposte, perché giustamente si usurerebbero, e nella teca fanno entrare poche persone per volta. In quel momento, eravamo io e un padre tedesco con il figlio. Il religioso che l’ha illustrata ci ha tenuto a sottolineare che “per avere un buon lavoro, era necessario assumere i migliori artisti“. Ci ho tenuto a sottolineare che “anche oggi dovrebbe essere così“, ma mentre il signore tedesco ha apprezzato la battuta, il religioso è rimasto perplesso. Fine dell’illustrazione 🙂
Il giardino
Il giardino che circonda la cattedrale è, neanche a dirlo, delizioso, così come il punto di ristoro, dove deve essere piacevolissimo sostare, e lo shopping centre. Qui mi rivolgo soprattutto alle signore: attenzione alla borsa. Non perché ci siano ladri, ma perché rischierete seriamente di uscire con il portafogli vuoto. Poi non dite che non vi avevo avvisato!
Camelot, Great Hall e la tavola di re Artù
Avevo già incontrato Re Artù a Tintagel, ma stavolta ho l’occasione di ammirare quella che si dice sia la tavola rotonda, attorno alla quale lui e i suoi cavalieri si riunivano per decidere le strategie di battaglia. Potrò illudermi che sia vero fino a domani, quando un’incauta donna mi dirà la verità. Si arriva attraversando una stradina di ciottoli tipica del medioevo e già questo mi basta per capire come mai Winchester sia stata identificata con Camelot. L’accostamento più famoso è rintracciabile nel romanzo “La morte di Arturo” di Thomas Malory, uno scrittore inglese del 1400. L’autore è abbastanza misterioso, di lui si sa molto poco tranne che debba avere avuto una vita abbastanza tumultuosa. Sembra che in questo parallelo probabilmente sia stato ispirato proprio dalla tavola rotonda, che all’epoca pensavano fosse quella autentica e non una copia. Arrivata nei pressi del castello, mi rendo conto che già dall’esterno posso intuire come doveva essere nel suo pieno splendore, quando era residenza reale, ma soprattutto prima che venisse raso al suolo da Oliver Cromwell al termine della Guerra Civile Inglese. Oggi rimane solo la grande sala duecentesca, la Great Hall appunto. L’attrattiva principale è proprio la tavola rotonda, che domina la parete di destra. Appesa così al muro, mi ricorda più un bersagio gigante per freccette che un tavolo solenne per re e cavalieri, ma forse se l’avessero lasciata in mezzo alla sala mi avrebbe fatto un altro effetto. Anche la sala merita di essere girata perché ci sono diversi elementi decorativi di pregio, Soprattutto vicino alle finestre, e l’albero genealogico dei regnanti dove fare un veloce ripassino di storia. Come in molti dei musei che ho girato, anche qui non manca l’attività ludica: abiti e travestimenti sono a disposizione dei serissimi turisti per essere incoronati, oppure per tagliare la testa al re di turno con la ghigliottina splatter, dotata anche di sangue finto. A un certo punto, dopo aver finito di giocare, noto un portone di ferro, sinceramente un po’ bruttino. Addirittura la tavola rotonda, che prima era lì, è stata spostata sulla parete opposta per fargli spazio. Il portone è stato creato per celebrare il matrimonio di Carlo e Diana nel 1983. Improvvisamente, ti spieghi perché certe unioni nascano sotto un cattivo auspicio…
Winchester mi è piaciuta molto, sono contenta di averla visitata. Ma ora è tempo di ripartire. Devo rendere omaggio a un grande artista, una presenza fondamentale nella mia vita. Nella prossima puntata vi dirò di chi si tratta e quali forti emozioni ho provato nel salutarlo…
(continua)
Seven Sisters, esperienza mistica su scogliere da cinema
Se qualcuno può mi smentisca, tuttavia sono convinta che le scogliere creino dipendenza fisica e mentale. Almeno, a me è successo. Dovendo decidere una delle ultime tappe del viaggio letterario Sulle tracce delle grandi scrittrici, la scelta non poteva che cadere sulle Seven Sisters. Pur essendo partiti presto da Salisbury, arriviamo abbastanza tardi rispetto alla tabella di marcia, perché anche se distanti non più di due ore non sono così ben segnalate come pensavamo. Sbagliamo un paio di volte strada e alla fine arriviamo in un minuscolo parcheggio. Capiamo di essere nel posto giusto solo perché c’è un cartello che indica il nome. Insomma, tutto meno turistico e grandioso di come ce lo aspettassimo.
Sembra un parco
Dopo aver lasciato la macchina, e aver ringraziato un inglese che con estrema gentilezza ci ha lasciato il suo tagliando, cosa per niente scontata da queste parti, ci incamminiamo per il sentiero indicato dalle frecce. Nella prima mezz’ora sono ancora perplessa. Le Seven Sisters mi sembrano nient’altro che un parco pubblico, con i bambini che girano in bicicletta e i sir con la coppola che portano a spasso i cani.
Poi, improvvisamente il sentiero si apre e ci ritroviamo su una spiaggia, con le altissime scogliere che si stagliano su di noi, bianchissime e imponenti. I sette promontori a picco sul Canale della Manica sono separati da valli. Sia le sorelle maggiori sia le valli hanno ognuna un nome proprio o un aggettivo che le identifica. Avete presente il film del 1944 “Le bianche scogliere di Dover” con Irene Dunne e Alan Marshal? Ecco, quando un film è ambientato a Dover, in realtà viene girato alle Seven Sisters, perché sono più bianche, più alte e scenograficamente migliori. Eppure, siamo in piena estate e ci sono solo gruppetti sparuti a godersi la vista e la passeggiata! Nessuna costruzione, nessun punto di ristoro, niente di niente. Solo un centro di assistenti bagnanti per il salvataggio in acqua.
Ci arrampichiamo sulle scogliere, con un po’ di difficoltà perché la salita è ripida e di nuovo torna l’ormai nota sensazione di essere in pace con il mondo, con il vento che ti attraversa dappertutto alla ricerca dei tuoi segreti e la testa che si svuota dei pensieri e diventa leggera. Lo sguardo abbraccia l’orizzonte e la natura, di nuovo, emerge in tutta la sua grandiosità. E’ una sensazione straordinaria, mi sento in pace con il mondo e con me stessa, eppure così piccola di fronte all’universo. Se vi è mai capitato, sapete di cosa sto parlando. Ci perdiamo a zonzo per le scogliere, facendo attenzione a non cadere giù. I richiami alla sicurezza sono dappertutto, perché le rocce sono di origine calcarea, fragili e soggette a cedimenti improvvisi del tutto naturali. Un cartello ammonisce chiaramente: “siete responsabili della vostra sicurezza. Nessuno può sorvegliarvi meglio”. O qualcosa del genere.
Guardando il panorama dall’alto, ci rendiamo ben presto conto di aver commesso un errore strategico. Volendo ammirare leSeven Sisters dall’alto, avremmo dovuto scegliere l’altro versante del parco. Invece, siamo esattamente nel punto che chi si trova nel punto di osservazione migliore sta guardando! Decidiamo di scendere di nuovo in spiaggia e aspettare che la bassa marea apra un passaggio per passare dall’altra parte. I due versanti del parco, infatti, sono divisi da un canale che inizia praticamente nel cancello di entrata al parco. Ciò significa che se la bassa marea non aprirà un varco, saremo costretti a rifare tutta la strada dell’andata, attraversare un ponte e poi tornare indietro!
Cosa pensate che sia successo? Dopo ore di attesa, la bassa marea non ha aperto varchi. La voglia di ammirare le Seven Sisters, però, era troppo forte e allora abbiamo sacrificato i piedi per rifare due volte il tragitto. Che dirvi, ne valeva assolutamente la pena. A pomeriggio inoltrato, c’eravamo solo noi e tre ragazze coreane che facevano le prove di salto mentre le altre fotografavano. Il punto di osservazione è allestito con due panchine di legno, un cartello che indica il punto di osservazione e null’altro. Un’altra esperienza mistica, con le Sette Sorelle di fronte a noi, schierate, a fronteggiare la furia delle correnti e del vento con il loro bianco splendente.
Cenni di storia
Nel 1900 la compagnia britannica dei telefoni realizzò una linea sottomarina che collegava la Gran Bretagna alla Francia. Questa linea, requisita dall’esercito durante la guerra, venne fortificata per paura di attacchi via mare e utilizzata con un sistema di luci che avevano lo scopo di disorientare i piloti nemici. L’intera area è stata successivamente acquistata da un privato. Nel 2014, la zona è stata gravemente danneggiata dal maltempo, ma in questi tre anni è stata riportata totalmente allo stato originario, grazie anche ai donatori che hanno effettuato versamenti volontari per la ricostruzione.
Il rientro a Salisbury
Rientrando a Salisbury, ci accorgiamo di non aver mangiato, presi com’eravamo dallo stupore. Allora, ci fermiamo in uno dei pochi ristoranti che fa le ore piccole, perché sono le nove di sera e nella città di campagna è già tutto praticamente chiuso. All’interno del King’s Head Inn ho trovato un’altra sorpresa, degna di un viaggio letterario che si rispetti: una sala allestita come una biblioteca, stupenda! Nella sala, dominano i ritratti del poeta William Wordsworth, autore dei poemi “The Salisbury Plain” e dello scrittore Wilkie Collins, che apparteneva a una famiglia in vista di Salisbury.
Quante cose ho imparato in un solo viaggio! E non è ancora finita. Domani sarò a Winchester, dove è sepolta indovinate chi? Continuate a seguire le mie avventure inglesi per scoprirlo.
(continua)
Salisbury: la Magna Charta e l’orologio più antico del mondo
Dai porti selvaggi della Cornovaglia alla “città in campagna”, così viene chiamata Salisbury. Mi trovo nella contea del Wiltshire, sulle rive del fiume Avon, come Bath. Stavolta con l’alloggio siamo sfortunati, i due che ci ospitano sembrano studenti poco puliti. Ci tengono però a precisare che sono lavoratori, anche se hanno appena perso il lavoro. Lo stato della casa non depone certo a loro favore come impiegati zelanti, però è troppo tardi per cercare un’altra sistemazione e in fondo passeremo qui solo due notti. Il resto del tempo abbiamo cercato di stare il più possibile fuori di casa. Questo per darvi un’idea dell’ambiente. Le uniche cose positive, il prezzo e la posizione, a ridosso del centro.
Città in campagna mi sembra un nome azzeccato. Basta spostarsi di poche centinaia di metri dal nucleo abitativo per ritrovarsi in aperta campagna ed è probabile che debba a questa ubicazione la sua fortuna. Visitiamo per prima la cattedrale, che è anche il motivo principale per cui abbiamo scelto Salisbury come tappa. L’edificio è considerato uno dei maggiori esempi del primo gotico inglese e fu costruito tra il 1220 e il 1258 per sostituire la cattedrale di Old Sarum.
La cattedrale
L’esterno è imponente, con una guglia visitabile di ben 123 metri e un chiostro di oltre 32 ettari, rispettivamente la più alta e il più esteso della Gran Bretagna. Oltre che imponente, è anche insospettabilmente tranquillo, per essere così famosa. Vi suggerisco di fare come noi. Trovatevi lì al mattino prima dell’apertura, così potrete girare con calma il chiostro e scattare foto da una buona prospettiva. Non per giocare con i costumi da carcerato e la ghigliottina a disposizione di tutti, sia chiaro!
La Magna Charta
All’interno, la Magna Charta e l’orologio più antico del mondo mi hanno colpito particolarmente. La prima è una carta del 1215 redatta dall’Arcivescovo di Canterbury per raggiungere la pace tra l’impopolare re Giovanni d’Inghilterra e un gruppo di baroni ribelli. Nelle intenzioni, doveva garantire la tutela dei diritti della chiesa, la protezione ai baroni dalla detenzione illegale, la garanzia di una giustizia rapida e la limitazione sui pagamenti feudali alla corona. Nonostante sia stata più volte modificata da leggi parlamentari, possiamo considerarla ancora oggi una sorta di costituzione della monarchia britannica. A Salisbury sono esposte alcune pagine di una delle uniche quattro copie esistenti al mondo, che secoli fa furono scritte in pelle di pecora, motivo per cui si sono conservate fino a oggi. I fogli vennero scritti con penna d’oca e latino medievale abbreviato e ciascuna copia venne marcata con il grande sigillo reale, realizzato in cera d’api e ceralacca. Pochissimi sono sopravvissuti e a Salisbury abbiamo potuto vedere anche il sigillo.
Il sigillo
Una cortese signora addetta di sala, appena mi ha visto aprire il cassetto in cui sono conservati questi cimeli e soffermarmi per un po’, si è avvicinata e mi ha detto che il sigillo reca su un lato King John (per intenderci, quello di Robin Hood ma lei questo non l’ha detto) sul trono e sull’altro sempre Re Giovanni a cavallo. I fogli sono fitti fitti di contenuti, perché la carta costava molto ed era necessario occuparne tutto lo spazio possibile prima di girare pagina. Lo stesso sistema che secoli dopo userà anche Jane Austen per scrivere lettere all’amata sorella.
L’orologio più antico del mondo
Sempre all’interno della cattedrale, ho potuto ammirare l’orologio funzionante più antico del mondo. Completamente diverso da come me l’aspettavo, è un meccanismo “grezzo”, senza quadrante perché al suo posto c’era la campana che suonava i rintocchi. Mi è molto dispiaciuto non aver potuto ascoltarne i rintocchi, perché oggi viene utilizzata solo in determinate occasioni. O almeno così recita il cartello alla base dell’orologio. Dietro l’orologio, c’è una bella fonte battesimale e proprio quando sono passata io stava finendo un battesimo.
Dal portone di uscita, ho girato a destra quasi per caso, perché in lontananza ho visto una stradina pittoresca e una porta in fondo. In realtà, ci siamo ritrovati nel Cathedral Close, la via del Sarum college, con le targhe sulla strada in ricordo delle personalità di spicco che hanno vissuto e lavorato a Salisbury. Tra le altre, ci sono quelle di William Golding, premio Nobel per la letteratura nel 1983 maestro di scuola elementare, e Charlotte Cradock, la moglie di Henry Fielding. La donna ispirò il personaggio Sophia Western nel romanzo del marito, “Tom Jones”.
La via dei negozi
Dopo aver varcato il portone, girando a sinistra, ci siamo ritrovati in Market street, la via principale della cittadina, molto vivace e piena di negozietti. Peccato che purtroppo la domenica siano in gran parte chiusi. Abbiamo fatto solo una breve sosta da Reed, una panetteria sulla piazza che sforna pane di ottima qualità a lievitazione naturale e ci siamo seduti a mangiare un panino indubbiamente più buono di quelli pronti. Sotto a…un monumento. A mia parziale discolpa, giuro di non aver capito di trovarmi dentro un monumento, credevo fossero semplici panchine.
In realtà, ho pranzato all’interno del Poultry Cross, che originariamente delimitava l’inizio dell’antico mercato. Costruito nel 14° secolo e modificato nel 18°, si trova all’incrocio tra Silver e Minster Street ed è l’unico rimanente degli originali quattro “cantoni”. Dopo questo sacrilegio, e considerando che è ancora presto, decidiamo di raggiungere a piedi l’Old Sarum, il sito su cui originariamente era stata edificata la cattedrale poi abbandonata.
L’Old Sarum
E’ una bella passeggiata di 3 o 4 km, che attraversa il Victoria park per poi inoltrarsi sulle colline che circondano Salisbury. Vi consiglio di farla perché offre una vista diversa della città. Sicuramente non battuta dalla maggior parte dei turisti, vi farà capire perché la chiamano la città in campagna. Arrivati lì, abbiamo trovato una sorpresa. La tariffa consigliata per visitare il vecchio castello (old castle) è piuttosto alta e il sito stava per chiudere. Abbiamo quindi preferito girare per l’area verde antistante, dove si trovano invece i resti dell’antica cattedrale. Di quest’ultima è ben riconoscibile la pianta e l’ho trovato un posto di grande pace. Se avete abbastanza spazio passateci perché merita.
Il rientro
Al ritorno, ci siamo quasi persi nei campi perché io che sono fissata e voglio sempre accorciare provando strade nuove. Perciò ho importunato un “villico” nel suo garage pur di estorcergli l’informazione che mi serviva. “Dimmi ti prego che non ci siamo persi e che non dovrò tornare indietro e riattraversare i campi”. Anche perché ha anche cominciato a piovere e di sprofondare nel fango proprio non ne ho voglia.
Finalmente, grazie alle sue indicazioni di britannico scettico convinto che gli stranieri che vaganomper i campi finiranno per perdersi, siamo riusciti a trovare Devizes Road. Che è un buon punto per parcheggiare se non pernottate o per cercare un b&b se vi fermate più di un giorno. Sempre facendo attenzione a quello che prenotate, mi raccomando.
Domani, per calmare la nostalgia canaglia che mi attanaglia, hanno promesso di portarmi di nuovo sulle scogliere. Non quelle della Cornovaglia, ma sette sorellone che vale proprio la pena di vedere…
(continua)